domenica 23 aprile 2023

Cocainorso (Cocaine Bear): la nostra recensione della commedia horror di Elizabeth Banks, basata su una tragica storia vera da cui è nata una assurda leggenda urbana

America degli anni Ottanta. Sul piccolo aereo illegale che trasporta una montagna di panetti di cocaina per conto del criminale Jay White (Ray Liotta, nella sua ultima e autoironica interpretazione di un gangster prima della scomparsa) succede qualcosa di inaspettato. Qualcuno ha fatto il doppio gioco ha deliberatamente gettato in volo la cocaina, dentro a delle borse, sopra un parco naturale della Georgia. Ma alla fine il piano gli è riuscito a metà, perché il suo paracadute non si è proprio aperto e lui si è schiantato sul pianerottolo di qualche vecchietto, tra lo stupore e l’ilarità generale. La notizia finisce anche in tv e presto girerà voce, in “certi ambienti”, anche il dettaglio dei 300 kg di cocaina che ora giacciono dentro un parco naturale qua e là. I “legittimi proprietari del carico” decidono quindi di far partire subito una operazione di recupero, prima che si scateni una autentica “caccia al tesoro tra narcotrafficanti”. Ma la natura ha un piano tutto suo per quella polvere bianca e infatti il primo ad avvicinarsi alla droga smarrita è solo un timido, svagato ed enorme orso nero. Poco dopo aver annusato il primo pacchetto caduto dal cielo, l’orso finisce sotto l’obiettivo bonario della macchina fotografica di Olaf ed Elsa (con Kristocer  Hivju e Hannah Hoekstra che sembrano la parodia degli Abba), due vecchie rockstar finlandesi tutte contente di aver immortalato un orso dal vivo. Ma più i due guardano con preoccupazione l’animale e più lui inizia a comportarsi in modo innaturale, quasi “eccitato”. Si struscia sconciamente contro gli alberi, cammina sulla schiena stile lombrico, “fa l’angelo tra le foglie cadute”. È sotto sballo, ma al contempo sta “mutando”, trasformandosi in una specie di super predatore aggressivo (cosa singolare per orsi neri) quanto dalla forza inarrestabile, dalla fame di cocaina inestinguibile. Una creatura rapida, letale quanto incredibile silenziosa disposta a tutto, pur di assaggiare ancora e ancora quella polvere bianca. Sarà tutta sua, anche se dovrà cercarla in un nuovo panetto o anche solo vagamente sui vestiti, nell’organismo o “nelle intenzioni predatorie” di chiunque si trovi nei pressi del parco per fregargliela. Le due vecchie rockstar vengono attaccate ferocemente mentre gli sgherri di Jay White (il “gigante sensibile” interpretato da O’Shea Jackson Jr e il depresso cronico interpretato da Alden Ehrenreich) iniziano a muoversi in direzione del parco prima dei concorrenti portoricani. Sulla strada della polvere bianca c’è anche il corpulento vecchio detective Bob (il veterano caratterista Isiah Whitlock Jr), che li segue a pochi chilometri, mentre nell’oasi verde, per lo più inconsapevoli di tutta la storia, il gruppo di teppistelli locali (tra cui il simpatico e stralunato personaggio con il capello decolorato del bravo Aaron Hollyday) hanno già collezionato casualmente qualche panetto. In procinto di addentrasi nel bosco ci sono anche due Ranger un po’ sovrappeso (i buffissimi personaggi “superambientalisti” e “superecologisti” impersonati da Jesse Tyler Ferguson e Margo Martindale), alla ricerca di due ragazzini che hanno marinato la scuola (i monelli in cerca di “esperienze da grandi” interpretati da  Brooklynn Prince e Christian Convery), debitamente allertati da una mamma preoccupata (la super preoccupata Sari, interpretata dalla sempre bellissima Keri Russell) . 

Nel bosco accadrà di tutto, con parecchio spargimento di sangue e polvere bianca.


Ogni tanto mi tocca fare una piccola premessa prima di addentrarmi in una recensione, specie quando dei fatti di cronaca vanno in cortocircuito con un’opera di finzione pianificata decenni prima, insinuando false credenze sul valore intrinseco di quella che è per lo più una innocente e super esagerata pellicola di puro intrattenimento da guardare in una classica serata “a rutto libero” tra amici. 

Il cinema horror, anche nel caso “si concretizzi” in una horror/commedy super leggera come questa, spesso trova spunti creativi sul senso di colpa che l’uomo prova nei confronti di se stesso, della società in cui vive e della natura che abita. Ogni tanto negli horror la natura “fa pagare il conto all’uomo” per essersi spinto troppo “nel suo territorio” o aver distrutto deliberatamente l’ambiente e la salute collettiva. Di conseguenza il cinema per sottolineare il “senso di colpa nei confronti della natura” in modo sagace, divertente e “spiazzante”, risponde dando vita a creature che diventano “metafore di questo conflitto”: roba come l’uomo lupo, Godzilla, i Gremlins, le tarantole-laviche, gli scoiattoli-zombie, piranha mutanti e dinosauri geneticamente modificati, coccodrilli che abitano le fogne. Tra le fila di queste creature più o meno da incubo, “molto liberamente tratte da storie realmente accadute”, militano poi intere flotte di ragni, squali e orsi, tutti debitamente e opportunamente più grossi, più aggressivi e più eccessivi delle rispettive controparti reali. Loro sono un po’  i massimi “guardiani della natura” contro il logorio dell’uomo moderno. Tutti tesserati virtualmente nelle principali associazioni ambientaliste esistenti. I film che vedono protagoniste queste creature sono semplici e diretti, mirano alla “giusta punizione dell’uomo nel modo più brutto e catartico possibile” e  metaforicamente urlano forte tutto il tempo messaggi inequivocabili come “non si va a inquinare il mare o ridurre le riserve marine per fare spiagge extra”, oppure “non si riempie di centrali atomiche o rifiuti industriali e tossici un corso d’acqua a cui attingono ogni giorno migliaia di persone e animali”. Oppure, come nel nostro caso del Cocainorso, “non si deve riempire ogni bosco o boschetto di droga e spacciatori della medesima, oppure (e qui intervenire la creatura) può essere che la natura decida lei di sniffarsela tutta, debitamente attaccando chiunque la detenga o ne faccia uso”. Il Cocainorso prende spunto da un fatto di cronaca vera su un orso che ha assunto della cocaina lasciata nei boschi da degli spacciatori, finendo male e nel mentre non facendo male a nessuno. Da quella storia ha preso piede la “leggenda urbana basata sulla storia vera” del Cocainorso, per gli amici di questa variante soprannominato “Pablo Escobar”, che in seguito alla assunzione della polverina qui diventa una super forte macchina di morte stile Jason di Venerdì 13 e inizia a far fuori tutti gli spacciatori o possibili utilizzatori della polverina “che non siano lui”. Se qualcuno vi dice che questi film sono creati per farvi credere che gli orsi o gli squali o i ragni o Godzilla o gli scoiattoli zombie sono “cattivi e nocivi all’uomo”, ditegli con tutta l’eloquenza che possedete che “può essere in malafede” per le ragioni di cui sopra. Ogni vero fan dei film su squali e orsi assassini ha in casa il peluche di uno squalo e di un orso, è consapevole che gli animali reali non sono inarrestabili macchine di morte (se non debitamente provocati o spostati dall’uomo forzosamente in un habitat che non è il loro ), si è sincerato che nessun animale reale sia stato istigato, sfruttato o maltrattato nella realizzazione di queste pellicole. Se poi ci fosse in giro davvero, come la leggenda urbana vuole (e che differisce moltissimo dalla realtà dei fatti), un orso che assalta gli spacciatori nei boschi facendoli morire malissimo, può essere che abbiamo quasi risolto il problema dello spaccio di droga nel mondo e salvato gli orsi dall’estinzione con un piano di ripopolamento su scala globale. Ovviamente però, questa è solo una esagerazione a uso ridere di una commedia splatter del 2023. Fine della premessa, torniamo a noi. 


Terza regia cinematografica per la bellissima autrice, attrice e produttrice Elizabeth Banks, dopo la commedia canora Pitch Perfect 2 del 2015 e la commedia action Charlie’s Angels del 2018. La sceneggiatura è del 2019 e di Jimmy Warden, scelto dopo il suo lavoro alla commedia/horror La babysitter - Killer queen. I produttori sono quei pazzerelli di Lego The Movie e 21 Jump Street, Phil Lord e Christopher Miller e il film inizialmente doveva essere diretto dagli esperti horror-maniaci “Radio Silence” (al secolo Matt Bettini-Olpin e Tyrell Gillet) che però stavano lavoro nottetempo al rilancio della serie Scream. L’idea è stata fin da subito concentrarsi sulla leggenda urbana più che sui fatti reali. La produzione del film è passata tramite Universal alla Banks, alla sua primissima prova con un genere così “estremo ed escapista” come la horror Commedy, ma non certo digiuna dalle opere dotate di grande ironia, sarcasmo e lieve Black humor, considerando tra i suoi lavori anche la regia televisiva di molte puntate della serie Scrubs. Le riprese si sono svolte per quattro mesi in Irlanda, l’orso è ovviamente stato realizzato digitalmente in post produzione per non assomigliare neanche un istante a un orso vero. Nel cast figura la star della serie tv Felicity, Keri Russell, che prima del Cocainorso abbiamo visto già scontrarsi “con qualcosa di simile”, ossia con il celebre cervo-mannaro leggendario “wendigo”, in Antlers di Scott Cooper. Ad affiancarla c’è Alden Caleb Ehrenreich, che proprio Phil Lord e Christopher Miller avevano inizialmente diretto in Solo - A Star Wars movie, prima che il progetto passasse con pesanti modifiche e riscritture a Ron Howard. Ehrenreich ha già partecipato a degli horror come Stoker di Park Chan-wook e di fatto anche lui in Solo si è scontrato inizialmente con qualcosa di simile a un orso enorme, anche se in questo caso si parla di quell’amabile orso-peluche di Chewbecca. L’attore O’Shea Jackson Jr, nonché figlio più grande del rapper Ice Cube a cui assomiglia in tutto e per tutto, non teme rivali in fatto di esperienza cinematografica con creature enormi e spesso pelose di tutti i tipi, avendo preso parte a quella royal Rumble filmica in salsa Kaiju che prende il nome di Godzilla: King of the MonstersAndy Garcia nella sua sterminata carriera deve aver per forza incontrato sul set qualche creatura pelosa potenzialmente minacciosa, ma ha sicuramente diviso lo schermo con l’orso  Fozzie del Muppets Show, in più di una occasione. Anche spulciando il curriculum del resto del cast si trovano pellicole che li vendono protagonisti al fianco di creature a vario titolo “enormi o pelose” e questa è un po’ la riprova del grande amore dei produttori di Cocainorso per il mai troppo celebrato “cinema orsesco (e affini) ”. 


Un cinema che parla dell’incontro tra creature pelose e non e che spesso aiuta chi fa film a sfondare al botteghino ma pure a conseguire importati obiettivi di carriera. Del resto è proprio grazie alla sua burrascosa “relazione” con un orso sul grande schermo, tra affettuosi scambi di bava e “coccole” un po’ troppo “passionali”, che Leonardo Di Caprio ha vinto il suo primo oscar da protagonista per Revenant. È grazie alla espressività dell’orso protagonista di L’orso, nomen omen, che Jean Jaqueline Annaud dopo i diecimila dialoghi anche in latino de Il Nome della Rosa ha potuto realizzare un film avvincente anche se completamente muto, se non parlato nell’universale “orsesco”. È l’orso che appare per 6 minuti nell’horror-minimal/romantico Backcoutry a rendere favolosa la pellicola di Adam McDonald, tanto da prendersi pure tutta la locandina principale e diventare simbolo della campagna marketing. È grazie a un orso se il personaggio di Brad Pitt in Vento di Passioni ha potuto sfoggiare la sua folta bionda e vaporosa chioma al meglio, al vento e con passione, dando vita a uno scontro iconico che ha ammaliato e fatto innamorare più generazioni di fans, mandando alle stelle anche le vendite del balsamo per capelli per uomo. È andata male all’orso con la voce di Russel Crowe nel film fantasy con la Kidman La bussola d’oro, ma è un po’ l’eccezione che conferma la regola e Russell Crowe è tornato ad avere successo dopo il covid grazie proprio alla sua personale reinterpretazione di un grosso e peloso “automobilista-orso” in Il giorno sbagliato. L’attesa per ogni nuovo orso cinematografico è sempre alta e andiamo quindi più nel dettaglio di questo nuovo “orso mutante cinematografico”, tra realtà e leggenda urbana, partendo da un indispensabile rigore da Discovery Channel: perché i film “su ogni creatura reale o di finzione”, diventano “speciali” proprio nel fornire una rappresentazione interessante del carattere e abitudini delle stesse, compresa la loro attitudine o meno di diventare amiche dell’uomo. È proprio su questo legame tra uomo e creatura che spesso può quasi definirsi il “genere cinematografico della pellicola” e il Cocainorso, con una intuizione felice, riesce in modo interessante e originale a diventare quasi “un film diverso”, a seconda dei rapporti che il gigante coccoloso intrattiene con i vari personaggi.  


Il Cocainorso è tecnicamente un orso “nero” o “orso americano”, le cui caratteristiche principali e attitudini ci vengono presentate nella primissima scena citando come fonte più attendibile “Wikipedia”. Ne esistono per le stime intorno ai 600.000 esemplari sulla zona continentale che va dal Canada al Messico. Vive anche a Yellowstone, facendo compagnia all’orso Yoghi. In genere vive 10 anni ma può arrivare ai 30 se è particolarmente solitario. In genere è altro 200cm per 700 kg di peso. Con un solo colpo è stimato possa uccidere un cervo adulto, ma ha un tipo di alimentazione quasi completamente vegetariana. Non va al 100% in letargo e questo lo rende molto reattivo agli attacchi, ma ama “autoaddormentarsi” secernendo un ormone che funge da sonnifero la sera sul presto. Trascorre l’intero inverno senza mangiare, bere, urinare e defecare, perché ci tiene che nella sua grotta tutto sia pulito e ordinato. Può correre i 50km orari con le sue quattro “zampe motrici”, ma lo fa raramente, al punto che le zampe posteriori sono più sviluppate sulla lunghezza “tipo scarpe”, dal tanto che lui preferisce camminare piano con la postura eretta, “passeggiando”. Ogni tanto l’orso nero ha una colorazione più castana e prende così il nome di “cinnamon bear”. La Asylum dopo aver realizzato un instant-remake come il Cocaine Shark sta già ragionando sulla possibilità di un Cinnamon Shark. L’orso nero ha poi muscoli dorsali forti che gli permettono di scalare gli alberi, ma che usa per lo più per fuggire dai coyote e dagli altri animali. Non vede in genere un granché, ma compensa in parte con olfatto e udito. Non è un animale particolarmente aggressivo “per scelta”, predilige la calma e la vita appartata nelle grotte alla movida della foresta. La sua principale causa di mortalità è tragicamente l’investimento con le automobili, per lo più dovuto al progressivo restringimento delle aree verdi a favore delle autostrade. Le statistiche parlano di 20 attacchi all’uomo da parte dell’orso nero in tutto il ventesimo secolo, che hanno avvalorato la bizzarra teoria (a cui crede fermamente anche un personaggio del film) in base a cui “se un orso bruno attacca bisogna stare fermi, mentre se un orso nero si avvicina si deve attaccarlo, che tanto lui alla fine scappa”.  

Poi però c’è lo stato “Stunned”, la variabile imprevista. Oltre a una insolita libido che gli fa desiderare grattare con il corpo ogni superficie e ad una ipnotica passione per il volo delle farfalle dai colori “psichedelici”, il Cocainorso inizia a vederci benissimo, corre a quattro zampe a 100 km orari, si lancia silenzioso come un ninja su qualunque cosa che odori o stia vicino alla cocaina, possiede una forza che non si vergogna più ad usare ed acquisisce una insensibilità ai colpi di pistola pari a un giubbetto antiproiettile in kevlar. Quando sbrana qualcuno, in genere non lesinando frattaglie e interiora che volano con esageratissimi effetti splatter, il Cocainorso ha un “vezzo”: la curiosa predilezione per amputare una gamba alla preda prima di compiere qualsiasi altra azione. 


Veniamo quindi alle relazione umane che questo enorme peluche intrattiene durante la pellicola. Che sia un “bonaccione” lo credono fermamente i buffi “simil- Abba” interpretati da Kristocer Hivju e Hannah Hoekstra e gli ancora più buffi Ranger interpretati da Jesse Tyler Ferguson e Margo Martindale, con inevitabili conseguenze tragicomiche dovute al fatto che tutto questa “bonacciosità” valeva prima che il nostro eroe inizi ad essere “Stunned”, ovviamente. È con in scena questi personaggi che il film diventa una commedia surreale splatter carica di Black humor dove nel caos generale le persone si sparano tra di loro e l’equipaggio di una ambulanza viene inseguito come in una scena di Terminator 2

L’unico modo per guadagnare tempo è riempirlo di polvere bianca e darsi alla fuga, ma è una scelta così profondamente anticapitalistica che il trafficante medio preferisce non esplorare anche quando è in gioco la vita. E veniamo così alla seconda tipologia di amici del Cocainorso.

Proprio quando entrano in scena il “boss” di Ray Liotta e la sua cricca, la pellicola diventa tutta una “caciara” alla Robert Rodriguez, ripiena di dialoghi alla Pulp Fiction e proiettili che fanno esplodere persone per sbaglio come hamburger. Qui il Cocainorso si fa “orso serio” e inizia a sfoggiare anche  pose degne dello Scarface di Al Pacino. O’Shea Jackson Jr,  Alden Ehrenreich e Aaron Hollyday formano un simpaticissimo trio di “bad guys” sconclusionati, che finiscono inevitabilmente schiacciati “nell’ego” da un orso che letteralmente decide di sottometterli “dormendoci sopra”. Ray Liotta sembra riprendere malinconicamente il suo gangster di Quei Bravi Ragazzi ed è commovente vedere il celebre attore così autoironico nella sua ultima interpretazione ad affrontare un orso come Di Caprio in Revenant. Ma ecco che parallelamente al gangster movie si sviluppa pure la svolta “Disneyana” in ragione della terza tipologia di amici dell’orso. Non è che all’improvviso un film che si chiama “il  Cocainorso“ si trasformi in Bambi o Il re leone, ma quando di fatto entrano in scena i “monelli” ci arriviamo vicini. La mamma super preoccupata di Keri Russell e la costante pubblicità “contro i pericoli della droga” che viene costantemente trasmessa nel suo televisore degli anni '80, spingono i due irresistibili piccoli monelli interpretati da Brooklynn Prince e Christian Convery alle azioni più ardite e “non adatte alla loro età”, e pare davvero l’incipit di una favola esilarante per scorrettezza. Una favola dove al posto della casetta di marzapane con la strega c’è il Cocainorso e i monelli diventano di colpo esploratori del “regno animale“ come Ricciolidoro.

Decisamente un bel mix di trame e suggestioni, che la Banks gestisce con mano leggera e tanta ironia, sia nelle scene più smaccatamente comiche (quasi da Looney Toons le “fughe sugli alberi”) che nelle scene “orrorifiche”, quanto nelle molte sparatorie/inseguimenti/scazzottate da film action. Il Cocainorso è il perfetto film di genere senza pretese che vadano oltre il far divertire il pubblico per una serata particolarmente ridanciana “a grana grossa”, seppure presenti finezze che lo rendono un prodotto più interessante della media sotto molti aspetti. Tutti gli attori riescono a trovare tra loro una buona intesa che amplifica il potenziale comico dei personaggi. Le variazioni di registro, dell’action alla commedia all’horror, rendono la visione sempre frizzante e divertente. Gli effetti speciali digitali che muovono tanto i balletti quanto gli attacchi dell’orso, così come gli “effettacci” più esageratamente splatter che a piene mani cercano sempre più di invadere lo schermo, sono realizzati in un modo così divertito e convincente, nel loro “ricercato irrealismo”, da andare incontro ai gusti di tutti i cultori di questo genere di pellicola. 

Il Cocainorso è un film divertente che non ambisce a fare qualcosa di diverso dall’offrire uno show carico di battutacce, tanto splatter e personaggi stralunati. È un film da affrontare gioiosamente a mente sgombra, come anti-stress dai veri orrori della vita di tutti i giorni. Per evadere dalla realtà è immaginare un mondo con meno trafficanti di droga e con più orsi felici. 

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