sabato 22 aprile 2023

L’appuntamento: la nostra recensione del film di Teona Strugal Mitevska, la regista di Dio è donna e si chiama Petrunya


Nella grigia Sarajevo dei giorni nostri, che ancora non ha dimenticato la guerra fratricida di oltre vent’anni fa, in un grande Hotel che organizzava eventi si tiene un particolarissimo “speed-date”. I partecipati devono tutti indossare dei camicioni rosa e una grossa spilla con sopra un cuore, mentre le organizzatrici vestono con vistosi abiti “tigrati”. Le coppie sono state preselezionate e si sono brevemente conosciute online e la giornata è strutturata su più fasi che puntano a rafforzare la conoscenza reciproca. Un lavoro sulle affinità dove le coppie risponderanno alle domande di un questionario letto dal vivo, premendo un tasto per indicare la consensualità o meno ai vari argomenti. Un lungo momento di convivialità dedicato al pranzo in una sala comune. Nel pomeriggio ginnastica meditativa-motivazionale-relazionale di gruppo, seguita da possibili balli a due e confronto finale. Sono eventi periodici creati dalle associazioni del territorio per promuovere la socialità tra le persone molto sole, si presentano uomini e donne di tutte le età. C’è chi è già più volte venuto agli incontri ed è quasi diventato un abituè. Constatata la “fisiologica” impossibilità di trovare il vero amore, molti scelgono per lo più di partecipare per ammazzare il tempo nel fine settimana, chiacchierare, divertirsi e godere del sempre ricercato pranzo offerto dal ristorante. Asja (Jelena Kordic Kuret) è una ragazza bionda sui quarant’anni, lavoratrice e “di solito” dall’animo solare, anche se arriva all’incontro molto agitata e sconfortata dalla “messa in scena”, fin dal momento in cui deve indossare il terribile camicione rosa e lo spillotto a cuore. Lei sceglie così di indossare in abbinato a “tanto romanticismo” una personale risata tirata, sperando che il tutto si svolga molto velocemente. In fondo è la sua prima volta. È la prima volta anche per Zoran (Adnan Omerovic) il compagno scelto per lei dal destino. Un uomo dallo sguardo dolce ma più vecchio, troppo alto e troppo spettinato, un po’ allampanato, sicuramente depresso e deprimente, a tratti decisamente inquietante. Mentre tutte le coppie in qualche modo scoprono dalle domande “del gioco” di avere qualcosa in comune, diventano complici e ridono per superare l’imbarazzo sotto la guida delle tigrate organizzatrici, tra Asja e Zoran aleggia una impenetrabile coltre di disagio, che peggiora minuto dopo minuto. Fino a che l’uomo di punto in bianco inizia a guardare Asja con uno sguardo indagatore e dichiara subito dopo di averla già incontrata in passato. Poi si alza dal loro tavolo e sparisce nel nulla. Asja rimane sola e in attesa. Nessuno si avvicina a dirle qualcosa su come si gestisca in questi casi la situazione e presto si rassegna sulla totale impossibilità delle “tigrate” di supportarla psicologicamente, farla accedere a un diverso pretendente o fare una qualsiasi altra azione risolutiva. Zoran ritorna, è più calmo dopo essersi rinfrescato in bagno e racconta ad Asja di come in lei abbia riconosciuto dalle domande una bambina di venti anni prima. Una bambina a cui lui ha distrutto la casa e la famiglia vent’anni prima, mentre militava in un gruppo armato serbo-bosniaco contro i suoi stessi concittadini. Era giovane e non poteva ribellarsi a quegli ordini. Quel giorno aveva quasi sparato a caso per paura di ritorsioni. Gli avrebbero forse sparato i suoi stessi compagni se si fosse rifiutato e da allora non ha mai superato l’angoscia e il senso di colpa di quel giorno. È tutto vero e Asja non può non ricordarselo, perché è da quel giorno che anche una parte di lei, la più giovane e spensierata, è inevitabilmente morta. È da allora che ha enormi problemi con le relazioni umane ed è forse per questo, come ultima spiaggia, che si trova in quel posto eccentrico, vestita di rosa, per rispondere a domande su quale sia il suo colore o film preferito, in un incontro al buio con uno sconosciuto. La ragazza non sa bene cosa fare o pensare, quando arriva l’ora di pranzo e uomini e donne si siedono sparsi nella zona ristorante, per lo più divisi in gruppetti dello stesso sesso. C’è chi si lamenta del livello più basso del cibo rispetto al solito standard, chi si informa sulle faccende di gossip legate alle organizzatrici tigrate e chi se ne sta per lo più in silenzio a fissare il nulla, come Asja e Zoran. Al rientro l’attività prevede che tutti si aiutino insieme in un salone a sorreggere delle palle riempite d’aria, come se con l’aiuto di tutti si potesse sostenere il mondo e provare ad amarlo. Asja immagina Zoran armato che abbatte tutti i partecipanti dello speed-date e cerca sempre più un confronto diretto con lui. Fino a che propone un gioco di ruolo, nella assoluta riluttanza delle organizzatrici che si ribellano da subito, ma sostenuta dalla “curiosità” dagli altri partecipanti. Pone Zoran su una seria al centro della sala, davanti a tutti, mettergli un sacchetto in testa e rivelando agli astanti che è uno degli assassini che hanno insanguinato le strade di Sarajevo. Scoppia il caos. 


Teona Strugal Mitevska ama creare un cinema che si pone delle domande esistenziali, sempre a tinte forti. Usando un tono spiazzante quanto surreale, ironico ma profondamente satirico, la Mitevska seziona con il suo bisturi analitico i paradossi della quotidianità, spesso portando alla luce l’essenza profondamente tragica delle cose. È un cinema che spinge il pubblico a ridere della “normalizzazione” delle situazioni psicologiche più assurde, ma che in realtà vengono costruite con cesellata cura per un intrinseco significato filosofico e simbolico.  L’appuntamento parla di un popolo ancora sotto stress post traumatico, su cui brucia ancora una profonda ferita, che il resto del mondo ha già dimenticato e archiviato, che riverbera ancora sul territorio e sugli sguardi delle persone. Il forse ingenuo speed-date della storia cerca di mascherare sotto i camicioni rosa e i vestiti tigrati queste ferite, con l’hotel che ospita l’evento che ha stanze che rievocano nei nomi capitali estere e gli stessi saloni che nascondono il paesaggio di Sarajevo dietro pesanti tende rosse, anche se è ancora giorno. Tutto è strutturato per far concentrare i partecipanti “sul presente” e sulla loro necessità di poter trovare qualcuno che gli stia accanto nella vita facendo sentire meno soli. Ridere insieme, giocare insieme, mangiare qualcosa di buono insieme e ballare, alla ricerca di una felicità forse infantile ma “pura”. Tuttavia i “fantasmi del passato” sono ancora incredibilmente presenti e coriacei. Alcuni richiedono a forza il riconoscimento della supremazia del proprio dolore, su chi si è schierato nel conflitto dalla “parte sbagliata”. Altri reclamano di avere di nuovo la “possibilità, impossibile” di rivivere la propria giovinezza, strappata anzitempo da una guerra che li ha fatti crescere a forza. Altri spingono a essere rassegnati in partenza, ma il pranzo è gratis. È un incontro che diventa inevitabilmente scontro, alla ricerca di una fisicità che si presenta “ambivalente” tra il desiderio di avvicinarsi all’altro “di cuore” e quello di dargli un pugno. Jelena Kordic Kuret e Adnan Omerovic riescono a cogliere a pieno la complicata quanto umana fragilità dei loro personaggi, ugualmente sfuggenti quanto bisognosi del reciproco affetto. Ogni dialogo tra i due riaccende tra i personaggi ferite antiche, che Asja in genere cerca di affrontare con una positività totalmente fasulla e disperata mentre Zoran si chiude nel più totale pessimismo cosmico. Nella “tragicità della leggerezza”, condizione indispensabile per affrontare un incontro al buio, i due personaggi sono amabilmente inadeguati. Però, di ferita in ferita e di zuffa in zuffa, “qualcosa tra i due succede”. Qualcosa di positivo e per una volta non distruttivo. Forse in questo la Mitevska vuole darci la piccola ma decisiva speranza che anche nelle situazioni più disparate alla fine l’amore, come in tutte le favole, possa trionfare. Con le dovute dosi di ironia e urla a supportarlo un po’, come la Nietzschiana “stella danzante che si genera dal caos”. L’appuntamento è un film dallo spirito leggero ma dalla interiorità profonda e sfaccettata, carico di commedia e tragedia umana. È un film divertente e tragico, sognante quanto brutalmente concreto. Tutto trova un particolare equilibrio grazie alla bravura degli interpreti e alla messa in scena “spericolata” di Teona Strugal Mitevska, che si conferma una delle registe più interessanti degli ultimi anni. 

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