In televisione il
professor Fontecedro imperversava con i suoi “cosmico” a Mai dire
Gol, io avevo 18 anni, un neopatentato felice, ma poco praticante. Per
le vie del centro di Milano un mio amico lo nota e me lo indica:
“Quello è Luttazzi, guarda!” e io “Ma no, dai, in tv è più
alto.” “Ti dico che è lui”, rincara, “Adesso ci avviciniamo
e vedi che te lo confermerà”. Ci avviciniamo. “Scusi il disturbo,
lei è Daniele Luttazzi, il comico?" E Lui, molto più timido di
come me lo sarei immaginato “Sì, sono io.” Quindi colgo
l'occasione, chiedo un autografo per la mia sorellina e lui non si
sottrae. Sulla mia smemo disegna un omino stilizzato che dice
“cosmico”, firma e mi rassicura: “Vedrai, tra 15 anni questo
disegno non varrà comunque un C@zzo”.
Aveva ragione!
Da allora l'ho
sempre più o meno seguito. Ho amato moltissimo la trasmissione
Barracuda, un talk alla Letterman con gag comiche surreali e una
gargantuesca presenza di gnocca, dalla Salerno alla Colombari alla
Pandolfi alla Ferrari c'era da rimanere ciechi. Da buon discepolo
fedele leggevo anche la rubrica che teneva sul mensile GQ, altro
contenitore ad altissimo tasso di gnocca. Inizio a pensare oggi che
forse lo seguivo per i motivi sbagliati. All'ultima puntata di
Barracuda Luttazzi esce di scena con una battuta citazionista. A uno
che gli chiede “Dove andrai adesso Daniele?” risponde “Vado a
farmi il mondo”. Il personaggio di Mai dire Gol è diventato un
attore completo e sfaccettato, dimostrando di essere anche valido
presentatore. Guardando oggi su rai 5 David Letterman mi accorgo, in
positivo, di quanto il Luttazzi di Barracuda fosse vicino al modello
del front man dell'intrattenimento serale americano. Mi sarebbe
piaciuto vedere Barracuda almeno per dieci anni, magari con il
conseguente annichilimento del Costanzo Show e un ritorno di Bruno
Vespa alla conduzione del TG1. Ho deciso di continuare a seguirlo,
nel modo all'epoca possibile, ho preso un paio di libri sui suoi
spettacoli teatrali, dovrei avere forse anche delle videocassette. Ho
un consiglio da dare a chiunque abbia intenzione di andare a vedere a
teatro un comico: non comprate prima il libro sul suo spettacolo.
All'Auditorium Giuditta Pasta di Saronno, e saremo a ben vedere nel
1997-98 io sono intorno alla decima fila in compagnia di Gianluca ad
assistere a "Sesso con Luttazzi", spettacolo in cui relativo libro di
riferimento conoscevo ormai a memoria. Data la sfortunata
conformazione delle poltroncine del teatro, mi trovo seduto dietro un
tizio di sei metri che, in sfregio a chiunque volesse vedere lo
spettacolo, e soprattutto a me che gli stavo dietro, aveva una
spropositata e vaporosa chioma phonata modello Jackson 5. Trovandosi
comunque Luttazzi su di un palco, riuscivo a vedere a fatica la sua
testa e piccolissima parte del busto, essendo preclusa la visione del
resto della fisionomia in ragione di tale sconsiderata massa
capillare. Ok, non si vede una sega. Parte lo spettacolo e so tutte,
ma tutte le battute. Nei concerti è attività lecita e incitata
cantare insieme al cantante, un effetto di risonanza diapason; negli
spettacoli a conoscere le battute in anticipo ci si rompe decisamente
le palle, ma alla fine è stato comunque divertente.
Parto per la
naja, destinazione Friuli, in tv Luttazzi ottiene un importante
programma in rai, Satyricon. Non riesco a vederne manco una puntata,
recupererò solo alcuni anni dopo, quando youtube inizierà a
significare qualcosa. Ma all'epoca chiedevo curioso a chi poteva
vederla come la trovasse, mi rispondevano che era “troppo
politica” e la politica, come si sa, spesso divide in scompartimenti
stagni la gente, che dal giono alla notte decide che il tal programma
non lo vuole più vedere, è “diventato noioso”. Io, che la
politica la trascendo non legando facce a colorazioni, trovo il
programma geniale e irriverente, un Barracuda più “cattivo”,
forse troppo cattivo e per questo difficile da vendere a un pubblico
geriatrico come quello rai, sonnolento e statico davanti alle
innovazioni, pronto a scatenarsi come comari di paese e a puntare il
dito quando il conduttore, uscendo dagli schemi, parla degli
argomenti più grevi o faccia una satira politica troppo cruda, priva
dei mascheroni, e correlata gnocca, del Bagaglino. La trasmissione
avrà uno stop dopo l'ospitata di Travaglio, cui seguiranno denunce,
assoluzioni molto tardive e un considerevole tempo lontano dal video.
Riesco a vedere un paio di spettacoli teatrali, scopro che Luttazzi
canta dal suo blog, che seguo con curiosità, e da quello che si può
sentire in rete non canta neanche male e soprattutto a suonare mette
dei professionisti assoluti. In breve raccatto i cd. Mi piace il
dialogo che intrattiene sul suo blog, mi piace il fatto di poter
leggere lì i pezzi che pubblica sui quotidiani senza sborsare una
lira, mi piacciono molto i disegni che utilizza a corredo dei post.
Poi il grande ritorno, anticipato da un paio di ospitate, dalla
benedizione di Baudo, su La7, il programma è Decameron. Saremo tipo
nel 2008? No, nel 2007. Il nome deve avere influenzato molto il
comico, il Decameron di Boccaccio parle di dieci giorni di storie
goliardiche che si scambiano dei giovani chiusi in un'abitazione,
mentre fuori imperversa la morte e la peste. Anche nel Decameron di
Luttazzi si scherza, ma è come se la morte, la malinconia e il senso
di un tragico futuro imminente avessero già oltrepassato la porta,
insinuandosi nel contesto goliardico. Di colpo Luttazzi cede il
fianco alla sua vena più nera. Rimasto lontano per anni, ingabbiato
al di fuori del media che meglio sa gestire, relegato ai teatri che
comunque riempie e ai libri che comunque vende, è come se il comico
riversasse sul programma la sua rabbia repressa, concedendosi
umanamente solo un velato senso di malinconia, propria della sua
canzone Money for Dope, utilizzata da surreale siglia di coda.
Decameron diverte ma in larga parte assesta violenti pugni allo
stomaco dello spettatore, dimostrando che la satira può anche non
essere comicità, può farsi rientrare anche nella tragedia così
come la commedia può parlare di morte, parlarci a tu per tu. É
l'opera di massima espressione di un autore maturo e tormentato. Si
ride? Poco. Ci si sorprende per le trovate narrative? Sicuro. Poi
arriva la puntata sulla battuta riferita a Giuliano Ferrara, un
rischio alto in virtù della libertà di satira sostenuta sempre e
comunque da Luttazzi, un rischio che ha già preso, con gli esiti
noti, con la questione relativa all'intervista con Travaglio, di
sicuro alimentato da una piccola vena autodistruttiva. Dopo
Travaglio, la battuta su Ferrara è la seconda roulette russa
mediatica cui si sottopone Luttazzi. Dalla prima roulette di Luttazzi
è conseguita la consacrazione televisiva e maggiore notorietà di
Marco Travaglio, che da poco conosciuto ma già prolifico giornalista
e scrittore (mi è piaciuto il libro che analizzava il rapporto tra
Berlusconi e Montanelli), è diventato idolo delle folle, prima
collaboratore di Grillo con settimanale rubrica di critica
giornalistica su you tube, puntate da un'ora l'una, per poi passare a
presenza fissa nei programmi di Santoro e poi a fondatore e prima
penna del Fatto Quotidiano. Spero che Travaglio gli abbia almeno
offerto una pizza. La seconda roulette non riesco ancora a
spiegarmela. Davvero non lo so, non riesco a comprendere, se facessi
speculazioni queste sarebbero prive di fondamento e quindi mi
astengo.
Dopo il Decameron
televisivo, Luttazzi mette in piedi un Decameron teatrale che
spiritualmente è volto a completare il progetto iniziale, successo,
libro, il comico non si ferma e mette in piedi sul suo blog “La
palestra”, uno spazio in cui permette a tutti di cimentarsi nella
crezione di satira, in cui Luttazzi indica le modalità e i trucchi per
creare battute divertenti. Da questa scuola virtuale escono trovate
interessanti e trovate più banalotte ma l'intento è originale,
buono e sincero, la palestra diventa un libro che raccoglie i frutti
migliori. La conseguenza è che ora c'è una nutrita community dietro
a Luttazzi.
2010. Luttazzi
partecipa per una quindicina di minuti di intervento a Raiperunanotte
insieme ad un nutrito cast di attori, giornalisti e cantanti che
sotto la guida di Santoro denunciano in un maxievento le censure del
tubo catodico, anche qui è successo. Luttazzi viene sommerso di
applausi quando esce di scena citando Aristofane.
Poi arrivano le
accuse di plagio, gira in rete un filmato in cui sembra palese che
Luttazzi riproduca, tradotti in italiano molti monologhi di comici
inglesi, qualcuno arriva a dire che il 60% del suoi spettacoli sono
traduzioni di opere intellettive altrui. Copiature, pura ispirazione o
citazioni? La parola torna ai banchi del tribunale, dei fans si
sentono traditi, Luttazzi sparisce di nuovo dai media e non mi è
ancora chiaro se la vicenda abbia già avuto o avrà in breve un
epilogo. Al di là di tutto ciò che si potrebbe dire o pensare sulla
vicenda, da quando è girata la lista delle fonti di Luttazzi mi si è
aperto un intero universo e attraverso la rete ho potuto attingere a
un numero spropositato di monologhi comici davvero spassosi, opere
d'arte che per pigrizia, essendo per lo più in inglese, avevo sempre
colpevolmente ignorato. Cose che allo Zelig se le sognano. Venite
anche voi, in massa, ad esplorare magari su youtube, magari
sottotitolati, i monologhi di George Carlin e Chris Rock! Da depresso
cronico in cerce di rare occasioni per divertirsi ringrazio e
apprezzo.
E adesso? Blog
ufficiale chiuso, un account twitter con più di ventimila followers
e quattro parole in croce, distribuite in tre post pubblicati
nell'arco anche di molti mesi. Silenzio quasi totale. Mi chiedo se
senza Luttazzi avrei mai preso il mio primo numero di GQ, rivista che
all'epoca mi ha procurato il calo di molte diottrie (ho disdetto
l'abbonamento quando il numero di poppe è calato), mi chiedo se
senza il Barracuda di Luttazzi avei apprezzato il Late Show di
Letterman che vedo oggi su rai5 (sempre per la pigrizia di far uso
dei sottotitoli). Mi chiedo se senza Luttazzi, Travaglio
avrebbe conquistato la stessa visibilità che ha ora. Mi chiedo se
senza Luttazzi avrei mai visto un programma strano e malinconico come
Decameron. Mi chiedo se senza Luttazzi mi sarei mai avventurato alla
scoperta della comicità americana. Nonostante tutto Luttazzi è
stato un comunicatore straordinario, qualcosa di davvero alieno e
innovativo nel panorama italiano. E mi piacerebbe che tornasse a
interpretare questo ruolo, magari presto, magari in nuove forme,
mutatis mutandis. Così il suo disegno con dedica potrò
capitalizzarlo degnamente su ebay... Un
po' mi manca.
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