(Sinossi ponderata per un pubblico di
adolescenti fan dei teen drama/Young Adult): La scintilla del grande amore tra
Ridley (Alexandra Shipp, la “giovane tempesta” di X-Men) e Chris (Nicholas
Hamilton, visto in IT e Captain Fantastic) arriva inaspettata e travolgente.
Lei è una ragazza posata amante dell’arte, lui un fascinoso ribelle, gli
opposti si attraggono ma è l’idillio è destinato a spegnersi di colpo in
ragione di un terribile incidente. Senonché qualcosa di magico quanto la forza
dell’amore impedirà che i due amanti si separino. Chris si ritrova fantasma,
imprigionato in un eterno limbo ultraterreno, sotto la guida di un
fantasma “esperto” quanto simpatico che gli insegnerà trucchi e privilegi di
questo nuovo status. Ridley, grazie alla forza del legame che la lega a Chris,
riuscirà attraverso un rituale a base di disegni al carboncino a comunicare con
lui. I due prima si parlano nei luoghi del loro amore, poi si rincorrono nella
vita di tutti i giorni, fanno gli stessi pensieri, alla fine forse si toccheranno.
Ma questo contatto ha dei limiti e il loro frequentarsi ultraterreno forse non
sarà... “Endless”.
(Sinossi destinata a tutto il resto del
pubblico): Nicholas Hamilton, attore che ricorda esteticamente un giovane Kevin
Bacon, già scelto come archetipo del “bullo di paese” nel recente IT di
Muschietti, oggi in sala interpreta più o meno lo stesso personaggio, Chris. Un
ragazzotto ottuso dal medesimo sguardo vacuo del bulletto, comportamento
primitivo - predatorio verso il genere femminile, disinteresse per studio o
hobby, salvo una passione grave monomaniacale, a questo giro una moto al posto
della macchina da zarro. Chris parla della sua moto e quando non lo fa beve
pesante, fa l’asociale, è a livello culturale ripetitivo e pedante quanto un
disco minore di Luciano Ligabue, dimostra zero prospettive per un futuro che
difficilmente lo sposterà dal paesone tra i campi della provincia americana in
cui vive. Inspiegabilmente, perché le donne sono creature inspiegabili, a
Ridley (Alexandra Shipp), ragazza per bene, con futuro prestigioso
all’università e poi nel campo legale, piace Chris. Ovviamente Chris non è di
compagnia, non gli piacciono tute le “cose fighette da ragazze” come il sushi
che piace a Ridley, l’amica pretenziosa altolocata di Ridley, la scuola che è
“solo dei ricchi e che vuole fare Ridley solo per tirarsela lontano dal paesone
provincialone”. Detesta e dileggia i genitori perfetti “e ricchi” di Ridley,
presentandosi a casa sua in moto dopo che gli hanno chiesto per la trentesima
volta di venire in macchina, che in moto guida come un cretino. Ma la moto per
lui è tutto. Chris è contento, e questa è la sua precisa visione
dell’amore, quando vede Ridley prendere quaderno e carboncino e disegnare
lui sulla moto. Quello dovrebbe fare Ridley tutta la vita! Disegnini artistici
su di lui con la moto, da farci le esposizioni artistiche e la carriera da
pittrice monotematica, ovviamente senza muoversi dal paesone provincialone,
pulendo casa, facendo da mangiare e aspettandolo a casa la sera quando lui
torna ubriaco sulla moto. Perché questo deve fare una donna per il suo uomo, se
lo rispetta cazzo!!
Così siamo tutti con Ridley, quando la
nostra eroina scopre di essere stata ammessa nella prestigiosa università
lontana dal paesone provincialone e decide di non parlarne con Chris. Dice
“prendiamo tempo” e noi immaginiamo che si allontanerà da questo molesto
primitivo senza colpo ferire. Ma a una festa di lì a poche ore una amica di
Ridley comunica la buona novella a tutti, al microfono della sala disco. Chris
si ubriaca in tempo zero, Ridley è costretta a farsi prestare una macchina
perché erano arrivati lì con la moto di Chris e nessuno guida la moto di Chris
se no si arrabbia. Nel viaggio verso casa, Ridley guarda la strada mentre Chris
continua da ore una nenia del tipo: “Perché non vuoi stare qui nel paesone per
sempre a disegnarmi sulla moto? Perché rinunci al tuo talento di pittrice di me
e della mia moto per andare a fare cose come studiare e realizzarti
socialmente? Ma non capisci cos’è l’ammmore! Eeeeeri bellissima... ma Marlon
Brando è sempre lui ooo lui ooo lui??”
Poi arriva il deus ex machina, la
soluzione: la nota incapacità alla educazione stradale degli automobilisti del
paesone provincialone porta ad una improvviso show di autoscontri. In due
minuti: 1) Ridley va a sbattere contro un’auto che procede a fari spenti
pianissimo tra i boschi e buio e nebbia; 2) Chris dal sedile passeggero va a
sbattere contro il vetro perché il proprietario dell’auto in prestito non ha
mai cambiato l’airbag rotto; 3) un’altra auto arriva a caso contro le due
ferme procedendo in zona abitata a 300 miglia orarie. Quello che segue è in
sostanza il senso di colpa di Ridley misto allo stress post-traumatico. Si
sveglia all’ospedale e scopre che Chris è morto, ma se lo immagina dentro un
brutto rip-off di Ghost con Patrick Swayze, con spalla comica e l’idea di
rifare la scena del vaso usando dei pomodori cuore di bue. Per aumentare la
connessione con Chris inizia a disegnare lui e la sua moto ovunque, arriva pure
a chiedere alla madre gallerista una valutazione professionale sul suo modo di
ritrarre Chris su una moto per lavoro (scena di angoscioso imbarazzo per
entrambi in quanto i disegnini sono orrendi ). Come andrà avanti questa
allucinazione?
(Un amore Endless) quello che abbiamo in
sala è in teen-drama sentimentale con un pizzico di soprannaturale, la
malinconica cornice della provincia americana in autunno, una coppia di attori
carini. Se siete adolescenti può avere le carte buone per intrattenervi, se siete
un po’ più smaliziati è diverso. Endless punta molto su sguardi languidi
e la chimica tra i due giovani protagonisti. Gioca narrativamente con i
“fantasmi”, un po’ dalle parti della commedia a tinte noir Asso, con Adriano
Celentano (dai ad Adriano quello che è di Adriano), un po’ dalle parti del
romantico/soprannaturale Ghost, che ha consacrato la fama di Patrick Swayze.
Come molti young adult, ricerca riti e rituali soprannaturali che in
fondo sono figli della passione per il fantasy anni ottanta, per dare pepe alla
storia e al contempo elevare la materia. Si parla, sebbene con un mcguffin
inconsueto fantasy, di elaborazione del lutto e la storia è ben studiata per
apparirci tanto in chiave fantasy che realistica. Il fantasy aiuta, soprattutto
il giovane pubblico, nel fornire una “prospettiva positiva
dell’ultraterreno”, che parte dal sorriso infinito dello spirito-guida
interpretato da Deron Horton. Ci troviamo narrativamente nella corrente
“low-fantasy”, filone in cui ai protagonisti vengono assegnate delle
prove iniziatiche che li muovano dall’adolescenza all’età adulta, giocando con
i simboli. Siamo un po’ dalla parte del fumetto I Kill giants di Kelly e
Niimura o di A Monster Calls (Sette dopo mezzanotte) di Ness/Down. Speer usa
bene il low-Fantasy -young-adult, per portare lo spettatore dentro a un
percorso psicologico di “fronteggiamento del dolore”, allo stesso modo in cui
con il suo precedente film, Il sole a mezzanotte, raccontava attraverso gli
(apparenti) stilemi della favola “disneyana” la voglia di vivere di una
protagonista gravemente malata, utilizzando come interprete una attrice
bellissima, forte e determinata come Bella Thorne. Speer permetteva
davvero al pubblico di immedesimarsi nei sentimenti della
protagonista, senza farlo bloccare anzitempo nel constatare che fosse una
“persona malata”, debole, destinata a essere protetta e accudita più che
incoraggiata a vivere liberamente. Un modo interessante di fare cinema
per ragazzi in grado di stimolare riflessioni, che rende anche questa nuova
opera di Speer di intrattenimento quanto uno strumento didattico valido
per una riflessione sul tema della “gestione del lutto”.
Al di là di questi meriti, Speer mette in scena un intreccio forse un po’ troppo sdolcinato per un
pubblico più adulto, con attori “carini ma non travolgenti“ per lo spettatore
più smaliziato, con una narrazione che si adagia forse con troppa disinvoltura
sulle spalle di altre opere generando per i più anzianotti continui deja vu.
Insomma, un film per un pubblico giovane interessante, ma un po’ sonnecchioso
per i più grandicelli.
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