Todd Philips. Se
questo nome non vi dice molto, è la mente dietro a questo film,
dietro a Parto con il Folle, dietro a Una Notte da Leoni 1, 2 e di
prossima uscita 3. Per molti è il nuovo John Landis. Per me è
qualcosa di completamente diverso, di nuovo e per questo qualcosa di
buono.
Philips è un
frantumatore di tabù, il cantore della primitività umana, l'esegeta
della sbornia non-triste. I suoi film sono urla di vitalità, condite
di sputi, rivolte a un mondo grigio, fintamente pulito e perfettino,
accettazione-subordinazione-supina del modello plastico (nel senso di
divano ricoperto da plastica contro lo sporco e l'umanità) di vita
geriatrico e tranquillo da provincia denuclearizzata (a tre
chilometri di curve dalla vita, cantava Bersani). Urla bestiali delle
quali subito pentirsi e tornare sulla retta via, cacciando tutto
l'eccesso sotto il tappeto buono del soggiorno. Ma l'eccesso c'è
stato, sempre, compiaciuto e tronfio, simulacro di una titanica
idiozia che comunque ci rende superiori a forme di vita amorfe come i
funghi e le spore. Sono film comici dunque? Niente affatto, sono una
categoria a sé, sono film sull'eccesso e su come l'uomo cerchi di
ricontenerlo nel vaso di pandora. Si ride? Di brutto. Ma Una notte da
Leoni ha molto più a che spartire con un film giallo-action rispetto
che a una commedia con Ben Stiller. In Una notte da leoni avevamo
una scansione temporale rigida: un prima, un black out (in cui
succedono cose folli di cui nessuno ha memoria in quanto troppo
strafatti), un dopo da ricomporre. Con Project x vediamo il mostro
direttamente negli occhi, i protagonisti sono strafatti anche loro ma
uno no, il cameraman no, lui non beve e ci farà vedere tutto quello
che registra la sua telecamera a mano, con la precisione di un
documentarista.
Nima Nourizadeh
viene scelto alla regia da Philips, sotenuto dal potente produttore
Joel “arma letale” Silver. È un esordiente, passato di qualche
videoclip. Esordienti sono anche i protagonisti scelti, chi da
provini, chi in virtù di esperienze su Youtube. Carne fresca e
giovane che più che interpretare un ruolo deve impersonare nel modo
più naturale possibile la propria età. Un Verismo alla My Sweet
Sixteen mi verrebbe da dire, in riferimento al tema del film. La
trama, stringi stringi, è tutta qui: tre amici vogliono celebrare
degnamente il compleanno di uno di loro organizzando una maxi festa
mentre i genitori dello stesso sono fuori casa. Solo che da 30
persone, per il passaparola dei nuovi media, si ragginge una cifra a
3 zeri. Segue la cronaca della festa-apocalisse tra sesso-droga-musica
dance-follie alla jackass. Mai come in questo caso gli intenti
narrativi sono secondari rispetto alla rappresentazione visiva degli
stessi. Stordente e abbaccinante, la festa è un mostro tentacolare
spinto da pura pulsione, un blob in continua espansione e senza
freni inibitori dove tutto è consentito in quanto comunemente
vietato da genitori, logica e buon senso. La natura (primitiva) umana
a contatto con la natura-matrigna. Se la vostra visione di festa è
aprire a Capodanno uno spumante (magari facendo come nella formula uno
e pertanto passando la prima mezz'ora dell'anno nuovo a pulire mentre
tutti ti danno del coglione) qui siamo su tuuuutto un altro pianeta.
Musica a palla, piscina, fumo, fiumi di birra e tette, tante tante
tante tette tette tette. Fino a che si arriva all'assurdo, al
parossismo e si supera tutti i limiti inimmaginabili. L'ultima
mezz'ora è indescrivibile in uno spettacolo di eccessi da girone
dantesto. Divertente? Malatamente sì, razionalmente pare di stare in
un film horror e credo che se una madre potesse anche solo ipotizzare
che il proprio figliolo potesse anche solo lontanamente predisporre
un simile armageddon autodistuttivo, rischierebbe le coronarie. L'uso
della telecamera a mano è geniale, come geniale è l'idea che a
portarla sia un soggetto sociopatioco e potenzialmente pericoloso.
Gli attori sono bravissimi, tutto funziona. Alcune scene sono da
applauso e standing ovation. Il personaggio di T.Rick è da
antologia. Si respira il cameratismo tipico dei film di Philips, un
abbraccio sudato e sincero, ma trova spazio anche il vero amore,
quello pratico e vitale, in perfetta antitesi al modello stucchevole
dei finti film su finti matrimoni con la finta Julia Roberts. Possibile
che per me i migliori film sentimentali non siano i film
sentimentali? Un film di eccessi eccessivi quindi, che per Philips
dovrebbe essere l'equivalente moderno di Animal house. Per me ci
riesce quasi, sarà che sono troppo vecchio per rivedermi in contesti
così estremi. Da guardare con gioia e in cuffia a tutto volume, che
se no i vicini si arrabbiano.
Talk0 il vecchio.
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