venerdì 30 novembre 2012

Last Resort

Last Resort chiude
Ecco che anche un'altra serie promettente arriva prematuramente a conclusione a causa di bassi ascolti. C'è per me dietro un po' di miopia, la vicenda stava crescendo e magari con l'home video avrebbe fatto la sua porca figura. Ma la ABC ha visto bassi ascolti e ha deciso di troncare, si arriva alla puntata 13 e via. Speriamo che uno straccio di finale ce lo diano in ogni modo. Un vero peccato, mi fa così incacchiare la cosa che non mi viene manco voglia di spiegarvi di cosa parla, 'sto Last Resort, perchè alla luce degli ultimi avvenimenti, magari sarà indegno pure della terza serata di rai 4. Tuttavia magari in home video esce e allora potrete avere l'esatta percezione delle palle vorticanti che ho adesso. Un finale... speriamo tutti che con la puntata 13 ci sia un finale e non un bel moncone, un cliffhanger sul nulla. Uniamoci tutti i cerchio, teniamoci le mani a vicenda e trattenendo le maledizioni alla ABC speriamo che ci sia, 'sto cavolo di finale.
Andre Braughter, che avrete visto in 600 telefilm, interpreta il capitano di un sottomarino nucleare, che si chiama Colorado, ultrasegreto e ultrapotente. Il suo secondo è interpretato dal sempre bravo Scott Speedman e se penso che non mi ha fatto Underworld 4 per questo telefilm vorrei schiaffeggiarlo selvaggiamente per venti minuti. Robert Patrick, sempre roccioso, smessi i panni da T1000 fa la parte del masterchef, che non è né il vincitore del tv show con Gracco né il protagonista di Halo. Insieme a tutto un equipaggio di sfigati, che include pure personaggi insopportabili al limite dell'odioso come il marine di Daniel Lissing, che spero di non vedere in video mai più nemmeno davanti alla telecamera di sorveglianza di un mediaworld, i suddetti sono imbarcati su un sottomarino in missione tranquilla-tranquilla. Poi di colpo, non si sa perchè e non si è ancora capito all'alba della puntata, qualcuno ha deciso che devono iniziare la terza guerra mondiale e gli ordina di radere al suolo il Pakistan. Ora, neanche il tempo di mandare il messaggio “ma siete proprio sicuri?”, un altro sottomarino li prende per disertori e li silura. L'America entra in guerra con il Pakistan e il Colorado è collaborazionista. Il sottomarino allora attracca su un isolotto del cavolo, si autoproclama stato indipendente e cerca di intavolare dei negoziati per poter tornare tutti a casa. Stallo. Il T1000 dà i numeri, vorrebbe arrestare tutti e sparare a tutti, quindi viene messo in una prigione improvvisata. Una nutrita serie di teste calde lo seguirà: pare sensato che sottomarini nucleari con più di 15 testate atomiche vengano dati in mano a soggetti che sotto stress ucciderebbero il proprio criceto. L'isolotto è comandato da un traffichino-ino-ino così insulso, ma così insulso, che nel mondo reale sarebbe seviziato da un sadico bambino di cinque anni. Ma essendo i tizi del Colorado abominevolmente stupidi, questo riesce comunque a fare la voce grossa e seminare qualche cadavere. Daniel Lissing intanto porta la sua espressione da perenne stoccafisso in giro per l'isola, riuscendo pure a trombare e a intraprendere una eccitante relazione tipo Pocahontas. Ora voi mi direte: “guarda che questo telefilm, già messo così, non è poi il massimo. Magari la ABC a interromperso ha fatto bene.” Avete assolutamente ragione, ma quando guardo una porcata io devo arrivare ai titoli di coda. I combattimenti tra sottomarini poi sono graziosi ed è fico il sistema di occultamento radar del Colorado, almeno sulla carta. Il fattore gnocca è poi decisamente alto. Qualsiasi telefilm con gnocca parte con 2 punti bonus nelle mie preferenze. Sono uno severissimo io! 
Talk0

giovedì 29 novembre 2012

Gundam UC

(Corollario 2 a Gundam Unicorn vol. 1) Vabbeh, ma io voglio comunque approfondire, che piglio?  
Gundam Speed Z
Gundam Unicorn è collocato all'interno dell'Universal Century, una serie di opere distinte ma accomunate per scelte di caratterizzazione dei personaggi e dei mezzi distribuite su più media. Questi per film, romanzi, serie animate, videogiochi e addirittura telefilm girati dal vivo si collocano su un comune asse cronologico che ha comunque come vertice l'anno 0079 UC, periodo in cui inizia la “guerra di un anno”, evento narrato all'interno della prima serie animata di Gundam per la regia di Tomino. Questo presuppone che ci siano personaggi ed eventi ricorrenti di serie in serie e che ci siano eventi apparentemente slegati, che magari in futuro saranno legati tra loro se si costruirà un tassello cronologico tra l'uno e l'altro (es. Se Gundam è la prima opera, Gundam Z è il seguito diretto realizzato dai giappi subito dopo. Ma tra le due serie accadono diversi eventi che saranno spiegati in parte con gundam 0080, opera realizzata molti anni dopo Gundam z). Esiste poi un filone di serie di Gundam del tutto slegate tra loro, per queste vale la dicitura “another century”, con presupposti politici e personaggi, ma anche stili grafici del tutto autonomi. Anche l'another century conta comunque serie lunghe, se non lunghissime con la Gundam seed – destiny – astral.
Ma torniamo a noi. Per espandere l'esperienza e conoscere maggiormente i personaggi, mezzi, fazioni coinvolti in questo Gundam Unicorn vi consiglio quanto segue in questo ordine:
il film, sempre edito da Dynit, Char's Counterattack, in dvd o blu ray. Racconta eventi che si collocano 3 anni prima alle vicende di Gundam Unicorn, decisamente utile.
Se siete quindi in cerca di un'opera breve ambientata nello steso contesto, per approfondire le varie fazioni di questo universo buttatevi su Gundam 0083, sempre edito da Dynit in dvd. Assisterete anche ad alcuni dei più bei combattimenti tra mobile suit, disegnati magnificamente da Hajime Katoki.
Gundam Z il film
Se vi siete appassionati quindi buttatevi sulla lettura del manga Gundam Origin di YAS, che narra da un diverso punto di vista gli eventi dell'originale serie Mobile Suit Gundam, approfondendo molto sui personaggi. Edito da Star Comics, un po' lunghetto ma concluso, è da rintracciare in fumetteria o ebay, non a troppo se preso in blocco. Se vi piace sappiate che Gundam Origin sarà la prossima opera animata dell'Universal Centuty e potrà vantare una resa pari se non superiore al Gundam Unicorn che già avete in mano.
Se non siete ancora paghi buttatevi sulla serie Mobile Suit Gundam originale, raccolta da Dynit in dvd o scegliete i tre film che la riassumono, sempre editi da Dynit. Perchè ve la consiglio solo adesso? Perchè se siete fan di questa serie probabilmente già la possedevate prima di aver letto una singola riga di questo mega-post e magari vi starete trastullado con il modellino che dynit dava in omaggio con la prima tiratura. Se non eravate appassionati già durante la lettura di Gundam Origin sapete che “dovete” possedere quest'opera.
E a questo punto perchè non prendersi i 3 film della serie Z, che segue direttamente il finale della prima serie Mobile Suit Gundam? Ma ovvio, perchè i suddetti sono un maledetto bordello di situazioni narrarate a fava e vi faranno uscire dalla visione incazzati e con il mal di testa! Purtroppo al momento una edizione home video della serie z non esiste. Esiste semmai una versione televisiva, trasmessa su satellite. Mentre per la prima serie di Gundam si può dire che tre film bastino a dare un quadro abbastanza esaustivo dell'opera, tre film per lo zeta sono gravemente insufficienti per capirci alcunchè: la trama prevede capovolgimenti e colpi di scena ogni venti secondi della sere animata, calcolato che la serie suddetta ha un numero consistente di episodi, non ci si capisce nulla e ci si annoia pure. Peccato perchè le connessioni con Unicorn ci sono, alcune lampanti fin dalle prime scene. Da considerare con riserva.
Gundam F-91
Siete completisti? Volete sapere cosa succede una trentina d'anni dopo Gundam Unicorn? Il film Gundam F-91, in dvd e blu ray da Dynit, è la risposta. Bellino, potrebbe essere la base per la prossima “espansione” dell'universal century dopo Gundam origin in animazione dell'immediato futuro. Doveva essere il film che apriva una nuova serie animata, ma poi tutto è caduto. Da qui romanzi e fumetti, ma pure modellini, hanno cominciato a speculare ed è nato il cosiddetto crossbone gundam... che sia il prossimo anime?
Volete sapere altro sulla Universal Century ? (no basta pietà!!) Sappiate che in questo articolo mi sono limitato unicamente a quanto è reperibile in italiano, sorvolando su un paio di fumetti che non ho partcolarmente apprezzato e su serie ancora non annunciate. Se Dynit ci regalasse, si fa per dire, la versione italiana di 8th plotone Ms e Gundam 0080 war in the pocket ne sarei entusiasta. Così per la serie z, la zz e la Victory, ma questa è un'altra storia...
Talk0

mercoledì 28 novembre 2012

Crossed

Garth Ennis- Lapham (autori); Burrows- Barreno – Ryp (disegnatori primi 3 vol)
Mandate a letto i bambini. Dicevano così le annunciatrici dei programmi notturni prima di Colpo Grosso e dei film horror. E qui non si parla di Colpo Grosso.
Cosa succede se un giorno un pazzo editore si rivolge a Gath Ennis (autore di Preacher, The Boys e di un mitico ciclo del Punitore) e gli dice: fammi un horror sugli zombie, hai carta bianca? Succede che Ennis lo fa, l'editore ha le palle di pubblicarlo e nasce la più estrema e splatter serie horror di tutti i tempi. Ennis, con tutto il bene che gli voglio, è un dannato pazzo senza freni, uno che gode nello spostare l'asticella del moralmente consentito al punto che l'asticella non si trova più. Nel contempo è uno che in modo inaspettato trova la svolta narrativa giusta che ti fa commuovere, approfondisce i personaggi come pochi, li rende vivi e reali, benchè abitanti di un mondo malato di cui lui stesso ha tracciato le basi. C'è molto in lui del Go Nagai più cupo: il suo Punitore è un deus ex machina che interviene in situazioni insostenibili dispensando sangue, quanto lo era il Violence Jack nagaiano. I suoi mostri sono schifezze sesso-dipendenti quanto i peggiori diavoli di Devil Man. Persino una visione alternativa dei concetti di paradiso e inferno li accomuna, leggersi i Ghost Raider di Ennis. Un autore estremo, in grado di rileggere e reinterpretare i generi narrativi.
Così accade che un giorno il mondo si rituovi pieno di Scrociati. Gli zombie deambulano cercando di imitare la loro vita che fu. Gli zombie di Romero camminavano lenti ed erano lo specchio della società che nonostante sia morta si aggrappa alla vita. Gli zombie moderni corrono, specchio della competitività dell'attuale generazione, chi si ferma è perduto e tutti prima o poi dovremo correre e diventare zombie. Gli zombie di Ennis: dei nichilisti senza prospettiva e futuro. Intelligenti e organizzati, perfino con dei poteri telepatici si direbbe, vivono per distruggere e autodistruggersi, ridendo del mondo. Non è strano che uno scrociato rida mentre altri, in assenza di carne umana, si stanno cibando di lui, non è strano che uno scrociato venga fatto a pezzi dalla compagna con cui sta copulando. Sembra che il sesso sia la loro primaria pulsione, come se il mondo fosse pieno di sesso-dipendenti... e forse lo è. Tutto è oltre, tutto è estremo, amputato, schiacciato, sgorgante sangue, putrido... mi ricorda Topolino, ma questa è un'altra storia...
Creati i mostri, ribaditi i termini del contagio e occultata la causa scatenante il tutto, partono le danze e come in un Walking Dead con gli steroidi si dipanano gli archi narrativi. Il primo arco, a opera di Ennis è molto bello, nonostante indugi in complicazioni andando avanti e indietro con la narrazzione. Burrows è un ottimo disegnatore, dettagliato, descrive volti umani a fronte di creature a dir poco raccapriccianti ma definite in modo comunque chiaro e suggestivo. Lo humor nero tipico di Ellis pervade l'opera, il suo mettere alla berlina la società contemporanea è più di una passione, è una necessità. Le principali vittime, neanche farlo apposta, sono i nerd e verranno puniti severamente dai suoi scrociati. Nelle mani di Lapham, Crossed diventa ancora più estremo, ancora più sanguinolento. Barreno è crudo, diretto anche se fin troppo essenziale, Ryp è spettacolare e ultradettagliato come lo ricordo su Wolfskin, su Black Summer, sui migliori numeri di Gravel e sui Wolverine-il migliore in quello che fa. Il primo arco di Lapham è un pugno, doppio, allo stomaco. L'orrore e lo schifo già evidenti in Ennis assumono contorni se possibile ancora più grottesci. Il personaggio della madre è, pertanto, qualcosa che difficilmente dimenticherete. Storia forte, davvero quasi insostenibile. L'arco disegnato da Ryp è quasi peggio ma la premessa è sempre valida: non esistono limiti in Crossed: prendere o lasciare. In America Crossed prosegue e un nuovo arco narrativo di Ennis arriverà entro la fine dell'anno prossimo da noi. Un grosso successo, ma da tenere lontano dagli impressionabili e benpensanti: Crossed è estremo ma è comunque un fumetto, una serie di fogli di carta patinata venduti espressamente in busta sigillata e vietati ai minori. Uno non può “sbagliarsi” e prenderlo “per caso”, per poi lamentarsene. Per tutti i fan dell'horror, benvenuti al nuovo inferno in terra. 
Talk0

martedì 27 novembre 2012

Machete Kills


Amber Heard in Machete Kills
E poi non dite che manchiamo di intuito! Dicevamo che in un possibile Grindhouse 2 sarebbe stato perfetto inserire Drive Angry e Machete, ecco che nella prima foto ufficiale di Machete Kills, il seguito ufficiale sempre diretto da Rodriguez, a fianco dell'eroe degli eroi, interpretato da Danny Trejo appare la comprimaria di Drive Angry Amber Heard, e pure in una posa porca!
Jessica Alba
La Lucky Red ci farà il grande dono di distrubuire in Italia anche questa seconda pellicola del truzzo super macho messicano e noi a leggere gli altri nomi coinvolti già stiamo in elettroshock. Jessica Alba (gnocca), Sofia Vergara (gnocca), Michelle Rodriguez (gnocca tosta), EdwardJames Olmos (il comandante in Battlestar Galattica) e nientepopodimeno che il re dei re degli attori-registi senza freni Mel Gibson (sperando che abbia superato la fasa poco esaltante in cui parlava con una marmotta di pezza... lo so che è finzione, ma uno che ha fatto Mad Max e te lo ritrovi a parlare con una marmotta di pezza...).
Machete Kills segue direttamente dopo lo straordinario successo del capitolo uno, girato un po' per gioco un po' con una convinzione ferrea del risultato a seguito del finto trailer allegato a Grindhouse (ora esigo che venga girato pure il film con Nicholas Cage nella parte di Fu Manchu, magari da Rob Zombie, autore del finto trailer di riferimento). Costato quanto una pausa caffè dei tecnici di Avatar, Machete ha incassato tipo 20 volte tanto. E ha pure coinvolto De Niro, Don Johnson (si vabbè..), Jessica Alba (gnocca), Michelle Rodriguez (gnocca tosta), Lindsay Lohan (gnocca sballata) e il mitico Tom Savini, che oltre a essere uno dei truccatori più bravi al mondo interpretava già in "Dal Tramonto all'alba" di Rodriguez il mitico Sex Machine! Trama assurda? Frega una sega. Con un cast del genere (escluso Don Johnson) non si poteva sbagliare e Machete, diretto con la soltita regia sincopata di Rodriguez è l'action texmex tamarro più fico degli ultimi anni. Mi chiedo perchè Hollywood non voglia dare un po' di soldini in più al buon Rodriguez; con quello che si spende per un film intimista di Woody Allen sulla solitudine dei newyorkesi nel Village, girato nel tinello della casa del regista, Rodriguez sarebbe in grado di realizzare 2 esalogie di Guerre Stellari, la trasposizione di tutta la Torre Nera di King e gli avanzerebbero due spicci per girare El Mariachi parte 4. E sarebbero tutti interpretati da Danny Trejo. Orgasmo.
Michelle Rodriguez
Trejo all'anagrafe cugino di Rodriguez, è un attore che al di là di una scorza forte e granitica, frutto-causa di un passato difficile, nasconde un animo complesso e nobile. Quando mi dicono che Trejo è solo buono per fare il messicano grande grosso e cattivo, motivo per cui Hollywood lo ingaggia in genere quando serve che qualcuno faccia la parte del messicano grande grosso e cattivo, in genere dico di guardarlo in Halloween di Rob Zombie. In questa pellicola davvero viene a nudo l'uomo sotto ai tatuaggi e ci si può commuovere per la sua interpretazione (del resto Halloween è una grande prova di interpreti, Rob Zombie al di là del nome è uno dei migliori nuovi registi e ne riparleremo).
Alexa Vega in Machete Kills
Ora è tempo di replicare con Machete, l'attesa è lunga ma non troppo. Se si potesse prenoterei la sala del cinema già da ora.
Post scriptum: Dopo di questo Rodriguez ci risparmi il minacciato Spy Kids 4 e si dedichi attivamente a Sin City 2 e, soprattutto, a dare un seguito alla produzione del bellissimo Predators. Tutti noi erigeremmo quindi statue in suo onore e leveremmo canzoni su di lui a riempire i cieli. 
Talk0

lunedì 26 novembre 2012

L'apprendista stregone


Non so di preciso perchè ce lo avessi lì a far polvere sulla mensola. Posso per lo meno supporre di averlo preso in offerta a qualche 3x2 di Mediaworld legato a titoli Disney. Ho fatto un giro in rete e mi sono reso conto che tutti hanno fatto più o meno come me, o per lo meno non sono ancora arrivati al punto di vederlo effettivamente. Titolo grosso, produzione importante, effetti speciali molto buoni, pure divertente ma questo Apprendista Stregone, classe 2010, per la regia di Jon Turteltaub e interpretato dall'unico, immenso Nicholas Cage, pare non se lo sia filato nessuno. Una specie di tic collettivo ci ha spinti tutti a guardare da un'altra parte, preferendogli altre pellicole. Facendo ricerca scopro che in quel periodo ero gasato perso per l'uscita del primo Expendables di Sylvester Stallone, per il Karate Kid con Jackie Chan e per il capolavoro di Nolan Inception (nonostante Di Caprio sia e sarà sempre un attore che non sopporto). Dal lato “femminile” le sale promettevano Mangia, Prega, Ama con la Roberts e The American con Clooney; per chi ama il cinema come luogo dove frantumarsi le palle c'era poi l'imprescindibile Somewhere di Sofia Coppola. Me lo vedo lì, L'apprendista stregone, stretto dalla concorrenza in una sala 6 qualsiasi di un multisala, magari relegato a uno sfigato, unico, spettacolo pomeridiano, dalle 14.20 alle 16.00 di un martedì, in virtù del marchio Disney e degli intenti che il titolo fa risuonare (un eco del corto di Fantasia con protagonista l'ignobile, subdolo, orrendo, falso, ottuso, retrogrado, viscido, patetico, arrogante, saccente, estenuante, sicuramente infetto e malato Topolino. Forse ho già detto da qualche parte che odio Topolino? Elenca i post in cui lo faccio e riceverai in omaggio un derattizzatore!). Un oggetto oscuro che rimarrà tale pure al lancio in homevideo, condividendo l'uscita con il Canto di Natale di Zemeckis, come a dire che stava sulle palle pure alla stessa Disney!!! E il protagonista giovane, Jay Baruchel, che ne è stato di lui? Poteva essere il nuovo Daniel Redcliff o, data la produzione di Bruckheimer, il nuovo Shia Labeouf. Cosa ne è stato? Due cacchiatine in tv, una parte da mezzo secondo in Cosmopolis, forse una da due minuti nel nuovo Robocop del 2014. Speriamo che regga, che non inizi a drogarsi. E la co-protagonista, Teresa Parker? Con un colpo di genio si è aggiudicata una parte in quel “capolavoro” di "Sono il numero 4" e ovviamente dopo quello è sparita nel nulla, e dire che mi aveva fatto Wolf Creek, che mi era piaciuto un casino. E il regista, che ha in ballo solo una cosa assurda in inizio produzione? E i tecnici? la colonna sonora? Mi sento decisamente apprensivo ma un sacco di gente poteva svoltare con questa pellicola, se ne sarebbero potute fare altre 6 e sapevo essere nei piani almeno un numero 2, anche lui ispirato a Fantasia, in cui sarebbe stato trasposto La notte sul Monte Calvo, con diavoloni et simila e io avrei goduto ad andare a vederlo al cinema con gli occhiali 3d. Ma niente, questo film non se lo è cagato nessuno e, cosa peggiore di tutti, non ha aiutato il più grande attore di tutti i tempi a pagare i suoi debiti. Anch'io sono colpevole, anch'io fino a ieri, due anni e passa dall'uscita in home video, questo film non me lo sono filato. Ho fatto male e ora vi dico perchè.
Merlino ha 3 apprendisti, Nick Cage, Monica Bellucci e Alfred Molina. Si vede che il test di ingresso era a crocette, ma lasciamo perdere. Merlino da sempre è in lotta con Morgana, come cantavano Le Teste Sciroppate, poi arriva il patatrac e si giunge a un duello decisivo. Molina tradisce e passa a Morgana e nel mentre colpisce mortalmente Merlino. La Bellucci, che con un ingegnoso escamotage di regia non fanno parlare mai per tutta la pellicola (e la recitazione diventa di colpo superba), imprigiona dentro di sé l'anima di Morgana. Cage quindi entra in azione, con un bel parrucchino giallo paglierino ondulato, per me similare ma più bello di quello che indossa ne L'ultimo dei Templari, quasi ai livelli di quello giallo lungo vissuto di Drive Angry, che per ora comunque nella top 5 è saldo al numero 1. Cage, che scopriamo essere un amante delle matrioske, imprigiona Morgana e la Bellucci in un'unica bambolina, rinchiude in un'altra Molina e infine accorre dal morente Merlino, che prima di morire gli assegnerà una difficile missione. Morgana anche se rinchiusa non può morire, per essere sconfitta occorre che intervenga il successore di Merlino, il sommo Merliniano. Peccato che non sia ancora nato e si possa palesare a Cage solo nel caso questo poggi sulla mano del candidato un anello a forma di drago e lo stesso, riconoscendo il vero erede di Melino, si animi di vita propria. Con questo escamotage possiamo assistere a come per interi secoli, e indossando parrucchini sempre più orribili, Cage vada di luogo in luogo a cercare il sommo Merliniano, fino a che ci ritroviamo ai giorni nostri. La trama a questo punto ha un autentico moto di genio. Il protagonista, il novello sommo Merliniano, è ancora bambino, dotato di buona creatività e di un quoziente di figaggine al di sopra della media, che gli permette di conquistare la più carina della classe. Poi l'incontro con Cage. Il bambino ne esce competamente pazzo, lascia la scuola per frequentare scuole per bambini dissociati, psicologi a manetta. Lo rivediamo 10 anni dopo distrutto, diventato un nerd fallito con quoziente di figaggine a zero incapace di uscire dal suo guscio. Poi ci prova, ci riesce, ritrova la ragazza della sua infanzia ed eccoti ripiombare Cage a rovinargli la vita. Come score siamo a circa 15 minuti di film, giusto per ingolosirvi. Questo film è divertente, girato con molto stile, com effetti speciali galattici, con attori perfetti e a loro agio nella parte. Molina è il grande di sempre, lavora molto nel delineare un personaggio eccentrico, senza cadere nel clichè del cattivo, alcune delle sue battute sono le più divertenti della pellicola. I due giovani attori sono molto meno stucchevoli e banali di quanto si potrebbe pensare, a loro si aggiunge anche il mago Drake Stone, interpretato da uno stralunato Toby Kebbell, che svolge egregiamente il suo lavoro. Cage è come sempre divino e dona al suo personaggio una credibilità insperata. Ruba di continuo la scena a tutto e tutti, perchè è il numero uno, si tratti di altri attori o altri oggetti inanimati. 
Lo stupefacente effetto speciale di se stesso, da oggi anche nella versione con cappello a punta. La trama avvince ed è piuttosto sostenuta come velocità, il film non annoia. Geniale la contestualizzazione della magia in un ambiente urbano come New York City, quando draghi cinesi e monumenti iniziano a prendere vita si vede che non si è lesinato alla voce effetti speciali e il tutto è reso dannatamente bene. Divertente e divertita la citazione all'originale Apprendista Stregone. Ultima nota gli scontri tra maghi: se Harry Potter avesse avuto almeno la metà della forza cinetica di questi scontri sarebbe stato decisamente più bello. Un bel film, assolutamente da recuperare o vedere per la prima volta. Chissà mai che ci ripensino e ne facciano il seguito. 
Talk0

domenica 25 novembre 2012

Le Storie Vol. 2 “La redenzione del samurai”

Disegni: Andrea Accardi; Testi: Roberto Recchioni

Nuovo numero, nuova storia. Questa volta siamo nel Giappone medievale, scenario di un classico scontro tra samurai, dove il coraggio si mischia con un concetto di onore tutto giapponese, già noto a chi bazzica le opere cinematografiche di Kitano e Kurosawa. Un omaggio a un genere quindi, nell'introduzione all'albo viene detto che il titolo originariamente voluto fosse “Chambara”, termine che fa diretto riferimento ai combattimenti con spade e in senso più lato ai film di samurai. Questi, (da non confondere, pena fustigazione, con i film cinesi di arti marziali), sono un autentico genere a sé e, se vi convincono le atmosfere di questo albo, vi voglio consigliare, se ancora non la conoscete, una pellicola molto fica, potente e maestosa di Takashi Miike, 13 Assassins, di cui riparleremo a breve, per molti aspetti similare a questo secondo volume de “Le Storie”. Non vi consiglio “Ghost Dog – il codice del samurai” con Forrest Whitaker unicamente perchè so che lo avete già visto. Vi consiglierei anche il manga Vagabond, graficamente eccelso, quasi pittorico, ottimo non fosse per via di scelte narrative che, per ritmo, lo certificano come una autentica mazzata sui coglioni. Fatte le doverose premesse, devo dire, salvo piccole riserve, di aver apprezzato molto questo albo Bonelli.
Recchioni scrive molte opere importanti per la Bonelli (di futura pubblicazione anche una fantascientifica a colori che aspetto molto), di lui ho letto parecchi albi di Dylan Dog. Tra gli alti e bassi della serie le storie di Recchioni sono decisamente godibili, con punte interessanti nel recente e qualche scivolone terrificante. Se devo proprio muovergli una critica, a volte sul finale arriva con il “fiato corto” che, su un personaggio per ampi tratti ingestibile come Dylan Dog si traduce con un po' di stucchevolezza. Peccati veniali di una narrativa in genere godibile, dotata di un felice ritmo narrativo. Anche questo “La redenzione del samurai”, salvo la lodevole gestione delle frequenti scene d'azione, dal punto di vista narrativo non sorprende, risultando frettoloso nel finale. Troppe poche pagine (detto da uno che si lamenta delle lungaggini di Vagabond) per giustificare, almeno a noi occhi a palla, delle scelte che per un samurai sono logiche e naturali.. A esser cattivi, si potrebbe dire che, mozzando incipit e finalino, se sostituivamo catane con revolver potevamo trovarci benissimo davanti a un numero di Tex. Ma tale stilizzazione sembra essere frutto di una chiara scelta, forse all'uopo di dirottare “i texiani”. Devo dire che, in questo, la collana Le Storie riesce piuttosto bene, molti Texiani che conosco la leggono di gusto. L'opera vuole essere per sua natura non rivoluzionaria, ma un sano “omaggio a un genere”. La bravura di Recchioni risiede laddove colora di dettagli il tutto, strizzando un occhio, e a volte tutti e due, a chi il genere più lo conosce e lo apprezza. E allora ecco che infila una serie di termini precisi, debitamente spiegati in didascalie, ecco che cita il Bushido, ecco che i personaggi che entrano in scena richiamano figure note-riconoscibili.
Andrea Accardi. Apprezzato disegnatore di John Doe per la Eura Editoriale, collaborazioni con la Kappa edizioni, esordisce qui, proprio con queasto secondo voulme de “Le Storie” in casa Bonelli. Il suo lavoro è grandioso. L'ambientazione è un autentico overture delle più evocative rappresentazioni pittoriche dell'arte giapponese, mi riferisco a quei classici dipinti di montagne innevate e onde che tanto ama tatuare Ami James sui polpacci di spogliarelliste in una puntata qualsiasi di Miami Ink. Immagini che per un miope appaiono semplicissime, per chi vede bene sono un delirio di dettagli. I disegni dei personaggi ripropongono gli stilemi del disegno classico-realistico di impostazione Bonelliana, e mi chiedo come sarebbe potuto essere altrimenti, ma qui e là appaiono chicche, richiami ai mangaka classici, rimandi a Osamu Tezuka (ci vedo qualcosa di Dororo), Shingo Nanami (Kamui), persino qualche trovata estrema alla Tetsuo Hara (Ken il Guerriero ma, essendo più in tema, citerei Kenji il magnifico). Avrei gradito anche un tocco più perverso, tipo alla Takayuki Yamaguchi più estremo, ma solo perchè sono un pazzo esagerato. Il tutto così come è funziona bene. Molto buona anche la narrazione a tavole e la gestione, mai confusa o convulsa, dei combattimenti all'arma bianca, vero cuore dell'opera. Non fosse per un difettuccio, l'eccessiva legnosità di qualche azione, una prova di altissimo livello.
Mi è piaciuto, in modo del tutto diverso dal primo numero de Le Storie. Diverso, ma comunque interessante, un altro buon tassello per l'opera più recente della Bonelli. Rimane magari il piccolo rammarico che non si è voluto osare di più, magari con l'intento di non spiazzare il target di pubblico di riferimento. 
Talk0

sabato 24 novembre 2012

Sequel Prequel Remake Reboot

 
Tempo di crisi, di soldi e di idee. Le grandi industrie cinematografiche non investono in progetti che non abbiano basi solide e la sicurezza di un guadagno milionario. Uniche eccezioni i film a bassissimo budget, alla Paranormal Activity per intenderci, che andrebbero in pari anche se andassero a vederlo dieci persone in croce. Tempo di crisi dicevamo, quindi prodotto sicuro...il passo verso la masnada di sequel-prequel-remake-reboot è brevissimo.
Il sequel di Star Trek
Facciamo ordine: per sequel si intende un film cronologicamente successivo a uno già uscito (Terminator 2, Aliens e chi più ne ha più ne metta)... oggi come oggi un film suscita scarso interesse se di base non è il primo capitolo di almeno una trilogia!
Un prequel è un film che, pur uscendo dopo, narra vicende ambientate cronologicamente prima del film già uscito (per citare qualcosa di recente, il terzo episodio di Paranormal Activity o X-men le origini).
Un remake è un rifacimento più o meno preciso di un film originale; negli ultimi anni se ne è fatto largo uso con risultati molto altalenanti (Total Recall per citare l'ultimo di cui abbiamo già parlato qui).
Un Reboot, infine, è una sorta di punto a capo, con cui si dà nuovo inizio a una saga esistente, generando così un filone narrativo parallelo ma indipendente a quello originale (vedere il nuovo Star Trek per capire).
Fatte le dovute precisazioni, eccovi aggiornamenti dal mondo dei sequel e simili, perchè possiate segnarvi i prossimi film imperdibili per cui varrà la pena spendere 10 euro di cinema, o le cagate pazzesche che non vedreste se non legati e imbavagliati come il protagonista di Arancia Meccanica.
Partiamo da Ghostbusters 3, ultimo capitolo della saga iniziata nel lontano 1984, che nei piani degli autori dovrebbe essere anche un reboot, in cui i vecchi protagonisti passeranno il testimone a una nuova squadra di acchiappa-fantasmi. Le ultimissime notizie danno per spostata a metà 2013 la decisione definitiva sull'avvio del progetto. Non ci sarà Bill Murray che ci ha messo tre anni per decidere di lasciar perdere; per il resto, il cast sembra già completo (con la presenza di tutti gli altri vecchi protagonisti), come pure la sceneggiatura. 
Il nuovo Robocop
Dopo il già citato Total Recall, tocca a un altro capolavoro di Verhoeven subire un restiling di effettoni 3D: Robocop vedrà la luce nel 2014, con un supercast tra cui Samuel L. Jackson, Michael Keaton e Gary Oldman; nei panni del poliziotto col pacco in acciaio tale Joel Kinnaman, attore svedese già presente nel remake (eddaje) americano di "Uomini che odiano le donne".
Star Trek sequel ha un titolo, ovvero "Into Darkness" e dovrebbe prevedere la comparsa di Khan (Woooooooo)... per il resto cast del primo episodio confermatissimo.
Indiana Jones 5: l'idea di un quinto capitolo, dopo il flop del quarto, non è stata abbandonata. Tutti sarebbero pronti a girare, ma si aspetta la sceneggiatura che dovrebbe arrivare dalle mani di Lucas...ahi
Jurassic Park 4, invece dovrebbe arrivare entro un paio d'anni; su cast e trama nulla è trapelato, quindi non sappiamo se ritroveremo i personaggi della trilogia originale.
Finiamo col botto: tutti saprete che Disney ha acquisito Lucas film, con l'intenzione di sfruttare al massimo il marchio di Star Wars. Ebbene ad oggi esiste una pagina dedicata al settimo episodio du IMDB, non di certo un sito dedito a bufale. Data? 2015. Sbaviamo tutti insieme...
Gianluca

Ikigami – Annunci di Morte

La chiamano “Legge per la prosperità nazionale”. Nasce dall'esigenza di implementare la produttività nazionale e far comprendere ai giovani giapponesi il valore della vita, intesa come un dono di valore inestimabile. Bene, capito l'obiettivo, è una legge che riguarde i pischelli, che cacchio ci scriviamo? Diamo fondi extra all'istruzione? Implementiamo sistemi meritocratici che permettano l'ingresso degli studenti più meritevoli all'interno di grandi aziende con incarichi a tempo indeterminato? Settimana corta? Lavori forzati per i bulli? I giapponesi non hanno dubbi: bisogna vivere la vita intensamente come se ogni giorno che viviamo fosse l'ultimo. E come spingere i giapponesi a tale sforzo? Il manga prevede un meccanismo complesso in base al quale un giapponese su mille, raggiunti i 18 anni di vita, in virtù di una tossina che gli è stata riversata nell'organismo il primo giorno di scuola, semplicemente, a un dato giorno e a una data ora, morirà. E siccome nessuno sa prima dei 18 anni di essere proprio lui il “fortunato”, tutti vivranno la loro esistenza in pieno e, superati indenni i 18 anni e pensando al rischio corso diventeranno ottimi cittadini. Per permettere alle vittime di questo megasorteggione di chiudere i conti, viene gentilmente concesso loro, dopo la comunicazione di morte, l'ikigami del titolo, ben 24 ore di tempo prima di defungere. Siccome siamo in Giappone questa legge, incredibilmente, passa e viene applicata. Per consegnare gli ikigami vengono istituiti degli uffici locali e il non-protagonista di questo manga è proprio uno di quei buffi burocrati che una bella mattina vengono a bussare alle porte di quel uno su mille che avrà ancora solo 24 ore di vita. Ogni “consegna” corrisponde a un ciclo narrativo il cui protagonista è chi riceve l'ikigami.
L'autore di Ikigami, Annunci di morte è Motoro Mase ed è un dannato genio. Se a livello grafico l'opera è buona ma abbastanza convenzionale, sul piano narrativo è un'autentica bomba. Al di là della terribile legge sulla prosperità nazionale, che apre una sottotrama che sembra portare il Giappone verso una giustissima e doverosa rivoluzione nei confronti dei suoi folli politicanti, mai fino a ora un fumetto aveva affrontato con tanta lucidità una delle più terribili domande che l'uomo si pone: cosa posso fare oggi se domani dovrò morire? Una domanda con cui molta gente è costretta a confrontarsi quotidianamente, in quanto afflitta da un male incurabile o in quanto vive in uno scenario di guerre e terrore, ma che i più, quelli che stanno bene e a volte si toccano le palle quanto sentono un'ambulanza o vedono una cassa da morto, preferiscono rifuggire.
Oggi stai bene e ci sei. Domani, boom e sei morto. Hai 24 ore per chiudere i conti con la tua vita. Troppo poco tempo per metabolizzare la cosa, troppo poco tempo per riparare agli errori di una vita. Nonostante la finalità della legge, nessuno che riceve l'ikigami può definirsi pronto e contento di tirare le cuoia e qui gli espedienti narrativi che l'autore mette in campo rendono ogni storia completamente diversa dalla precedente. Chi si rassegna, chi va a ritrovare i suoi cari, chi vuole chiudere i conti in sospeso con chi lo ha maltrattato, chi deve partorire e sa che non conoscerà mai suo figlio, chi decide di fare una strage. Ogni storia è un nuovo mondo, un nuovo spunto.
Triste e molto empatica la figura del burocrate-uomo con la falce, una persona che svolge un compito ingrato e senza uscita: chi si ribella viene a sua volta ucciso da una tossina. Cupo e senza speranza è invece il Governo, un mostro con mille ramificazioni e nessun punto debole, opporsi a lui significa sempre morire, magari in modo eroico, ma morire. Questo bene rappresenta anche la società odierna, dove tutto è precario, tutto sostituibile in virtù di un bene comune. Fa specie comunque che persista una democraticità effettiva nel discorso degli ikigami: colpiscono tutti, non ci sono caste protette. Un ottimo spunto di riflessione.

Peccato che l'autore sia un po' lento e si dice che l'opera stia per finire, ora che è da poco uscito da noi l'ottavo volume, edito dalla Panini in un'edizione un po' cara, ma di ottima qualità, limitatamente al circuito delle fumetterie. Vi consiglio vivamente di dargli uno sguardo, difficilmente si trova un fumetto che parte da un'idea così esplosiva e volta per volta sa reinventarsi con storie a volte action a volte drammatiche, così come è mutevole la vita, in effetti.
Esiste anche un bel film, uscito in inglese e recuperabile su Amazon: Ikigami – death notice, anche lui mooooolto bello, moooolto commovente. Tirate fuori i fazzoletti, ne avrete bisogno.  
Talk0

venerdì 23 novembre 2012

Doveva essere Rambo



Qui lo dico e qui lo nego. La fonte peraltro è Yahoo, non me ne assumo la responsabilità. Ma pare proprio che il copione sul reduce del Vietnam fosse stato visionato nientepopodimeno che da Terence Hill. Il mitico Trinità avrebbe però desistito per il troppo elevato tasso di violenza che già traspariva dalla sceneggiatura. Chissà come sarebbe stato. Magari Bud Spencer poteva fare lo sceriffo, parte che ha interpretato magistralmente in “Chissà perchè capitano tutte a me” e “Uno sceriffo extraterrestre poco extra e molto terrestre”. Già mi vedo la scena alla centrale di polizia come uno spezzone di “Altrimenti ci arrabbiamo”...
Ricordiamo altri casi di film che dovevano essere di un attore ma poi sono andati a un altro: Indiana Jones con Tom Selleck, Total Recall con Richard Dreyfuss, The One con Vin Diesel, Ghost con Bruce Willis. E ce ne sono ancora...
Talk0

giovedì 22 novembre 2012

Gundam Unicorn Vol.1

(Corollario 1 a Gundam Unicorn vol. 1) Cosa devo conoscere prima di vedere questo anime: se non sapete che cavolo sia Gundam, da queste parti ne parleremo diffusamente. Se vi incuriosisce perchè magari negli anni ottanta l'avete intravisto in televisione, se come amanti del modellismo bellico di carriarmati e aerei avete visto in qualche negozio i “gunpla”, cioè i modellini in plastica legati alla serie e vi è venuta voglia di saperne di più, se navigando in rete vi siete accorti che esisono una marea di serie da 50 e passa puntate, disegnate e ambientate in universi narrativi diversi, legate al nome Gundam e non sapete bene da dove iniziare, se non sapete dove recuperare materiale in genere ecco la mia unica e insindacabile risposta: Incominciate da Gundam Unicorn, vol.1. Non vi occorre sapere altro. I motivi che mi hanno portato a questa conclusione sono semplici: è un'opera realizzata in modo sublime, non troppo lunga e ancora in corso. Questo presuppone un esborso economico contenuto, reperibilità immediata dei film, ma anche dei modellini e altri gadget se ne siete appassionati, un'animazione così eccezionale che potrebbe colpirvi anche se non amate per niente il genere, una modernità tecnica che magari non trovereste in altri prodotti associati a Gundam più datati. Chiarisco subito: anch'io quando mi dicono, magari dei giovincelli (e se avete meno di 35 anni per me siete tutti indistintamente giovincelli, fatevene una ragione..), che le animazioni del primo Mobile Suit Gundam “fanno schifo”, sono brutte e hanno pochi colori, “vecchie”, vorrei partire con una filippica sulle tecniche di animazione, i tempi di lavoro, i mezzi disponibili, l'innovazione, l'energia tematica rispetto al contesto storico di produzione. Ma so che la gente di solito non ha tempo per ascoltare. Se la storia di Gundam Unicorn gli piacerà, di sicuro saranno loro stessi a volerne sapere di più, andranno a cercare i tasselli passati, troveranno godimento in produzioni da loro ritenute “brutte e vecchie”. Mi sento caldamente di consigliare la serie anche a chi non macina per nulla di animazione robotica giapponese o animazione in genere ed è semplicemente un appassionato di fantascienza o di storia o di romanzi di avventura. Gundam è una storia non banale e ricca di sfaccettature, che stimola e invoglia all'approfondimento. Colonie spaziali, mezzi militari, eventi bellici, aspetti filosofici non banali sulla condizione umana e sul concetto di libertà e indipendenza, la valutazione chirurgica delle conseguenze della guerra, una psicologia che rifugge sempre e spesso tradisce semplificazioni come “i buoni contro i cattivi”. Un'opera moderna e completa, adatta a tutti.
Talk0

mercoledì 21 novembre 2012

007 – Skyfall


Reazioni immediate: non si dovrebbe farlo, non è professionale ed è anzi contrario al buon senso, ma oggi voglio darvi un commento di pancia fresco fresco per darvi prova del caos mentale, della dark matter che è scaturita in me dalla visione di questa pellicola. Sarà quindi un post delirante e senza costrutto, figlio dell'odio e del rancore verso qualcosa che, a livello inconscio, sapevo essere, prima o poi, inevitabile. Se non ci fossero state grane produttive questo si poteva rimandare benissimo di almeno altri due film, ma così non è stato. Doveva succedere, incombeva questo stupidissimo “50 anni di Bond”.
50 anni di che? È qui il cuore di tutto. 50 anni di Bond ma, a essere franchi, quanti sono stati gli “anni buoni” di Bond? Nel conteggio rientra tutto, compreso l'orribile ciclo con Timoty Dalton, compreso l'ignobile Bond-sciatore (nel film c'è una scena sulla neve? Chiamiamo a fare Bond un equivalente di Alberto Tomba!), compreso l'idiotissimo e da me mai digerito ciclo con Roger Moore (so che alcuni lo apprezzano e io come Ralph Fiennes in Schindler's List vi dico “io vi perdono” per poi prendere un fucile e spararvi nelle terga), compreso il bolso, inespressivo e insignificante Bond di Brosnam (ma forse non era tutta colpa sua). So di inimicarmi il nerd-fandom mondiale ma per me i Bond sono due: quello di Connery e quello di Craig, il resto è nerdume, voglio ma non posso, c-movie.
Connery nell'indimenticato "Zardoz"
Connery: Il Bond di Connery era un'arma, perfettamente tenuta, bene oliata. Letale. Grezzo con le donne, brutale con gli uomini. Un torace carico di peli virili a prova di proiettile. L'essere più fico del pianeta. I nemici per prima cosa lo stimavano e cercavano di comprarlo, poi si rassegnavano a combatterlo e morire per mano sua. Viveva nel mondo delle spie e combatteva un'organizzazione che per me risultava credibile, quanto la Tana delle Tigri. I suoi avversari avevano cappelli a bombetta muniti di lame, coltelli che escono dalle scarpe, sognavano di conquistare il mondo o erano fantasmi della Guerra Fredda, più o meno (meglio la seconda) credibili. Le sue avversarie erano tutte delle modelle da paura, tutte porche. Prima lo seducevano poi vestite con micro-guaina in pelle lo frustavano miagolando. A capo di questa organizzazione c'era un tizio che accarezzava un gatto persiano (quello che per Austin Powers sarebbe stato il Dottor Male) e non mi sarei stupito se mi avessero detto essere in realtà il Dottor Zero, nemico di Fantaman. Un fumettone, quindi, sontuoso, ben confezionato e con uno score da sogno. Un fumetto dove era credibile tutto, compresi combattimenti in roccaforti sottomarine e scontri spaziali. Poteva tutto ciò essere credibile? Sì. Grazie a Connery lo era, un attore con le palle, straordinario, che sa pigliare con la giusta ironia le situazioni più surreali. Basta vedere come andava vestito nel film Zardoz, che grazie a lui è comunque un capolavoro. Connery dopo un po' però si rompe. Come dargli torto poraccio, inizierà a essere interprete di una serie di pellicole una più bella dell'altra, da "Atmosfera Zero" a "La Casa Russia" passando per "Il Nome della Rosa", giusto per darvi un'idea in ordine sparso.
Il Bond di Roger Moore
Moore: Il tuxtedo di Bond è vacante ed ecco arrivare con il suo parrucchino e il fisico ridicolo, coperto perennemente da un abito in gessato da ammiraglio, (perchè Bond ora qualsiasi cosa faccia deve sembrare British, sempre perfetto e stirato), Roger Moore. Ho saltato lo sciatore con le orecchie a sventola? (sì, lo so che ha fatto “Al servizio segreto di sua maestà”...ho addirittura visto un'anteprima a Telemike ai tempi, in cui il compianto presentatore paragonava le sue doti sciistiche a quelle dello sci-attore). C'è un motivo. Se già il contesto era surreale, con lui diviene trash nel senso più sgraziato del termine: brutto in quanto brutto, senza redenzioni tipo brutto-ma-bello o brutto-ma-divertente. Semplicemente brutto, odiosamente brutto. I nerd gemono di gioia però, all'agente segreto vengono donate sempre più cazzatine senza senso dal crea-puttanate Q. I film vengono sopportati nell'attesa che compaia il nuovo giocattolo (che in genere è pure brutto) e a questo si riducono. Alcuni folli dichiarano che Ian Flemming, il papà cartaceo originale di Bond, amasse di più l'impostazione di Moore che il “grezzo” Connery. Eresia. I bottegnini staccano sempre meno biglietti, lo zoccolo duro di Bond diviene ancor più ristretto del fandom del telefilm Manimal, ma si vendono molti modellini in plastica, sul modello di Big Jim della Mattel.
Timothy Dalton nei panni di 007...ma perché?
Dalton: La barca stava affondando? Anche i pupazzi avevano rotto? “No, dai, continuiamo a farci del male!”, esultavano gioiosi i produttori! “Sarà una fase”, dicevano, “è colpa di questi film moderni come Indiana Jones, ma vedrai che passerà, riavremo i nostri fans! Anzi no, creiamo un nuovo pubblico, facciamoci venire le donne al cinema, raddoppiamo il numero dei biglietti venduti. Chiamiamo Dalton!!!”. Le trame che sotto Moore erano un tour de force per inserire i giocattoli macchina subacquea + penna laser + popcorn ipercalorici, vengono assegnate ad astri nascenti del drammone sudamericano e divengono di colpo intriganti come puntate della soap opera Manuela. Bond, che fino a ieri trattava le donne in stretto abbinamento con le confezioni dei preservativi, scopriva di essere un uomo innamorato dell'amore. Le donne diventano sempre più presenti, petulanti, soporifere per la trama. Il tuxtedo era bello ma non era più moderno, Bond sempre più indossa abitini bianchi o completini “gita in africa a vedere le giraffe”, foulars vaporosi. Arrivavano in vendita i profumi di Bond, le macchine non erano più ricercate ma rimanevano nell'ottica “roba da ricconi”, belle ma tutto sommato un po' banali. E per i maschietti? Botti ed inseguimenti vengono ridotti, tirati via al risparmio, indegni del più infimo film con Don the Dragon Wilson o Eric Roberts. La produzione finiva così gambe all'aria.
Pierce Brosnan e la sua unica espressione bondesca
Brosnan: Poi un miraggio. Qualcuno della produzione, dopo essere uscito soddisfatto dal bagno in una bella mattina trovava l'idea rivoluzionaria: “Chiamiamo un regista vero, tipo Martin Campbell, cambiamo attore, prendiamo quello che avevamo scartato ai tempi di Dalton perchè costava troppo (è veramente successo così..), investiamo. Riportiamo i giovani in sala, aumentiamo l'azione dal 2% al 97%, frega una sega la trama. Ai ragazzetti ora piace la tecnologia, stanno sempre attaccati ai videogame, bevono intrugli pesanti in quelle discoteche rumorose, comprano orologi con mille lancette, hanno problemi a rapportarsi con le dimensioni reali del loro pene. Facciamo che Bond utilizzi tecnologia quasi alla portata di tutti, abbia a che fare con aggeggi simili ai videogiochi, beva bibite cool, usi orologi con mille lancette, guidi un carro armato gigante. I fondi non ci sono, ma io ho un'idea! Subappaltiamo”. Ecco che avveniva la rinascita al botteghino di Bond, con Brosnan. I film diventavano pretesti per ficcare le scene d'azione più fuori di testa della storia. Esempio. Per fuggire Bond deve usare un aereo? Va su di una altura, con un fucile da cecchino colpisce il pilota di un aereo e lo stesso inizia a precipitare. Bond allora prende la moto, sgomma, segue in caduta l'aereo, arriva su uno strapiombo dell'altura dove si trovava e si butta nel vuoto con la moto. La moto cade nel vuoto, Bond in caduta libera, manco stesse nuotando a rana, si avvicina al boccaporto posteriore dell'aereo. Apre il boccaporto inserendo un codice che imbrocca dopo vari tentativi e nel mentre sta con le palle all'aria sotenuto solo dalla forza di un suo braccio. Bond è dentro l'aereo e si dirige alla cabina di comando. Sposta il cadavere, sorsegga del wiskey sottratto allo stesso e con molta calma decide di dedicarsi alla strumentazione. Si mette le indispensabili cuffie e tira la cloche di comando un secondo prima che l'aereo vada a schiantarsi al suolo. Wow. Le trame diventano invisibili, ma il pubblico gode di nuovo. Brosnan è inclassificabile come Bond. Non ci crede. Forse lo sarebbe chiunque a leggere copioni di questo tipo, non voglio fargliene per forza una colpa. Per tutto il tempo recita con aria impettita, è finto e compiaciuto di esserlo quanto l'odiato Moore. Forse in virtù dei soldini che prenderà. Ma i botti sono grandiosi e riportavano anche me al cinema. Ma come pagare 'sti carrozzoni? Torniamo all'idea del subappalto di prima. Dove avevano trovato i produttori i soldi? La parola magica era sponsor! Non dico marchandising legato al film, che comunque c'era sempre stato: giocattoli, orologi, profumi, persino i vidoegiochi. Ricordo persino un gioco di guida derivativo da “La spia che mi amava” per Amiga. L'innovazione dell'era Brosnan erano prodotti sponsorizzati dentro il film come si trattasse di inserzioni pubblicitarie. Non prodotti ispirati al mondo di Bond, ma prodotti venduti da Bond come novello Giorgio Mastrota. Operazione che risulta invisibile e subliminale quanto un camion che trasporta tronchi che vi precede in autostrada. Il ragionamento di mercato era semplice: Bond è l'uomo che tutti vorrebbero essere, l'eroe che tutti vorrebbero essere. I film di supereroi sono cosa recente, i fumetti dei supereroi non permetevano troppo di infilare pubblicità occulte. Batman non poteva che guidare la bat-mobile e le case automobilistiche ben si riservavano dal produrre in serie auto provviste di reattore a fiamma, vuoi anche perchè ogni tanto poteva capitare pure a loro di essere dei pedoni e non volevano morire arsi vivi. Il mantello di Superman è rosso e reca una S, se ci mettessimo sotto il logo della Pepsi sarebbe difficile da disegnare in movimento. Limiti strutturali dovuti alla iconografia. Ma per Bond questo non vale! Al di là del tuxtedo e farfallino Bond viveva nel mondo reale e poteva utilizzare prodotti reali, poteva consigliarli addirittura! In una scena qualcuno poteva dire a Bond: “Ma quello che hai al polso è un nuovo orologio?” e lui: “Sì, me lo ha dato Q, ha il cronografo in titanio e avendolo prenotato subito ho avuto diritto al set di pentole e al controllo della canna fumaria gratuito”. Il testimonial perfetto. Il profumo consigliato da Bond, l'orologio consigliato da Bond, gli occhiali da sole consigliati da Bond, il coctail preferito di Bond martini agitato non mescolato, l'accendino di Bond, l'auto di Bond, anzi Le auto di Bond! Bond era la puttana perfetta di ogni pubblicitario, le pellicole dall'era Brosnan venivano così completamente ricoperte fotogramma dopo fotogramma di pubblicità, adatte a tutte le tasche. Lo sponsor scrutava nelle vostre anime incaute: ”Vuoi avere una macchina che usa Bond in un film? Come, sei un morto di fame e non puoi permettertela? Detto fatto, in un paio di scene dell'ultima pellicola Bond guiderà un'utilitaria, l'utilitaria che tu comprerai. "E questo, cacchio, avveniva veramente!!!! Per due scene, per spostarsi da un punto “a” a un punto “b”, che poteva percorrere a piedi, Bond guidava un'auto cessosa, con inquadrature da spot! Dalla stessa poi usciva e la macchina veniva affidata a un topo oscuro che mai più vedremo, che la guida al di fuori dell'inquadratura, non prima di passare in primo piano. Ma c'era pure di peggio! Mi ricordo una pubblicità di una vodka in cui al polo sud veniva allestito un bar fatto completamente di ghiaccio dove gnocche mezze nude bevevano e ballavano felici! Era ovviamente una cazzata, morirebbero congelate, ma in fondo era tutta una metafora: “Bevendo vokda ghiacciata sembra di stare tutti al polo nord!”. Buttavi questo spot durante la stagione estiva e provocavi sugli spettatori quasi un effetto rinfrescante alla: “Andiamo a ubriacarci tutti felici, che se ci sono pure le gnocche dello spot si gode in simpatia”! Poi cosa capitava? Andavo a vedere l'ultimo Bond ed ecco che l'azione si spostava... in quello stesso disco-bar ghiacciato al polo sud con modelle mezze nude!!! Non si trattava più di un'inquadratura sbilenca in cui il personaggio dava un'occhiata all'orologio, l'ultimo modello in vendita in titanio bellino bellino, Bond mi entrava direttamente in uno spot pre-esistente! Follia! Per un attimo credevo di essermi addormentato e di vivere in un incubo o un sogno comunque tossico, poi dalla fila dietro di me uno diceva: “Forte!è proprio come nello spot della voldka!!” e io mi sentivo morire. A questo punto Bond avrebbe potuto finire dappertutto, sfrecciare in Aston Martin dietro il lattificio Soresina, entrare un un gabinetto, trovarlo intasato ed evocare Mastro Lindo. Fortuna che comunque nei film si sparava ancora e di gusto, nonostante questi blocchi pubblicitari “subliminali”.
Bond in crisi? Ecco "Mission Impossible"
Crisi: Poi una mattina il sole spuntò come sempre, ma Bond aveva rotto le palle a tutti. Non era il concetto di fare un film sulle spie che aveva rotto, aveva rotto proprio Bond! Aveva rotto l'aria ingessata da fighetto, che sarà pure british ma ai più evocava solo il Principe Carlo, tra cavalli e amante. Aveva rotto l'ufficetto sotterraneo in cui il capo M non si sapeva mai che cacchio ci stesse a fare, non si poteva nel 2000 stare in un posto che ricordava la base delle marionette dei Thunderbolt. Aveva rotto la segretaria Moneypenny, il personaggio si era evoluto ma non aveva convinto. Avevano rotto i giocattoli di Q, del nuovo Q per la precisione. Il vecchio era defunto e il nuovo, ex Monty Phyton che avrete visto in 2000 film era credibile quanto Willy Wonka e negli ultimi episodi aveva costretto Bond a dedicarsi all'automodellismo radiocomandato. Avevano rotto i nemici, incapaci di modernizzarsi, sempre figli pazzi di imperi decaduti, simulacri delle retrovie dei cattivi di Batman, tra schegge nel cervello che ne provocano la pazzia e mutazioni genetiche che gli permetteva solo di vivere in luoghi freddi per non morire. Mancava credibilità, mancava Connery, un attore vero che ci credesse e desse l'anima per il personaggio. Ma forse neanche Connery avrebbe sconfitto i limiti di una trama che suonava sempre più pre-neolitica. Brosnan era timoniere in un mare di brandy di scarso valore, non mi stupirei se oggi dicesse di essere stato vittima dell'alcoolismo nel suo periodo Bond. Recitava con la mente altrove, con la sua aria perennemente impettita, come fosse una barretta di tofu immodificabile. Non era forse tutta colpa sua, ma era l'ottimo capro espiatorio e a ogni annuncio-minaccia che ci sarebbe stato anche per il successivo film, che aveva già firmato il contratto per altre ventisei pellicole, si iniziavano a torcere le budella dei fan della prima ora. Le case di produzione concorrenti, trovato uno spiraglio ci si ficcarono felici: lo spy movie non era più Bond. Arrivava Mission Impossible, adattamento di una serie spionistica, celebre quanto Automan, che venne riletta in “ottica Bond”. Una produzione seria e non pagata dagli spot, salvo qualche prodotto energizzante e un paio di occhiali. Regia di primissimo livello, sempre affidata a registi di grido, e un attore, Tom Cruise, che nonstante sia e rimanga una bestia rara (gli salvo solo Magnolia e Collateral, per il resto non lo posso vedere), riusciva benissimo nella parte. Da una serie di romanzi di successo sulle cosiddette spie dormienti arrivava Bourne Identity con l'ottimo Matt Demon nei panni di uno dei personaggi più affascinanti della cinematografia moderna. Una regia che migliora di budget e qualità di puntata in puntata, uno script così forte da generare un brand che resiste tutt'oggi anche con il cambio dell'attore. Da uno dei peggiori bar di Caracas usciva sbronzo il tamarro Xander Cage, interpretato al secolo da Vin Diesel in XXX, un Bond agli steroidi insolitamente e inspiegabilmente simpatico e divertente nonostante Asia Argento come comprimaria, che si autodoppiava con un risultato terrificante (e lo dico da fan di Asia, che trovo bellissima e bravissima in molte pellicole, soprattutto italiane....no, non quelle dirette dal padre..). Un dettaglio su XXX: nella prima scena sembra irrompere sulla scena una spia emulo di Bond, che viene prontamente fatto a pezzi da dei bifolchi durante un concerto metal in meno di due minuti. Bond era morto, ma non per molto.
Bond + tamarro + steroidi = XXX

Craig: serviva un nuovo Bond, bisognava tornare alle origini e reinventare il personaggio.
Craig: il migliore?
Non ero l'unico a pensarlo, insieme al resto del mondo, anche i produttori avevano capito. Nuovo attore, emergente, davvero molto bravo e versatile. Per un gioco del destino o forse in virtù di questo di recente era già stato “proto-Bond”, nel film Elizabeth, pochi minuti in cui si poteva leggere nel futuro. All'apparenza una montagna di muscoli che ricorda fin troppo il leader russo Putin. Grosso, fisico scolpito e credibile nel ruolo di un carroarmato umano. Al di sotto della corazza un animo sensibile, capace di esprimere al meglio le emozioni umane, occhi di ghiaccio ma dannatamente espressivi che lo rendono nel contempo deciso e vulnerabile. Con lui si poteva ripartire da capo: un nuovo Bond per una nuova era. Si recuperava e si modernizzava il romanzo perduto “Casino Royale”, usato già da altri che ora diventava quello che doveva essere fin dall'inizio, il primo film, secondo la cronologia, di Bond. Craig era giovane e poteva impersonare un Bond in erba, un agente che era diventato da poco un doppiozero, un agente che poteva provare ancora dei sentimenti prima di diventare del tutto una macchina. Si parlava per la prima volta di Bond in quanto uomo vero, dotato di un passato vissuto in orfanotrofio, fedele al paese in virtù di M. M che da tizio che vive nel sottoscala viene ora impersonato da Judi Dench, attrice straordinaria, non “quasi” ma una autentica, severa e rigorosa, figura materna per Bond, M come “mamma”, M come “Sua Maestà”: madre e regina, spirito del paese, un'eco della figura forte e determinante per l'Inghilterra che fu, la regina Elisabetta I. Un legame forte, di reciproca protezione e mal celato affetto che portava il canovaccio narrativo di Bond su un livello che non aveva mai conosciuto. Anche il rapporto di Bond con le donne si evolveva di circostanza, le classiche due donne che da sempre completano il triangolo sentimentale di Bond in ogni film, la “bitch” e il vero amore, diventavano tridimensionali, anche in virtù della bravura di attrici come Eva Green. Scene giocoforza più realistiche, lontane dal quadretto di plastica dalla stanzetta d'albergo in riva al mare con musica dolce in sottofondo, camino acceso, il botto del tappo dello schampagne e la dama, pudicamente coperta da una coperta di bianco immacolato, distesa sul letto.
Basta fantocci in abitini stirati quindi, qui, come con Connery, si aveva qualcuno con il fisico tale da giustificare e rendere credibili le acrobazione che Bond normalmente faceva. Basta pupazzi di plastica alla guida di un giocattolo, eliminiamo i giocattoli, eliminiamo Q, teniamo la tecnologia ma rendiamola plausibile nel mondo reale, vera. Niente penne-bomba, si rintraccia un criminale attraverso satelliti collegati a cellulari, telecamere di sorveglianza, intercettazioni ambientali. Tutto è credibile o para-credibile.
Basta basi segrete costruite non si sa come e orbitanti nello spazio, basta cattivi da cartone animato. Il mondo è brutalmente reale, i nemici non sono più eserciti del passato, spie rancorose, pazzi che vogliono conquistare il mondo. Molto più realisticamente il male viene dai mercati finanziari, allibratori che scommettono su quanto calerebbero certe azioni se un attentato terroristico andasse in porto, società che puntano sulla distruzione per il profitto. Non più creature grandiose e misogine con uncini al posto della mano, ma omini grigi, uomini qualunque e con i quali si può dividere il marciapiede, insetti, cattivi per convenienza che usano terroristi per braccio armato. Bond allora diviene l'esecutore dei pesci piccoli, che possono passare da una nazione all'altra in virtù del fatto che bandiere e colori sono tutte cadute, alla ricerca delle briciole che lo conducono ai pezzi grossi. Curiosità. Con Casino Royale il poker torna a essere dopo mooolto tempo un argomento possibile da trattare, a piccole dosi, al cinema.
Casino Royale sbancava al botteghino, anche per merito dello stesso Martin Campbell che aveva resuscitato Bond già nell'era Brosnam. Il pur meritevole, oscuro e un pelo noiosetto, Quantum of Solance faceva bene il suo lavoro. È un film comunque da rivalutare, dotato di scene d'azioni spaziali come l'inseguimento a Siena e la parte nel deserto, argomentazioni forti e una costruzione narrativa articolata, forse troppo. Rimaneva la tendenza a infilare qua e là il tale marchio o utilizzare il tale computer o cellulare, ma in dosi certamente più umane che in passato. La gente aveva fame di questo nuovo Bond, ma la MGM entrava in crisi e i nuovi capitoli venivano rimandati e rimandati e rimandati.
Fino a che entra in produzione Skyfall e ahinoi arrivavamo ai 50 anni di Bond. Il regista dichiarava di essere fan di Bond di vecchia data e in questo ho visto subito un brutto presagio.
La Bond-girl Naomie Harris
L'altra Bond-gilr Berenice Marlohe
Skyfall, recensione ragionata: Il terzo film di Bond interpretato da Craig è una delle migliori pellicole di Bond di sempre. Ce lo avevano di fatto preannunciato le parole del singolo di Adele legato alla pellicola, uno degli score più belli di sempre: la materia del Bond n.23 sarebbe stata maestosa, il dramma mai così profondo. Non solo botti ed esplosioni, ma un'accurata indagine del personaggio in pieno rispetto della sua rinascita narrativa avvenuta con Casino Royale. La regia opera di Sam Mendes, autore completo e convincente come sempre, è vigile e ordinata nel narrare al meglio la vicenda, il ritmo è incalzante e mai stucchevole. Il comparto tecnico è di primordine e visivamente Skyfall risulta la pellicollohea più bella di tutto il 2012. Calati perfettamente nella parte gli attori. Craig, di recente ottimo anche nel remake di "Uomini che odiano le donne", dona una buona dose di inquietudine al personaggio che già veste con maestria da alcuni anni. Il fisico è sempre scultoreo, ma nella corazza, anche a mezzo del trucco, iniziano a delinearsi delle crepe che ce lo rendono più vicino, più umano. Non meno tormentato è l'animo di Bond, mai come in questo caso indagatore sulla sua stesa essenza e sul ruolo che gli impone la società: un'arma ben oliata ma vecchia e quasi in disuso nei tempi moderni. Significativo che nelle primissime scene venga preferito sacrificare l'agente segreto a vantaggio della protezione di dati informatici. Il mondo si è evoluto e Bond cerca con difficoltà di riemergere o per lo meno di trovare un nuovo posto per il suo tuxedo. Si potrebbe parlare di un'interpretazione di Barden sopra le righe, ma questo traspare solo da una visione superficiale, la caratura di questo interprete non ha ancora subito alcun calo negli anni. L'attore indossa se mai una doppia maschera, sotto la gigioneria del classico villain si scopre un uomo distrutto dalla caduta del suo mondo, dall'essere stato tradito da chi maggiormente stimava. Il parallelo che viene più diretto è con il Doc Ock di Molina per il secondo Spiderman di Raimi: c'è molta più sostanza di quella che traspare dal brutto parrucchino del suo villain Silva. Barden “risuona” con Craig e la relazione che si viene a creare tra i due personaggi, e purtoppo si sviluppa solo nella seconda parte della pellicola, è quanto di meglio il genere ha proposto a livello narrativo negli ultimi anni. Sempre eccezionale Judi Dench, ottimo anche la new entry Ralph Fiennes e Ben Wishaw, che torna a lavorare con Craig dai tempi del mai dimenticato Pusher. Sul lato Bond Girl l'ottima Naomie Harris più volte ruba la scena alla bellissima Berenice Marlohe. La scelta registica sul finale è coraggiosa, quasi intimista, ma deve essere sostenuta con rispetto in ragione della sua forza evocativa. Se amate Bond non perdetevi in dettagli, questa pellicola è costruita per piacervi e piacere anche a chi di solito lo ritiene uno spettacolo affascinante se pur noiosetto. Avrà da ricredersi.
Skyfall, cronaca della visione: ATTENZIONE SPOILER, LEGGETE SOLO DOPO AVER VISTO LA PELLICOLA, SPOILER, SPOILER E RISPOILER ANCHE FORSE INVOLONTARI, UOMO AVVISATO, SPOILER EVITATO, CHI DI SPOILER ABUSA IL SUO GATTO NUN GLI FA PIU' LE FUSA, SPOILER SPOILER SPOILER.
Fatto il lavoro sporco. Ora ci parliamo faccia a faccia, magari in ragione di una birra gelata del nuovo trend, ahinoi, che Bond decide di sposare per questa pellicola. Si sta chiudendo un'era, hanno vinto loro, quelle 6 massimo 7 persone che non hanno mai sostenuto economicamente Bond, i fan duri e puri pronti a rivendicare Bond come cosa-loro. La sensazione è come quella di trovarsi al termine di una Run dei fumetti americani di supereroi. Un autore può farci quello che vuole con i personaggi, può scompigliare le carte, dare nuove interpretazioni, ma alla fine del lavoro, quando deve passare il testimone a un altro, deve rimettere tutti i pezzi ordinati nella scatola, ripristinare lo status quo. Il fatto che il Bond di Craig fosse in buona sostanza un prequel conseguiva necessariamente che quanto di originale portasse, venisse prima o poi rifagocitato dalle connotazioni classiche del personaggio, anche quelle più idiote. Era una corsa contro il tempo, bisognava percorrere più strada possibile prima dell'anniversario dei 50 anni di Bond, prima che a qualche cretino venissa la voglia, per magnificare una supposta unità dell'opera di fatto mia esistita, di tornare allo standard autoreferenziale. La crisi dell'odiosa MGM ha fatto sì che di questo nuovo corso venissero partorite solo due pellicole. La seconda, Quantum of solace, è stata troppo raffinata per essere gradita da tutto il mondo e, nonostante gli incassi, ha già fatto venire la mosca al naso ai produttori. Se qualche brutto nerd ha esultato quando i segni di questo ritorno alla normalità si sono palesati in Skyfall, a me è salito un rigurgito di vomito. Il Bond di Craig muore, di fatto, dopo la classica scena iniziale della pellicola. Adele intona le prime strofe di Skyfall, “This is the end”, e ha ragione da vendere. Forse anche Bond-personaggio insieme a Bond-attore lo sanno e cincischiano a entrare in scena. Bond si fa crescere la barba, si ubriaca della nota birra che sponsorizza il film mettendone bene in mostra l'etichetta e sta su di un isolotto a fare del gran sesso e guardare tramonti. Poi per copione deve tornare, deve assistere alla porcata è lui il comandante di una nave alla deriva. La base dell'MI6 è distrutta, ora si sta in un sotterraneo. E io già vedo nel futuro e urlo No. NOOO. NOOOO. Poi arriva un tizio, dice di essere un genio informatico e che le guerre moderne le affrontano gli hacker informatici, che lui è un maledetto genio e deve ricorrere al derelitto Bond perchè “ogni tanto serve che qualcuno prema un grilletto”. Ah, viene dalla “sezione Q”, e lascia al nostro Bond una bella valigetta con dentro delle Q-cagatine. Nooo. Noooo. NOOOOO. Arriva Ralph Fiennes e Noooo questo non posso dirvelo è troppo perfino per uno Spoiler e vi taccio sulle rivelazioni che più mi hanno fatto male. Festeggiamo i 50 anni di Bond! Passiamo con un buldozzer su quanto di buono fatto in questi anni! Diciamo che questi ultimi film di Bond sono l'equivalente della trilogia del Dark Knight di Nolan. Abbiamo fatto i soldi, richiamiamo Schumacher a fare il nuovo episodio! Insiene a Val Kilmer mi raccomando! Fa venire i nervi perchè la pellicola è bellissima ma te lo dice, te lo urla che sarà l'ultima così, che i geni della produzione vogliono di nuovo svoltare, semplificare, vendere giocattoli. E magari la nuova incarnazione di Bond sarà un Bond supereroistico. Se i film basati sui supereroi rendono tanto al giorno d'oggi, perchè non emularli? Bond dell'era Craig è troppo serioso e complicato. Buttiamo tutto nel cesso e facciamo diventare il nuovo Bond emulo di Iron Man, si può fare un tuxedo corazzato lancia-missili! Circondiamolo del solito cast stantio di comprimari, che tanto lo fanno somigliare a Batman, mettiamolo a combattere contro i marziani magari! Perchè limitarci a fare un seguito poi? L'ultima moda dice che se non fai almeno una quadrilogia di film collegati con l'ultimo diviso in due parti non sei nessuno, mettiamo in cantiere 11 Bond! Craig? È vecchio, le ragazzine non lo comprano il poster! Facciamolo tornare adolescente e vergine, chiamiamo Pattison e diciamogli di non scordarsi di portare le lenti a contatto da vampiro che usa in Twilight, che non si sa mai, può scaturirsi una trovata narrativa! Anzi no, facciamo così, per non perdere i fan più vecchi, facciamo che Craig è il padre e non lo sa e sta disperso in Marocco, il figlio è Pattison, che eredita il ruolo da 007 nel momento in cui si presenta a lui Q con una valigetta misteriosa in una notte di tempesta: facciamo stare Craig in scena 30 minuti e 2 ore Pattison !
Io ho una paura folle che tutto questo possa accadere, una paura folle. Mai un personaggio è stato piegato-piagato dalle regole di mercato quanto Bond. Che ne sarà del fututo di Bond? È proprio vero il cielo cade, le certezze sono morte.
SPOLER SPOILER SPOILER SE LO HAI LETTO TI SEI FATTO SPOILER E SONO SPOILER TUOI DA NON SPOILERARE ALTRUI O ALTRUI FARA' A TE QUALCOSA CHE NON SARA' POI UN GRANDE SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER E RISPOILER 
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