lunedì 25 febbraio 2019

L'uomo dal cuore di ferro - la nostra recensione





Reinhard Heydrich (Jason Clarke) è un enorme, spietato e rabbioso soldato tedesco, con la carriera appena iniziata e già stroncata sul nascere per uno scandalo di letto. Ma conosce Lina (Rosamund Pike), fervente attivista politica, che ci tiene tanto a fargli incontrare Heinrich Himmler (Stephen Graham), un pezzo grosso che sembra disposto a dare una seconda possibilità quando vede in un uomo del vero talento. Ben presto Reinhard raggiunge i vertici delle SS, dimostrando grandi capacità di comando, carisma e un incredibile spirito ariano. Un soldato crudele, ma necessario per la nuova nazione che sarà edificata. Un amante della bella musica, da lui stesso suonata con il primo figlio tipo Tutti assieme appassionatamente. Un padre di valore, severo ma al momento giusto gentile e motivante. Un marito un po' assente, cosa di cui si rammarica presto Lina, che si sente in parte l'artefice della carriera del marito (All'inizio sembrano quasi Brigitte Nielsen e Dolph Lundgren, ossia Ivan Drago e Signora in Rocky IV, e sono "amabilmente e diversamente teneri") ma non vuole rompergli troppo le scatole, anche perché soprattutto vorrebbe stare un po' di più vicino a lui, coccolarselo. Vorrebbe capire perché a un certo punto si deve andare tutti a Praga. È una promozione? È una rogna? Lui non è mai a casa e sta sempre in giro a falciare dissidenti e nemici vari come un Terminator (molte le scene di violenza condita a sparatorie e inseguimenti, e molto ben riuscite). Alla fine il lavoro a Praga è una rogna, perché viene organizzato un attentato contro Reinhard (il film si apre proprio con la scena dell'attentato) e così incontriamo pure Jan (Jack O'Connell) e Jozef (Jack Reynor), paracadutati in terra nemica e sotto copertura, nel tempo libero pure sotto le coperte con Anna (Mia Wasikowska). Come finirà l'attentato? E non andate a sbirciare!!


Oh, in questo film pieno di tedeschi non c'è manco un attore principale tedesco... ma gli attori inglesi funzionano, e molto, danno alla vicenda un respiro Shakespeariano che subito conquista. Clarke si mangia tutta la pellicola con un personaggio pazzesco. Un po' Riccardo III, un po' Dracula, un po' Whalter E.Kurtz, un po' (incredibilmente) con gli occhioni vacui di Ivan Drago. Violento, rabbioso, strategico, assetato di sesso, carismatico, a volte quasi ascetico. È tutto un divenire e "costruirsi", al punto che anche quando è fuori scena lo avvertiamo, come il Dracula di Coppola che diventa nebbia e quindi è dappertutto, e influenza tutti, come il "drago" di Excalibur di Boorman. Poi però sembra che il regista, Cedric Jimenez, forse perché influenzato dalla trama del romanzo da cui il film è tratto, "HHhH" di Laurent Binet, si dimentichi proprio di far tornare in scena Reinhard Heydrich, e si fissi invece su Jan e Jozef. È un taglio netto, sembra che parta un nuovo film che nuovamente apre dalla scena dell'attentato e via di flashback ma da un diverso punto di vista, la nascita e svolgimento dell'attentato, che prende il nome di "Operazione Anthropoid". E Operazione Anthropoid è un film già visto dieci milioni di volte. Ben girato, con bravi attori, un paio di scontri a fuoco clamorosi (pure un momento alla John Woo), molto movimentato, ma comunque "un altro film", molto meno interessante ma più, se vogliamo, "politicamente corretto". Perché questo è il punto. È come se il personaggio di Clarke sia svettato così tanto in scena da far venir dei dubbi alla produzione sul fatto che qualcuno potesse vederlo come troppo affascinante. E siccome "non si deve tifare per cattivi" come Scarface, Darth Vader, Roy Batty, Kurtz (e ci metto pure il recente Dick Cheney di Christian Bale), siano loro personaggi reali o di fantasia, bisogna perdere un po' di tempo con i "buoni". Come se (forse per i produttori, non credo per il regista e attori, che hanno messo in scena personaggio molto curati) fossimo tutti bambini di cinque anni e il film non si sentisse sicuro di averci fatto percepire "i cattivi" con spirito sufficientemente critico. Avremmo voluto vedere di più Clarke come la Pike, avremmo voluto vedere maggiormente esplorato il rapporto con i figli e con Himmler, che sembra quasi uno zio acquisito. Ormai anche in TV dai tempi dei Soprano ci siamo abituati un po' a guardare l'umanità dietro ai personaggi più controversi, i buoni potevano entrare in scena come gli avversari di Scarface nell'ultimo atto (quello di "chi fa la guerra a me la fa al numero 1") e il messaggio della loro presenza (nonché la presenza della Storia, in senso scolastico, perché è tutti ispirato a eventi reali) sarebbe ugualmente passato. 
L'uomo dal cuore di ferro è quindi una pellicola con due anime, che poteva forse osare di più. Rimane una pellicola con molti meriti, ottimi attori, una bella ricostruzione storica e una visione dello spettacolo che mai annoia. 
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giovedì 14 febbraio 2019

7 uomini a mollo - la nostra recensione





C'è un manipolo di omini incazzati e tristi, bruttini, vecchietti, non avvenenti né quantomeno atletici che si aggira, la sera, come i lupi mannari intorno ad una piscina comunale. Si dedicano alla pratica di quello che per tipi come loro sembrerebbe il più improbabile degli sport, il nuoto sincronizzato maschile, ma la ragione di questa scelta è presto chiara: Delphinie. Delphinie (Virginie Efira) non solo è la loro istruttrice, ma è un po' psicologa, un po' assistente sociale, un po' amica, quasi una dolce mamma-chioccia. Mentre questi amabili/terribili omini sgambettano male in acqua, sfogando con movimenti per lo più sgraziati tutto lo stress di cui "sono fatti", la dolce, bionda e gentile Virginie gli legge dei libri, li sprona a guardare il lato positivo della vita, li tiene uniti. Da lì una botta di testa del gruppo: iscriversi ai mondiali. Poi Virginie non può più seguirli, perché anche lei cade in una brutta depressione, e la nuova allenatrice del gruppo diventa Amanda (Leila Bekhti), una mora ex nuotatrice sulla sedia a rotelle, tostissima, determinata e più autoritaria del sergente maggiore di R.Lee Ermey di Full Metal Jacket. Amanda vuole che il gruppo ci vada davvero ai mondiali e farà di tutto per fare di loro delle credibili macchine da medaglie. O almeno ci proverà.
Perfetti tempi comici, un ottimo gestione del cast che riesce a fare il giusto spazio a tutti gli interpreti, una trama dalle premesse stralunate ma intrisa di molta umanità e divertimento. Lo sport che si ritiene erroneamente di nicchia (pieno di fatica, valore e con pochi riconoscimenti) diviene la voce di persone per la società considerate di nicchia (piene di fatiche lavorative e familiari, cariche di dignità e altrettanto poco riconosciute all'esterno). Tra sfottò, dubbi sulla sessualità di chi pratica certi sport e incredulità generale, questi due "mondi ai margini" si incontrano, scontrano e scoprono di parlare la stessa lingua. 


La classe operaia non va più in paradiso ma va in piscina, potremmo dire. A cercare conforto, a scoprire qualcosa di più di se stessa, a confrontarsi e relazionarsi e scoprire, perché no, che si può avere una possibilità di rivincita nei confronti del mondo. A sperimentarsi anche con la "grazia" del nuoto sincronizzato: apparentemente "roba da donne", in realtà una disciplina che dietro le paiettes e le canzoni alla Dirty Dancing risulta tostissima e impegnativa. E tutto dietro a una gustosa cornice naïf che incita a ridere fin dal trailer, è magicamente credibile, divertente, appassionante e tenero. Merito della regia leggera, ordinata e ritmata di Gilles Lellouche, merito di un cast maschile di attori straordinario, come Guillaume Canet, Mathieu Almarac, Benoit Poelvoorde, Jean-Hugues Anglade. Ma soprattutto merito dei personaggi di Leila Bekhti e Virginie Efira. Personaggi per nulla banali e soavemente interpretati. Ne parlo scopertamente da innamorato, di entrambe. Nelle avverse sorti di questi buffi, amabili e male-assortiti omini, tutti in qualche modo losers, trombati e falliti, tutto troppo cinici o troppo bonaccioni per affrontare la vita, un po' tutti, chi più chi meno, in sala ci immedesimiamo. In loro avvertiamo la stessa "necessaria" voglia di riscatto, che condividono un po' con lo sgangherato manipolo del classico inglese Full Monthy, ma sono le due ragazze a conquistarci il cuore e a farci sentire, anche noi in sala (soprattutto i più attempati), coccolati, spronati e incitati. Dietro a questi sette grandi attori comici ci sono queste due piccole/grandi attrici donne, che portano al cinema un ruolo femminile più di "mamme" che di femme fatale. Piccole donne dolci e determinate da cui si costruiscono grandi famiglie. Un ruolo umano e sociale storicamente proprio della donna ma per molti aspetti cinematograficamente ancora "nuovo", troppo poco esplorato (e i francesi sono in questo grandi sperimentatori) che sarebbe bello vedere approfondito in altre opere. 
In un periodo gremito di offerte cinematografiche di ogni tipo vi invito quindi a scegliere senza indugio questa commedia, che riesce per altro a far molto ridere, se siete in cerca di una commedia "rinvigorente", con cui ricaricare le energie per ripartire con l'anno nuovo con la giusta carica positiva. E chissà che qualche pazzo voglia pure andare ad iscriversi a nuoto sincronizzato. Certo se poi in piscina ci troviamo delle istruttrici come la Efira e la Bekhti un tentativo lo farei. 
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mercoledì 6 febbraio 2019

Goblin Slayer: la nostra recensione del fenomeno giapponese del momento


Per le strade di un mondo fantasy apparentemente così ultra classico da rasentare il banale, guerrieri pucciosi/maghetti-bambini colorati/infermiere-curatrici tettute/(altro) e altra gente disegnata apparentemente tutta in stile ultra caruccio e stereotipatissimo come solo nei peggiori jrpg, si muovono felici, girovagando qua e là. Si muovono in gruppetti sempre schifosamente colorati e allegri, nella routine di tutti i giorni, tra apparentemente noiose gilde, pallosi villaggi/grotte/castelli/(altro). Lo scopo di ogni avventura che li vede coinvolti pare essere sempre lo stesso: sgombrare qualche area da mostriciattoli "classici" (in genere tutta l'epica sottesa in questi racconti è "Mostri brutti inquadrati male" contro eroi  "tutti belli", per lo più eroine poppute), ricevere una qualche ricompensa da questa attività di sgomento e infine comprare armaturine colorate/pozioni magicose/spadini con elsa colorata/(altro) in un maxi quartiere commerciale fantasy stile Akihabara. Apparentemente, in questo mondo più gli eroi/giocatori combattono più "salgono di livello" e accedono a delle "caste sociali" di rilievo (rappresentate dal possesso di una targhetta di riconoscimento di materiale sempre più pregiato), nella più classica (e forse pure razzista) scalata a punti da gioco di ruolo fantasy standard.  Ci possiamo quindi aspettare di essere nel più tipico, trito, vomitevole e generico scenario di giochino di ruolo "di carta o da console", quello in cui la violenza grafica è del tutto assente e non c'è un solo rivolo di sangue anche se i protagonisti della storia ammazzano migliaia di mosti, che elegantemente defungono in stelline colorate regalando punti esperienza al party?
E invece no!
Almeno, qui in Goblin Slayer no. Un "no!" che grida forte e duro fin dalle prime pagine: "nooooooooooooo". Un "no" che fa ben sperare per il futuro dell'umanità in genere ma soprattutto per chi è solito leggere Nagai, Miura, Oku, Hara, Isayama, Kishiro, Hanazawa, Hirano, Yamaguchi, Tachibana, Muneyuki, Kitakawa e tanti altri profeti del fumetto fantasy un po' maturo, magari cruento e magari splatter (sto parlando di me, ovviamente). Alla faccia di chi bazzica il fantasy jappo più patinato, quello che in gente vende, fatto tutto di triangoli amorosi e ore in erboristeria e in sale da the, tra maghetti inspiegabilmente allegri e tutti minorenni. Alla faccia della forte pubblicità intorno all'opera, alla faccia che all'inizio sembrerebbe pure questo Goblin Slayer essere un fantasy patinatissimo ecco che ci si ricrede, quando arriva dopo poche pagine un colpo di scena niente male. Colpo di scena che per i più distratti è stato ben evidenziato, sempre per il discorso della forte pubblicità che gira intorno a quest'opera,  su TUTTI sui social. 
"Cosa sarà successo mai, in un fantasy dall'aria tanto banalotta?"diranno i miei piccoli lettori.


Questo succede. Un gruppo semi esordiente, colorato e banale, di eroi, soprattutto composto di fanciulle procaci, da classico "jrpg caruccio e puccioso" di cui sopra, entra in una caverna popolato dai mostri. Lo scopo è ovviamente guadagnare qualche soldino presso la gilda per comprare un capellino nuovo nel centro commerciale fantasy più vicino, affrontando pericoli non così "pericolosi". Nello specifico il gruppo deve affrontare i mostriciattoli apparentemente più innocui di tutti: i soliti storditi, debolucci, bruttarelli e un po' mediocri goblin. Sono per il sentire comune gnappetti per lo più grandi come bambini, sono intelligenti quanto bambini in età pre-scolare, sono male equipaggiati e prevedibili, sono i mostriciattoli più ambiti per gli eroi di basso livello e i più snobbati dagli eroi seri, perché a farli fuori non ti danno in genere una grossa ricompensa. Carne da macello fantasy, concepiti solo per fare punti, più facile che si suicidino cadendo sui loro coltellini da soli, piuttosto che fare dei danni reali agli eroi. E invece... eccolo che arriva come una brezza, da lontano, il "nooooooooooooooo!!" di cui sopra vi dicevo.
Il piccolo party di eroi semi esordienti finisce fatto a pezzi. Non solo nel modo più cruento possibile che Go Nagai approverebbe, ma anche letteralmente "deflorato con violenza" dai pisellini dei brutti ometti verdi (e potete quindi immaginare la pubblicità su cosa andava a parare... anche in questo caso Go Nagai approverebbe, comunque). A salvare i pochi brandelli di carne "eroica" rimasti estranei dalla macellazione e dai giochi erotici, interviene un eroe misterioso, lercio, pesantemente armato, in armatura pesante e con il viso coperto da un arrugginito elmo integrale che ne nasconde ogni possibile fattezza. Un tizio cattivissimo e potentissimo, che aprirà crani come non ci fosse un domani fino a scavare tra morti uccidi male l'unica via d'uscita da quel brutto buco putrido. Chi sopravvivrà alla fine? Ovviamente solo lui e una bella ragazza, la prima di un alto numero (per lo più) di belle donne che si unirà al suo gruppo durante la storia per aiutarlo, supportarlo, un po' capirlo se non amarlo.


Perché lui è il Goblin Slayer, ed è un eroe oscuro e tenebroso, e per questo sottilmente sexy. Sexy quanto i personaggi maledetti e disperati dei videogame dark fantasy come Dark Souls, a cui lui assomiglia visivamente un casino, che di fatto oggi rappresentano a tutti gli effetti la "nuova tendenza" dei giochi di ruolo fantasy. Eroi perdenti, senza volto, probabilmente pazzi e che è un po' da pazzi frequentare. Già la prima "companion" di questo Goblin Slayer quanto durerà?  Più passano le pagine e il tempo più questa ragazzina dai grandi occhioni si intristisce, si deprime, rimpiange gli studi da maghetta e inizia a pensare al suicidio. E nel mentre mi diventa pure emo, perché il Goblin Slayer c'ha sta carica "dark" che è "tanto dark", per cui dark diventano tutti intorno a lui, pure i nemici più improbabili, i "piccoli dark goblin", che grazie a questa opera assurgono a ruolo da villain seri e professionali, dopo una vita di stenti e derisioni da parte di ogni gioco/libro/fumetto/film fantasy esistente. I goblin quasi diventano più fighi degli alien di Ridley Scott. Eccoteli numerosissimi, prolificissimi, organizzatissimi, infidissimi, sessualissimamente ambiguissimi e molto, molto pericolosissimi. Avranno armi del cavolo, saranno debolini ma anche solo per il numero esorbitante con cui "in questo mondo" sono soliti radunarsi e attaccare, appaiono come vere e proprie piccole e infinite legioni della morte, pronte a sbucare a sorpresa "da tutte le fottute pareti" di ogni dungeon, pronte a tendere imboscate nel buio di ogni albero, pronte a darsi da fare creando armi avvelenate mortali, allestendo trappole, rapendo giovani donne a uso stupro "svuotando" di fatto i villaggi (e portando a far capitolare le città per assenza di provvigioni), divorando uomini dalle cui ossa intagliare nuove armi e suppellettili (le ossa umane divengono per i Goblin favolosi elementi dei loro mobili ikea). Vaglielo tu a dire, a questi goblin: "siete dei nemici del cacchio". E loro, proprio perché sottostimati per anni, considerati alla stregua di una bassa minaccia a uso "trastullo per eroi novellini", ora stanno pure alzando la testa e sembrano diventati feroci proprio quanto gli xenomorphi di Ridey Scott. E la cosa davvero figa di questa evoluzione dei goblin è che è "colpa degli eroi" e in senso lato dell'intera socialità del cacchio che può scaturire da un mondo fantasy gestito a membro di segugio. Ovviamente i soliti piccoli villaggi rurali fantasy sono il principale terreno di caccia dei goblin, perché gli avventurieri "seri" ignorano il problema considerandoli innocui, perché far fuori Goblin fornisce di fatto per i "tariffari attuali" delle gilde un bottino da poco. Ed è colpa della gilda perché questa non legge ancora i Goblin come un problema sociale esteso e non hanno richieste di intervento perché i villici non hanno molto soldi da offrire. È tutto collegato... cioè, stiamo davvero parlando qui di problemi legati al "Welfare fantasy"!! Quando avete letto di recente di riflessioni politiche sulla gestione del problema dei goblin secondo il piano di zona del comune fantasy tipo? Qui potete farlo!! Il problema è così serio che gli eroi novellini (leggi: "quelli che si accontentano di una paga da miseria") ormai è più facile che muoiano quando incontrano i goblin, anche perché vanno ad affrontarli senza esperienza e male equipaggiati sottovalutando il problema. E qui c'è pure un problema a livello di "istruzione primaria e secondaria fantasy!!" Quando è stata l'ultima persona ma volta che in un fantasy avete sentito caro il problema dell'istruzione primaria dell'eroe medio? Qui in Goblin Slayer si parla anche di questo!! Ma solo io sono gasato a questa cosa? Solo io sto ammattendo? Comunque, nasce pertanto in questo contesto "per reazione" un eroe come il Goblin Slayer e non può essere che un tizio strano e imperfetto, con sindromi post traumatiche che non ti dico e che lo rendono afflitto da più fragilità mentali. Un tizio diverso fisicamente e psicologicamente dal classico cavaliere in armatura argentata pieno di onore e classe, al punto da essere quasi straniante la sua esistenza per gli altri. Il tocco di genio nel manga, è nel ritrarre l'eroe sempre in armatura, tocco di genio dell'anime realizzare la suddetta armatura in computer grafica per dare al personaggio anche delle movenze fisiche diverse rispetto agli altri personaggi disegnati in modo tradizionale. Goblin Slayer è strano, è alieno, è per tutto il mondo un pazzo e noi, che siamo pazzi quanto più ci immergiamo nel suo pazzo mondo, siamo innamorati pazzi di lui, che pagina dopo pagina, scena dopo scena, ci conquista sempre di più per le sue doti fisiche e tattiche di combattente, quanto per la rarefatta e ferita umanità che sotto la corazza nasconde.


Mettendo da parte in contesto narrativo, l'aspetto di maggiore interesse di Goblin Slayer, quello che colpisce di più da subito, è poi, e per forza, la magnifica composizione visiva, tanto del fumetto che dell'anime. C'è un intero mondo fantasy e colorato che piano piano si spegne, come le luci di un albero di Natale, senza però che i colori ritornino. Tutto si fa monocromatico e freddo, claustrofobico e opprimente, come in un Horror come The Descent di Neil Marshall o come tra i corridoi del neo-medioevale Alien 3 di Fincher. Anche qui come in quelle belle pellicole (da alcuni colpevolmente snobbate) è tutta una questione di torce che si fanno strada nel buio sotto terra, tra sudore che appanna la vista e urla in lontananza. Se entrate in questo mood, Goblin Slayer sa conquistare. Come sanno conquistare i videogame crudeli e disperati alla Dark Soul.
E Goblin Slayer, prima come serie di light novel (da noi inedita) e ora bel fumetto (da noi con J-Pop) e bell'anime (da noi con VVVVID in simulcast) può rappresentare proprio questo, il dark fantasy (che oggi trasuda dai videogiochi come un tempo trasudava dalle pellicole alla Alien) che "si pappa" il fantasy "classico", soprattutto di stampo giapponese, fatto da ormai troppi vestitini colorati e personaggi simpatici (mi vengono in mente i giochi alla Atelier della Gust, ma pure i mille harem-anime che spesso si auto definiscono fantasy). Goblin Slayer non si accontenta di essere solo "molto" cupo, vuole scavare nel "marcio", mettendo in scena nelle prime tavole, un po' a tradimento, facendo prima proprio un vero canovaccio da film horror, chiedendo la certificazione quasi di "rape'n'revenge fantasy", per solo poi (appunto e per fortuna) cercare di elevarsi nella "fantascienza / fantasy sociale" dove ogni evento viene percepito in rapporto al suo impatto sociale sui personaggi e il territorio. Certo c'è molta violenza e non ho i mezzi (ho visto pochi episodi e letto il primo e secondo numero del fumetto) per sapere quanto l'uso della violenza sia funzionale alla trama o gratuito o foriero di schemi "a effetto" che andranno a reiterassi. Ma di fatto questa rappresentazione visiva cruenta e sessualmente forte è una cifra stilistica che la serie sente come propria, al punto che il tema dello "stupro fantasy" viene elaborato anche nella sigla di testa dell'anime. Quello che rende più forte il messaggio è proprio per contrasto il contesto apparentemente zuccherino e per nulla realistico su cui muove i primi passi la vicenda, che se vogliamo è qualcosa di molto simile a quanto abbiamo già visto in Sword Art Online. Proprio in Sword Art iniziavo a diffidare della patina da plasticoso e multicolore mondo fantasy, trovando fragranza nella ricchezza narrativa sottostante, quando un babbo natale deforme e "digitale" uccideva (in un mondo visivamente virtuale ma che diventava reale per davvero!!!) dei ragazzini: player incauti, che aveva visto la vita troppo simile a un gioco. Certo se siete cresciuti a pane e Urutsukidoji, guardando a colazione gli oav di Devilman e Violence Jack, questo Goblin Slayer è acqua fresca. E magari ai detrattori dei gioco di ruolo fantasy può dare qualche soddisfazione vedere tritati i pupazzini pucciosi e ultrastereotipati reiterati in troppi gdr. Sarà per me quindi una sfida dell'opera, tanto scritta che animata, andare oltre allo splatter, valorizzando al meglio la affascinante struttura politica-sociale di questo mondo, prima che tutto venga a noia, anche perché il contesto cruento è una buona base narrativa ma l'opera può e deve ambire a di più. O mi viene in mente quanto un po' accade oggi con One Punch man di One, che dopo una partenza ugualmente dissacrante e intensa, piena di splatter e World building, sta attraversando una fase da "fiato corto" (in concomitanza con i contenuti di quella che sarà la seconda stagione animata) un po' preoccupante dopo che di fatto il top si raggiungeva nelle prime tavole. E se una light novel come Sword Art Online riesce a variare un po' la formula e punti di vista in modo anche interessanti (più sì che no, almeno per me), come potrà evolversi la novel/manga/anime di Goblin Slayer senza ripetersi dopo i primi 12-13 episodi animati? Non è che finiranno per normalizzare/reiterate tutto?
Ma queste sono solo chiacchiere vane, per ora il biglietto vale tutti i suoi soldi. E farsi trascinare in questo mondo oscuro e pieno di trappole mortali è oggi un'esperienza esaltate, che vi invito a godere senza remore. 
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