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Perchè io non ci sono? |
Mi
appassionano molto le indagini antropologiche. Siccome mi reputo un
fan, un consumatore di oggetti di intrattenimento, sono felice quando
riconosco in altri le mie stesse stigmate: brilla quella particolare
luce negli occhi, si dipana la gioia sulle gote, la bocca si apre in
autonomia emettendo sbavi e gemiti imbarazzanti. A questo segue un
blocco delle canoniche funzioni cerebrali deputate al buon senso. La
mente tocca un collasso da guru meditation e proietta nell'encefalo
solo un insistito comando imperativo: devo vederlo-comprarlo, deve essere
mio. In fondo non è che una manifestazione un po' contorta della
gioia, ma nei tempi che corrono, laddove la gioia non è a buon
mercato, è facile emozionarsi per le piccole cose; metaforicamente
è prendere una boccata d'aria prima di tornare a respirare l'aria
pesante della vita quotidiana. Per questo mi divertono molto gli
eccessi, le isterie davati al nuovo trailer della tal pellicola.
Soprattutto quando la persona che “si gasa” è un soggetto
tranquillo tranquillo, mite e rispettoso del prossimo, che magari va
al cinema in giacca e cravatta dopo una pesante giornata di lavoro,
magari per accompagnare la morosa a vedere il nuovo abominio con
Julia Roberts, perchè glielo ha promesso, perchè lo ha promesso
anche alla sorellina della stessa, di 5 anni, che sta trangugiando
popcorn (confezione sfamiamo-il-Biafra da 9kg, 8 euro, dal soggetto in questione pagata
con somma gioia) con la compostezza e silenziosità di una motosega
oppure, che è peggio, sta masticando i popcorn uno a uno, con
cadenza paragonabile solo alla tortura dell'acqua, e a ogni morso si
sforza di riprodurre il rumore di un raudo. È sera, piove, è più
povero del previsto in ragione di un ingiustificato aumento del
popcorn, ma prima della Roberts parte un trailer, una musica
familiare si insinua nella sua mente, le prime inequivocabili
immagini, sente un durello insinuarsi nelle parti basse e poi
esplode: “C@!!#! C@!!#! C@@@@@!!######!!!!IL NUOVO FILM
DEI TRANSFORMERS!!!!!!!!!!!!!”
E allora si accorge di essere in piedi, che con la gamba alzata sta
schiacciando il cranio dello spettatore seduto nella fila davanti
alla sua, che la morosa sta con le mani chiudendo gli occhi alla
sorellina, che qualcuno ha chiamato la neuro. Ma frega una sega, è
felice, felice perchè ha visto un ammasso di computer grafica che
gli ricorda un pupazzo di plastica e metallo che da piccino adorava
alla follia. E anch'io sono felice per lui, tutti dovremmo essere
felici per qualcuno felice, anche se si esalta per cose che non
comprendiamo, soprattutto se si esalta per cose che non comprendiamo.
Per quindici secondi di una fosca giornata è felice, io brindo ai
quei quindici secondi. È con questo spirito che mi sono intrufolato
a vedere l'ultimo episodio di Harry Potter, parte 2, oltre che per la
curiosità del 3d, in uno spettacolo di post-pranzo presso il
cinema Odeon di Milano. Orario strano, credo abbastanza inconsueto
per il resto del mondo, che spinge i primi ragazzini
usciti da scuola nelle sale, che si riempiono di insospettabili professionisti in
pausa pranzo e per il resto sono invase dai soliti vecchietti che in
virtù della carta sconti si bevono di tutto, compresi i concerti 3d
di Janis Joplin. Una folla che ho trovato interamente (vecchini a
parte) composta da fan del maghetto della Rowling. Devo aver
intravisto una distinta signora sui quaranta, con una copia
dell'ultimo libro tra le mani, intenta a ripassare prima della
pellicola. Luci spente, massimo silenzio. Poi gli scontri, quelli
tanto attesi per chi ha letto, e il pubblico si animava, esultava, in
più momenti applaudiva, applaudiva la mamma di Ron, applaudiva
Piton, applaudiva Longbottom-Paciock, applaudiva e si commuoveva per
Piton. Una collettiva celebrazione della gioia di cui anch'io mi
sentivo parte, nonostante avessi solo visto di straforo i film,
nonostante li avessi trovati tutto sommato bruttini e troppo
prolissi, afflitti dall'interpretazione del figlio-del-produttore,
passabile da piccino, monocorde da adulto, per nulla, mai,
somigliante al relativo personaggio cartaceo.
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Wolfman:un vero lupo mannaro |
Ovvio
che le principali critiche a tutta l'operazione Twilight vengano
poste in essere dagli uomini-pesce di cui sopra, esclusi dal
triangolo insieme agli uomini-farfalla. Per i nerd, che si rifanno
all'interpretazione letterale di miti e leggende, nonché a una
considerevole quantità di post, video e libri da loro stessi scritti
e autoprodotti sul tema, Twilight è un abominio. Un abominio
letterale, in quanto melenso e scritto unicamente per un pubblico
femminile, privo di vere situazioni eccitanti e combattimenti accesi.
Un abominio filmico in quanto gli interpreti sono da telenovela e gli
effetti speciali indegni per un dvd che sta sullo stesso scaffale del Mediaworld dei film dei Transformers. Poi le premesse. Nella storia
del cinema, tralasciando la letteratura, i vampiri sono lupi
travestiti da agnelli che irretiscono i deboli; le brave ragazze
dovrebbero diffidare da tali creature, i vampiri sono cattivi anche
se fighi (vedi Ragazzi perduti, vedi Intervista con il vampiro, vedi
L'ammazzavampiri, vedi Bats, vedi La regina dei dannati, vedi Dracula
2000, vedi Dracula di Coppola), i vampiri sono comunque, sotto l'aria
fica, dei soggetti bruttissimi (vedi Dal tramonto all'alba, vedi
Vampiers di Carpenter, vedi Blade 1, 2, 3, vedi Vampiro a Brooklin,
vedi L'ombra del vampiro, vedi 30 giorni di notte, vedi The night
flyer, vedi Dracula di Coppola). I lupi poi o licantropi sono se
possibile pure peggio, creature incapaci di contrapporsi al proprio
istinto e destinate inevitabilmente alla morte, che il cinema ha
letto sia nella chiave di arroganti possidenti terrieri –
imprenditori senza scrupoli che il destino, per punizione ha
trasfigurato in predatori autentici (vedi Wolf, vedi l'originale e il
recente Wolfman, vedi In compagnia dei lupi), sia in chiave di malati
terminali o metafora delle vittime di malattie come l'Aids (vedi Un
lupo mannaro americano a Londra). Miti importanti e imponenti che
hanno già vissuto di semplificazioni fantasy, nella saga Underworld
così come in molti giochi di ruolo (tra cui the Elder's scroll), ma
mai sono stati così ridotti ai minimi termini in Twilight. Se il
Dracula di Coppola e tutti i vampiri del mondo non sopportano la luce
del sole in quanto il sole rappresenta Dio, che li ha maledetti, in
Twilight il sole ha un effetto strano sui vampiri e inatteso: li fa
sudare di perline colorate come le bocce stroboscopiche di una
discoteca. I vampiri vivono nell'ombra, per via del sole di cui
sopra, i vampiri di Twilight posson tranquillamente prendere il sole
su un isolotto tropicale. Se gli uomini lupo non si controllano e
uccidono persino i loro congiunti per via dell'istinto, i lupi di
Twilight si trasformano quando cavolo vogliono loro e sono mansueti
come cuccioloni. Ovvio che, dal punto di vita della corrispondenza al
mito, la saga di Twilight svuoti di significato le due figure:
situazione economica a parte, vampiri e lupi sono più simili a dei
supereroi che a dei mostri da romanzo gotico. Ma l'autrice non
puntava a questo, come già spiegato.
Gary Oldman con Keanu Reeves nel Dracula di Coppola |
Poi ci si fionda a criticare Kristen Stewart, l'attice che impersona
Bella, in quanto soggetto amorfo, scarsa propensione empatica (ho un
geranio che è più espressivo di lei sul mio terrazzo), risibile
gamma delle espressioni facciali, che in sostanza si riducomo a una
solo espressione, quella della perennemente arrapata, che utilizza
sia nelle scene comiche, che nelle scene d'azione, che quando fa il
bucato. Critica valida, ma superlfua alla resa finale. Le ragazzine
devono immedesimarsi in Bella, è giusto che il personaggio appaia
più neutro possibile. Io avrei quasi girato tutta la pellicola dalla
prospettiva in prima persona di Bella, non facendo vedere mai il
personaggio quindi, l'effetto sarebbe stato migliore. Certo il fatto
di avere solo un viso perennemente arrapato non aiuta
l'immedesimazione.
Questo è quanto. La saga si conclude dopo aver macinato un numero
considerevole di soldini con questo ultimo episodio, episodio che
regala una iniezione di azione in più rispetto al romanzo, inserita
quasi ad accontentare chi accompagna la propria ragazza-figlia-moglie
al cinema per fargli dire all'uscita, magari inconsciamente: “beh,
in fondo mi sono divertito!”. L'importante è che si siano
divertite loro e magari per ricambiare ci accompagnino al cinema a
vedere il prossimo film con Vin Diesel, magari quello con le macchine
tamarre guinto al capitolo 6. Un po' per uno.
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