Abbiamo già
parlato con largo anticipo di questa straordinaria nuova pellicola in
un nostro post in cui anticipavamo in tempi non sospetti la trama
grazie alla nostra uallera e un po' di passione per i fumetti CLICCA QUI.
Puck
Adesso
possiamo fornirvi nuovi eccitanti dettagli! Nello specifico Bryan
Singer, tornato ad essere patron dell saga, conferma che torneranno
Jean Grey e Scott Summers, alias Marvel girl e Ciclope, sempre
interpretati da Framke Janssen e James Marsden come nella prima
trilogia. Quindi a tutti coloro che stanno picchettando con forconi
l'abitazione del regista diciamo che possono finalmente rincasare. In
effetti la fine che facevano i due in X-men conflitto finale non è
piaciuta praticamente a nessuno, bisognava in qualche modo recuperare
e quale modo migliore se non usare le distorsioni spaziotemporali
della saga di Giorni di un Futuro Passato? Ovviamente è confermato
che tornerà anche Ellen Page, Kitty Pride, essendo anche uno dei
personaggi chiave della saga in oggetto e pare certo anche il
ritorno di Anna Paquin per il personaggio di Rouge. Hugh
Jackman nei panni dell'artigliato più amato del mondo non mancherà,
essendo legato da un contratto che lo lega a Wolverine per altre 300
pellicole, 20 cartoni animati, 5 addii al nubilato e un paio di feste
per i figli dei produttori in cui pare si scontrerà in duello
mortale con Ronald McDonald. Un rumor darebbe quasi per certa anche Halle Berry nei panni (speriamo pochi) di Tempesta...
Ma le novità non
si fermano qui!
Peter Dinklage in "Games of thrones"
Ahab, supercattivo
Sembra che ad
interpretare un cattivo sarà chiamato Peter Dinklage, star di Game
of thrones e uno dei miei attori preferiti di sempre. Che ruolo
interpreterà? Mistero! C'è chi diceva sarebbe stato perfetto nella
tutina nera di Puck, membro degli Alpha Fight (una specie di
Avengers Canadesi) e vecchio amico di Logan-Wolverine. C'è chi
diceva che sarebbe stato perfetto per interpretare una sentinella,
ricordando il profilo dell'attore la medesima (cosa un filo
offensiva..)o avrebbe prestato la voce ad uno di quei grossi
robottoni se fatti in cg. Singer con un tweet spiazza tutti e dice che
non sarà né Puck né presterà la voce ad un personaggio in cg,
cosa che esclude da subito la sentinella/e. Che interpreti in
cattivo, Ahab?
La data di uscita
è fissata sempre per il luglio 2014. Noi ne riparleremo sicuramente,
asteroidi mortali permettendo.
.....come di già? (segue lamentoso peana del nerd
conservatorista-retrogrado)
L'hanno presentata
da poco, arriverà a Natale 2013. sono quasi svenuto. Sì, lo so che è
fuori da un bel po' di tempo la play3, che era una macchina
controversa e difficile da programmare. Ma io ce l'ho dal 2009, il
tempo mi è volato! E sono ancora scarsissimo a giocare online contro
tosti bambini del Belgio...
Ora so che Watch
Dogs lo prenderò per play4, che probabilmente Gta5 lo prenderò per
play4. A conferma del calcio nel culo che la play3 incassa, pare che
i titoli ps3 non saranno giocabili su play4 per retrocompatibilità,
che manco i giochi presi su psn saranno giocabili. Ma che cacchio le
compro a fare ora le versioni hd di titoli del passato? Se mi conosco
un po' temo che farò come nel passaggio dalla ps2 alla ps3: presa la
nuova console non considererò più la vecchia, rimandando a un
futuro imprecisato il recupero dei vecchi games.
Poi vogliamo
mettere tutte le cose che mi hanno fatto girare della ps3 e che mi
ritroverò sulla ps4? Ormai il gioco è tutto online o sviluppato con
una componente del 70% online. Non mi preoccupano i free to play o le
micro-transazioni o i dlc. Mi preoccupa il fatto che certi giochi si
dovranno sempre più fare per forza in compagnia o supportati da
server appositi. Questo si traduce nel fatto che se c'è un gioco a
cui sei affezionato ma che il 90% del pubblico online non si fila,
semplicemente non te lo puoi giocare mai più: non trovi più i
server né trovi più giocatori. Certo lo sanno che di massima
nessuno gioca ai giochi vecchi, a livello statistico, ma se uno lo
volesse fare?
Poi l'online è
sempre pieno di bambini e un misogino come me patisce di brutto
questa circostanza: cioè ho 35 anni e sto giocando a nascondino
(call of duty) con bambini di sei sette anni. Se potessi giocare con
adulti sarebbe meno imbarazzante... oddio... non che ne sia così
matematicamente certo... Speriamo che la Ps4 permetta di vedere l'età
del giocatore effettiva così da evitare i match con i bimbi e magari
poter segnalare ai genitori degli stessi che i loro amati pargoli
stanno usando un prodotto non adatto alla loro età. Perché allo
stato attuale se uno non amasse stare a sparare nelle natiche
digitali di un bambino belga di tipo 7 anni in un Call of Duty
avrebbe poi alternative? Sono milioni e invadono la rete come
ultracorpi... Ma perché i genitori del bambino belga non leggono
sulla confezione che il gioco è v.m.18 e non piazzano un bel calcio
nel culo del pargolo che prova a giocarci... così che quel maledetto
si dedica ai libri di matematica invece che a fraggare un
trentacinquenne sfigato italiano? Non è la mia una filippica pro
scuola no videogame. É unicamente uno sfogo nerd alla: “fuori dal
çççç! Call of Duty è nostro!!! Cioè degli adulti... o
quasi. Tornatevene ad allevare foòò&%i pokemon del ??&&=
o lo dico alla vostra mamma!!!”.Ok, dopo aver espresso con la
necessaria maturità del caso questo concetto, passiamo sereni ad
altro...
La banda larga.
Non so a voi ma a me va veramente a spruzzo: se devo metterci una
notte per scaricare un demo di venti minuti (vedi metal gear rising),
in quante cacchio di ore mi si scaricherà un demo della play4? E il
tempo per gli aggiornamenti obbligatori? Pare che, come accade già
per chi ha il psn plus, ci saranno aggiornamenti automatici che
partono per cacchi loro quando cacchio vogliono. Magari mentre siete
on line e stavate per fraggare un bambino belga che poi ha vinto per
calo di lag. Sarà il futuro, ma io mi sento ancora un primitivo per
i mezzi di cui dispongo. Ricordo ancora che intorno al 2002 ho visto
al cinema con Gianluca Premonition (ne parleremo sul blog, fa parte
di una importante operazione per estendere il j-horror che in Italia
non si è filato quasi nessuno). C'era una scena che ho tutt'oggi
stampata nel cervello. Una cabina telefonica dismessa sulle pendici
di un paesino desolato disabitato da anni. Il protagonista entra in
questo catafalco rugginoso e... il telefono dispone del collegamento
internet!!!!! Roba che in Italia ci sogniamo ancora adesso!! In un
paesino sperduto in cui la gente va in giro in kimono era già la
norma più di dieci anni fa.
Aspetti positivi
delle periferiche. Ai tempi della ps3 è stato uno shock dover
comprare un rooter e un televisore hd (di quelli piccoli come un
francobollo), per lo meno ora sono acquisti che non devo più fare
(certo che un televisore con lo schermo grande quanto un fumetto
della bonelli lo potrei trovare).
Di contro ci sono
tante cosine positive. Play4 sarà una macchina potentissima e, sì
dice, più facile da programmare in quanto progettata sul feedback
dei programmatori, che hanno preferito una architettura più
versatile e duttile, similare al pc e quindi alla xbox. Magari non si
vedesse mai più quello schifo di effetto tearing, che ho odiato dal
primo istante che ho inserito un titolo nel lettore play3 (ma mi
aveva già irritato in god of war per ps2, solo che lì compariva
mezza volta). La play3 per anni è stata la sorella povera tra pc
e xBox, con software house che hanno fatto fatica a rendere sullo
stesso livello titoli ps3 e xbox360 e case che proprio non ci
riuscivano a programmare, vuoi perché non hanno mai capito
seriamente come farlo, vedi Skyrim, vuoi perché era economicamente
più semplice per i piccoli studi produrre un titolo per pc e
downgradare a xbox piuttosto che riscrivere tutto il codice da capo
per la sola ps3, con il risultato che Witcher lo vedremo solo su
ps4. Ci sono state a onor del vero software house che hanno fatto
cose egregie con la ps3, titoli che hanno zittito tutti i detrattori,
ma se si potesse sfatare questo mito della “console difficile da
programmare” sarebbe un bene per tutti.
Il nuovo pad poi
sembra sarà più leggero e conterrà anche i sensori del move. Cosa
di cui non mi sbatte una sega e temo comporti che dovrò appiccicare
telecamerine e cretinate varie alla tv. Ci sarà anche una forte
compatibilità con psvita, cosa di cui mi strastrasbatte una sega e
spero che non comporti l'acquisto della suddetta scatolina (si dice
che psvita può in remoto far girare i giochi della vostra ps4, cosa
che si concretizza fattualmente solo quando mi reco in
bagno... peccato che il bagno per me è territorio di Dylan Dog...).
Certo che stringi
stringi la ps4 starà a fianco alla ps3 nella mia cameretta. La
rottura di palle è anche il cavo hd che già non ho voglia di
spostate da un sistema all'altro. La rottura sono le implementazioni
con il move, con la psvita, con gli smartphone... basta solo che
richiedano standard il televisore 3d hd che un seppur piccolo
biglietto di minaccia ad Osaka lo mando.
Ma perché proprio
adesso? Ora stanno uscendo finalmente giochi programmati da paura,
la vita di ps3 può essere ancora bella lunga! Non si poteva
aspettare un paio di annetti prima del nuovo costoso giocattolo?
Perché so che tanto lo prenderò, sono un dannato fan della sony
dalla ps1 e sto già sbavando sulle nuove foto e filmati di play4,
porca la miseria.
Sì. lo so. Se non
la vuoi nessuno ti obbliga. Sei vecchio dedicati alla pesca sportiva
e non a fraggare bambini che vengono dal belgio. Pensa a chi usa il
pc per giocare, che spende una barca di soldi che neanche ti sogni
per la sola soddisfazione di dire: “Crysis 3 sul mio pc asfalta
Crysis 3 sulle vostre tristi scatolette di giocostazione.” Ma tanto
l'acquisto lo farò, appena il prezzo passerà da insensato a folle.
Arriva la
play4... no, non sono contento cacchio! Magari però esce Last
Guardian...
Nuovo film per il
pirata-filosofo di Matsumoto. L'Arcadia è nella versione con “mega
teschio” stratamarro sulla prua, vista la prima volta nel film
animato “l'Arcadia della mia giovinezza” e reiterata stabilmente
in tutte le opere successive alla prima serie animata. Riposa in pace
Arcadia-a-taglierino.
Da queste poche scene è difficile capire
alcunché, non si vedono ne Yattaran né il dottor Zero, così come
mancano Toshio ed Emeraldas. Insomma, non sappiamo in che opera è
ambientato. Nel dubbio spero che la trama segua l'arco narrativo
della prima serie oppure la miniserie Captain Herlock, probabilmente
il punto più alto della narrativa Harlocchesca anche grazie
all'animazione Mad House (per me Harlock = Rin Taro). Dalla poca
animazione che si intravede è difficile in effetti valutare la bontà
dell'opera. Temo che la Pixar sia comunque piuttosto lontana, così
ad occhio.
Siamo in un
ridente villaggio di Nelwyn, (che sarebbero nani anche in virtù del
fatto di essere interpretati da attori nani, ma qualcuno direbbe che
si comportano come Hobbit dai piedi non pelosi) Willow Ufgood vuole
diventare un grande mago, ma alla fiera del suo paese i suoi giochi
di prestigio devono essere ancora rodati per bene (per me il fatto di
esibirsi senza una assistente gnocca è comunque penalizzante...).
Potrebbe essere scelto per diventare apprendista del vero mago della
zona, ma fallisce il test. Scoraggiato, trova nel bosco una
bambina ”daikini” (che credo significhi “bambina bianca razza
caucasica”) abbandonata e ancora in fasce. Pertanto decide di
riportarla ai “daikini” e inizia così il suo viaggio verso il
primo villaggio disponibile. Però Willow si affeziona alla bambina,
decide per questo di diventare suo protettore. Ancora non lo sa, ma
la piccola potrebbe porre fine al regno di terrore della
strega-regina Bavmolrda. Nel suo viaggio sarà accompagnato da due
folletti, da una maga e da un improbabile ma deciso cavaliere,
Madmartigan.
Inutile, bastano
due note dello score di Willow, opera del grande James Horner (oscar
per Titanic), e ritorno bambino. Una favola fantasy che riscalda il
cuore. Uno dei film più belli della mia infanzia che anche oggi
sembra decisamente in forma. Ron Howard e Lucas insieme, la più
grande comunità di nani mai creata per una sola pellicola, un Val
Kilmer, nel ruolo di Madmartigan, così in forma e simpatico da
sembrare quasi un Kurt Russell o un Jeff Bridges, ma soprattutto la
celebrazione di un piccolo grande attore, Whalley Warwick. Warwick
per via della statura e delle sue indiscusse doti da mimo è uno
degli attori più utilizzati nel cinema. Solo che viene utilizzato
per lo più con abbondanti doti di trucco. É lui l'Ewok Wicket (in
Star Wars VI Ritorno dello Jedi così come nei tremendi l'avventura
degli Ewoks e l'avventura degli Ewoks 2), è lui a impersonare più
goblins in Labyrinth, è lui a essere il folletto cattivo di
Leprechaun in una saga infinita di film, alcuni recentissimi. Cos'è
Leprechaun? Da noi si è visto poco ed è giunto direttamente in home
video, ma è una star horror almeno importante quanto... bambola
assassina? Ecco un trailer per farvi un'idea
Che con il tempo è
diventata una serie così
Checcarino! Oltre
a questo babau in miniatura, Warwick torna in
Star Wars I per interpretare Wald, e in Harry Potter, dove fa il
banchiere fetente fottello e il professor Flitwick. Ma è solo Willow
che lo vede protagonista e senza trucco, consacrandolo sia come
straordinario attore che come una delle più riuscite icone
dell'infanzia. Ma non è il solo piccolo grande attore della
pellicola, c'è anche tra gli altri il mitico Tony Cox, qui buono e
altruista guerriero Nelwyn, ma celebre per le sue parti da piccolo
infame, come in Babbo Bastardo e Io, me e Irene. Un grande cast al
servizio di una storia avvincente e commovente, con inseguimenti a
rotta di collo, ricca di effetti speciali all'epoca innovativi (si
parla di morphing, per le trasformazioni della strega Reziel, cosa
che all'epoca costava miliardi e oggi si riesce a riprodurre con i
programmi giusti anche a livello casalingo, se si ha la dovuta
pazienza e bravura), ricca di creature animatroniche come un
impressionante drago.
Ron Howard, sotto l'ala protettiva di Lucas da
American Graffiti (è stato protagonista anche del semi-sconosciuto
American graffiti 2 di Lucas) si dimostra già nel 1988, ancora
giovane come regista, dotato di un grande talento nel gestire attori
e cast tecnico in opere complesse e ricche a livello visivo. Dispiace
vederlo fermo al 2009 dopo un buon Frost/Nixon e, soprattutto, un
pasticciato Angeli e Demoni, in considerazione di pellicole potenti
come Cuori Ribelli, Apollo 13, Fuoco assassino e Cindarella man.
Per questo 25 di
Willow la Lucas ha optato per un poderoso restauro visivo, da quanto
appare nel trailer sembra che la pellicola oggi sia più sgargiante
che mai.
Uscirà in America
a marzo, da noi si vocifera ad inizio aprile. Personalmente io non
vedo l'ora.
Manfred, Leon Lai, è un bravo poliziotto ma è uomo finito, gira per le strade in cerca
di vendetta e vive in auto come un barbone. Kee, l'attore Richie Ren,
sta facendo carriera nella polizia, ma sta varcando con troppa
scioltezza il confine tra bene e male, perdendo di vista lo scopo
della sua vita. Due personaggi diversi, accomunati dal fatto di
brancolare nel buio della loro anima alla ricerca di una via di
uscita. Il drago di fuoco (così il titolo originale del film) è una
festa tradizionale di Hong Kong, una parata che illumina la notte con
fuochi d'artificio mentre tra le strade viene portato un enorme drago
rosso la cui funzione è sconfiggere le tenebre che si annidano negli
uomini. Tanto Manfred che Kee sono occupati in indagini parallele che
si incroceranno, si ostacoleranno a vicenda. Entrambi avranno a che
fare con il drago, ma solo uno di loro riuscirà a rinascere, l'altro
finirà bruciato dalle sue fiamme. È su questo simbolismo-dualismo
che viene costruito Fire of Coscience, uno dei migliori polizieschi
di Dante Lam, una delle stelle più luminose dell'action asiatico. È
dai tempi d'oro di John Woo che non vedevo sparatorie tanto concitate
e inseguimenti a rotta di collo: il canone è sì Better Tomorrow, ma
c'è tantissimo di Face Off.
Gli attori sono
eccezionali e il comparto tecnico non ha nulla da invidiare a una
grossa produzione action americana. Scenografie metalliche, colonna
sonora sparata a mille, un sacco di esplosioni. Il ritmo è serrato, i
colpi di scena si susseguono in una costruzione narrativa priva di
pecche, inseguimenti e sparatorie sempre chiare e ottimamente
coreografate.
I film di Lam sono
spesso dei puzzle ultraveloci dove è facile perdersi, come tra le
trafficate strade di Hong Kong. Un momento di distrazione e si è travolti da una azione incessante e da esplosioni cadenzate che fanno
tremare il vostro impianto. Per fortuna è in home video e si può
tornare indietro alla bisogna, constatando che tutto è logico e
messo al suo posto, è solo il nostro occhio-cervello che non è
abituato a una simile scansione narrativa (o almeno, questo è un
problema che ho io). Rispetto a Beast Stalker (di cui presto
parleremo) abbiamo una semplificazione nella scrittura, meno
situazioni da analizzare, non ci perdiamo in mille dettagli e
sotto-trame, ma la visione necessita in ogni modo di un discreto grado
di attenzione per apprezzarne la cura realizzativa.
Fire of Coscience
non è forse dotato della forza evocativa di Beast Stalker ma stiamo
comunque parlando di un ottimo film che si confronta con un
capolavoro. Consigliato a tutti, soprattutto nell'ottima versione Blu
Ray curata da Ticker Film per la collana Far East.
Il mondo è invaso
dai giganti, creature semi immortali e antropofaghe. Gli uomini per
sopravvivere hanno eretto alte mura intorno alle città, evitano di
uscire all'esterno e stanno tutto il giorno a chiappe strette
sperando che i mostri non arrivino. Entrare nell'esercito è quindi
l'unica occasione per vedere quello che c'è al di là delle mura: il
mondo intero. Ma arruolarsi significa avere a che fare con i giganti
e nella maggior parte dei casi morire in modo orrendo. Chiusi come
animali in gabbia, gli uomini sono riusciti a innalzare anche una
barriera psicologica tra loro e i giganti, con molte difficoltà e
dopo molto tempo si inizia a pensare di essere al sicuro, che i
militari siano solo dei pazzi che vogliono morire. Poi arriva un
gigante. Un gigante grande come una montagna. Abbatte l'alto muro che
protegge il villaggio del protagonista, Eren. La sua vita è finita,
le persone che conosceva sono smembrate e divorate dai giganti. Eren
diventa un soldato e giura vendetta. Ma nella sua prima grande
missione finirà tra le fauci di un mostro. Ma non morirà. Uscirà
invece dal ventre della creatura. Rinascerà come un gigante..
Primordiale.
Questo è l'aggettivo che più si appropria a questo manga. L'autore
crea un universo narrativo con solide basi, semplici e terrorizzanti,
illustrato con un tratto grezzo, brutale e primitivo, ottimo per
disegnare la paura in un modo vivido tale da non far chiudere occhio
ai lettori. I giganti fanno letteralmente paura, sono inquietanti
quanto non mai. Gli umani che li affrontano sono spesso prede, corpi
brutalizzati e divelti, ma mai così vividi, reali. É facile
empatizzare con loro, calarsi nel loro mondo disperato. Più si
legge, più si nota come il disegno si affini, migliori ma grazie al
cielo non perda mai quell'impronta tragica ed estrema, che tanto
ricorda per impatto l'Urlo di Munch.
Il modo in cui
avviene il combattimento tra umani e giganti è pazzesco e vale il
prezzo del biglietto da solo. Sulle alte mura si procede al
cannoneggiamento da postazioni fisse, ma in città i soldati volano
letteralmente tra un edificio e un altro sparando con pistole a gas dei ganci
allacciati con delle funi . É più chiaro
a vedersi che a spiegarlo: diciamo solo che ricorda, in bene, il modo
in cui usa le ragnatele Spiderman. Giunti in prossimità del gigante,
i soldati lo affrontano con delle spade-taglierini giganti puntando
al collo, unico punto delle creature che una volta colpito non si
rigeneri. Inutile dire che tale strategia finisca quasi sempre male,
con soldatini afferrati dalle mani del mostro per poi essere spremuti
come un tubetto di Ketchup. Ma la rappresentazione scenica di tale
scontro è semplicemente favolosa, puro titanismo visivo.
Al di là del
pregiato-peculiare aspetto visivo, una volta calati nel mondo
narrativo se ne vuole ancora e ancora, non è possibile distaccarsi,
grazie a espedienti narrativi davvero d'impatto, frutto di una
spiccata originalità, merce sempre più rara nel panorama odierno. I
personaggi sono autentici e sfaccettati e così bene gestiti che è
possibile affezionarsi a loro. Quello che ho più apprezzato è però
lo studio di una società che, seppur semplificata, appare piuttosto
credibile dal punto di vista gerarchico e funzionale, segno di uno
studio non banale di natura para-antropologica. Davvero una chicca.
Peccato per una
edizione italiana che sceglie una impaginatura tanto scomoda, con
pagine troppo incollate e che si deformano al semplice atto di
girarle. Spero ardentemente che siano difetti superati ad una seconda
edizione, anche perché allo stato attuale tale impaginazione non
riesco davvero a comprenderla, laddove la stessa casa editrice ha
fatto molto di meglio proponendolo allo stesso prezzo di copertina.
Un autentico mistero.
L'attacco dei
Giganti non è quindi un caso che sia diventato uno dei fumetti più
popolari in giappone, al punto che è oggi in produzione dalla
Production I.G. una bella serie animata
Ecco qualcosa che
mi piacerebbe davvero vedere in italiano... magari sotto etichetta
Dynit o Yamato...
Non solo, è in
produzione anche un film con attori dal vivo! Chissà che non ne esca
anche un remake a stelle e strisce... (sì, lo so che c'è già il
Cacciatore di Giganti, ma volete mettere guardare sul grande schermo
un esercito che cerca di abbattere un gigante con l'attacco
tridimensionale “alla Spideman?”... goduria...)
(Corollario a Gundam Unicorn vol.3
) Ok nuovi pupazzi!
Carissimissimi collezionisti, rieccoci all'angolo tanto
amatissimissimo e danarosissimissimo. Terzo episodio di Gundam UC, un
po' di retrovie prima dell'orgia del volume 4 e dei pezzi ultra cool
del volume 5. Andiamo con la top 3, che diventa una top 2 in quanto
un paio di modellini che sarebbe stato bello includere non sono
ancora stati realizzati. Ci rifaremo con una top 5 per il prossimo
episodio!
Secondo posto:
MS-S1C DRA – C delle maniche: in bel mobile suit spaziale, con una
forma del tutto originare rispetto al solito, che lo rende molto più
simile a una astronave che a un mobile suit. Lo abbiamo visto in
0083 ma qui è nella versione “maniche” e in una bella colorazione
viola-porta-sfiga. Ma potete colorarlo come vi pare. È un ibrido, le
gambe e i propulsori sono infatti derivativi di qualche astronave
spaziale. L'armamento è come sempre pesantissimo. Lo trovate in HG.
Primo posto: MSN
-001A1 Delta Plus (disponibile in HG) in dotazione alle Londo Bell, di
cui si è impossessato Riddhe Marcenas. Lo vediamo poco qui,
lo vedremo molto di più nel 4 e 5. In versione Master Grade avrete
anche i pupazzetti di Riddhe e Mineva! Potete forse resistere? Un
look tra lo Zeta e lo Hyaku Shiki, due mobile suit pilotati da piloti
distanti tra loro come il sole dalla luna (Camille e
Quattro-Char), ideale per essere l'avatar metallico di un personaggio
tormentato come Riddhe, che ancora non si è capito che gioco voglia
giocare. Il modellino è bellissimo, ha forme meno solenni dello
Zeta ma più essenziali rispetto al Hyaku Shiki. È pure lui un
trasformabile in caccia. Davvero fico. Da prendere in MG quindi, ma
esiste pure in HG.
Torna dopo troppo
tempo di silenzio il mitico Rob Zombie, astro nascente nella
cinematografia horror moderna, dopo il controverso successo del suo
secondo adattamento di Halloween: ha incassato meno del previsto, ha
diviso i fan, a me è piaciuto un casino. Il cartoon su Superbeasto
da noi di conseguenza non è manco uscito (certo che sarebbe stato
davvero difficile farlo uscire).
Un disco
misterioso viene fatto ascoltare a un'emittente locale per proporne
la messa in onda. Gli autori sono i misteriosi Lords. Ma appena viene
messo sul piatto, il disco suona satanicamente alla rovescia e alla dj
(Sheri Moon Zombie, moglie e musa di Rob Zombie) succede qualcosa di
strano. Al secondo ascolto il disco suona regolarmente, è
dannatamente buono e presto diventa una hit. Per ringraziali della
pubblicità, il gruppo invita i dj della radio a Salem. Ma non sarà proprio un concerto. Rob Zombie doveva, con il nome alle porte e con la
sua carriere di musicista alle spalle, prima o poi affrontare il tema
del rock satanico. Le streghe di Salem è l'occasione giusta.
L'uscita è ancora ballerina, avremo modo di riparlarne in seguito.
L'annuncio è
fresco fresco. Una delle più fortumate serie del 2012 verrà editata
in Italia da Dynit.
In un futuro
prossimo venturo viene smerciata la forma di intrattenimento
definitiva. Un videogioco online, un role play fantasy modello
Signore degli Anelli di tipo mmo (giochi che permettono la
connessione allo stesso titolo di millemila utenti, creando un vero
mondo virtuale di guerrieri contro mostri virtuali... sì, world of
warcraft o ultima on-line, per capirci), che per essere giocato
necessita che l'utente si addormenti con un casco-consolle in testa
di nome NerveGaer che trasmette direttamente al cervello il
“gameplay”. Niente pad e tv 3d, basta “addormentarsi” con
l'apparecchiatura e come in sogno si sarà proiettati in un mondo
fantasy. La più immersiva esperienza di gioco di sempre. Per fornire
maggiore realismo al tutto, il mondo fantasy ha forti connotazioni
realistiche e si basa sull'abilità nel maneggiare armi da taglio,
niente magie salvo la possibilità di evocare piccole creature. Il
creatore del gioco è un genio, tutto è ultra realistico e permette
davvero di far sentire le persone parte di un mondo alternativo.
Bello sì.
Kirito è un beta tester del game, entusiasta e fiero di
fare parte del progetto, pertanto non appena la versione definitiva
viene distribuita nei negozi se la accaparra e ci gioca felice,
facendo subito conoscenza con un nuovo amico, a cui insegna i primi
rudimenti di gioco. I due si salutano, ma il nuovo amico non riesce a
sconnettersi, nei suoi comandi virtuali sembra scomparsa l'icona
della disconnessione. Pochi minuti dopo le campane di un borgo
digitale radunano tutti i giocatori in piazza. Il creatore del gioco,
come Sir Richard Garrot in Ultima, fa un'apparizione per salutare i
giocatori. Ma qualcosa non va. L'ideatore fa scomparire gli avatar
dei giocatori, che da quel momento appaiono così come realmente sono
nella vita reale: non cavalieri medioevali aitanti, ma brutti e tozzi
nerd. L'ideatore dice che d'ora in poi non sarà possibile uscire
dal gioco, se non portandolo a termine, e che chi morirà nel gioco
morirà anche nel mondo reale. Morte assicurata anche se qualcuno
accidentalmente staccherà i corpi dal sistema Nervegear.
Nota: sì,
una cosa simile capita nel videogioco per ps2 .Hack, non è per me un
caso che il protagonista di SAO si chiami Kirito, mentre quello di
.Hack si chiami Kite. Per salvarsi bisogna quindi finire il gioco
senza mai morire. In un attimo 10.000 giocatori sono imprigionati in
questa realtà virtuale mentre i loro corpi reali cadono in stato
comatoso. Ma uscire non sarà facile, per diventare abbastanza forti
da battere i 100 livelli di giochi occorreranno non giorni ma... anni.
Se si può immaginare che i prigionieri virtuali passino i primi
tempi ad affettare mostri a profusione, sperando di poter così
tornare in possesso della loro vita reale, altrettanto plausibile che
dopo un po' subentri la frustrazione, che qualcuno decida di
suicidarsi, che qualcuno si rassegni a vivere in quella
prigione-paradiso virtuale. È questo l'aspetto originale e
accattivante di SAO, il modo in cui i giocatori cerchino di farsi una
vita all'interno di un mondo finto, consapevoli del fatto di avere
poche alternative o vie d'uscita. Alle meccaniche tradizionali di
vita si intrecciano le peculiarità del gioco on-line: il mondo
fantasy di gioco impone di andare a cacciare per sfamarsi, vendere e
commerciare armi, creare dei gruppi di avventurieri, difendersi
oltre che dalle belve dagli altri giocatori che, per sopravvivere ma
anche per propria indole, si dedicano a uccisioni e brigantaggio. Al
di là dei cieli digitali, l'uomo è pur sempre la creatura bassa di
sempre. Ma per alcune persone rappresenta anche la possibilità di
vivere una nuova vita da zero, magari migliore di quella reale.
Oggi uccidi due
draghi, aumenti lo skill e hai pronto il pranzo, magari ti trovi una
compagna per la vita, una casetta virtuale in riva al lago, fai su
una cucciolata.. Una materia magmatica e stimolante, che si presta a
più trip mentali. Se l'unica differenza tra gioco e vita è che
nella vita si muore una volta sola allora, rotta questa condizione,
che differenza c'è tra il mondo reale e il virtuale? È vivere anche
il solo fatto di essere connessi, magari mentre nel mondo reale si è
attaccati ad una flebo e si porta un pannolone? Ma siamo più audaci,
capovolgiamo la prospettiva. Se una persona è in coma, la virtualità
(pur ancora così fantascientifica) del casco NerveGaer gli
permetterebbe di avere nuovamente una vita, di potersi mettere in
relazione con altre persone, magari anche di lavorare, laddove lo
scenario virtuale non fosse un videogioco fantasy ma una replica del
reale? Sì, ragionamenti da fusi di testa, per eccesso, ma attuali,
specchio di questi tempi, della tecnologizzazione-cannibalizzazione
della nostra vita, sempre più attaccata a un cavo di rete anche in
ragione della schifosità dei tempi che corrono. Altra suggestione.
Perché si passa sempre più tempo interfacciandosi solo con il
virtuale, il ludico-superficiale della raccolta di pomodori nei
giochini di facebook, a discapito delle relazioni
autentiche-del-reale, anche quando si potrebbe comunque avere tempo
per queste ultime? Certo, on-line si può parlare con persone che
stanno molto lontane da noi, è bello e appagante, ma si arriva
sempre più all'assurdo oggi, quando si perde una sera a chattare con
un amico che abita a due isolati da te, quando sarebbe pure fattibile
fare lo stesso faccia a faccia, insieme a una birra, oppure
organizzare una patita di calcetto anziché una sessione di call of
duty... Uomo e tecnologia, tecno-alienazioni. Tematiche che ha a
cuore l'autore della light novel di Sword Art Online, Reki Kawahara e
che lo stesso già affronta in Accel World, da cui Sunrise ha tratto
un anime graficamente eccelso, anche se dalla trama un po' facile che
di sicuro in Italia, tradotto, vedrei bene... magari in abbinamento a
questo SA0 nella stessa serata di rai 4 (io la butto lì... sono un
impunito...). In Accel World essere connessi a un gioco diventa più
importante che vivere il reale, in quanto permette di valicare i
limiti della misera condizione umana di un protagonista bruttino e
sgraziato, circondato da belle donne ma forse solo in virtù,
amaramente, delle sue potenzialità ludiche. Vivere smaterializzati,
come un agglomerato informe di files, condizione non troppo lontana da uno degli scenari classici (e più estremi) di Transmetropolitan di
Ellis, i foglet umani, tanto per dire come il tema ricorra
ciclicamente e non conosca bandiera nella fantascienza moderna.
Un po' fantasy, un
po' commedia, un po' sentimentale, un po' drammatico, un
po' fantascientifico. Sword Art Online nasce come opera articolata
anche in virtù dello strumento primigeno di divulgazione, la light
novel. Autentici cocktail narrativi che permettono di essere letti a
più livelli. In sostanza, dei cavolo di romanzi con disegni e
ventimila note di approfondimento in cui spesso le storie sono
narrate in modo non lineare e letteralmente possono “mutare di
genere” da un momento all'altro. Quasi delle scatole cinesi. Un
genere che non esiste da noi, ma che per l'animazione jappo è da
sempre un'ottima fonte. Al punto che a volte vengono trasposti
specifici archi narrativi di un'opera sbattendosene di narrare, per
esempio, i primi capitoli. Da light novel sono arrivati anime
curiosissimi come la malinconia di Harumi Suzumiya (commedia,
fantascienza, sentimentale) e Boogiepop Phanthom (dramma,
fantascienza, horror) (entrambe in dvd by Dynit), roba così strana e
borderline, nonostante di grandissima fama e successo in Giappone,
che si fa davvero fatica a stringere in un genere narrativo. Nello
specifico, dovendo sceglie per SAO un genere predominante, mi sento
di legarlo al genere sentimentale-drammatico, con le altre componenti
tutte equidistanti in secondo piano. Sword Art Online è una light
novel, di circa 12 volumi per ora, che ha contagiato un po' tutti i
media nel 2012. Vanta per trasposizioni qualcosa come tre manga, ha
all'attivo un videogame per psp (solo in giappolandia reperibile
ovviamente). Quest'anime che oggi propone Dynit costituisce quindi
solo una parte dell'opera, pertanto (anche in ragione del successo
riscosso in Giappone nel recente) un sequel è probabile.
Ma così espresso
tutto il potenziale narrativo, com'è stringi stringi questo anime?
La realizzazione è affidata a A-1 pictures, studio legato alla Sony
Music Entertainment Japan. L'impostazione dell'opera ricorda
direttamente i classici giochi di ruolo giapponesi (non Final
Fantasy, ho più in mente Disgaea), pertanto viene scelto un
approccio piuttosto minimale – convenzionale. La caratterizzazione
dei personaggi è carina e a tratti pucciosa, idonea a conferire
all'anime un'atmosfera rilassante, ottima a supportare le scene più
espressamente comiche, anche se qua e là si avverte la sensazione di
già visto. Le musiche sono orecchiabili e il mondo narrativo appare
colorato e vivace. L'animazione segue la rotta minimalista, ma
tuttavia è buoni guizzi e permette di empatizzare con i characters.
Lo scenario è purtroppo spesso drammaticamente statico e vuoto,
effetto di uno sforzo produttivo contenuto, i mostri sono molto sui
generis e spesso paiono colorati da un daltonico, la computer grafica
interviene, ma non sempre lo fa in modo efficace. Ciò non toglie la
gradevolezza generale dell'insieme, la carineria dei fondali, la
gioiosa tavolozza dei colori impegnata, ma la sensazione è di
trovarsi di fronte ad un'opera non al passo con i tempi. Ma chissene.
Il punto forte di SAO è la trama e le suggestioni che la stessa
suscita, come sopra accennato. È per la trama che SAO è un anime
interessante, coinvolgente e decisamente da seguire, nonché il
motivo per cui ha ricevuto tanta fama il Giappone. È piuttosto
facile immedesimarsi nei personaggi, affezionarsi alle loro piccole
vite e patire la loro triste condizione. Ecco uno dei casi in cui si
può dire: “se c'è la storia, c'è tutto”. Tuttavia c'è da fare
una ulteriore doverosa precisazione. L'anime è diviso in due archi
narrativi. Il primo arco è stato accolto, più o meno da tutti i
fan, come una delle massime espressioni della narrativa
fantasy-fantascientifica-sentimental-action-drammatica-equelchevepare.
Il secondo arco ha completamente spaccato in tre i fan: quelli a cui
ad ogni modo piace, quelli a cui non piace ma sopportano e quelli che
lo detestano a tal punto da fargli schifare anche la prima parte
dell'anime. Questa discussione vorrei però affrontarla con voi nel
modo solito con cui abbiamo scelto di parlare di ogni cosa su questo
blog: se ne parla nei dettagli solo quando l'opera è reperibile
(film al cinema, home video, scritto, game ecc.) in lingua italiana.
Su richiesta di un amico faccio uno strappo alla regola, pertanto il
prossimo paragrafo è di Spoiler e leggibile solo da chi lo voglia
consapevolmente cliccandoci sopra.
Inizio spoiler: arrivato al capitolo 15 ero abbastanza soddisfatto di
quanto avevo visto, salvo un paio di capitoli sul “parlare con i
morti”, piuttosto pallosi, e in parte la storia della
ragazzina-programma, smielata all'eccesso. Non che io sia un
“insensibile”, la puntata natalizia mi ha sinceramente commosso,
ma quando è troppo è troppo! Puntata 16-17-18 cambio di prospettiva
un po' traumatico. Nuovi personaggi interessanti, si fa largo una
sensuale pulsione verso il proibito, i giocatori ritornano a
rivestirsi di avatar, nascondeno la loro identità e permettendo di
identificare il gioco come sogno-pulsione (non è solo il volare, è
anche il nascondere il reale). Il fatto che ora si possa entrare e
uscire dal gioco, ma che di fatto si preferisca starci, sottolinea il
persistente desiderio di fuga dalla realtà, nonostante i pericoli
che questa fuga comporta, pericoli evidenti alla luce dei fatti più
recenti. Trasgredire, mettere in pausa la realtà per nascondersi in
un gioco, questa la nuova chiave di lettura. I giocatori sono
giocoforza più viscidi, giocano quando vogliono spadroneggiando i
forti ai danni dei deboli, non esiste più nemmeno uno scopo, come la
prima parte dell'anime, non esiste solidarietà, giocare è volere
scientemente partecipare ad una comunità di stronzi vestiti da
fatine. Ma giocare con gli specchi, osare ciò che non si potrebbe
nel reale, è stimolo per pagare il biglietto. L'erotismo che deriva
può in effetti shoccare alcuni spettatori della prima ora, ma il
fattoi si possa diventare integralisti dopo aver visto 15 puntate di
un anime mi pare ad ogni modo un eccesso. Questa seconda parte è
speculare alla prima, evidenzia i difetti del mondo virtuale da una
prospettiva che la prima parte non poteva raggiungere. L'animazione è
sempre elevatissima e trova nuovi stimoli nel contrapporre il
plastico mondo degli avatar di gioco in contrapposizione con i volti
scavati dei personaggi reali. Interessante quindi, ma spiazzante, più
cinico e forse per alcuni spettatori “più vuoto”. Posso capire
che a molti non sia piaciuta questa parte, ammetto che ha
destabilizzato anche me, ma nel contempo mi sembra che con 15 episodi
la prima parte aveva di fatto, per come era stata progettata,
esaurito gli stimoli. Avrei gradito vedere magari qualcuno che
dall'esterno cercava di entrare nel mondo prigione, magari le
autorità che torchiavano il programmatore pazzo, ma l'opera non ha
mai nutrito interesse per questi temi (almeno finora), ha sempre
preferito dedicarsi solo al mondo virtuale di gioco e quindi con il
15 era fisiologicamente conclusa. Il secondo arco porta stimoli
diversi e pertanto l'ho apprezzato, pur non urlando al capolavoro.
Fine Spoiler
SAO rappresenta
quindi, pur nei limiti, un'opera in grado di far parlare di sé, in
grado di suscitare anche vivaci dibattiti, di certo non un prodotto
anonimo. Trovo bello che Dynit abbia scelto di portarla sui nostri
lidi e aspetto con interesse una messa in onda televisiva e una bella
raccolta in blu ray.
Eddie Cadavir è un giovane scrittore italiano; al momento è disponibile su Amazon il suo primo lavoro, anche se tra non molto la sua ultima fatica letteraria dovrebbe vedere la luce.
"Da qualche parte tra alba e tramonto" raccoglie sei racconti di lunghezza variabile, mai scontati nello svolgimento e soprattutto nel finale. Stabilire un genere preciso non è facile; al momento penso sia collocabile sullo "scaffale" della fantascienza. Ma sarebbe come collocare King nell'horror solo sulla base dei suoi racconti, eterogenei e mai stereotipati a differenza di alcuni romanzi). Cadavir è una ventata di freschezza in un panorama letterario asfittico e con poche idee originali, specialmente in Italia e nel campo fantastico, dominato da saghe vampiresche e thriller senza nerbo. I racconti scivolano via velocemente e coinvolgono fino all'ultima riga, sapendo sorprendere il lettore con finali sempre diversi. Lo stile di scrittura non è mai affetto dalla megalomania sintattica che affligge molti scrittori, che sembra vogliano solo mostrare quante parole rare conoscono o quanti brocardi latini riescono a ficcare in un capitolo del loro libro.
Leggendo i racconti mi sono sentito trascinare con forza in scenari apocallittici, che mi hanno ricordato atmosfere ora alla "Fallout", ora alla "Ultima Odissea" (un gran film datato 1971, se non l'avete visto recuperatelo!), lasciandomi, nonostante un velo di malinconia che avvolge tutta l'opera, pienamente soddisfatto.
Fortemente consigliato, anche perchè lo potete trovare su Amazon, seppur solo in formato Kindle, a soli 99 centesimi. Pochi soldi davvero ben spesi. Vai così Eddie!
Poteva Cappuccetto
Rosso essere esente dal nuovo restyle emo-gotyhic che si sta
abbattendo su tutte le favole e miti horror? Ma certo che no,
soprattutto quando a dirigere abbiamo dietro la macchina da presa la
stessa regista, Catherine Hardwicke, responsabile di aver portato
sullo schermo il primo Twilight! Mancherà un triangolo amoroso?
Mancherà una colonna sonora appropriata a essere utilizzata come
ballo lento in tutte le feste delle medie che si
rispettino?Mancheranno effetti speciali abbastanza finti da non
recare alcuno spavento alle teenager, target di riferimento del
prodotto? Andiamo a dare un occhio a questa pellicola che, devo dirvi
la verità, ho piuttosto snobbato all'uscita nelle sale e solo ora mi
sono deciso a recuperare. Dopo la visione, ve lo dico subito, ammetto
di essere rimasto piacevolmente sorpreso.
Forse qualcuno non
lo sa, ma esistono di fatto diverse versioni di Cappuccetto Rosso.
Non sempre arriva il cacciatore. A volte il lupo può anche vincere.
Questo perché è un racconto che nasce oralmente, che qualcuno come
i Grimm poi metterà per iscritto, la cui finalità era sempre e
comunque spaventare a morte i bambini, per redarguirli sullo “stare
attenti agli sconosciuti” e “non restare fermi e immobili come dei
babbi quando quella che dovrebbe essere la nonna parla come
un'indemoniata... cercate, prima di chiamare il medico, un possibile
testamento... magari”. Per accentuare la lezione morale era pure d'uopo
per i genitori-narratori magari modulare la voce, riprodurre il
ringhio-parlato del lupo cattivo in modo da poter raggelare anche
Freddy Krueger. Il fatto che arrivi il cacciatore permette di
utilizzare il racconto come favola per la buona notte... poiché il
cacciatore tira fuori la nonna dalla pancia del lupo, ne ricuce la
carne smembrata e con rito voodoo la fa risorgere come un demone che
cammina (beh, immagino abbia fatto così, non si può aprire la
pancia di un lupo come fosse una porta e tirare fuori la vittima
integra... il voodoo deve c'entrare in qualche modo)... e tutti
vissero felici e contenti. Tuttavia gli estimatori delle favole si
sono divisi su quale sia il finale più autentico: vince il lupo o
Cappuccetto rosso? Questo fino a che i Giapponesi hanno trovato un
modo scientifico per dirimere per sempre tale conflitto ideologico...
Sako vs
Takahashi, un classico! Ok, fine del cazzeggio! Direi di passare
direttamente a questa pellicola, pertanto ecco il trailer del nostro
film...
Un paesino tra i
boschi è costantemente minacciato da un terribile mostro, un lupo
gigante. La cosa va avanti da anni e per placare la creatura, che ama
cibarsi di esseri umani, i villici nei giorni di luna piena si
barricano in casa lasciando un animale come vittima sacrificale.
Tutto va bene, sono oltre vent'anni che il lupo non uccide nessuno,
ma qualcosa sta per cambiare. Valerie, interpretata dalla brava e
bellissima Amanda Seyfried, che un giorno riceve in dono dalla nonna
un mantello con cappuccio rosso, perde la sorella per la fame del
mostro. Ma pronti a vendicare la sua perdita ci sono già il suo
spasimante di sempre, il tagliaboschi Peter, interpretato da Shiloh
Fernandez che rivedremo presto nel remake de La Casa, e il fabbro
nonché promesso sposo Henry, Max Irons. I due decideranno, insieme a
tutto il villaggio, di attaccare frontalmente il lupo direttamente
nella sua tana, facendo tesoro di quello che sanno per combatterlo al
meglio: a) il lupo si muove di notte, di giorno è inerme e
addormentato; b) il lupo non sopporta l'argento, bisogna attaccarlo
con armi d'argento. Il parroco decide di chiamare uno specialista, un
nobile pazzo che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta con i lupi
mannari, ma il villaggio sceglie di agire prima dell'arrivo di
quest'ultimo al grido di “l'unione fa la forza”. Pertanto
decidono di attaccare di notte, ubriachi, utilizzando bastoni di
legno. Con un così ben studiato attacco ci scappa ovviamente il
morto, ma provvidenzialmente passava di lì un cane-lupo cucciolo, che
viene ovviamente scambiato per una bestia alta tre metri.
I villici
uccidono il lupetto e festanti tornano a ubriacarsi. Arriva il
cacciatore-vescovo-inquisitore-nobile decaduto, interpretato da un
Gary Oldman ultra folle e invasato (quando fa queste parti lo adoro
alla follia e anche il questo film è ai massimi livelli), si porta
dietro tizi in armatura pesante provenienti dall'Africa, una truppa
di ninja e un assurdo elefante meccanico che funge da padella per la
cottura degli eretici. Svela ai villici che il cagnetto non poteva
essere il mostro, poiché il mostro da morto si trasforma... in uomo.
Di più, con un solo morso la creatura può trasformare altri uomini
in lupo e la lotta diventa per questo un discreto delirio, quindi Oldman si porta dietro colossi d'ebano e ninja nel mezzo del
medioevo (ma dove caccio li avrà trovati? Mistero). I villici se ne
ri-sbattono e organizzano una festa, proprio con la luna piena, e
siccome siamo in una favola goth-emo si balla sulle note di un gruppo
goth-emo e va di lentazzo e lingua. Valerie, distrutta dal lutto,
cerca intanto nuovi ed esotici posti dove limonare con il boscaiolo,
non disdegnando però nemmeno le attenzioni del fabbro. Ovviamente il
lupo attacca, ma quando sta per attaccare Valery succede qualcosa di
inaspettato. La storia è interessante, abbastanza leggerina, ma non
priva di fascino. L'interpretazione del terzetto di attori “giovini” è
credibile e interessante, con meno forzature di quanto mi aspettassi,
ma lo spettacolo è Gary Oldman, che mixa nel suo cacciatore il
cattivo di Leon e il suo celeberrimo Dracula imponendosi con forza
ogni volta che è in scena. Le scene d'azione sono molto movimentate
e di gran divertimento, tuttavia il target è prettamente femminile,
un po' di smielature ci sono e il finale è decisamente una cosa “da
donne”.
La cosa che ho meno digerito è però il lupo. Il lupo
doveva essere più spaventoso, doveva essere qualcosa da gelare il
sangue, doveva essere almeno degno della creatura di Rick Baker per "Un lupo mannaro americano a Londra", se non dai tratti affilati come "In compagnia dei lupi", almeno vicino alle cavalcature degli Urukai,
mi bastava una reinterpretazione di "Van Helsing" o anche un nude-look
alla "Underworld". Niente da fare. Il lupo di Cappuccetto Rosso Sangue
è comunque un essere cazzuto che strappa arti a destra e manca, non
è bruttissimo ma appare spesso pupazzoso, artefatto, innocuo. La
cosa mi fa incazzare soprattutto perché la considero una netta
scelta di produzione, come accennavo a inizio post. Ma questo è. Non
siamo davanti a un horror, come non lo eravamo con Twilight, ma
Cappuccetto Rosso Sangue ha ad ogni modo la cupezza, la scrittura, i
paesaggi giusti da farsi apprezzare anche da chi ama gli horror, con
giusto il rammarico dello spreco, del potenziale non sfruttato. La
regia fa un buon lavoro, il ritmo narrativo è interessante. Di
sicuro un bel film da recuperare, ma non sperate di
spaventarvi...
Non conoscete Dead
Space, amate i videogiochi e siete amanti della fantascienza horror
alla Alien? Male... ma si può sempre recuperare, i capitoli 1 e 2 si
trovano intorno ai 19,00 euro l'uno! Vi metto qui sotto un trailer
del primo giusto per ingolosirvi...
Certo, se non
avete ancora Dead Space 1 e 2 il resto non leggetelo né guardatelo
nemmeno per sbaglio, pena una revolverata con una
sparachiodi... questa battuta la capirete poi... non farà un gran
ridere nemmeno dopo comunque...
Se volete invece
partire da qui e poi recuperare gli altri due, continuate pure e
leggere, la trama è sì importante, ma è il gioco in sé ad essere
fantastico, quindi seguite pure l'ordine di fruizione che preferite.
Questo è invece
il trailer sulla storia Dead Stace 3, ufficiale e da non guardare per
evitarsi SPOILER sui primi due Dead Space o avere anticipazioni di
sorta
Ora invece ecco i
primi minuti ufficiali e commentati, anche qui se volete non sapere
nulla, è SPOILER su ecc.ecc.ecc.. (..sì, l'ho già detto fino alla
nausea..)
Bene! La demo è
un balenottero di quasi due giga per una ventina di minuti belli
abbondanti. Il gioco può essere giocato in singolo ma anche on-line
con un altro giocatore. Non l'ho provata, non so dirvi. Non ne
sentivo il bisogno, del resto non mi sono mai spinto a giocare la
modalità multiplayer di Dead Space 2, più che altro perché ritengo
i movimenti del personaggio troppo “ingessati” per un contesto
action. Ma se avete un amico con cui giocare on-line potrebbe essere
anche divertente, magari sopperendo a possibili lacune narrative (il 2
sotto questo aspetto, salvo sul finale, mi ha detto pochino pochino).
Ho letto casini sul fatto che ci siano micro-transazioni per avere dei
componenti per creare delle armi. Mi pare che armi a pagamento ce ne
fossero anche in Dead Space 1 e 2, così come armature a pagamento.
La cosa bella era che si poteva tranquillamente ignorarle e finire il
gioco sereni senza di loro. Speriamo che tale impostazione continui:
se dovessi trovarmi davanti ad una porta che si può aprire solo con
una pistola da 30 euro mi girerebbero un po' gli zebedei. Comandi alla
mano, è sempre Dead Space. Non venitemi a dire che a livello normale
è difficile (anche God of War non è difficile... ma perché c'è
gente che dice che Dead Space e God of War sono difficili? Ma hanno
mai provato Demon's Souls o Ninja Gaiden Sigma?), sembra di usare un
carro armato per uccidere dei bacarozzi. Il personaggio è armato
pesantemente e i nemici sono belli schifosi e tentacolosi. Colpire
sempre le protuberanze atte alla mobilità e schiacciare sereni.
Carucci gli zomboidi animati “a ragno”! L'atmosfera è quella
giusta, ci si sente subito a casa. Forse pure troppo, però! Non che
fossero per me necessari grossi cambiamenti ma, neve a parte, mi
sembra sempre lo stesso piacevolissimo gioco. Graficamente è
bellissimo, ma tutti i Dead Space sono bellissimi. Una cosa che dovrei
appurare... ma anche in Dead Space 1 e 2 si può tenere in inventario
solo 2 armi con il resto da stipare in cassoni alla Resident Evil
1, 2, 3? A me sembrava di no. Tuttavia ci sono nella demo così tante
di queste casse che fosse così per tutto il gioco non sarebbe
davvero un problema.
In uscita il 7
marzo. Copia preordinata. Lo giocherò all'istante se possibile.
Speriamo la trama sia un po' meno monocorde del due...
Ci siamo, ennesimo aggiornamento. Dopo la conferma di Abrams dietro la macchina da presa, già di per sé una notiziona per tutti i fan, arriva un altro rumors di quelli che fanno tremare i vetri delle case. Pare proprio che Harrison Ford abbia firmato per apparire, nei panni del mitico Han Solo, nel settimo episodio della saga, in programmazione per il 2015. Fosse vero, si aspetterebbero a breve anche le conferme di Mark Hamill e di Carrie Fischer, in quanto avrebbe poco senso la presenza del contrabbandiere senza quella degli altri due protagonisti della trilogia originale...a meno che non si tratti di un semplice cameo.
Altra notizia è quella, ormai nota, della possibilità di vedere lungometraggi dedicati a singoli personaggi della saga: si vocifera di un giovane Han Solo, del rivalutato Boba Fett e addirittura del maestro dei maestri Yoda...mi chiedo come si possa sopportare la sua parlata per due ore e mezza...
Un dubbio sorge spontaneo: va bene sfruttare un brand potenzialmente milionario, ma non c'è il rischio di saturazione? Gianluca
Un nuovo film horror di quelli da tremare le gambe
Uno scrittore di successo è a caccia di materiale per il prossimo libro e la sua attenzione ricade su un fatto di cronaca del passato piuttosto cruentuccio: una intera famiglia ha deciso di togliersi la vita impiccandosi. Con il consenso unanime della sua allegra famigliola, lo scrittore decide di trasferirsi per indagare proprio nel luogo dell'eccidio. La simpatica abitazione degli impiccati fornisce un sacco di materiale interessante, tra cui degli amabili filmini familiari da gustare con il proiettore. Solo che la visione della pellicola ha brutti effetti collaterali, qualcosa di indefinito e piuttosto inquietante si muove sullo sfondo di torte di compleanno et similia. Qualcosa che ora è stato risvegliato e vuole ovviamente invadere l'abitazione. Cosa non si fa per trovare l'ispirazione.
Chi vede muore! Sembra di essere tornati ai tempi di The ring! Alla produzione, che ha offerto due spicci, due panini e due banane (si dice una trentina di milioni, roba che non ci paghi manco Ambra Angiolini..), ci sono gli stessi tizi di Paranormal Activity e Insidious, che tra poco avrà anche un bel seguito by James Wan. Diretta da Scott Derrickson, questa piccola pellicola ha fatto incetta di consensi negli Stati Uniti e a metà marzo si prepara all'assalto delle nostre sale. Stiamo già tremando tutti. Del resto Derrickson ha scritto e diretto L'esorcismo di Emily Rose, una delle pellicole più terrorizzanti degli ultimi anni ed è accreditato per dirigere la prossima pellicola di Poltergeist...
10.000
visualizzazioni. Siete in tanti, davvero non ce lo aspettavamo.
Magari ci siete finiti per sbaglio, avete letto un post orrendo e non
siete più tornati, ma vi vogliamo comunque bene.
Avete subito la
nostra (soprattutto mia) pazzia. Elucubrazioni su Gundam manco fosse
la Sindone, i deliri che mi suscitano anche le opere minori del (o
attribuite al) maestro Nagai, l'odio sfrenato e senza costrutto per
Topolino e Tom Cruise, l'amore sfrenato e senza costrutto per Nick
Cage, che presto tornerà con tanti post. Commenti sintomo di
semi-normalità intellettiva alternati a capricci nerd della peggiore
risma in un non senso, che spero a qualcuno sia diventato familiare.
La nostra gioia è la soddisfazione più alta di tutte: essere
riusciti a intrattenervi e divertirvi per un paio di minuti al giorno
e vogliamo farlo ancora, finché ne saremo capaci o finché non ne
potrete più di noi e migrerete su qualche blog di bird watching.
Siamo contenti
quando vediamo che alle nove di mattina, orario canonico di uscita
del post giornaliero, molti cliccano sul blog. Ci piace immaginarvi
intenti nella lettura con qualcosa di mangereccio in mano, magari
brutalmente calorico. Ma ci piace anche pensare a chi ci segue su
smart phone o portatile mentre torna stanco dal lavoro cullato da un
treno pendolare.
Grazie a tutti,
davvero di cuore, per essere passati a trovarci anche oggi.
Progetti per il
futuro? Costruire autostrade. Non per tutti, solo per i giovani.
Autostrade dove tutti cantino e ballino felici (Elio e le Storie
Tese. Cit.)