Diretto
da un Matthew Vaughn in forma straordinaria, tratto da una graphic novel di
Mark Millar (che in pratica ha influenzato TUTTI i cinecomic Marvel recenti,
l'ultimo Wolverine compreso), con co-protagonista un Colin Firth super -spia
leggendario (la scena della chiesa è già storia del cinema action), con una
Sophia Boutella villain instant-icon e un Samuel Jackson bad-guy in forma, il
primo Kingsman- Secret service è deflagrato come un asteroide
incazzato nel panorama degli spy- movie più testosteronici spingendo a mille
l'acceleratore sulle esplosioni emoglobiniche (c'erano teste che esplodevano
come fontane di sangue multicolore con il sottofondo di un valzer), quanto
sulle potenzialità di un mondo narrativo quantomai, si ipotizzava, abusato e
avvizzito. È di nuovo figo indossare il gessato da spia, gli orologi costosi e
pieni di armi nascoste, andare in giro con un ombrello - mitragliatore, guidare
auto laccate che risultano coriacee come carriarmati. Vaughn prendeva le
suggestioni di Fleming su mondo, look, stile, onore e giocattoli hi-tech e li
legava a un contesto da Harry Potter sotto acido, ma ben contestualizzato al
mondo periferico londinese più povero e reale. Diventare spia frequentando una
magica scuola "per spie" era fare quel salto sociale che portava a indossare il famoso gessato, che assurgeva quasi a costume da supereroe. E
allora si poteva uscire dalla periferia e affrontare un altro mondo, fatto da
armi silenziate, protesi bio-mediche che diventavano lame di un metro,
scienziati pazzi e covi segreti pieni di belle donne, lusso e pericolo. Ma
prima c'era la scuola Harripotteriana da passare, con a capo non un ordinario
Silente, ma un non meno carismatico Merlino. Piccole spie crescono, aiutate da un veterano come il miglior Colin Firth cinematografico di sempre. Un gusto /
venerazione per il vintage '50/'60 più sfrenato, che da lì a poco sedusse Guy
Ritchie. Un contesto da ciclo arturiano davvero cool. Un mondo esagerato
ma non troppo riempito tutto di polvere da sparo. E poi un acceleratore premuto
a bestia tra inseguimenti, arti marziali e splatter da risultare
gasante quanto parossistico. Kingsman era esagerato e amabilmente scorretto. Le
spie salvano in mondo, fanno esplodere tutti usando armi e arti marziali e
hanno in premio super - sesso, come ai tempi di Sean Connery. Come ai tempi dei
film più semplici, intrattenimento al posto della geo-politica di Quantum of
Solace. Niente dramma interiore da spia dormiente prigioniera di un passato che
non ricorda. Niente "lupi vestiti da pecore". Un mondo semplicemente
"altro", dove giocare alle spie senza pensarci troppo. Austin Powers
approverebbe. E quella era la vera svolta, l'eccesso ricercato fino ai confini
quasi fumettistico/super-eroistici era la precisa carta d'identità del primo
Kingsman, quella che ancora oggi spinge i fan a vederla e rivederla e
rivederla. Fece un filmone.
Ma
reggerà al "capitolo 2"? Abbiamo avuto Craig/James Bond, 4 film,
ascesa fulminante (Casinò Royale e buona tenuta fino al bello ma controverso
Skyfall, agli albori del blog trovate una recensione) e la sua crisi (Spectre
è "bruttino", indietro nel blog c'è un post e li vi mando per
dettagli). Abbiamo avuto Damon/Bourne, 4 film e mezzo, inizio favoloso e la
sua crisi (l'ultimo film è moscio, anche se "moscio di gran classe"). Vin Diesel/Xander Cage, 2 film e poco più (l'involontariamente comico Ice
Cube come possibile successore non conta, anche perché davvero patetico) che
doveva spaccare il mondo spogliando le spie dei loro gessati e la sua crisi (nel secondo film già si dava per morto, resuscita nel terzo ed era quasi meglio
se non lo faceva... diciamo però che i geni di Xander si sono fusi con quelli
di Dom Toretto). Reggerà al capitolo due Kingsman? Il cast sembra interessante
ma alcuni personaggi molto iconici, giocoforza, non sono "sopravvissuti al
numero 1". Il contesto, il "lore", si è allargato e ora oltre
alla ultra segreta Kingsman c'è anche un'associazione gemella americana. Ci
saranno cattivi "più grandi" da combattere insieme a differenze
culturali ancora più grandi da sopportare. I colleghi americani sembrano tutti
cowboy e vederli assieme ai Kingsmen in perfetto gessato bondiano fa un effetto
già ironico. L'azione che si preannuncia pare abbondante e per gli amanti dei
classici topoi di Fleming già nel trailer troviamo una macchina che diventa
sommergibile (The spy who loved me). Se mi metto a elencare tutti gli attori
presenti non finisco più. Channing Tatum, Jeff Bridges, Halle Barry, Mark
Strong, Julianne Moore, ma pure chicche come Sir Elthon John. E poi c'è anche
il ritorno del nostro protagonista Taron Egerton, una faccia da schiaffi che
manco Orlando Bloom ma alla fine in sala davvero spassoso e divertente. Noi ci
vogliamo scommettere su questo numero 2, soprattutto per l'ultima scena del
trailer, quella con Colin Firth. Non vediamo l'ora che esca.
-Sinossi
fatta male: Futuro. In una tentacolare Megalopoli "bladerunneriana"
la sezione 9 di Pubblica Sicurezza è la squadra più hi-tech impegnata nella
lotta alle nuove forme di criminalità. Cyborg terroristi con chele metalliche
impiantate nelle braccia, hacker in grado di controllare a distanza le persone
agendo sul cloud collegato al loro cervello, enormi robot ragni-formi
pesantemente armati disponibili sul mercato nero. Il male 2.0 ha mille forme e
la sezione 9 risponde con supersoldati potenziati, strateghi e maghi
dell'elettronica. Sotto la guida di un integerrimo poliziotto e politico come
quella vecchia volpe Aramaki (uno straordinario Takeshi Kitano), il braccio
armato della sezione è guidato dal Maggiore Mira Killian (Scarlett Johansson,
perfetta nella parte), un cyborg dalle straordinarie capacità belliche e
cerebrali confezionato dalla Hanka Robotics con la migliore tecnologia
all'avanguardia e i resti di una ragazza recuperati da un incidente
navale. Mira è letale e risoluta sul lavoro, ma soffre di una forte crisi
interiore, alimentata dal fatto di non ricordare nulla della sua vita
precedente con l'incidente. Il numero due del Maggiore è il roccioso Batou (Pilou Asbaek, preciso alla versione anime pure lui), un ex militare americano,
gigantesco, cyberneticamente potenziato pure lui ma dal grande sorriso. Il
nuovo cyber-criminale che sta impazzando in città si chiama Kuze (Michael
Pitt, davvero bravo), ama fare "il burattinaio" e ha nel mirino
proprio la Hanka Robotics.
-Ai
giapponesi è piaciuto: arriva nelle sale, per la Universal, anticipato da un
uragano di malumori, il nuovo film di Rupert Sanders, regista di Biancaneve e
il Cacciatore. Sanders già all'epoca di quella pellicola aveva dimostrato
il suo amore per l'animazione e la cultura giapponese, creando per la seconda
parte una magnifica foresta incantata con un'atmosfera fatata che pescava a
piene mani tanto da Princess Mononoke e un mare verde con suggestioni della
celebre Aokigahara. Sanders era l'uomo giusto per tradurre visivamente l'opera
mass-mediatica iniziata con il manga di Masamune Shirow e resa grande dal film
di Mamoru Oshii e sul lato visivo azzecca in pieno l'atmosfera. La Johansson
era il volto internazionale giusto per il Maggiore, un'attrice che poteva
traghettare su questo "cinemanga" l'attenzione degli
appassionati dei cinecomics e che per curricula aveva le carte giuste per la
parte. Era stata donna forte e combattente vestendo i panni della Vedova Nera
Marvel, era stata un corpo alieno e in mutazione in Under the skin e Lucy, era
stata "macchina" in Her (sua la voce del computer senziente
nell'omonimo film in versione originale). E Scarlett è perfetta nel trasmettere
la bellezza plastica e l'aria assente del "guscio" del Maggiore, è "pelle"
(o "bambolona", se preferite) che nasconde qualcosa di altro e
insondabile che abita al di sotto della superficie. Per Aramaki non si poteva
immaginare un attore diverso da Kitano a mio parere (sarebbe stato perfetto
Pat Morita) e il geniale attore / regista giapponese è straordinario nel
costruire un commissario capo riflessivo ma con tutto l'istinto e i riflessi
dei terribili yakuza da lui interpretati in mille film. Curiosissimo il fatto
che parli in giapponese (è sottotitolato) in una società che sembra del tutto
omologata ad una lingua unica (o si capiscono in virtù dei chip cerebrali che nel futuro dovrebbero portare tutti), ma la sua performance non può che
guadagnarne. La trama è diversa, molto più semplificata rispetto al modello di
riferimento, ma le scene chiave, per lo più tratte dal primo film di Oshii, ci
sono tutte e visivamente sono rese al meglio. E soprattutto, lo ribadisco dopo
aver letto i dati e le interviste uscire da poche ore, è piaciuto ai
giapponesi.
-Ma
perché sarebbe piaciuto ai giapponesi? Io amo il modo di pensare dei
giapponesi, soprattutto perché sfuggono dalle facili definizioni. Ogni
riflessione su un argomento genera un nuovo punto di vista che arricchisce
ulteriormente, senza mai "completare" un argomento. Go Nagai ha
declinato in cinquecento modi diversi il suo Mazinga, Captain Harlock ha
vissuto decine di vite diverse e tutte in contraddizione temporale l'una con
l'altra e lo stesso vale per Lupin 3, Kyashan, Ken il Guerriero. Questo capita
anche per quel mosaico in continua ri-definizione che è Ghost in the Shell.
Prendete il manga, confrontatelo con l'anime della Production I.G. e con il
dittico cinematografico di Oshii, prendete la serie Arise. Il contesto cambia,
la tecnologia cambia, in grado di "umorismo" e "sessualità
cambiano", ma i personaggi sono quelli e vengono arricchiti da nuove
letture e prospettive. In occidente c'è invece questa mania definitoria e
classificatoria, da archivisti sfigati in cerca di certezze universali, che
tende ostinatamente e con rabbia a cercare un ordine unico e definitivo nelle
cose. Credo che c'entri un po' anche la religione (e il fatto che in Giappone
ci sia il più totale politeismo Pacifico). Conosciamo qualcuno di interessante
e vogliamo sapere a tutti i costi tutto il suo passato e tutto il suo futuro e
non ammettiamo che ci siano versioni diverse dei fatti, interpretazioni
criptiche. Anche a livello di "morale declinata all'intrattenimento":
mentre vediamo un film ci "confortiamo" a dividere tutti in
"buoni vs cattivi", mentre nel cinema asiatico si coltivano i dubbi
e gli eroi possono essere criminali e i criminali eroi. Cosa succede quindi
quando Ghost in the Shell diventa un blockbuster americano? Succedono tutte le
menate che succedono per la produzione di un blockbuster americano oggi. Si
mettono da parte registi e sceneggiatori, che per troppo estro o originalità
potrebbero "confondere le ampie masse" e salgono in cattedra i
producers e gli esperti di marketing con le loro "vincenti"
strategie di lungo corso. I film che incassano di più sono categoria PG13, e quindi in grado di complessità e violenza di un qualsiasi
prodotto deve essere intellegibile per un 13 enne. Siccome è il primo capitolo
di un possibile brand che ""pare"" supereroistico, serve
che sia una origin story per spiegare chi sono i personaggi, chi i buoni
e chi i cattivi, con minori sfumature possibili che possano confondere i
ragazzini. Quindi cosa succede a Ghost in the Shell? Che mentre in Giappone
ancora oggi sappiano pochissimo su chi sia il maggiore (background,
orientamento sessuale, famiglia, passioni), nel film americano sappiamo già
tutto il suo passato. Mentre in Giappone ci sono poteri oscuri che tramano
nell'ombra facendo il bello e cattivo tempo, qui si capisce chi sono i buoni e
chi i cattivi. Mentre in Giappone parlare di cyborg significa parlare di anima
disgiunta dal corpo (Il "ghost" nel "guscio" da cui viene
il titolo), di possibile evoluzione umana nella rete informatica, di filosofia
applicata a una conoscenza del sapere alla portata di tutti, parlare di Cyborg
in America è più declinarlo al "rape and revenge movie": che sia Il
Corvo o Robocop, lo "spirito" punta a reimpossessarsi del corpo e
della sua vita terrena passata (compiendo una involuzione del tutto opposta al
personaggio originale). Tutto è più semplice, più colorato, più veloce.
Meno estremo, meno cerebrale, più "chiaro".
Come può
perdere il giapponese tutto questo "travisamento"? Come una versione
"alternativa", delle molte versioni alternative di Ghost in the Shell
che già esistono, interessante per quello che ha da offrire di diverso. E
qualcosa di interessante anche a livello di trama questa pellicola ce l'ha. Si
parla di "scelte etniche" nella costruzione di un corpo artificiale,
si parla di "consenso informato" se non vere e proprie PEC per
l'accesso al proprio cervello potenziato (ed è un tema attualissimo nelle
comunicazioni ufficiali on-line), si parla di conservazione della memoria e del
valore dei ricordi. Spunti scaturiti dalla attualità e da una diversa visione
del mondo (quella occidentale) che non fanno che rendere Ghost in the Shell
più "grande". E se escludiamo la sceneggiatura in sé, a livello di
scene d'azione, di interpretazione, effetti e scenografie la pellicola è molto
valida.
- Come
può prendere il fan - medio-occidentale dell'anime / manga originale
questa pellicola? La risposta è "un po'come gli pare".
Gli
integralisti "più estremi" si sono lamentati della scelta della
Johansson "in quanto non attrice giapponese", quando ai giapponesi
l'idea è piaciuta molto e lo stesso Oshii nelle pellicole la ha caratterizzata
con dei tratti non orientali. Ma uno può amare le opere giapponesi anche in
quanto "dentro ci stanno solo i giapponesi" e non importa se
l'ambientazione è la Francia del 1400. I gusti sono gusti.
Gli
integralisti "medi" hanno lamentato la mancanza di complessità della
trama, che era una cifra stilistica per loro importante. Gli risponderei che
spesso (soprattutto nella serie TV e Arise) la trama è resa complessa in modo
artificioso e posticcio (con esiti spesso ridondanti e che ridefiniscono il
concetto di "noia"), ma non posso di massima che concordare con
loro. L'opera-base è molto stratificata nei significati e culturalmente ricca,
mentre il film è omogeneizzato per essere assimilato come un cinecomics.
Ma questo non esclude che si potrebbe andare più in profondità sulle
suggestioni orientali con i capitoli successivi, magari arrivando al punto da
riallinearsi in tutto con lo spirito originale. Certo riporre questo tipo di
fiducia è come accettare una cambiale in bianco, ma sostenere pellicole come
questa potrebbe aprire la porta a progetti originali con possibilità di
discostarsi dai cinecomics e creare un po' di varietà di mercato.
L'integralista
"base" si lamenta della operazione tout-cour perché c'è un solo
originale ed è un capolavoro irreplicabile. E ha ragione anche lui e per me può
murarsi vivo in un bunker riguardando all'infinito l'anima originale. Ma
potrebbe anche considerare il fatto che i film di Oshii (soprattutto) non verranno
certo cancellati da questo blockbuster, anche perché il regista è così
ossequioso del prodotto che ha voluto intervenire esteticamente a livello
minimale (per la sceneggiatura ha invece dovuto un po' genuflettersi ai
produttori, ma se non ti chiami James Cameron capita il 98% delle volte che fai
un film dall'alto budget... citofonare a Guillermo Del Toro per avere la sua
opinione). Da fan, opinione mia personale, guardare le immagini più belle del
film di Oshii così trasposte dal vivo da Hollywood, pure in un contesto
dissimile, provoca solo una cosa: orgasmi multipli. Però siete liberissimi di
non guardare la pellicola.
- in
conclusione: ha senso oggi Ghost in the Shell? E ha senso questa
"rilettura" americana? Per me sì, rimane attualissimo. Ma la
mia è l'opinione di un fan che non ha mai smesso di leggere/vedere/ giocare (con i videogame) a un'opera multimediale che ha conosciuto la prima volta nel
1992 su Kappa Magazine. Vi mentirei se vi dicessi che già dalle prime scene di
questo film non mi è tornato alla memoria un periodo della mia vita in cui
Ghost in the Shell di Oshii appariva, come trailer, sui mega schermi della
città del videogame di Syndicate Wars. Ho vissuto quel periodo floridissimo per
il cyberpunk, lo ho amato quanto si è fuso nel pessimismo millennarista e credo
abbia ancora molto da dire in un mondo in cui iniziamo ad andare in giro con
dei visori per la realtà virtuale. C'è da dire poi che il linguaggio del
cinecomics oggi è imperante e chissà mai che qualcuno che ha visto questa pellicola
ne sia rimasto così affascinato da andare a ripescare il materiale originale.
Insomma, questo Ghost in the Shell a parer mio non è per nulla il disastro che
molti su internet stanno cercando di vendervi. Non è al livello di quei due
film / capolavoro di Oshii e purtroppo non ha dietro un regista come Cameron,
Nolan o Cuaron ma rimane un film visivamente davvero valido, con una trama
forse troppo semplice ma "solida" (... e in un'epoca dove esce Batman
v Superman non è più scontato che si facciano trame coerenti) con dei bravi
attori in parte e con tanta azione ed esplosioni. Se sarà il vostro primo
contatto con il mondo di Ghost in the Shell e vi piacerà, benvenuti in famiglia,
scoprirete uno dei mondi più affascinanti che l'arte nipponica abbia mai
creato. E scoprirete che la tana del bianconiglio è molto più profonda di come
appare in superficie.
Svelato
il ruolo di Stallone in Guardians of the Galaxy vol. 2 - è Star Hawk!
dice
che il suo personaggio sarà legato a Yondu (Micharl Rooker) da un rapporto di
stima contrastato. E subito ci viene in mente Cliffhanger...
Star Hawk
è uno dei personaggi cosmici più noti in casa Marvel e la sua storia (una
costante per gli eroi cosmici, c'è da dire...) con il tempo, tra mutamento di
poteri, ruolo e pure sesso (diciamo che ha anticipato molto della Marvel
moderna editoriale) è diventata così complicata che è quasi un delirio
cercare di sintetizzarla. Il costume e i poteri sono molto iconici e non
vediamo sinceramente l'ora di vedere questa traduzione cinematografica. Lo
rivedremo in Avengers: Infinity Wars? Chi lo sa, dipende da quello che
succederà nel film di Gunn in uscita a Maggio. Di certo è che ci sono ancora
altri attori nel cast di GOTG:V2 il cui ruolo non è stato ancora rivelato. Nei
prossimi giorni potremmo avere altre sorprese.
Dal sole
di mezzanotte dove sgorgano le fonti calde
Il
martello degli dei guiderà le nostre navi su nuove terre
Per
combattere le orde, cantando e piangendo: Valhalla, sto arrivando!"
È la
traduzione di Immigrant Song, dell'album III dei Led Zeppelin, la colonna
sonora che sentite in sottofondo a questo trailer esplosivo.
La fine
di Asgard sta arrivando, il Ragnarok, e solo Thor (Chris Hemsworth) potrà
salvare la situazione, con l'aiuto di un vecchio amico verde (Mark Ruffalo).
Ma prima dovrà scappare dal pianeta in cui è stato confinato per combattere
come un gladiatore.
E gli
hanno pure tagliato i capelli!!! Cosa diranno le fans?
Cosa
diranno le fans del nuovo look di suo fratello Loki (Tom Hiddleston) e del
prode Heimdall (Idris Elba)? E pure il dottor Strage (Benedict Cumberbatch)
cambierà taglio di capelli? Perché non ce lo dicono subito?!!
Delirio
chiuso, finalmente lo vediamo, se pur per un minuto e poco più, il primo
trailer del film di Taiki Waititi dedicato a Thor. James Gunn, che lo ha potuto
vedere in anteprima, diceva che gli era piaciuto un sacco. E piace anche a noi.
Tra i Led Zeppelin in sottofondo e le immagini di una fotografia acida quanto
le tavole di Ranxerox dell'immortale Tanino Liberatore, sembra di trovarci
sulla copertina di un disco rock metal di inizio anni '80. Ci sono le botte, le
astronavi, i cavalli che volano e tante ironia. I guardiani della galassia
sembrano avere contagiato a dovere la filmografia del dio nordico, ma lo
spirito è quello giusto. A questo punto vogliamo vedere pure Thor trasformarsi
in rana.
Cate
Blanchett è maestosa, sexy e pericolosa come si conviene ad Hela, la sovrana
degli inferi che interpreta nella pellicola. La nuova Valchiria, Tessa Thompson, non
ci dispiace affatto e Jeff Goldblum come Gran Maestro dal pizzetto variopinto è
così stralunato che in un contesto spaziale è semplicemente perfetto. E poi c'è
Hulk in armatura gladiatoria come nel ciclo Planet Hulk e World War Hulk. Un must.
Insomma.
Hype a palla. Ci erano mancati il gigante di giada e il biondone nel forse
troppo lungo Captain America: Civil War. Siamo contenti di rivederli a spasso
nello spazio a fare scorribande. Chissà se andranno a bozzare contro la
"Milano", l'astronave di Star Lord e compagni.
Talk0
P.s. E in calce vi mettiamo pure il classico dei Led
Zeppelin. Se ancora non avete l'album correte su i-tunes...
Premessa:
C'è una strega verde che terrorizza e ridacchia sulle sorti degli abitanti di
una cittadina pacifica e colorata, mentre i suoi mostri / minions seminano il
terrore nelle strade distruggendo ogni cosa.
Ma i
giovani di Oz... cioè ... di Angel Grove (che sembra un po' la Southport
di So cosa hai fatto) non sono da soli, un essere potente e misterioso,
Zordon, è disposto a guidare i più volenterosi conferendogli dei sorprendenti
poteri..
Grazie a
Zordon, i giovani sono così sostituiti sullo schermo da comparse nipponiche dal
corpo e dal volto coperto da tutine colorate, che grazie alla loro esperienza
nelle arti marziali possono fare dei combattimenti assurdi contro i mostri
della strega.
Fino a
che un mostro diventa più grosso degli altri e i nostri eroi devono chiamare in
loro aiuto dei veicoli giocattolosi destinati a unirsi in un robot componibile
altrettanto giocattoloso...
Ora:
avete avuto una eccitazione quasi sessuale nel vedere il robottone qui sopra?
Avete provato una ingiustificata e curiosa attrazione per questo coso assurdo,
che è palesemente finto tanto quanto palesemente "figo"? Vi siete
esaltati senza pensare ai poveri mimi giapponesi che sotto chili di plastica
stanno cercando di rendere plausibile un combattimento che sarebbe stato più
fluido se combattuto tra due frigoriferi? Se la risposta a queste domande è
sempre "Sì", allora la Fiamma di Megalopoli è con voi e siete fan,
o lo sarete, di una delle serie TV per ragazzi più longeva di sempre. Ma se i
mostri di cartone, i trucchi di gomma piuma, gli esperti di arti marziali, le
streghe verdi e il paesino felice da salvare non vi piacessero, come si potrebbe
farvi cambiare idea?
Negli
anni novanta bastava aggiungere alla formula la relazione tra la pink e il
green ranger e le ragazzine, per un Twilight effetti ante litteram, andavano in
fissa per lo show
Ma i
giovani d'oggi come possono essere attirati dai Power Rangers? La "roba
colorata" che si mena come in un film di Bud Spencer tira ancora?
Sinossi
veloce veloce: Ad Angel Grove fa ancora riderissimo la gag di rapire e mungere
una mucca senza sapere che in realtà è un Toro, e così il nostro eroe Jason
(Dacre Montgomery) finisce nella classica storiaccia alla Maial
college. Furto, inseguimento, arresto e pure un gps al piede per non violare
i domiciliari. Corsi di recupero obbligatori e carriera da divetto del football
finita, Jason va a conoscere gli amici della detention room e subito il primo
giorno diventa l'idolo delle folle detronizzando il bulletto locale e salvando
lo scombinato Billy (Rj Cyler). Billy gli è riconoscente ed è abbastanza
geniale da poter manomettere il gps giudiziale di Jason, ma vuole che in cambio
il ragazzo vada con lui alla miniera, a scavare in una zona che secondo le
indicazioni del suo defunto padre potrebbe essere molto ricca. Per un motivo o
per l'altro la zona della miniera è bazzicata da altri ragazzi di Angel Grove.
La bad-girl Kimberly (Naomi Scott) va lì a tuffarsi nel piccolo laghetto con
cascata, la outsider Trini (Becky G) pratica lo Yoga sulla montagnola più alta
e il bulletto Zack (Ludi Lin) se ne sta rannicchiato tra il verde per non
pensare ai casini che ha a casa. Cinque ragazzi sfigati di una cittadina di
provincia sfigata, cinque loosers, cinque Goonies. Poi Billy tira fuori gli
esplosivi e il boato richiama tutti i ragazzi verso lo scavo. Si scoprono dei
medaglioni colorati luccicanti e ognuno ne prende uno, acquisendo così una
sorta di superpotere. Forse i ragazzi erano destinati a qualcosa di più
grande del paesino di provincia. Qualcosa si è risvegliato insieme a quella
esplosione. È una strega "ringhiana", Rita Repulsa (Elizabeth
Banks), che vaga in giro per Angel Grove semi - nuda. Si nutre di oro, e ogni
grammo che ingurgita la fa tornare più giovane e forte. Ha il potere di far
fuoriuscire dal terreno delle creature di roccia. Ha già ucciso e non si
fermerà. Nel cuore della montagna si è risvegliata però anche una forza
positiva, Zordon (Bryan Cranston), che ora attrae i cinque ragazzi presso di
sè, per farne i difensori dell'umanità. I Rangers.
- Un
teen action leggero leggero: Daniel Israelite confeziona un prodotto
decisamente godibile. Un film che risulta molto buono nella prima parte, un po'
lento nella seconda, ma decisamente gustoso nella mezz'ora finale. Forse un film
troppo lungo nel complesso, ma decisamente simpatico. Gli effetti speciali
stanno un più dalle parti di Twilight che in zona Godzilla o Pacific Rim, ma
funzionano per i fan, riportano al meglio l'animo sopra le righe, pupazzoso e
giocattoloso della serie classica. In genere tutto ha un'aria colorata e
simpatica. Merito soprattutto della Banks, che reinventa alla perfezione la
cattiva caricaturale e sopra le righe Rita Repulsa, resa nota da Barbara Goodson,
conferendole un'interessante venatura dark in più, che la potrebbe far
associare alla Incantatrice vista di recente in Suicide Squad. La Banks ama
giocare con questa supercattiva. Prima la vediamo aggirarsi come un mostro
coperto di stracci sbavante oro liquefatto poi, in perfetta silhouette latte
sadomado trangugiare felice dei donuts in una caffetteria mentre i suoi mostri
distruggono palazzi. Sarebbe la perfetta Miss Dronio di un Yattaman americano.
Quello che le manca, purtroppo per questo primo capitolo, è tutta la variegata
corte dei miracoli di sudditi idioti e pupazzosi di cui si circondava nella
serie tv. Avrei amato rivedere i pupazzoni, magari declinati con la stop motion stile Labyrint. Ed è un vero peccato che manchino, speriamo sia una
lacuna che sarà colmata nei prossimi capitoli, se la saga avrà successo (la
Saban punta a farne non 3, non 4 ma sei!!). Il team dei Power Rangers funziona
molto bene come cast, soprattutto nei primi quaranta minuti, dove la pellicola
cita un po' Chronicles. Sono attori giovani, ma di stanno facendo le ossa.
Nella sceneggiatura si avverte lo sforzo di farne qualcosa di più che
semplici macchiette colorate e la sfida riesce. Davvero riusciamo ad
affezionarci un po' a loro. Soprattutto al Billy di RJ Cyler, un attore
molto versatile da tenere sott'occhio. Gli attori ci sono, la storia è semplice
ma ha ritmo, peccato per una parte centrale un po' stanca è un po' inutile, che
mette in scena il classico e logoro topos tira e molla del passaggio all'età
adulta, qui declinato in ottica "se diventare eroi o restare ragazzi qualunque".
Questa fase, intervallata, pesa un po' ma migliora in crescendo, con un bel
cliffhanger dall'animo gustosamente orrorifico che, inaspettato, ho apprezzato.
E poi arrivano i combattimenti con stunt-man giapponesi e i pupazzi giganti
della terza parte della pellicola. Sui primi davvero nulla da dire, lo
spirito è quello giusto, anche se i simpatici mostri di roccia non sono
affascinanti quanto gli sgherri umani in pigiama della serie classica e le
coreografie ne risultano un po' confusionarie. E veniamo agli attesissimi zord, gli esseri robo-animaleschi amati dai grandi e piccini che devono mettersi a
combattere combinati in un robottone contro un mostrone dorato liquidiforme e
gigantesco.
Non è che si vedessero molto gli Zord nella serie. Erano,
storicamente, realizzati con una computer grafica infima e dovevano
apparire il giusto (il meno indispensabile, per vendere il giocattolo) per poi
assemblarsi rapidamente (per vendere il robot-giocattolo), diventando le
braccia e gambe di cartone del povero diavolo che indossava il costume del
robottone, spesso con zero mobilità. Non si capiva da dove arrivassero, che
comandi avessero, come i piloti ci entrassero dentro, quali tracce del loro
passaggio rimanessero sulla perennemente rasa al suolo Angel Grove. Qui un po'
di più si vedono e qualcosa fanno, con il risultato che permanendo di più
su schermo risulta evidente quanto siano sbilanciati. È curioso quanto sia
letale lo pterodattilo, quasi ai livelli di una Getter -Machine cazzuta, e
quanto sia sfigato il T-Rex rosso robotico, da sempre il giocattolo più bello.
E giocattoloni rimangono visivamente anche sul grande schermo, ma va benissimo
così. Il Megazord è molto bello ed elegante, ma pecca un po' di personalità,
stesso difetto che imputo al mostrone dorato Goldar. Goldar è grosso, ma non ha
un centesimo del carisma del Goldar della serie TV, che era una specie di uomo
- leone blu con un'armatura dorata. Nella serie è il classico generale
d'armata circondato da sottoposti incapaci, irascibile con chi gli sta sotto,
perennemente genuflesso nei confronti dei superiori. Una specie di Conte
Blocken di Mazinga Z con tanto di spadone da brandire inutilmente in aria per
sfogarsi di una sconfitta, per poi essere redarguito e umiliato dall'Ashura di
turno. E questi teatrini, al pari di quelli del trio Dronio di Yattaman, erano
spesso più divertenti dei combattimenti stessi. Goldar nel film è solo un
gigante dorato, pur realizzato in una forma simil-liquida molto affascinante da
vedere.
E veniamo al Megazord, il primo Megazord della storia con una mobilità
effettiva e non mimata. Il primo che abbia una logica nella trasformazione (come il fatto di dove vengano allocate le cabine di guida). È interessante che
appena entri in scena si ponga una questione di mobilità coordinata del corpo,
che strizza un po' l'occhio alla seconda storica puntata di Neon Genesis
Evangelion. Una scena che era semplicemente irrealizzabile con i Megazord di
cartone e compensato "classici". Però, ugualmente al pupazzone di
Goldar, il Megazord non colpisce quanto l'originale. Gli manca carisma, gli
manca una "faccia", al di là di una scodella da atleta di scherma.
Non ci sono teste di Mammuth a fare da scudo o code di dinosauro a fungere da
frusta. Mancano le incoerenti alette da pterodattilo per conferirgli una
impossibile aerodinamicità, manca la spada "dove cacchio la avrà tirata
fuori?". C'è troppa coerenza visiva, qui. Sembra uno Jeager di Pacific
Rim, e questo, per un Megazord, non è un complimento.
-
Insomma, ma alla fine, io, cosa volevo? Credo di aver passato anni a
chiedermi cose tipo: "Ma perché non fanno un bel cartone animato di questo
materiale, una roba almeno a livello di Voltron? Perché devo guardare dei tizi
che si muovono male in costumi di cartapesta mentre buttano giù palazzi in
cartapesta? Perché non fanno un telefilm dove i robot sono come quelli di
Aliens -Scontro finale invece di queste poverate per bambini? Ma questi
sono degli alieni malvagi o le comparse di un musical come Cats? Ma perché la
cabina di comando del Megazord pare lo studio televisivo di un quiz tipo La
ruota della fortuna? Come fanno i Power Rangers ad avere identità segrete e
basi segrete se si muovono su veicoli di centinaia di metri di altezza? Nessuno
li ha mai seguiti dopo uno scontro? No, perché basterebbe guardare il tramonto
per scorgere la base dove vanno...". E via dicendo, fesserie di questo
tipo, più o meno motivate. E non capivo. Il magnetismo dei Power Rangers era
proprio in queste assurdità, un autentico "cumulo di assurdità".
Questo film, che come detto è divertente e ha molti meriti, non ha ancora
deciso cosa essere, se serio o rubicondo. E per questo aspetto è per me come il
primo Tartarughe Ninja di Michael Bay. C'è sempre paura ad abbracciare
l'assurdo. Il secondo Tartarughe Ninja ha abbracciato in pieno lo spirito
assurdo anni '80 del cartone animato. A me è piaciuto di brutto per questo
coraggio e per lo stesso motivo ha floppato nel resto del mondo. Perché i tempi
sono cambiati, forse. Questo Power Rangers sta ancora in bilico tra i pupazzoni
e Rim, si sta reinventando ma ha problemi identitari che si riversano sul tono
generale dell'opera. Pur contando su un grosso fandom e forse su più puntate di
Star Trek non si sa come accontentare le nuove generazioni. Certo l'idea di
contaminare con l'horror mi piace. L'idea dei super-problemi declinata alla
Chronicle (e quindi un approccio "Dark" al cine-fumetto) mi piace. E
l'atmosfera generale (soprattutto per la scelta dei ragazzi e il tono del
racconto), l'adolescenza mixata alla fantascienza, ha quel qualcosa che
mi richiama il cinema per ragazzi anni '80, dalle parti di Explorers, Navigator
o The last Starfighter. Quei sogni di mezza estate in cui la provincia più
depressa d'America diventava il trampolino, per le nuove generazioni, verso le stelle.
Cinema che non si fa più, forse perché ai più giovani non piace più (e qui si
aprirebbe parentesi enorme, come ho appena fatto). Poi però non si può
togliere tutto e i giocattoloni colorati zord diventano tanto più fasulli più
la trama va in cerca di realismo. E' una bilancia sbilanciata. Qualcosa in
questo mega frullatone di Israelite (prodotto da Bonaventura) si è Lost in
translation, per dirla come la Coppola, ma gli stimoli ci sono, la trama è
limpida e coerente come oggi è sempre più difficile trovarne, gli attori
simpatici e il tutto diverte. Uscendo di sala però ho visto alti e bassi tra
gli spettatori. Quel non essere più simile a un party con pupazzi colorati ha
in parte deluso i fan. Quel voler cercare di essere più serio e complesso, mantenendo
però i tratti più naïf, non ha fatto cambiare idea a chi non apprezzava di base
i Power Rangers. A me, pur con quanto sopra evidenziato, non è dispiaciuto
affatto e mi sa che in home video mi faccio un altro giro di giostra. In fondo
la pellicola non ambisce ad altro che a farvi divertire e lo fa discretamente
bene e se avete amato anche voi la fiamma di Megalopoli sarete attratti come
falene da questo film.
Ok, pare essere il trailer più visto su Youtube con milionate di visualizzazioni. L'attesa è altissima, anche lo scetticismo, visto come è (quasi) sempre stato maltrattato da Hollywood il buon vecchio Stephen e quanto debole fosse la miniserie degli anni '90. Com'è? Beh giudicate voi... funziona! Cazzarola se funziona!!
Dice poco o nulla, ma ormai la "tenera" bambolina, all'anagrafe Annabelle, riempie i nostri peggiori incubi da qualche anno. Qui si dovrebbe capire come sia diventata un giocattolo demoniaco, anche se penso che il disegnatore che l'ha concepita abbia una buona dose di colpa...
Qui invece siamo sulla linea di demarcazione tra horror e fantascienza. Un po' Alien, un po' The Abyss; il cast è eccellente, da Ryan Reynolds a Jake Gyllenhaal, le prime recensioni paiono buone. Noi non l'abbiamo ancora visto, e voi?