domenica 6 gennaio 2013

Black Rock Shooter


Post visione SPOILER

Ritorno volentieri sull'argomento. Il post è piaciuto parecchio e ne sono contento. Ho trovato poi che in rete non se ne parla molto, spesso in tono poco lusinghiero, spesso liquidandolo a due battute: “roba strana”. Il che è pure vero, ma indicizza un atteggiamento stranamente riottoso per un'opera che, a mio avviso, è decisamente meritevole di essere visionata. BRS affronta le difficoltà a vivere in una società organizzata, dietro un aspetto figoso e ultracool parla di un tema piuttosto serio: la depressione. Che cos'è la depressione?


Un anime può parlare di depressione o “roba simile”? In un certo senso moltissimi anime lo fanno, lo stesso Madoka Magica lo fa (anche se lì sono le “streghe” a palesare i principali malesseri: bulimia, istinto suicida, paura del prossimo) e alcuni, come Welcome to NHK, affrontano i problemi proprio di petto.
BRS ha un suo peculiare modo di affrontare il problema, designando le due realtà specchiate in cui si muovono le protagoniste. Come in Madoka Magica si denota che le problematiche sono per lo più sottese alla psicologia femminile, pertanto le figure maschili sono solo accennate o ridotte a ruolo comprimario (qui abbiamo  il fratellino di Mato, piccolo e innocuo, in Madoka Magica abbiamo il fratellino, altrettanto innocuo, e il padre di Madoka, una specie di casalingo in luogo della madre, unico “capo” della famiglia). 
 I due mondi paralleli dell'anime: laddove Hazmat è l'interiorità, il mondo reale è l'esteriore. Mato viene messa alle strette da Kagari, che la riempie di brutti pasticcini e le dice di andarsene. Black Rock Shooter affronta una specie di bambola-ragno, pilotata dall'avatar di Kagari, che spara i suddetti dolcetti come fosse un mitragliatore vulcan. Le eroine di Hazmat si fanno carico delle sofferenze delle ragazze del mondo reale, è in virtù di quelle che combattono. Quando le eroine di Hazmat muoiono, ma sarebbe più corretto dire “perdono”, in un'ottica da videogame, nel mondo reale le ragazze diventano più ciniche, letteralmente (ma anche figurativamente) uccidono una parte del loro inconscio, diventando di conseguenza più “forti”. Poi le eroine di Hazmat rinascono, pronte per un'altra partita della loro vita-videogame, senza alcun ricordo della sconfitta. Ma qualcosa si è comunque perso, con il dolore sparisce anche parte dell'innocenza. Spesso lasciarsi i dolori alle spalle si può classificare come “crescere”: a una più chiara visione del mondo consegue una maggiore consapevolezza che il mondo è “cattivo”e bisogna quindi estraniarsi, vivere con disincanto.
Il libro illustrato sull'uccellino, autentico tormentone dell'opera, fornisce un quadro esemplare di questo aspetto. Il protagonista del racconto, l'uccellino bianco, intraprende un viaggio per il mondo e per questo viene a contatto con realtà diverse, frutto di emozioni e quindi “colori” diversi, splendidi nella loro unicità. L'uccellino si carica di tutti questi colori, prima cerca di disporli ordinatamente sulle sue piume, li fa propri. Poi i colori divengono troppi, in senso figurato le passioni divengono troppe, il bianco-purezza originale va sempre più svanendo. Colore dopo colore, strato dopo strato, il suo stesso colore-essenza-purezza diviene nero e, travolto, l'uccellino è destinato a cadere-morire, le ali sono troppo pesanti. Il racconto finisce così, ma è la stessa protagonista dell'opera a trovare un epilogo migliore, comprendere la soluzione possibile. Non bisogna mischiare i colori, non bisogna caricarsi di tutte le emozioni per poi subirle: bisogna invece fare una selezione, lasciar passare, diventare più cinici, vedere quello che realmente conta per se stessi. In questo modo ogni persona-uccellino avrà un colore proprio e autonomo e il mondo non sarà un continuo subire, ma un farne parte in una gamma di colori autonomi. Nessuno può salvare tutti, anche le persone più altruiste se “esagerano”, caricandosi delle preoccupazioni altrui, sono destinate a spegnersi, deprimersi, passare “al lato oscuro”. La soluzione non è “smettere di essere altruisti”, ma semmai “ritagliarsi un po' di spazio per se stessi”, una zona franca dove scaricare le proprie preoccupazioni, magari svolgendo attività sportive di gruppo, magari curando un hobby, magari condividendo tempo con amici dedicandosi al cazzeggio: una qualsiasi valvola di sfogo. Ma a tale soluzione spesso si arriva solo in virtù di una “rinascita”. Sì, è decisamente contorto. Chiedo venia per il mal di testa procuratovi. Questo è quanto mi sembra di aver colto dall'opera, ciò che per me vuole comunicare; non intendo con ciò fornire soluzioni semplicistiche e non richieste a gravi patologie... questa è solo l'analisi dell'anime!
Altro aspetto che non ho toccato ancora è la fase realizzativa del mondo di Hazmat. È interamente in computer grafica, con l'utilizzo di una tecnologia che simula il disegno a mano. Non ve ne eravate accorti? Io non me ne ero accorto... Finalmente siamo davanti a una tecnologia sensata, spettacolare e nel pieno rispetto della figurativa classica dell'anime giappo. Una libidine. 

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