Può una ragazzina
giapponese in vestaglia da notte e con i capelli lunghi a coprire il
viso essere uno dei personaggi più terrorizzanti di tutti i tempi?
Bambini inquietanti non sono mancati nella cinematografia, il piccolo
Damien di "The Omen" e le gemelline di "Shining" hanno privato del sonno più
di una persona, ma erano gli anni 70. I veri mattatori delle
pellicole più terrorizzanti quasi fino al duemila rimanevano grossi
tipacci armati di machete o motosega o segaligni babau con guanti
artigliati. Ma i tempi passano e quando lo scettro di mostro del mese
passa ai mattacchioni Ghost Face di Screem il genere è in piena
crisi e non fa altro che stare a parlare di se stesso. Partono remake di
remake di remake e questa tendenza sembra non avere più freno. Poi
qualcuno va in Giappone e torna con The Ring. Il terrore assume tutto
un altro significato, si amplia. Non sono tanto gli effetti speciali,
non è la ricchezza della produzione, è l'idea, il concetto stesso
di orrore a essere nuovo per noi occhi a palla. Finalmente qualcosa
torna a scuoterci da dentro, senza ricorrere all'esposizione di
frattaglie. Folgorante: la concezione di terrore degli orientali è
del tutto diversa dalla nostra. Certo è stata una vittoria facile.
Al di qua
dell'oceano i tipacci di cui sopra dominano un genere particolare,
non il più mostruoso in assoluto, ma quello economicamente più
appetibile per i produttori: i teen-horror. Spettacoli per popcorn,
risate di gruppo con qualche spavento gestito ad arte qua e là, con
stacchi veloci di camera e striduli commenti sonori a sottolineare lo
shock. Quello che genera paura sono, nella maggior parte dei casi, le
conseguenze dirette di qualche atto stupido (o che i genitori dicono
essere brutto). I nostri personaggi da film horror fanno in genere
qualcosa di moralmente sbagliato, non importa che siano però dei
“mostri”. Fanno le classiche cacchiate dei giovani, bevono,
rispondono male ai genitori, si drogano o copulano prima del
matrimonio, non aiutano il prossimo, parlano male degli anziani,
ascoltano la musica ad alto volume, non vanno a scuola. Trasgredire e
commettere le azioni di cui sopra in genere fa incacchiare i genitori
che mediteranno un'adeguata punizione. Sono cose di tutti i giorni e
chi più chi meno chiunque può immedesimarsi in certe situazioni,
per lo meno potenzialmente. Anche se gli horror sono diretti a
essere vietati ai minori, sono sempre i più piccini che ne fruiscono
e quelli che ne ricavano la maggiore paura: “stai vedendo un film
vietato, vero? Sappi che stai sbagliando e allora ti faremo cacare
addosso di gusto”. Ed ecco che arriva la punizione. Il
mostro-moralizzatore. La filosofia è la stessa delle favole: “se
non mangi la minestra arriva l'uomo nero” (dai siate seri, non
leggeteci per forza allusioni sessuali...). Ed ecco che ai
trasgressori viene incontro Jason armato del suo grosso machete (ecco,
appunto...). Se i pischelli si spaventano, gli adulti spesso non
vedono il vero terrore in questi spettacoli, essendo vissuti ai
tempi de "L'Esorcista" e de "La Cosa" di Carpenter; i teen-horror sono
pappetta. Chi si diverte invece sono quelli che non sopportano
certi atteggiamenti dei giovani, forse inconsciamente invidiando di
non esssere più tali o non abbastanza spregiudicati, e quindi si
immedesimano nel mostro sterminatore-moralizzatore. E i produttori
lo sanno, nei teen-horror sopravvive solo la brava ragazza,
vergine, altruista, pura e sottovalutata dai suoi compagni di
sventura: in un mondo malato la purezza, quella dei deboli e degli
innocenti, vince sempre. Se non fosse stato per il quantitativo di
budella estratte e gli spaventi si può affermare di essere davanti quasi sempre a
spettacoli a lieto fine. Al di là dell'oceano, in oriente, le cose vanno in modo del tutto differente. Mi ripeto, se l'ondata
dell'horror orientale fosse capitata nei settanta, mentre da noi
impazzava il migliore Dario Argento, Fulci e ci metto pure il primo
Romero oltre ai giganti Carpenter, Cronenberg e Kubrick, non so se
avrebbe attecchito tanto bene. Il fatto è che ci stanno sti cacchio di teen. Non me
ne vogliate, amo Krueger e ne parlerò più volte con stima, ma una decina di anni fa, anche i mostri erano nella loro forma più loffia, decadente.
Non intagliavano ragazzotti come ai primi tempi. Al di là dell'oceano
la paura è qualcosa di atavico, a stretto contatto con il concetto
di maledizione. Non importa quanto ti comporti bene nel mondo
reale, personaggi buoni e altruisti sono destinati a capitolare
senza scampo. Negli horror orientali esiste una colpa originale, che
si perpetra nel tempo attraverso il cosiddetto “rancore”. I
fantasmi orientali sono emanazione di questo rancore e infestano
luoghi od oggetti in passato legati a fatti di sangue. Risiede qui la
peculiarità del j-horror: non c'è un rapporto diretto tra errore –
punizione, i fantasmi non colpiscono chi ha fatto loro (o alla
società in senso lato, come nei teen horror) degli sgarbi; sono
creature spersonalizzate, un'eco delle persone che erano, posti a
guardia di un territorio: chi entra muore. Nel momento stesso in cui la
maledizione o rancore colpisce, ogni via di scampo è preclusa,
l'incauto personaggio è come se avesse già attivato una mina la cui
esplosione è solo questione di secondi. Le colpe del passato creano
tragedie, le tragedie risuonano negli anni attraverso il loro ricordo
e puniscono, con il rancore, chi ha dimenticato, chi fino ad allora
ha vissuto la sua vita senza patire quel dolore. Potremmo dire con
un'espressione appropriata: “le colpe dei padri ricadranno sui
figli”. E' come se la terra urlasse per le atrocità dell'uomo. La
via di fuga da questo rancore è il “non dimenticare”, mai, le
colpe passate. Il sottile messaggio di questa impostazione è
sproporzionalmente più adulto rispetto ai teen. I teen dicono: “se
ti droghi arriva l'uomo nero”. I j-horror indagano sulle colpe
delle generazioni passate, che ora danno in mano ai giovani un
presente deviato, instabile e pericoloso. Discariche, capannoni
diroccati, abitazioni abbandonate. Quancuno più in gamba di me ci
vede lo spettro di Hiroshima e Nagasaki, ferite aperte del Giappone,
che riecheggia ancora oggi con la contaminazione delle centrali
nucleari: gli errori del passato non sono serviti a migliorare il
futuro, ragioni economiche spingono a mettere sempre più da parte la
sicurezza del futuro. Questo può estendersi anche all'inquinamento,
alla criminalità, alla corruzione della politica. Si ha la
consapevolezza che anche se si opera al meglio per migliorare il
mondo, la prossima generazione sarà ancora in bilico e quindi
dovremo impegnarci con maggiore passione. Se il messaggio,
forte, nasconde un senso civico positivo e lodevole perchè è volto
alla speranza, al migliorare le cose, non nasconde la cinica
consapevolezza che l'uomo è destinato a fallire di continuo a
rendersi reo di collane infinite di maledizioni. Lo sguardo
cinematografico risiede su questa ineluttabilità di aggiustare il
passato pur con la buona volontà di aggiustare le cose a posteriori,
riconoscendo le colpe della società. I fantasmi del passato,
letteralmente, vengono a popolare i nostri incubi. Non si può avere
con loro un confronto fisico, non si può come Ash ne "La Casa"
impugnare una motosega e farla pagare al fantasma. Il fantasma è
immateriale, non esiste che nella nostra mente ed è persino slegato
da chi era in passato, è “altro”. Il fantasma uccide, terrorizzando, si direbbe uno shock mentale come quello
praticato dal buon vecchio Ghost Rider di marvelliana memoria. La
tragedia è che non c'è quasi mai via di fuga, gli spettatori dei
j-horror in cuor loro sanno che prima o poi finirà male e nello
spettatore cresce la peggiore delle angosce, la certezza che si stia
solo assistendo ad una prolungata esecuzione di una vittima. La paura
più grande di tutte, l'ineluttabilità di sfuggire a un destino
tracciato da colpe di persone venute prima di noi.
Il successo di
queste opere è straordinario. Dopo Ring ecco quindi arrivare il
bellissimo Dark Water e l'agghiacciante (almeno per quanto riguarda
la trasposizione televisiva iniziale) Ju-on. Nell'ondata del
“pigliamo tutto dall'oriente” dalla Cina arrivano invece i
fratelli Pang con la trilogia di The Eye, entra in gioco un altro
mondo: il buddismo riveste di affascinanti connotazioni i legami del
mondo dei vivi con il mondo dei morti, ne riparleremo. Seguono un
centinaio di film, più o meno declinazione dello stesso concetto,
migliaia di sequel e remake che putroppo fanno cumulo, intoppano:
prematuramente viene a noia questa ondata orientale come dopo
un'indigestione di peperonata. L'horror moderno intanto si evolve
sullo splatter estremo e sul gioco mentale di vittima e carnefice,
arriva il giustiziere Saw. Da lì a poco nasce l'horror da telecamera
di sorveglianza alla Paranormal Activity e siamo già ai giorni
nostri. Non ho parlato di The Blair Witch Project? Gran film, ma che
scopiazzava l'immortale Cannibal Holocaust, ancora anni settanta,
ancora il grande horror made in Italy. Quando la paura era lo
straniero, lo scontro culturale, quando la paura era l'inefficacia
della fede nel proteggere un gregge sballottato dai tempi moderni. Anche di questo
riparleremo.
Ring è il
capostipite di questa ondata, dei primi anni duemila. Possederlo in
blu ray è portarsi a casa un pezzo di storia del cinema horror
contemporaneo.
Una cassetta vhs
uccide chi la guarda entro sette giorni. Una urban legend in piena
regola. Se ti rechi in villeggiatura in una località tra i boschi,
potresti trovare vicino a un videoregistratore una cassetta vhs che
nessuno sa a chi appartenga. Introducendola nel lettore, per la
curiosità di vedere cosa effettivamente sia, vengono trasmesse dalla
tv immagini strane e inquietanti. Dopo la visione del nastro si
riceve una telefonata in cui una giovane voce femminile dice alla
vittima: “sette giorni”. Iniziano gli incubi, la misteriosa
Sadako appare come figura spettrale. Poi arriva il settimo giorno, il
fantasma viene a prendere la vittima, fine dei giochi. Decessi
misteriosi attirano l'interesse della stampa, qualcuno inizia le
indagini. La ricerca della verità costituirà un ingegnoso puzzle da
risolvere, che parte dalla visione e comprensione della cassetta
stessa. Pur nella circostanza che i “detective” sono i primi a
incorrere nella maledizione. Ma risolvere il caso porterà alla
salvezza? Spezzerà la maledizione?
Koji Suzuki scrive
questo racconto nel 1991 ed è fino ad oggi la mente dietro a tutti i
Ring, orientali come occidentali, oltre che il papà di Dark Water.
Sapevate che è uscito in giappone, basato sul suo ultimo lavoro
“S” il film Sadako 3d, proprio quest'anno? Vi linko il trailer in
attesa che qualcuno in Italia si svegli a pubblicarlo.
Ecco come è
avvenuta la promozione del film in Giappone...
State tranquilli,
nel caso non arrivasse mai, cosa che dubito, è già in cantiere un
remake americano. The ring 3d che Imdb dà in uscita per il 2014.
Si può dire che
il buon Suzuki sia un autentico maestro della tensione, il migliore
nel rappresentare il “rancore” come sopra descritto. Sebbene gran
parte della sua opera riguardi “The ring”, gli spunti narrativi
sono sempre originali e degni di interesse e il nostro si muove
agevolmente anche in ambito fantascientifico. Non è stata quindi una
sorpresa che qualcuno si sia fatto avanti a proporre una
trasposizione della sua opera maggiore. Nel 1995 arriva quindi Ring
Kanzenbam e no, non è il Ring che pensate voi. E' un film tv
misconosciuto ai più. Presente la figura spettrale che esce dalla
tv? La terribile Sadako Yamamura o Samara in versione occidentale? Ok. E
se fosse una bella gnocca completamente nuda? Stareste probabilmente
vedendo Ring Kanzenbam.
Sì, i sub in
spagnolo donano quel “tocco in più”. Wow.
Dopo questo
evidente passo falso, The Ring passa nelle mani di qualcuno più
capace. Al secolo il regista Hideo Nakata e lo sceneggiatore Hiroshi
Takahashi, che nel 1998 realizzano la prima pellicola cinematografica. O
meglio, una delle due. In parallelo viene infatti prodotto un altro
adattamento del racconto di Suzuki che era il diretto seguito di
Ring, dal titolo Spiral, a opera del regista-sceneggiatore Joji
Iida, stessa produzione, pure parte dello stesso cast. Grande paese
il Giappone: ti piace un film? Non devi aspettare 5 anni per un
seguito, sperando che regista e attori ci siano ancora tutti. Basta
che esci dalla sala, ancora tutto gasato, passi alla cassa per
prenderti un secondo biglietto ed entri nella sala accanto dove è
già in programmazione il sequel! Figata!!
Il film di Nakata
è un capolavoro e diventa la testa di ponte dell'invasione j-horror
in tutto il mondo. Viene realizzata anche una miniserie tv, mai vista
oltre il giappone, di 13 episodi.
Il film di Iida è
molto buono, ma non se lo fila nessuno. Al punto che nel 1999 viene
messo in cantiere Ring 2, seguito diretto della pellicola di Nakata e
Takahashi e agli stessi assegnata, che letteralmente cancella la
time-line dell'opera di Iida andando da tutt'altra parte. Ma Spiral
godrà a sua volta di una serie televisiva di 13 episodi da un'ora
l'uno. Ma siccome non è piaciuto troppo la trama sarà di nuovo
stravolta rispetto allo scritto originale di Suzuki. Per me ciò è
male, Spiral mi era piaciuto...
1999, ecco che
arriva il remake coreano di Ring, Ring Virus. L'opera risulta un
adattamento più fedele del romanzo di Sukuzi, solo che i
protagonisti hanno ora nomi coreani e leggere modifiche vengono
apportate al character di Sadako, che diventa Park UnSeo, è
ermafrodita, ama suo fratello, lavora con lui in un night club (...oh
mio Dio, mi gira la testa....).
Ma che sta bevendo
quella, roba gialla?...
Siamo nel 2000 ed
ecco arrivare Ring 0: Birthday, Nakata si è stufato e fa dirigere a
un altro. La storia è di Takahashi, ma si ispira comunque a un
racconto di Nakata: vengono narrati eventi di 30 anni prima alla
linea temporale di Ring e Sadako diviene il personaggio principale.
Viene anche realizzato per l'occasione un fumetto. Ottimo successo per
entrambi.
Sempre nel 2000
esce per la console Dreamcast The Ring: Terror's Realm, un bel
survival horror alla Resident Evil dove Sadako impazza in un mondo
virtuale. IGN lo premia con un orrido 5.4 e ha pure ragione!
Esce pure un altro
gioco, Ring Infinity per una console giapponese misconosciuta, il
WonderSwan, un'avventura testuale su cui mai nessun occhio
occidentale ha mai avuto la possibilità di posarsi.
Anno del signore
2002, esce il remake americano di The Ring, forse la migliore
pellicola di sempre del regista Gore Verbinski (che con il nome che
si trova era ora si dedicasse all'horror serio), soundtrack evocativa
di Hans – il Gladiatore - Zimmer. Produzione Dreamworks
stra-cazzuta e danarona, la splendida e bravissima Naomi Watts, un
ottimo lavoro di ri-sceneggiatura, pazzeschi effetti speciali, visivi
e trucco, opera dell'immortale Rick Backer. Alla sceneggiatura
collabora direttamente Suzuki, il papà, affiancato da Ehren Kruger,
già sullo script di Screem 3 (non un gran biglietto da visita) e
Scott Frank, lo stesso anno alle prese con lo script di un certo
Minority Report.
Ho ancora negli
occhi il trucco, opera del pluri-premio-oscar Rick Backer, dei
cosidetti morti-di-paura. Quasi una mutazione facciale derivativa
della celebre opera di Munch, un'immagine da incubo. Vedere dopo
questi i morti-di-paura originali, degli attori giapponesi che al più
sembrano fare boccacce con occhi da pesce lesso, è un po' straniante.
Naomi Watts in "The Ring 2" |
Dark Water, locandina |
Successo
strepitoso e stra-meritato. Ring acquista così due anime distinte e
anche la prospettiva americana ha il suo fascino. La pellicola apre la
strada ad altri remake di pellicole j-horror: lo splendido Dark Water
di Nakata, una tenera e al contempo crudele Ghost Story su una
piccola fantasmina e The Grudge, trasposizione dell'estremo e
tremendo Ju-on, la cui primissima trasposizione televisiva giapponese
rappresenta uno dei più spaventosi e disturbanti horror di sempre.
Il Remake di Dark Water, anch'essa opera dello scrittore di the Ring,
ma guarda il caso, con la Connelly riesce bene, The Grudge con Sarah
Michelle Geller risulta altrettanto valido, ma si perderà in sequel
un po' insulsi.
Nel 2005 si mette
in cantiere Ring 2 americano, alla regia viene chiamato Nakata, il
resto del cast confermato. La pellicola risulta anche in questo caso
ottima. Più di un eco a Dark Water, ma in fondo lo scrittore è lo
stesso e tale costruzione narrativa ci sta benissimo.Viene nel
contempo realizzata una piccola perla, Rings, un cortometraggio che
sarà allegato all'home video di Ring 2 e lega cronologicamente le
due pellicole. Nella manciata di pochi minuti si crea una storia
avvincente con un esito non scontato, assolutamente da vedere o
recuperare in qualche modo. Ma il j-horror ha stancato e i critici
impazzano per impallinare Ring 2 per colpe che, a conti fatti, non
sono sue. Si alza un coro di “Basta”. L'import in blocco
dall'oriente è momentaneamente sospeso. Ragazzine dai capelli lunghi
e camicia da notte (ring) e bambini bianchi (grudge) hanno rotto.
Ora che ci siamo
disintossicati, sono passati quasi 8 anni da Ring 2 americano,
possiamo a mente fredda riguardare il tutto e valutare come non fosse
affatto male il j-horror.
Il romanzo "Spiral" di Suzuki |
Dynit oggi offre
in blu ray disk la trilogia originale di Ring: Ring 1, 2 e Zero in un
bel cofanetto. Ottima edizione, imperdibile per chi ha amato questo
fenomeno. Per farmi contento fanno uscire in blu ray anche Spiral.
Niente edizioni italiane per il ring coreano ermafrodita, sorry.
Da vedere e
rivedere con un po' di nostalgia. Lo spettacolo è buono, ma un
po' invecchiato, non so se riuscirebbe ora a destare l'attenzione dei
nuovi appassionati di horror, quelli che magari stanno tutto il
giorno attaccati al videocitofono e si riprendono quando
dormono... rimane la testimonianza importante di un genere forte, che
poche consessioni ha lasciato allo splatter, putroppo precocemente
dimenticato in virtù di una cannibalizzazzione del mercato. Ad ogni
modo donne con i capelli sulla faccia e bambini mezzi nudi coperti di
bianco a me fanno ancora un sacco di paura...
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