andate al minuto
6.00 e ditemi se non vi ricorda qualcosa...
Non è forse lo
stesso contesto, ma il ruolo della maschera è lo stesso: diventare
idea, diventare immortale.
Si può uccidere
un uomo, ma non si può fermare un'idea. Le idee sono a prova di
proiettile. Questo è il messaggio forte di V per Vendetta. Una
splendida graphic novel di Alan Moore, testi, e David Lloyd, disegni.
I disegni di Lloyd sono dettagliati anche se abbastanza
convenzionali, nella cornice del bianco e nero dell'opera (ma esiste
pure una versione a colori “spenti”), ma l'intuizione grafica del
personaggio così come i dettagli di “regime” ne fanno un lavoro
di pregio. La scrittura di Moore è come al solito solida e descrive
in un numero non troppo elevato di pagine un caleidoscopio di
personaggi unici, tutti tormentati dal confine tra disperazione e
dovere.
Moore è uno
scrittore di fumetti eclettico, i suoi lavori sono affreschi di
indubbia forza evocativa, piccoli mondi in cui l'autore si mette a
nudo nelle sue passioni-pulsioni. Opere personali che divengono
mainstream grazie ai genio che muove la penna, un comunicatore
raffinato ed estremamente critico della società moderna, spesso una
cloaca corrotta non troppo dissimile dal contesto reale. I suoi
personaggi galleggiano su questo mondo marcio, spesso vivendo di
compromessi di cui non vanno fieri perchè gli eroi, nel senso più
alto del termine, sono grandi, rivoluzionari, ma spesso perdenti:
nullificati, messi a tacere, uccisi. Non per questo assenti. Nella
loro titanica presenza, se solo gli eroi possono muoversi contro la
Storia (pur destinati a fallire), la storia con la “s” minuscola,
il mito, il vero-non vero è tutta su di loro. L'eroe muore, ma le
sue gesta rimangono, magari scritte su di un libro, un diario, sulle
pagine di un quotidiano, per voce di chi lo ha conosciuto. Una
rivincita che non toglie l'eco della sconfitta.
Per V per
Vendetta, Moore lavora sempre in questo ambito, cercando però di
andare oltre. L'eroe viene qui svuotato, rimane solo il suo simulacro,
la sua idea. Sappiamo che è un fan del Conte di Montecristo e a
questo brutalmente si limita: impersona una versione teatrale del
Conte di Montecristo senza che mai la maschera sia sollevata. Ma
un'idea, che sia buona o cattiva, può di per sé avere le
connotazioni morali dell'eroe senza trascenderlo?
I personaggi della
graphic novel si muovono in una Londra non troppo futuristica e
decaduta dove nulla sembra sfuggire all'occhio di un regime
dittatoriale. Facciamo la conoscenza di una ragazza che viola il
coprifuoco facendo un brutto incontro con i corrotti poliziotti del
regime. La ragazza viene quindi salvata da un misterioso individuo
che di lì a poco riempirà i cieli di Londra di fuochi d'artificio.
La maschera che indossa è nota, è quella del rivoluzionario
inglese Guy Fawkes.
Alan Moore è
inglese e come tutti gli inglesi sa perfettamente chi sia costui,
anche perchè in suo ricordo c'è una festa nazionale. Il 5 novembre
del 1602 Guy Fawkes organizzò la cosiddetta “congiura delle
polveri”, nel tentativo di far saltare per aria il Parlamento
Inglese, reo di essere diventato quantomeno tirannico. L'attentato
non andò in porto, ma sembra che qualcosa in seguito sia cambiato
nella reggenza, in positivo. Una rivoluzione silenziosa che ha
portato a ogni modo l'artefice a una bella esecuzione capitale. Da
allora il 5 novembre (da cui il “V” del titolo, 5 per la
numerazione romana che graficamente richiama anche il simbolo di
anarchia, invertito) in Inghilterra si dà fuoco al pupazzo di Guy
Fawkes e ci si veste come il suddetto. Che macabri gli inglesi.
Tornando a noi, in
questa Londra del futuro prossimo un nuovo Guy Fawkes si staglia
all'orizzonte, minacciando di fare quello che non gli è riuscito nel
1602, in occasione della tradizionale festa del 5 novembre. La
polizia si mette subito sulle sue tracce, mentre la ragazza che aveva
violato il coprifuoco inizia a fare i suoi primi passi come piccola
rivoluzionaria. L'opera è un inno a non farsi schiacciare dalla
società, ma al contempo una critica lucida ai paradossi ed errori cui
una rivoluzione, per quanto necessaria, va comunque incontro.
La figura che si
nasconde dietro il beffardo volto di Guy Fawkes è il motore di
tutto, eroe e mostro della rappresentazione. Completamente coperto
dall'abito che indossa, il volto celato, guanti neri,
nulla rivela del suo aspetto . Noi leggiamo i dialoghi di Guy Fawkes
ma non ne “sentiamo la voce”, così come non intendiamo la
fisionomia, non sappiamo nemmeno se si tratti di un uomo o di una
donna, giovane o anziano. In una vignetta gli abiti di V sono
adagiati su un appendino, solo a un'osservazione più puntuale si
scopre che è in effetti un simulacro, che V non è presente sulla
scena. Sarebbe però errato considerarlo un non-personaggio, V è
all'opposto un “collettivo”, l'agognato sentimento di libertà
che accomuna un popolo oppresso, non dissimile da quel Full Frontal
di Gundam Unicorn, di cui abbiamo avuto già modo di parlare: non
importa chi o cosa effettivamente lui sia, sono gli altri a
ricoprirlo delle loro aspirazioni e speranze e a dargli così
forma-sostanza. Attenzione però. V non è pura volontà distruttiva,
racchiude anche una profonda morale sul ruolo delle rivoluzioni nella
storia. Molti si limitano a considerarlo oggi una bandiera dello
“sfasciamo tutto”, ma l'opera, se letta come dovrebbe, cela
significati più profondi e non giustifica mai alcuna forma di
violenza. Violenza che sempre e comunque viene anche condannata,
anche se commessa nell'intento di “cause più alte”. La figura
dell'investigatore è altrettanto nobile quanto quella di V, così
come sono forti le sue ragioni. Moore ci tiene a sottolineare che è
comunque uno dei suoi eroi-perdenti, una mosca bianca in un mondo
corrotto che però non possiamo esimerci dall'ignorare, dal
parteggiare per lui. Riuscirà il quasi metafisico terrorista V a
distruggere tutto – rivoluzionare tutto o il buon, disilluso,
detective riuscirà a evitare il caos, pur così salvando una società
corrotta? Un bel dittico, difficile scegliere per chi parteggiare.
Concetti non
semplici da trasfigurare sul grande schermo, senza scadere in
colorazioni o semplificazioni eccessive. Di fatto non è mai stato
semplice adattare il pensiero di Moore al cinema.
Moore ha sempre
avuto grande amore per i suoi “bambini”, al punto che si è
sempre ben guardato dal firmare trasposizioni cinematografiche: opere
nella maggioranza dei casi ben riuscite, ma che in qualche modo
rimangono figlie-vittime di una visione “altrui”. Divertente La
Lega degli Uomini Straordinari nelle sale, film fracassone e colorato
che a ben vedere anticipa quello che da poco abbiamo visto con gli
Avengers, ma solo un'eco della grandezza della relativa opera
cartacea di Moore, in cui i personaggi divengono figure tragiche da
drammaturgia greca. Un grande Johnny Depp si muove nella Londra
vittoriana filmica di From Hell, cupa e satanica, ma anche qui il
film è solo un riflesso, pure piuttosto sbiadito, dell'opera su
carta, quanto mai potente, sanguigna e disperata in cui il
personaggio principale non è l'investigatore di Depp, ma
l'assassino, aristocratico e intoccabile, protetto dalla massoneria,
materia forse troppo oscura per i produttori di Hollywood (o forse
troppo "scoperta” a seconda dei punti di vista). Watchmen invece è
l'esatta trasposizione filmica del fumetto, non una trasposizione, ma
una mera “esecuzione” attraverso un media differente, un atto
quasi ecumenico, integralista, al pari del Sin City di Miller rivisto
da Rodriguez, la letterale messa in movimento delle vignette: può
capitare che risultino entrambi oggetti di difficile lettura per un
pubblico occasionale a causa di una così deposta scrittura,
scrittura che ne fa per i fan qualcosa di magistrale e
inarrivabile. Poi arriva V per Vendetta, dove il libro a fumetti
viene, finalmente, adattato per il grande schermo: cambiano delle
carte ma il risultato è ugualmente forte, ugualmente buono, seppur
diverso. La regia del poco sfruttato, James McTeigue, la sempre
brava Natalie Portman nella parte della giovane rivoluzionaria,
Stephen Rea, sempre misurato e profondamente umano, nella parte del
detective disilluso e l'incredibile Hugo Weaving a rivestire la
maschera di V. Alla produzione ecco arrivare i fratelli prodigio di
Matrix, che donano alla trasposizione un tocco familiare per chi ha
apprezzato la trilogia cyberpunk. Alla regia un loro tecnico, che ho
di recente apprezzato anche per Ninja Assassin, composto
e ordinato nella scansione degli eventi, ottimo direttore di attori.
Brava la Portman, Weaving giganteggia con un ruolo quasi impossibile:
recitare senza potersi esprimere con il volto è uno dei lavori più
difficili di sempre, soprattutto se il personaggio è complesso e
articolato come in questo caso e alla fissità della maschera
accompagna anche movenze volutamente eccessive e teatrali. Musica
potente, effetti grafici ottimi. Un accenno alla scrittura è
doveroso. Un'azione concitata, lo sviluppo di meno personaggi
rispetto al fumetto, tagli e cambiamenti vari, il film nonostante
appaia molto diverso, non tradisce l'originale e mette in scena, anzi,
suggestioni nuove e visivamente potenti. Nel film c'è addirittura
una bellissima sequenza che pensavo mutuata dal fumetto, ma che è
invece frutto dell'ottimo adattamento. Cose che capitano raramente.
La pellicola
tuttavia ha i suoi tempi e laddove bene presenta V, glissa su parti
ugualmente importanti dell'opera di Moore dando un quadro leggermente
distorto. Un'opera forte, quindi, che sebbene confezionata con classe
reca un messaggio che può essere molto facilmente frainteso, motivo
per cui una visione da parte di soli bambini non solo è sconsigliata
ma addirittura nociva. Sarebbe invece utile che se ne parlasse,
magari confrontandosi con degli adulti. Le differenze con l'opera a
fumetti sono molteplici, ma i due lavori sono per me complementari.
Vi consiglio molto caldamente di leggere il fumetto e poi vedere la
pellicola, ma fate pure il contrario con comodo, avrete solo così
l'esatta percezione dell'opera: da un lato la sua potenza
evocativa (film) dall'altro il suo valore morale (fumetto). In ogni
caso un ottimo spettacolo.
Talk0
L'ho rivisto ultimamente e l'ho anche finalmente letto nella sua versione fumettistica. Effettivamente il messaggio è in parte distorto sebbene il film sia davvero brillante: leggermente più "buonista" sotto alcuni aspetti (La ragazza che da prostituta diventa una semplice segretaria della TV di stato è solo un esempio).
RispondiEliminaComunque ottima analisi!
Grazie per i complimenti! Condivido la tua idea...
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