Post visione SPOILER
Ritorno volentieri
sull'argomento. Il post è piaciuto parecchio e ne sono contento. Ho
trovato poi che in rete non se ne parla molto, spesso in tono poco
lusinghiero, spesso liquidandolo a due battute: “roba strana”. Il
che è pure vero, ma indicizza un atteggiamento stranamente riottoso
per un'opera che, a mio avviso, è decisamente meritevole di essere
visionata. BRS affronta le difficoltà a vivere in una società
organizzata, dietro un aspetto figoso e ultracool parla di un tema
piuttosto serio: la depressione. Che cos'è la depressione?
Un anime può
parlare di depressione o “roba simile”? In un certo senso
moltissimi anime lo fanno, lo stesso Madoka Magica lo fa (anche se lì
sono le “streghe” a palesare i principali malesseri: bulimia,
istinto suicida, paura del prossimo) e alcuni, come Welcome to NHK,
affrontano i problemi proprio di petto.
BRS ha un suo
peculiare modo di affrontare il problema, designando le due realtà
specchiate in cui si muovono le protagoniste. Come in Madoka Magica
si denota che le problematiche sono per lo più sottese alla
psicologia femminile, pertanto le figure maschili sono solo accennate
o ridotte a ruolo comprimario (qui abbiamo il fratellino
di Mato, piccolo e innocuo, in Madoka Magica abbiamo il fratellino,
altrettanto innocuo, e il padre di Madoka, una specie di casalingo in
luogo della madre, unico “capo” della famiglia).
I due mondi
paralleli dell'anime: laddove Hazmat è l'interiorità, il mondo reale
è l'esteriore. Mato viene messa alle strette da Kagari, che la
riempie di brutti pasticcini e le dice di andarsene. Black Rock
Shooter affronta una specie di bambola-ragno, pilotata dall'avatar di
Kagari, che spara i suddetti dolcetti come fosse un mitragliatore
vulcan. Le eroine di Hazmat si fanno carico delle sofferenze delle
ragazze del mondo reale, è in virtù di quelle che combattono.
Quando le eroine di Hazmat muoiono, ma sarebbe più corretto dire
“perdono”, in un'ottica da videogame, nel mondo reale le ragazze
diventano più ciniche, letteralmente (ma anche
figurativamente) uccidono una parte del loro inconscio, diventando di
conseguenza più “forti”. Poi le eroine di Hazmat rinascono, pronte per un'altra partita della loro vita-videogame, senza
alcun ricordo della sconfitta. Ma qualcosa si è comunque perso, con
il dolore sparisce anche parte dell'innocenza. Spesso lasciarsi i
dolori alle spalle si può classificare come “crescere”: a una
più chiara visione del mondo consegue una maggiore consapevolezza
che il mondo è “cattivo”e bisogna quindi estraniarsi, vivere con
disincanto.
Il libro
illustrato sull'uccellino, autentico tormentone dell'opera, fornisce
un quadro esemplare di questo aspetto. Il
protagonista del racconto, l'uccellino bianco, intraprende un
viaggio per il mondo e per questo viene a contatto con realtà
diverse, frutto di emozioni e quindi “colori” diversi, splendidi
nella loro unicità. L'uccellino si carica di tutti questi colori,
prima cerca di disporli ordinatamente sulle sue piume, li fa propri.
Poi i colori divengono troppi, in senso figurato le passioni
divengono troppe, il bianco-purezza originale va sempre più
svanendo. Colore dopo colore, strato dopo strato, il suo stesso
colore-essenza-purezza diviene nero e, travolto, l'uccellino è
destinato a cadere-morire, le ali sono troppo pesanti. Il racconto
finisce così, ma è la stessa protagonista dell'opera a trovare un
epilogo migliore, comprendere la soluzione possibile. Non bisogna
mischiare i colori, non bisogna caricarsi di tutte le emozioni per
poi subirle: bisogna invece fare una selezione, lasciar passare,
diventare più cinici, vedere quello che realmente conta per se
stessi. In questo modo ogni persona-uccellino avrà un colore
proprio e autonomo e il mondo non sarà un continuo subire, ma un
farne parte in una gamma di colori autonomi. Nessuno può salvare
tutti, anche le persone più altruiste se “esagerano”,
caricandosi delle preoccupazioni altrui, sono destinate a spegnersi,
deprimersi, passare “al lato oscuro”. La soluzione non è
“smettere di essere altruisti”, ma semmai “ritagliarsi un po' di
spazio per se stessi”, una zona franca dove scaricare le proprie
preoccupazioni, magari svolgendo attività sportive di gruppo, magari
curando un hobby, magari condividendo tempo con amici dedicandosi al
cazzeggio: una qualsiasi valvola di sfogo. Ma a tale soluzione spesso
si arriva solo in virtù di una “rinascita”. Sì, è decisamente
contorto. Chiedo venia per il mal di testa procuratovi. Questo è quanto mi sembra di aver colto dall'opera, ciò che per me vuole comunicare; non intendo con ciò fornire soluzioni semplicistiche e non richieste a gravi patologie... questa è solo l'analisi dell'anime!
Altro aspetto che
non ho toccato ancora è la fase realizzativa del mondo di Hazmat. È
interamente in computer grafica, con l'utilizzo di una tecnologia che
simula il disegno a mano. Non ve ne eravate accorti? Io non me ne ero
accorto... Finalmente siamo davanti a una tecnologia sensata,
spettacolare e nel pieno rispetto della figurativa classica
dell'anime giappo. Una libidine.
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