E dopo
averlo visto ricavare da un albero secolare una spada samurai gigante, siamo
tutti sempre più in scimmia per l'arrivo della grande scimmia. Manca giusto una
manciatina di giorni e saremo tutti a Skull - Island. Un luogo dove le zanzare
sono grosse quanto motorini Piaggio e i ragni grandi come tendoni del circo. Un
luogo dove da un buco nella terra spuntano fuori i mostri più ancestrali,
grossi e cattivi che vengono combattuto in un eterna lotta - picchiaduro -
infinita da Kong, il re, il protettore della terra, la scimmia nuda di cento
metri più carismatica del pianeta. Mostri giganti, scimmie giganti, elicotteri
alla Apocalypse Now, musiche alla Apocalypse Now, mitragliatori pesanti, Katane
da samurai, Tom Hiddleston con canotta e maschera antigas che falcia
mostriciattoli in nuvole verdi, Brie Larson che "le esce" (sarà
difficile, ma chissà mai...), John C. Reilly nuovo miglior matto del 2017, John
Goodman più complottista che in Barton Fink, Samuel Jackson che ipnotizza con i
suoi occhi torvi i peggio mostri.
E poi un Kong che per una volta non ci
portano a New York per farlo morire male aggrappato a un palazzo, anche perché
ha qui una stazza così grossa che i palazzi, se prova a salirci, li tira
giù. Hype a mille.
Guy Ritchie ce lo ha fatto agognare per tanto tempo e finalmente il suo colossal cavalleresco multi - film con Charlie Hunnam inizia a mostrarsi in immagini potenti, ipercinetiche e ultra gameofthronesche (che è di moda forte oggi). Il tappeto sonoro rock ci fa sperare in qualcosa di simile al mai dimenticato Il destino del cavaliere con protagonista il compianto Heath Ledger, speriamo sia così per tutto il film. Ne riparleremo a breve, con l'uscita fissata per maggio. La curiosità è forte anche perché se è vero che il fantasy è più sdoganato di un tempo, non sempre le nuove produzioni accolgono un pubblico immenso come fu per il jacksoniano Signore degli Anelli. Richie inoltre qui si scontra sullo stesso sentiero del capolavoro di Boorman, Excalibur. Ve lo ricordate ?
In molti sono caduti nel confronto, perfino Richard Gere!!
Sarà una bella sfida comunque, e noi non vediamo l'ora di vedere su Re Arthur la stessa originalità che Ritchie ha riservato a Holmes. Con questo spirito positivo, innalziamo i calici alla imminente uscita, rigorosamente sulle note dei Cavalieri del Re
Sperando che pure il film sia bello, ci aggiorniamo.
Micro-sinossi con ambizioni poco scientifiche: quando nasci pinguino sei una
palla al piede per la tua famiglia fin dallo stato ovale. Letteralmente. In
genere vivi in un posto lontano dal ghiaccio sottile e il fatto di non avere
mani non aiuta molto. Così mentre un genitore ti cova, l'altro va al Conad più
vicino, a mesi di marcia, per prendere i bastoncini Findus. Non avendo mani né il gettone per il carrello, il pinguino mette tutto in bocca pregando di non
ingerire tutto durante la traversata, se no deve tornare indietro. Tornato a
casa è inevitabile che ti sei ingurgitato qualcosa comunque, così l'altro
pinguino deve tornare al Conad. A un certo punto però l'uovo si
schiude, il bimbo cresce e come succede con tutte le famiglie moderne non è che sarà lui
ad andare al Conad. Quello pensa già a trovarti una nuova casa, inizia a
strimpellare con il basso, vuole frequentare le cattive compagnie e le pinguine
più zozze. Non lo vedranno più in casa. Anche i genitori, modernissimi,
decidono in genere a questo punto di non frequentarsi più e via al sesso
promiscuo fino al prossimo uovo. E li posso capire. Ce la fareste voi ad
aspettare tutta la vita che il partner torni a casa dal supermercato?
Ok,
sono pinguini, e a me?: Nella mente malata dell'Edward Norton di Fight club
accadevano le cose più strane e a seguito di una seduta psicoterapica
usciva fuori che il suo spirito guida era un pinguino. Un pinguino che nella
fervida immaginazione di Norton parlava e diceva: "Scivola". Non
diceva poi molto altro, forse non era un'immaginazione così fervida, ma sta
di fatto che in un momento non troppo distante della pellicola Norton si
immaginava la sua ragazza, la futura signora Tim Burton, nello stesso scenario
del suo spirito guida, che lo guardava negli occhi e dopo aver aspirato una
sigaretta diceva: "Scivola". Ho sempre interpretato questa
sequenza come una follia etilica non so se scaturita da Fincher o da Palahniuk,
ma dopo la visione di questo La marcia dei pinguini - il richiamo, forse sto iniziando a dargli un senso. Ho sempre detestato questi maledetti
animali sfigati in frac. Tutto il giorno a camminare a passettini, troppo
panciuti per volare, abitanti di un posto sfigatissimo, immenso e tutto bianco,
senza nemmeno uno sprizzo cromatico a differenziarlo, vuoi anche una macchia di
vomito. Eppure "piacciono a tutti", pensavo. A George Miller, che ha
rimandato le storie di Mad Max per raccontarci di un maialino prima e di un
pinguino dopo in 4 interminabili film (potevano avere altri 7 Mad Max intanto... la cosa non mi fa dormire la notte). Piacciono a Hideaki Anno, a John
Lasseter, gli studios fanno docu- film a cartoni animati su pinguini surfisti,
i pinguini spie di Madagascar sono ovunque, ci sono anime senza senso (Manwaru Pengundrum) e videogiochi senza senso (Disgaea) pieni di maledetti
pinguini, pinguini di plastilina sulla rai di prima mattina, siamo invasi!!
Così, scettico, mi muovo verso la sala, mentre mi si avvicina una signora che
mi chiede: "Ma ci sono dei collegamenti con il primo La marcia dei
pinguini? Quello con la voce narrante di Fiorello?". E io, che mi sento un
po' in colpa per non averlo visto ma non voglio deluderla propongo: "Che
siano gli stessi pinguini?". Poi, a fine visione, scopro da internet che
non lo sono, anche se regista e staff sono quelli del primo, che la missione al Polo durante la quale hanno fatto le immagini è una completamente diversa. Ci
rimango male, ma non quanto ci sono rimasto male in sala dopo un'ora e mezza
tenuto in ostaggio dalla voce narrante di Pif. Ok è un documentario, ok gli
animali del documentato sono piuttosto mosci come creature, ok lo scenario è
tutto bianco, ok la colonna sonora è roba figa, ma meditabonda e sonnolentosa
stile Vangelis dopo essere andato in trip per 2001 Odissea nello Spazio. Ok
tutto ma Pif no. Pif, parlo direttamente con te, ma quanto ti sei rotto le
palle a doppiare sta marcia dei pinguini? Te lo dico perché si sente proprio
che volevi essere altrove, che forse mentre recitavi stavi compilando il 730,
che pensavi al mutuo o alla pappa del gatto da comprare o rimuginavi per
esserti dimenticato il secchiello dell'umido fuori di casa o avevi pestato una
cacca con la scarpa che non riuscivi a pulire. Capisco che non è facile
sfoderare una verve stile il compianto Robin Williams, magari dovendo recitare
testi non tuoi, sui pinguini per di più. Ma, "mamma mia!!", quanto sei
stato scarso su questo lavoro?? Vabbè, La mafia uccide solo
d'estate ti è uscita bene, pace fatta e continua così. Anche perché in
fondo in fondo...
E mi
sono commosso: sarà stata la giornata, sarà stata la indiscutibile bellezza
delle immagini della spedizione Antartica, sarà stata la colonna sonora da film
di fantascienza spaziale impegnata stile fine anno settanta. Sarà stato perché
per la prima volta ho fatto davvero lo sforzo di empatizzare con queste
sfigatissime creature che nell'accettare una vita così estrema dimostrano un
titanismo senza pari è una cura per i loro affetto che ha dello straordinario.
Ho iniziato anch'io a sentimi un po' pinguino. Malfermo raffreddato e generoso.
Intento con gli altri pinguini in formazione a testuggine come l'esercito
romano per costruire una unica e grande casa scaldata dai corpi della propria
collettività pinguina. Felice di tornare a guardare negli occhi la mia lei -
pinguina che mi vede tornare con i bastoncini findus dopo mesi, laddove un tale
sguardo non lo trovi mai a casa se hai fatto tre minuti di ritardo al mini-
market. E come un pinguino ho sentito la gioia di incontrare il mare e
tuffarmici dentro, dimenticare la mia fisionomia claudicante sulla terra per
poi muovermi tra i flutti tracotante e maestoso come uno Sparviero
Klingon.
- W i
pinguini: W i pinguini, soprattutto i "pinguini" che facevano in una
celebre gelateria di Laigueglia, in Liguria (in pratica gelato ricoperto da
cioccolato fondente fuso). Gustosità culinarie a parte, questo film al di là di
ogni aspettativa ha saputo conquistarmi, coinvolgermi e farmi quasi piangere.
Merito di una regia molto sentita, ad opera di Luc Jacquet, in grado davvero di
farci immedesimare senza mai annoiarci. E questo nonostante un Pif narratore
davvero sottotono. Mi è venuta voglia di recuperare il primo film.
Tu stai
bello contento in un Mediaworld a guardare i nuovi televisori ultrapiatti che
in questa vita non potrai mai permetterti quando ecco che...
E se non
ne avete ancora abbastanza e vi sta salendo a mille l'hype, che ne dite
di ritrovare Sadako in un "bel" film jappo classico da noi ancora
inedito? Magari un crossover tra fantasmi in cui Sadako affronta la Kayako
bimbo munita di The Grudge? Nato come uno scherzo da pesce d'aprile il film si
è realizzato, è grazioso anche se lungi dall'essere fantastico e pare potrebbe
presto arrivare sui nostri lidi! Per ora incrociamo le dita, appena avremo
qualcosa di concreto ve lo faremo sapere, intanto vi mettiamo qui il trailer.
E
naturalmente vi invitiamo a riempire le sale quando, prestissimo, Rings
arriverà da noi... e manca poco!
Riuscirà
Sadako ad adattarsi al nuovo mondo a disco blu in 4K o è destinata a rimanere
fedele alle videocassette anni '80, magari considerando pure il mercato dei
vinili? Ve lo faremo sapere...
Eravamo
tornati bambini. Io e il mio collega Gianluca uscivamo dalla proiezione del
primo Pacific Rim presso il cinema Odeon di Milano gasati come marmocchi
nutellosi. I robottoni giapponesi della nostra infanzia avevano preso
vita nel buio della sala e... come potrei descriverlo a parole ?
Roba
forte, che sa di giovinezza andata e tanti ricordi, roba che di recente abbiamo
provato anche grazie a un'altra grande pellicola, questa volta italiana
Se
esiste "la gioia", non può che avere la firma di un robot di svariati
metri che combatte i vegani.
Ma i
sogni dei vecchi ragazzini dei settanta "sono destinati a finire
presto", temevamo.
Ci
eravamo un po' rassegnati all'idea di non vedere più in sala i colossi
meccanizzati Jeager prendere a botte i "mostroidi"Kaiju. Il pubblico
americano e una campagna promozionale sfigata (a opera di una poco chiara
situazione tra Legendary, Universal e Warner Bros) avevano decretato il loro
"no" al proseguo del franchise e tutte le idee su trilogie, spin off
con King Kong e Godzilla (io mi ero fatto un trip sul fatto che l'alieno
Mechagodzilla sarebbe diventato il prototipo su cui sviluppare gli Jeager...),
serie TV e gli anime che il brand avrebbe prodotto sono andati a farsi
friggere. Di nostro, in Italia, Pacific Rim è stato in sala due settimane, in
sordina e con zero pubblicità. La possibilità che almeno il fumetto avesse una
qualche distribuzione è stata fugata da una micro-etichetta che si è assicurata
i diritti in esclusiva e ne ha distribuito sul territorio qualcosa come sei
copie per regione. Guillermo del Toro ci ha sempre comunque creduto, al punto
che era andato personalmente in Giappone a promuoverlo, inginocchiandosi e
chiedendo la benedizione alla statua Gundam Rx-78 di Odaiba. Negli anni Del
Toro assicurava tutti sulla salute del progetto, che stava lavorando con
Beachman al numero 2 e forse al 3, che aveva ancora grandi idee. Ma intanto
partiva per Crimson Peak e oggi torna a parlare di Hellboy 3. Questa era la
tragica situazione, ma qualcosa si muoveva nelle profondità dello show
business. I cinesi, milioni e milioni di cinesi erano accorsi in sala a
vedere Rim, festanti ed entusiasti, più volte. Successe quindi il miracolo: pensa
che ti ripensa, constatando l'ineluttabile dato che gli americani come pubblico
non capiscono nulla di cinema, il cinese Wanda Group arrivò nel gennaio 2016
ad acquistare la Legendary, decidendo di mettere in cantiere questo benedetto
sequel. Le notizie da allora arrivano a casaccio, sembrano rumor indistinti, ma
il progetto cresce. Nel tempo da Pacific Rim: Maelstron diventa Pacific Rim:
Uprising. Charlie Hunnam e Rinko Kikuchi non si sa se torneranno a pilotare un
robottone gigante (anche se la seconda sembra già sicura), ma al cast si
aggiungono John Boyega, Scott Eastwood, Jing Tian e il mitico Jin Zhang. Alla
regia approda uno bravo come Steven S. DeKnight, che dopo essersi fatto le ossa
scrivendo lo Spartacus di Raimi è approdato alla regia dell'ottimo Daredevil di
Netfix. Del Toro rimane in barca come produttore e tuttofare. Riprese previste
il Australia e Cina e uscita per il febbraio 2018. E ci sale l'hype...
Come sempre, "se sono rose fioriranno". Di
sicuro tra Shin Godzilla, King Kong Skull Island, Godzilla 2, il nuovo
Cloverfield, il nuovo Rampage, il nuovo Power Rangers e l'imminente, minimal e
originale Colossal con Anne Hathaway... insomma, ne avremo a pacchi nel
prossimo futuro di mostri giganti che radono al suolo città. Credo ci
sarà da divertirsi.
Mi
sembra doveroso introdurre questo post con uno dei più grandi classici della
canzone italiana. La firma, eminente, è di Elio e le Storie Tese.
Ma ora,
per tornare ad un clima più jappo è più consono alla recensione, direi di
sentire un bel pezzo dei Radwimps
Mitsuha
Miyamizu è una ragazza di Itomori, un paesino di provincia, collinare con al
centro un laghetto, ricco di tante tradizioni, tante persone simpatiche, un
bel paesaggio e... poco altro. Non c'è nessun posto dove divertirsi, nemmeno un
bar, non un supermercato, non uno svago. Solo chilometri di verde e una immensa
casa in collina dove vivere. Mai una gioia, se si considera pure la "mission"
familiare di destinare le donne a uno strano culto che prevede, in pubblico e
in abito da cerimonia, sbavare del riso da conservare in barattoli benedetti.
La nonna e la sorellina si stanno accorgendo che Mitsuha non ne può più, sta
uscendo proprio di testa! La mattina passa un sacco di tempo a toccarsi le
tette, a scuola è scostante è sempre tra le nuvole, vaneggia. E nel delirio
dice: "Vorrei non essere qui, vorrei essere un ragazzo che vive a
Tokyo!".
A Tokyo,
in un micro-appartamento in cemento, vive un ragazzo di nome Taki, che studia e
al contempo lavora come cameriere/cuoco in un ristorante italiano del centro
chiamato "Il giardino delle parole". Ha una cotta per la sua capa, è
sempre timido e puntuale, ultra taccagno. Ma ultimamente sembra essere cambiato
in modo misterioso. Spende un sacco di soldi in cibo, fa l'intraprendente con
la sua capa (cosa che per i personaggi dei manga /anime è stranissima), ha
imparato a cucire, si muove in modo effemminato, sembra non ricordarsi nemmeno
il nome dei suoi amici o la strada per tornare a casa.
Cosa sta
accadendo a Taki e Mitsuha? Qualcosa che ha a che fare con una cometa e con il
filo rosso del destino che, come diceva Kieslowski, lega in modo invisibile e
indissolubile la vita delle persone. Uno strano sogno che sembra la vita di
qualcun altro.
La
trascinante e frizzante musica dei Radwimps (il cui nome suona tipo
"super codardo" e incarna al meglio il mondo dei timidoni adolescenti
di molti manga a sfondo sentimentale ), le animazioni sfavillanti e i fondali
spacca-mascella marchio di fabbrica di Shinkai ci trascinano in una
storia piena di sentimenti e ironia, semplice ma non banale, che scorre via
leggera fino alla fine, riuscendo ogni tanto a farci commuovere, ridere e
strepitare. Come ne La voce delle stelle, come in 5 cm al secondo e ne In
giardino delle parole il protagonista assoluto è l'amore, inteso in un senso
non troppo distante da Wong Kar Wai. Un amore tra pendolari, un amore tra
scappati di casa, un amore spesso clandestino. Un amore quasi platonico, che
nasce dal riconoscersi empaticamente nei panni della persona amata nelle
piccole cose, ma che vive del garbo e della paura di dichiararsi, venire allo
scoperto infrangendo il pudore del sentimento dell'altro, come a temere che
tutta la magia dell'incontrarsi sia un abbaglio personale. Ad aiutare questo
senso di incertezza, in ogni film di Shinkai l'amore viene ostacolato da
qualcosa di drammaticamente inaffrontabile. Distanze (a volte siderali),
condizioni sociali, le circostanze della vita. Muri che si riescono a
infrangere, quasi sempre (perché Shinkai ama farci piangere), ma che
allo stesso tempo sostengono da soli la narrazione. Perché quando il regista si
trova effettivamente a dover far esprimere quel sentimento, senza vincoli, ai suoi
personaggi, tutto si fa incredibilmente magmatico. E questo, pur
destabilizzante a livello di trama, non è il limite ma l'esatto cifra
stilistica dell'autore, la sua sensibilità nel descrivere il caos interiore
degli affetti. Lui è davanti a lei, entrambi cercano di scappare ma decidono
che non si può fare, iniziano entrambi a piangere, urlare frasi sconnesse,
muoversi convulsamente uno contro l'altro a scatti come zombie. E mentre
accennano un abbraccio che appare più un placcaggio da football americano, la telecamera inizia a imbarazzarsi per loro pure lei, pudicamente si
allontana e va a fissare uccelli che volano in cielo, treni, aiuole (tutto con
uno stile grafico pazzesco), mentre in sottofondo parte un pezzo del Max
Pezzali giapponese di turno. È una cosa estremamente amabile, sincera, ma che
non va mai da nessuna parte! Shinkai se la cava alla grande a descrivere
l'amore presente ma "assente dalla scena", ma diventa un ragazzino
alla prima cotta quando cerca di far "coordinare i suoi personaggi verso
un bacio", compiendo manovre più complicate di uno sbarco lunare gestito
con la professionalità di una scimmia urlatrice. Verrebbe voglia di
rassicurarlo che "va tutto bene", mentre i suoi personaggi in piena
esplosione emotiva e ormonale vaneggiano come posseduti dal demonio, e io non
riesco a non ridere un po' davanti al casino scatenato dal Shinkai più
innamorato. Arrivo a sperare che i personaggi tornino distanti, per ridare un
senso e continuità alla trama. Ecco, questo Your Name funziona benissimo come
film sentimentale, ironico e pure per certi versi "magico", ma
quando Shinkai "ricade" nel delirio adolescenziale da ragazzetto
innamorato in un momento centrale della trama (peraltro in un momento cui un
personaggio inizia a urlare senza senso chiedendo il "your name" del
titolo invece di fare qualcosa di molto più logico e sensato in quel momento
narrativo) il pubblico, a mio avviso, non può che dividersi tra chi amerà e
rivedrà volentieri la pellicola e chi ci stamperà sopra un sonoro
"no!".
Questo è un po' l'unico grosso difetto della pellicola, un
problema, se vogliamo, "di stile", quasi di stampo mucciniano, che si
poteva gestire diversamente. Per il resto, tenendovi nel riservo più assoluto
della trama, anche per non rovinarvi la sorpresa Your Name. funziona molto
bene. Fa un'interessante satira sociale sui luoghi comuni tra città e campagna
e tra tradizione e innovazione. Trasmette l'amore di Shinkai nella descrizione
di lavori manuali come cucinare o tessere un vestito, tema già accennati di
recente ne Il giardino delle parole. Sa estasiare nell'ammirare una
natura rigogliosa, fatta di piccoli ruscelli, vento che culla le foglie e
pioggia tintinnante, rappresentata da una cga mai invasiva, quasi
invisibile. Ci attira con un chara design semplice ma molto espressivo. Si
potrebbe liquidare Your Name come il solito film del filone in cui due persone
si scambiano le vite, e sarebbe probabilmente così se non ci fosse dietro la
sensibilità di un maestro come Shinkai, in grado di donare tridimensionalità
anche alle cose più semplici. Al che contempo il meravigliosamente disordinato
modo in cui Shinkai tratta i sentimenti potrebbe sconcertare qualcuno, anche se
per me non lascia comunque indifferenti.
Sarà per
le musiche, per i disegni, per la storia o per Saturno in trigono con Urano,
Your Name in questi giorni in Giappone ha frantumato pure i record d'incassi
dello studio Ghibli, diventando l'anime più visto di tutti i tempi. Un
riconoscimento cui lo stesso Shinkai non era preparato al punto che ha chiesto
al pubblico di smettere di andare in sala. L'ombra di Miyazaki, con la quale si
è confrontato più che dignitosamente con il suo Viaggio verso Agartha (che
spero Dynit recuperi e ridoppi dopo l'abominio perpetrato da Kaze) sembra non
lasciarlo mai in pace e ora i fan del maestro iniziamo a filosofeggiare di come
siano decaduti i costumi odierni, se un "filmetto" come Your Name
batte tutti i record. Tuttavia il Ghibli stesso si sta complimentando con
Shinkai, perché più gente continuerà ad amare gli anime più anime potranno
essere prodotti.
Io ormai
Shinkai lo conosco da un po', fin da quel La voce delle stelle, di ormai troppi
anni fa, da lui realizzato quasi da solo, manco fosse il Mozart
dell'animazione. Con il tempo non sono mai riuscito a volergli male, e certo
non inizierò ora, perché sono pochi i registi che riescono a mettere a nudo i
loro sentimenti nelle loro opere e lui è uno di questi.
Dynit e
Nexo portano nelle sale l'opera con tutti i crismi anche se segnalo
nell'adattamento una scelta lessicale "aulica" quanto inutilmente
artificiosa, da scuola cannarsiana, che per gusto personale trovo francamente
evitabile nonché di ostacolo a una piena immedesimazione. Una
"perla" di questa impostazione la potete sentire già dal trailer con
la frase di incipit: "Quel giorno in cui sono cadute le stelle è stato
come una visione dentro a un sogno, nientemeno di questo. Uno spettacolo
magnifico". Se questa ridondanza (sicuramente ricercata per trasferire al
meglio il lessico giapponese) non vi spaventa (anche perché non ce n'è alla
fine troppa nella pellicola ), buona visione a tutti.
Dateci un occhiata e ditemi se non vi sentite di nuovo
come quando avevate 6 anni e guardavate cose tipo...
Dopo un primo trailer di presentazione di stampo
supereroistico - adolescenziale stile X-Men/Chronicles/Amazig Spiderman ecco
finalmente spuntare fuori a far casino con i Rangers, in piena Angel Grove, gli
sgherri rocciosi di Elizabeth "Rita Repulsa" Banks (anche se
fanno un po' "sacchetto della monnezza" come i cattivi di Suicide
Squad, paiono almeno più colorati), Bryan "Zordon" Cranston
(porello.. ok che la bolletta è la bolletta però... porello), il robottino
Alpha 5 (e me lo hanno fatto uguale uguale alla serie Saban!!), le
bestie mistiche un bel mega mostrone (che scopriamo essere l'amatissimo
uomo-pantera-corazzato-blu Goldar) e pure l'ombra di un Megazord (che sembra
uno Jeager e non un poraccio in un costume ricavato da scatoloni di cartone).
E
finalmente annusiamo, gioiamo e strepitiamo davanti a un po' di quella strana
azione mista di Kung fu e miniciccioli esplosivi affrontata da tizi in pigiami
colorati che tanto ci esaltava da piccini. Il cast tecnico, sceneggiatori e
produttori compresi è in larga parte composto da gente che ha realizzato il
recente The last witch hunter e ci vogliamo fidare. E a colpo d'occhio per
questi 2 minuiti scarsi non sembra realizzato per niente male!! Ovviamente
questo è un trailer e dei trailer c'è sempre da fidarsi con le pinze... pure
Israelite alla regia, dopo un Project Almanac carino e nulla più è un'incognita
(ma pare affiancato da Jonathan Liebesmas, un esperto di film dignitosi con
grossi effetti speciali come il primo film delle nuove Turtles e La furia dei
titani), ma qui l'hype, con tutti 'sti pupazzi gettati in campo... sale comunque
abbestia, in vista dell'uscita nostrana, prevista per inizio aprile.
Talk0
P.S. La canzone in sottofondo è di Kanye West.. qui ve
la facciamo sentire meglio