lunedì 30 marzo 2020

Attraction - la nostra recensione del blockbuster sentimental-fantascientifico russo



Un giorno compare nei cieli russi una specie di palla rotante hi-tech. È un'astronave aliena e va a schiantarsi a terra travolgendo una serie di palazzi del centro di Mosca. Saranno buoni? Saranno cattivi? I nuovi arrivati possiedono armi in grado di alterare l'elettromagnetismo e manipolare i liquidi. Usano come tute spaziali degli esoscheletri che potenziano ogni loro movimento e in remoto fungono da esercito robot. Siamo già belli che spacciati? Forse no, perché un alieno, Hakon (Rinal  Mukhametov) fuori dalla tuta è del tutto simile a un essere umano belloccio e molto sensibile, pronto a innamorarsi con un colpo di fulmine della classica Kristen Stewart locale, Julia (Irina Starshenbaum, vista in T-34), figlia di un generale insensibile (Oleg Menshikov) e "proprietà sessuale" del bullo locale Tyoma (Alexander Petrov, anche lui visto in T-34). Tra inseguimenti, fotografia ed effetti speciali davvero ben riusciti, ci troveremo quindi presto in una trama alla Twilight, con un impianto sentimentale-narrativo esasperante e farraginoso di pari livello, almeno per chi non vive i sentimenti come un adolescente emo e russo. Ma alla fine non è neanche così male.
Abbiamo iniziato a parlare della linea Originals di Blue Swan con quel piccolo gioiello di The Head Hunter, continuiamo qui con questo Attraction, mega filmone russo dal super budget e con già un sequel uscito a inizio gennaio in madre patria, Invasion, prossimamente già confermato nel catalogo del distributore italiano. Il regista Fedor Bondarchuk, autore dell'interesse Stalingrad (in Italia uscito per Universal), insieme a buona parte del cast di T-34 (già in catalogo Blue Swan Original, ne parleremo qui in futuro), confezionano tra mille contaminazioni visive da Indipendence Day e Twilight (ma pure con gustoso inserti "sociologici" da District 9), quella che di fatto è una variante di Ultimatum alla Terra più tenerona e "terra terra". Visivamente è sontuoso, ultra-patinato. Tutte le scene con astronavi, esoscheletri, scenari apocalittici e battaglie urbane sono ben fatte e se vi piacciono i mostri e modellini sono una gioia per gli occhi. Promossa sostanzialmente la "parte action", scenografica ed effettistica (anche se le sequenze alla base militare sono decisamente "affrettate")  arriva da valutare la forte scorza "sentimentale" dell'opera e devo dire che ho avuto dei problemi a capire se si parla di "cattiva scrittura/recitazione" o di "stile cultural-cinematografico russo" (che conosco poco quanto conoscevo poco 20 anni fa quello giapponese, che ora apprezzo ma prima trovavo assolutamente folle). Perché questi personaggi gridino tanto, perché si incazzino a morte per poi fare la pace in due minuti, perché buttino sul tavolo "l'avere le palle" prima di "avere la testa", sono tutti dubbi per me irrisolvibili, ma che avevo in stessa misura mentre guardavo I guardiani della notte di Timur Bekmambetov o Il Sole Ingannatore di Nikita Mikhalkov. Certo se uno spettatore russo guardasse i film del nostro Muccino avrebbe i miei stessi dubbi sul "modo di vivere i sentimenti" degli italiani. Chiuso questo aspetto, soppesandolo con pregi della pellicola, Attraction non è così male, anzi. Fa passare due gradevolissime ore piene di effetti speciali, buona azione e un paio di scenette "buffe" che risultano alla fine simpatiche. Popcorn, una bella coca cola e la serata è assicurata. 
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martedì 24 marzo 2020

Super Relax - lo strepitoso fumetto del Dottor Pira, tra i titoli gratis per la quarantena di fumetti di Coconino Press



Il Dottor Pira è in questi tempi cupi di paura e sconforto un autentico faro nella notte, l'uomo delle good vibration, del totale relax. Tra la sua rinomata Vera storia dell'Hip Hop, l'imprescidibile L'almanacco dei fumetti della gleba, la trilogia di Gatto Mondadory, non c'è opera del Dottor Pira che non trasudi follia, vero divertimento, spiscio. Spiscio e divertimento nel quadro di una anarchia grafica primitiva quanto possente, pullulante di ometti sghembi tra il graffito urbano (di cui è maestro) e i disegnini infantili dei bambini delle elementari sui banchi di scuola. Una irresistibile, atavica, combinazione che se spiazza l'uomo della strada al primo assaggio, poi lo conquista e "ci conquista", tutti, perché Pira disegna male ma "da paura", ti butta dentro il suo mondo sghembo, ti fa morire di risate, ti ritrovi a disegnare sul banco personaggini scemi allo stesso modo, in seconda elementare, durante l'interrogazione di matematica. Poi però l'illusione passa perché, specialmente come accade in Super Relax, Pira dal disegnino buffino (finto) infantilino passa a delle colorazioni atomiche in cui esplodono scie fluo, botti da computer grafica, scale cromatiche ardite che assalgono lo sguardo dello stesso uomo della strada di prima, lo travolgono, lo buttano in viaggi psichedelici fino a che non si finisce felici a vomitare arcobaleni. E tutto questo avviene senza alcuna sostanza psicotropa, pura magia visiva positiva ecosostenibile, endorfine naturali da gustare con la giusta soundtrack. Super Relax è un albo con una missione chiara, ardita, potente, impossibile: rilassarvi. Il buffo Gatto Silvestre affronta la massima quest di un eroe post-moderno, la scoperta del relax. Con abnegazione, impegno, stile, ci conduce tutti nel suo mondo parallelo, carico di umorismo giocoso, imparando l'estrema arte finale del rilassamento e condividendo con noi la scoperta. 
Super Relax è tra i fumetti che si possono leggere gratuitamente di Coconino Press grazie all'iniziativa che vi ricordiamo di andare a scovare sui loro social. 
Oggi trovare il Relax, anche solo per una mezzoretta è quasi come trovare il Graal. È lodevolissima l'iniziativa di regalarlo a tutti oggi come panacea, una bella pillola del buon umore dissacrante, giocosa e gioiosa. Grazie ancora una volta Pira per i tuoi bruttissimi ma bellissimi e tenerissimi disegnini.
E quale è la colonna sonora giusta per gustarli? Beh, Pira è anche un Dj da paura e troverete su YouTube il suo canale e una intera soundtrack rilassante legata a Super Relax



Cosa volete di più ? 
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venerdì 20 marzo 2020

Dragonero il ribelle n.5: Gli dei dell'arena - la nostra recensione!



- Sinossi fatta male: Dopo che nello scorso numero il nostro eroe ci ha  raccontato di come ha subito la più classica "truffa agli anziani", inventando probabilmente una palla enorme su come ne sia "uscito bene", Dragonero parte con Gmor per una missione potenzialmente suicida, quella di questo numero, ma che permetterà a entrambi i nostri eroi di mostrarsi mezzi nudi per la gioia delle lettrici. E tutti gli estimatori ed estimatrici di Gmor già esultano nel sognare i suoi pettorali pelosi, possenti e morbidosi. L'idea generale della "missione fondamentale che aiuterà come solito la ribellione" è salvare un principe decaduto, un morettone depresso per lo più mezzo nudo ma con fisico scolpito e oliato col Baby Johnson, che è costretto per debiti, in una specie di Sharm el-Sheikh, a lottare in un'arena di gladiatori di giorno e fare il gigolò a tempo perso la sera, per lo stesso esercizio commerciale. Il padre del depresso è il sovrano di un territorio strategicamente importante, ci si aspetterebbe un'opera di intelligence seria per il salvataggio, ma lo "svolgimento della missione" consiste nel diventare gladiatori dello stesso "proprietario" del principe depresso, avvicinare il principe, convincerlo che in qualche modo può fuggire, provare a farlo sorridere un po'. 
Tra mazzate, uomini nudi e nani con dispositivi allungabili e sparanti stile i Masters della Mattel, Ian e Gmor finiranno alla fine in tutt'altra storia. Una specie di dramma della gelosia con protagonista un Vincenzo Salemme arabo marito geloso col problema che "tiene eeh'corna, uaaaa!!!". 
Riusciranno i nostri eroi a compiere il salvataggio, gestire la sottotrama con Salemme ed affrontare le scene delle terme per soli uomini senza sfigurare davanti agli altri gladiatori palestrati e unti di Baby Johnson? 


- Oggi siamo tutti gladiatori come Totti:bSiamo a tutti gli effetti in questo numero in una interpretazione dragoneresca dello Spartacus televisivo australiano, per stessa ammissione della testata che cita lo show nella pagina delle "Cronache della ribellione" nonché nel titolo dell'episodio, Gli dei dell'arena, che richiama la seconda stagione del suddetto show. L'aspettativa dei più assidui fan della serie Starz era quindi una trama soft porno basata su temi quali: a) "uomini nudi palestrati che fanno sesso con ricche donne annoiate ma fighissime"; b) "uomini nudi palestrati che amano donne povere e schiave purché comunque sempre fighissime"; c) "uomini nudi palestrati che si amano tra di loro ma solo se entrambi fighissimi (perché nelle storie di gladiatori c'è sempre qualche brutto ceffo con la faccia che pare abbia avuto un incidente con un tram, ma non lo vogliamo veder pomiciare con uno altrettanto brutto per motivi di audience); d) "mazzate trucide nell'arena coreografica stile il 300 cinematografico" ; e) "qualcosa di nuovo, un gioco, del cioccolato", ossia un elemento a sorpresa per dare un po' di gusto alla trama. Se non eravamo in un fumetto Bonelli ma in qualcosa di più hot ci si poteva spingere con l'immaginazione pure in piena ortofrutta, con più banane e patate di quante ne trovereste ai mercati generali in giugno, ma non è questo il caso. Ma questo numero ha un cifra diversa ed è proprio grazie all'elemento e), la buona "salsa" che condisce gli eventi. L'autore è infatti Enoch e con il suo stile e classe "draga via" i molti eccessi di un magma narrativo, e conseguentemente visivo, "carnalmente iperattivo". Se l'arena possiede comunque una overkilling action da Mortal Kombat, se la sensualità rimane un elemento forte, Enoch riesce a veicolare la storia sulle latitudini diverse ma convergenti del tema del confine tra "amore" e "possesso". Tornano in scena  dopo lo speciale del 2017, La principessa delle sabbie, i personaggi di Abayomi e la sua "sposa di scudo e di spada" Gaelig e il loro ruolo subito diviene centrale. Abayomi è ora una delle molte spose di un sultano che la ama e riempie di doni ma è gelosissimo, mal tollera la relazione che lei ha con la sua ancella, la vorrebbe in esclusiva, un oggetto di sua proprietà. Incontriamo al contempo un lanista che ugualmente ama i suoi gladiatori, li riempie di privilegi e doni ma non sopporta che non possano essere più suoi, che vengano pur con un contratto ceduti o possano essere liberati. Anche il nostro principe rapito viene cercato da un padre di colpo interessato a lui, ma che prima, quando la situazione del suo stato era diversa, lo aveva "gettato via". I vari piani narrativi parlano la stessa lingua e i gladiatori che si vedono trionfare e morire nell'arena, così come diventare trofeo sessuale,  raccontano visivamente questo concetto, sono carne già in parte nelle fauci di diversi padroni. I disegni di Riccardo Latina tratteggiano uomini e donne dai corpi scultorei e dagli sguardi rigidi, perfettamente a loro agio in armature dalle geometrie aguzze e rugginose ma sessualmente sterili, ruvidi. Le barbe, i peli e le capigliature sembrano delle zone di erba avvizzita che si fa faticosamente strada tra la roccia. Sono corpi scultoriamente classici, plastici, in qualche modo "oggettificazioni", "giocattoli nelle mani di un proprietario".  I volti sono espressivi ma severi. Le scenografie sono per lo più aride, desertiche, il contesto dell'arena è essenziale, ma il piccolo mondo orientale in cui è ambientata la vicenda è carico di mille dettagli architettonici affascinanti. Riccardo Latina riesce quindi a tradurre al meglio il materiale narrativo di Enoch e la magnifica copertina di Pagliarani fa lo stesso, trasmette bellezza e crudeltà del racconto, armature lucenti che una folla esultante vuole vedere distruggersi e sporcarsi di fiotti di sangue. Quando il sultano cornuto entra in scena, pur con mille ombre, si riesce a trovare anche momenti di leggerezza narrativa, ma la storia è tosta e vediamo il nostro Ian muoversi in un modo se vogliamo anche più duro del solito. Un buon numero, in attesa del numero 6, che vedrà tornare in scena attivamente anche la nostra amata Sera. 


E anche qui mi immagino ci sia fin dalla copertina una citazione diretta da qualcosa che ho visto di recente al cinema. 


Finale: ho tra le mani questo numero di Dragonero dal giorno della sua uscita, ho fatto un po' fatica a trovare la forza di scrivere questo pezzo in un momento storico come questo, ma spero di avervi regalato con la nostra recensione "stupidina" almeno una piccola risata, una piccola finestra di normalità in un mondo in cui, per ora, nulla è più normale. Cercare di essere "leggeri" oggi è difficile, ma è uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare. Con affetto. 
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mercoledì 18 marzo 2020

Una quarantena di fumetti


Segnaliamo  anche noi la bella iniziativa di Coconino Press. molti suoi fumetti per questo difficile momento di quarantena sono disponibili gratuitamente online. Andate a scovarli sui loro social!

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venerdì 13 marzo 2020

Captain Tsubasa: Rise of New Champions - in uscita a giugno il videogioco di Holly e Benji




Attendevamo la conferma della data con trepidazione. Finalmente è arrivata e IL gioco di calcio più atteso di sempre dalla nostra micro-redazione si paleserà davanti a noi. In genere i giochi di calcio li gioco a distanza di ere geologiche. Vado a mente: Konami Soccer del 1985 per Msx 1, Sensible Soccer del 1992 per Amiga 500, Libero Grande del 1997 per Psx, Fifa 2012 con in copertina Del Piero (strano regalo di Gamestop, gioco usato di cui avevano un magazzino pieno e regalavano anche senza alcun acquisto) e Fifa 2014 per Ps4 (perché era in omaggio con una console, con il bundle di Call of Duty Advanced Warfare esaurito nella tornata natalizia). Non è che non abbia poi mai provato PES, Kick Off e figli o Super Sidekicks per Neo Geo, il fatto è che sono negato per questa tipologia di genere in sé. Non capisco come si passi la palla e il giocatore si trasferisce a controllare il player che la riceve, non mi è chiaro come gli altri mi tolgano la palla con classe e se io faccio lo stesso faccio fallo, non becco un tiro in porta. Nel calcio digitale sono una pippa e nelle partitelle con gli amici mi mettevano in difesa, dove in genere mettevano le pippe. È Gianluca l'esperto calcistico, di giochi come di calcio giocato, con un fiero passato e presente nei campi di calcetto. L'altro ieri mi hanno detto che Toto Schillaci non gioca più nella Juve e ci sono rimasto malissimo. Ma Captain Tsubasa è altra roba, è "cultura", uno dei 3 o 4 principali cartoni animati con un po' di seguito plurigenerazionale in Italia. Oggi c'è il remake che piglia i nomi originali giapponesi, ma questo è e rimane nei cuori l'immarcescibile Holly e Benji, anche se i nostri eroi si chiamano come il ministro dei trasporti cinesi Furgoncin. E allora eccoci pronti a plaudire per il tiro della tigre dell'ora diversamente chiamato Mark Lenders, a godere dei preziosismi tattici dell'ora diversamente chiamato Julian Ross, ad esultare per la catapulta infernale dei calciatori un tempo noti come i fratelli Derrick. Non è che mancassero in passato giochi sul cartone animato un tempo chiamato Holly e Benji, ma erano roba strana giapponese, più simile a dei giochi di ruolo tattici che a un Fifa e che in Europa, dove tutti vogliono solo Fifa, non ha mai importato nessuno per paura non se li cagasse nessuno. A dire il vero oltre a pareti di comandi tattici in giapponese stretto, questi giochi erano anche un po' "minimal", stile i gdr del 1991 alla Champions of Krynn. Oggi invece Bandai e Namco investono duro e vogliono portarci un gioco di calcio bellino da vedere e abbastanza "giapponese" per super-colpi vari, sulla riga immagino (mai giocati) degli Inazuna Eleven di Level 5. Tattico ma spettacolare, un po' come Dragon Ball Fighterz, ma con in mente alla base PES al posto di Street Fighter
Nota: questo è quello che speriamo, un altro discorso è arrivare a giugno e avere la conferma che sarà un gran gioco. Ma le good vibration, frutto di una  grossa e mirata campagna promozionale, ci sono tutte e i nostalgiconi che erano bimbi ai tempi della prima messa in onda un pensiero o due ce lo stanno facendo. I gameplay finora rilasciati consigliano prudenza ma l'entusiasmo è palpabile, la grafica quella giusta e la colonna sonora incalzante, che accompagnava lo scollinare della metà campo (in Holly e Benji c'era sempre una specie di montagna sulla metà campo), è proprio lei. E giù lacrime. 
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lunedì 9 marzo 2020

Candyman - Il trailer



È grosso, porta un lungo mantello nero, ha un uncino al posto di una mano, il fisico enorme e sexy,  la voce suadente, nel film del 2012 e sequel, di Tony Todd. È Candyman, una delle più riuscite figure horror nate dallo scrittore inglese Clive Barker, il babau che se dici per tre volte il suo nome allo specchio ti compare alle spalle, viene a prenderti e ti fa fuori. Lo spirito inquieto di uno schiavo di colore dell'ottocento che per aver sedotto una donna bianca (ed essendo da lei ricambiato) è stato coperto di miele, come un "uomo dolce", e fatto mangiare vivo da delle api inferocite. Ed è forse per questo che uccide se evocato, perché chiamarlo "candyman" è offensivo come la "parola con la n" che discrimina le persone di colore. Il film originale di Bernard Rose era bellissimo, fresco, uno dei migliori horror degli anni '90. In una Chicago da sogno, spesso fotografata al tramonto, piena di graffiti e paesaggi urbani  dai colori caldi, il film raccontava l'amore impossibile e struggente, con gli echi migliori del Dracula di Stoker, tra un mostro e una donna, sottolineato dalla sontuosa colonna sonora di Philip Glass. C'era una forte e ben costruita componente thriller, qualche "nota magica" alla X-files, la paura esplodeva nelle scene in cui le luci si spegnevano e arrivava il buio e presto irrompeva con lampi elettrici lo splatter, sangue e sbudellamenti anche "da stomaci forti", non per un pubblico occasionale. Ma di questo miscela horror era la malinconica love story, nata per finire nel più tragico dei modi, la sua nota più bella, quella che ci accompagnava a casa dopo la visione. Quindi se il Candyman di Todd era favoloso, uno dei boogieman più riusciti di sempre per possanza e stile, la studentessa di folklore Helen, interpretata dalla bellissima e incantevole Virginia Madsen, era in realtà il vero colpo di genio, quello che conferiva alla vicenda una insospettabile credibilità emotiva e narrativa, elevandola per me anche sopra a coevi adattamenti di Barker, come Hellraiser, che puntavano troppo sul piano visivo. Il finale è tuttora qualcosa di inaspettato, amarissimo. Anche il seguito, di Bill Condon, cercava di bissare la stessa formula, inscenando un Candyman ritornato in vita e alla ricerca della moglie reincarnata nel presente. Ebbe successo anche se era meno bello e generò un secondo seguito, diretto da Tury Meyer, in cui il Candyman tornava per cercare la nipote... stava diventando una variante del Giustiziere della notte e forse è bene che la serie lì si sia fermata un attimo a riflettere su cosa fare da grande. Il film diretto da Nia DaCosta, scritto e prodotto da Jordan Peele, riparte dal finale del primo Candyman, un po' come fatto dal recente Halloween. Si vuole rimettere al centro una componente visiva ricca e carica di influenze artistiche, si sceglie per regista una donna, perché Candyman torni a essere più di ogni altra cosa una love story dal punto di vista femminile, come lo era nell'originale. Ma l'attesa più alta è ovviamente per Jordan Peele, ormai a tutti gli effetti lo Spike Lee del cinema horror contemporaneo. Dopo i suoi geniali Get Out - Scappa e Noi, film che hanno saputo mischiare al meglio l'horror con la commedia per dare corpo a thriller sociali originali quanto inquietanti, Candyman è una sfida diversa, lo pone direttamente a confrontarsi con quello che per fama è a tutti gli effetti il "Dracula nero", scritto dal migliore Clive Barker di sempre. Sarà interessante e vi confesso che dal primo momento che ho sentito parlare del nuovo Candyman ho sperato che dietro ci fosse Peele, non vedo letteralmente l'ora. 
Todd sarà di nuovo Candyman, nel cast anche il simpatico Yahya Abdul-Mateen II visto in Noi, e molti volti televisivi in attesa della grande occasione, da Empire a Chicago Fire. Ho buone vibrazioni, a risentirci prima di giugno, data d'uscita della pellicola.
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mercoledì 4 marzo 2020

I am Spank - la nostra recensione del nuovo fumetto di Chemello, Furini e Massaggia per Noise Press



Ai bambini piacciono i pupazzi e  qualche adulto eccentrico non dispiacciono i pazzi. Così, per scherzo e per gioco, qualcuno prende un pupazzo e lo si trasforma in pazzo. È la triste storia di Spank, coniglio di pezza beniamino dei bpiù piccoli, unita a quella del giovane attore che lo interpreta negli spettacoli per bambini. Un rapimento, una sostanziosa quantità di droghe psicotrope sparate in corpo e la maschera di Spank il coniglio attaccata per sempre al viso del suo interprete, con una colla chimica. E il pupazzo diventa pazzo, un giochino sadico, ad uso personale di sollazzo. Prima richiuso, ingabbiato e sfatto, Spank troverà forse la via di fuga per tornare nel suo mondo. Ma tornerà anche la mente?
Veloce, sporco e cattivo, in bianco e nero e blu malato alla Traffic di Soderbergh, arriva sul mercato per gli amici di Noise Press questo strano Spank. Un piccolo noir, forse un'origin story per dirla come nei fumetti di supereroi, di sicuro un attestato di bravura nell'arte del thriller a fumetti, che colpisce per l'idea originale e tiene il lettore attaccato fino alla fine, desideroso di leggerne ancora e al contempo scosso, ferito, con gli incubi. Lo stile grafico non cerca il conforto visivo, la coolness dei mille "conigli mannari" dei videogame e manga giapponese. Spank è sporco, è spaesato, ha occhi vuoti e tanta violenza in corpo. È un freak che si abbandona al lato più animalesco, che strappa le facce con le unghie, è un uomo morto e rinato come qualcosa di totalmente diverso. È angosciante e decisamente non adatto a un pubblico di impressionabili. È profondamente calato dal punto di vista visivo nell'underground e non si concede dettagli non legati ad angoscia, terrore, senso di impotenza. I am Spank è una storia"sgradevole", nell'accezione corretta che dovrebbe trasmettere la narrativa horror,  colpisce per immagini e testi e "te la porti a casa", ci ripensi, ti dispiace per la strana creatura che ti ha fatto incontrare. 


Davvero bravi  gli autori coinvolti, tutti  provenienti da quella promettente realtà editoriale online che è Dayjob Studio. Hanno confezionato un horror senza fronzoli e paiettes, dritto, sincero, anti-spettacolare, crudo, ruvido. Duro come un pugno in faccia, I am Spank ci trascina in un viaggio senza ritorno verso la follia. Un viaggio in cui non esistono eroi e in cui i cattivi non vengono sempre puniti. 
Arrivato su Facebook nel 2013, nel 2015 I am Spank ha fatto incetta di premi prestigiosi come la migliore autoproduzione, agli Audaci Awards, e la migliore opera di scuola americana, agli Indie Comics Awards. È quindi fantastico che ora, grazie a Noise Press, tutti possiamo gustarci questa piccola perla dell'horror indie. 
Di Federico Chemello e Massaggia consiglio anche il romantico e tragico  Restiamo Sdraiati qui per sempre, edito da Shockdom. Di Chemello e Furini, sempre per Shockdom, trovate anche il dramma a sfondo scolastico Dieter è morto. Sono opere successive a I am Spank, sempre pervase dal thriller, legate tra loro per rimandi tematici. Se vi piacciono le storie oscure ed entrate nel mood giusto leggendo una di queste opere, vi verrà voglia di leggerle tutte e già vi anticipo che ne vale la pena, che è stata una bella scoperta. 
Noise Press riporta in vita I am Spank e se vi piacciono le storie indie inquietanti ed horror dovreste provarlo. 
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martedì 3 marzo 2020

Il virus che ci fa sentire più soli


È iniziata la seconda settimana di questa strana quarantena che colpisce in modo diretto o indiretto tutto il nostro Paese e nello specifico la Lombardia, dove viviamo. I bambini sono a casa da scuola, università chiuse, una sorta di coprifuoco dopo le 18.00 che fa calare le serrande dei bar, cinema e musei chiusi, eventi rimandati di mesi, fine settimana ai centri commerciali bloccati, ristorazione in crisi, un po' tutti gli esercenti in crisi, turismo annientato, zone rosse, mascherine finite... Mille dubbi, mille paure più o meno fondate, anche per via di una informazione mai cosi schizofrenica, imprecisa, bipolare al punto che nel giro di un paio d'ore passa dal "va tutto quasi bene", al "non finirà mai". Nel caos c'è chi riesce a fare Smart-working senza andare in ufficio, chi coglie l'occasione per stare con i propri bambini e con i genitori, chi prova a vivere più o meno sereno con le raccomandazioni sulla profilassi divulgate dagli esperti. Ci si prova, anche se la tentazione di stare inchiodati alla TV H24 sul canale delle notizie in tempo reale è sempre presente, spesso nociva.
È per questo che è importante in questo momento, oltre a stare vicino alle persone che abbiamo più care anche solo con una telefonata. Adempiuti gli impegni di lavoro, "impegnarsi nel tempo libero".  Leggere un libro o un fumetto messo da parte, riscoprire qualche film in dvd, spolverare un videogame comprato e mai scartato, ascoltare musica. Voletevi bene e tenetevi strette le persone più care. Ascoltate le news ma non lasciate che vi ossessionino in negativo, vivete un giorno per volta, cercate di essere felici e sereni almeno per un paio d'ore, magari tre. È normale sentirsi arrabbiati, impotenti, soli contro il mondo. Usate gli hobby come valvola di sfogo e non dimenticate che avete amici (spero più reali che virtuali). Prendere a calci Bison in Street Fighters, sparatevi di fila Raid e Raid 2 con Iko Uwais, mettete in cuffia al massimo Dark Side of The Moon dei Pink Floyd. Forse sarà la prima volta che giocherete a un Dragon Quest o un Dark Souls (si trovano anche online sul PlayStation Store, Steam e X-Box a poco prezzo), forse scoprirete Dario Argento (Raiplay, che è un servizio gratuito, ha a catalogo la sua intera filmografia o quasi), forse è tempo di rileggere Dragon Ball
Non so quando questa situazione finirà. Magari con la fine della quarantena ce ne dimenticheremo tutti, prenderemo il virus come una normale influenza stagionale, forse più strong della media. Magari ci sentiremo davvero fuori solo a maggio, tipo il 9 in celebrazione del Goku Day. Più in là non riesco a guardare ma spero bene per tutti. Un abbraccio ai nostri lettori che vivono nelle zone più a rischio e un sentito grazie a tutte le persone che ogni giorno si alzano dal letto per far funzionare il nostro paese, specie dove è facile essere esposti maggiormente, lavorando a testa bassa e spesso senza riconoscimenti. 
Qui faremo il possibile per allietarvi anche qui sul blog, con le nostre fesserie solite. 
Vi vogliamo bene.
Talk0

domenica 1 marzo 2020

Annunciazione, annunciazione!


Ok, fermi tutti! Siamo su Youtube, o almeno ci proviamo! Questo è un video di prova, certamente ancora no ancora a livello dei montaggi di Stone (anche se manca davvero poco, ammettetelo), contiene alcune novità su Godzilla vs Kong. Se è complesso da seguire, abbiamo colto nel segno, infatti la nostra volontà era quella di farvelo rivedere almeno due volte, una per ascoltare e una per leggere, e di farvi bestemmiare tutte le divinità da voi conosciute. Per il futuro promettiamo il solito rigore scientifico e magari meno caos disorganizzato. A presto su tutte le piattaforme (una serie Netflix è in via di sviluppo).

Talk0 e Gianluca

Sonic - il film: la nostra recensione!




In un mondo fatato e verdeggiante dominato da echidna barbarici vive un porcospino blu superveloce di nome Sonic. Per fuggire da una situazione particolarmente "spinosa", il nostro eroe, ancora piccolo e paffutello è costretto a utilizzare un portale magico a forma di anello dorato che di colpo lo trasporta nella piccola cittadina di Green Hill, nella provincia americana. Trovato riparo in una tana da lui arredata in modo figo, Sonic passa i primi anni a leggere i fumetti del supereroe Flash e a spiare la piccola realtà cittadina, trovando come modello di vita "l'uomo delle ciambelle" (James Marsden), lo sceriffo locale. Ma un giorno la solitudine lo "manda in palla" in tutti i sensi e dopo essersi messo a correre in tondo a velocità sempre più elevata Sonic irradia una scarica di energia che manda in black-out tutta la contea, attirando l'attenzione del governo. Per questo un giorno arriva a Green Hill un "man in black" molto particolare, Robotnik (Jim Carrey) che inizia una caccia all'alieno su tutta la zona facendo uso di un esercito di buffi robottini a forma di uova di sua invenzione. "L'uomo delle uova" (Eggman) è vicino alla sua preda, ma Sonic riesce a nascondersi nel capanno dello sceriffo e diventare presto suo amico. Insieme partiranno alla ricerca di un anello dotato in grado di mandare il porcospino blu in un nuovo più sicuro e... con colline piene di funghi (Mushroom Hill). 


Dopo una post-produzione burrascosa esce nelle sale il film ispirato alle gesta di uno dei più amati personaggi dei videogame. L'aspettativa di vedere Jim Carrey impersonare un ruolo interessante come il cattivissimo villain ultra-tecnologico Ivo Robotnik era alta, la trama intuibile dai trailer faceva presagire un film orientato al pubblico dei più piccoli, gli effetti speciali in genere sembravano carini. Tutto più o meno viene confermato alla fine della visione, con il lato positivo che nel secondo tempo mi sono addormentato meno volte che per il soporifero Detective Pikachu. Jim Carrey è immenso, il suo Robotnik è una specie di Ace Ventura passato al lato oscuro con tutti i tocchi più stronzi di Hank di Io, me e Irene. Marsden è così biondo, buono e con gli occhi azzurri che sembra la versione umanizzata di Sonic, cosa che annoia dopo tre minuti. Tika Sumpter è una gnocca che non finisce più a cui hanno dato un ruolo da veterinaria giusto coreografico e poco partecipe, ma che piacerebbe a Tarantino e ci fa dimenticare la sua pallossissima e sulfurea Michelle Obama di Ti amo presidente (film che ogni tanto torna nei miei incubi). Il resto del cast è un po' mortificato in particine, per lo più buffe, ma risultano comunque molto divertenti i personaggi di Neal McDonough, Adam Pally e Natasha Rothwell. Se la storiella dell'amicizia tra poliziotto e porcospino rivaleggia per profondità con gli intrighi della Melevisione ed è onestamente da martellate sui coglioni, gli effetti speciali legati alla super velocità (che strizzano un occhio o due alle incarnazioni cinematografiche di Quick Silver più che a Flash) come gli scontri colorati contro i robottini di Robotnik (dal sapore Yattaman), sono decisamente il piatto forte, allontanano la negatività relativa al prezzo del biglietto. Al di là di eccessi di melassa, considerato il target "da bambini" e se siete pure costretti ad accompagnare un pargolo in sala, il film scorre, ci si diverte con moderazione e appaiono già intriganti finestre aperte sui prossimi capitoli, che speriamo più adrenalinici e meno "bambinosi".
Il film di Sonic non è esattamente un inno alla velocità psicotropa propria di certi livelli del videogame, tra slot-machine, flipper e colori fluo. C'erano probabilmente più sostanze psicotrope sul set di Super Mario a dirla tutta. Ma può essere un buon cavallo di Troia per avvicinare un bambino ai vecchi giochi per Megadrive, che un papà un po' nerd non deve sottovalutare. 
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