lunedì 31 ottobre 2016

Lucca 2016 - la sempre attesissima e quest'anno quasi eroica conferenza Dynit.



1) Il solito preambolo dove vi annoio a morte, passare al punto 2 per leggere effettivamente delle novità di Lucca 2016 di Dynit. 
La pagnotta croccante, il più grande nemico di chi vuole anime doppiati in italiano (una schiera di agguerriti folli di cui mi vanto di fare parte), sta ormai obliterando tutto. Sembra "il nulla" della Storia Infinita, inarrestabile, implacabile. Dynit e Yamato, che subbano per i vari Youtube, Vimeo, VVVVID, Yamato play (rip...)  e Man-Ga (e sono le uniche che dopo i sub potrebbero doppiare in italiano, per lo meno i titoli più forti) devono fare i conti per forza con lo strapotere della "pagnotta" piglia-tutto. Lottano contro un colosso e investono con coraggio, ma ormai doppiano poco, pochissimo, e poco arriva in home video. Dalla scorsa Lucca, Yamato, a parte il "vintage" (sempre buono e abbondante) ci ha portato di nuovo su disco solo Highschool of the Dead e "la prima parte" di Sengoku Basara, mentre aspettiamo con le dita incrociate Shin Jeeg per Natale (e io vorrei magari vedere, tratti dal loro catalogo simulcast, almeno i blu-ray di Assassination Classroom e Ushio e Tora... Ma già trovo simpatico il doppiaggio Food wars, sarà che sono Masterchef Addicted... lo vedrei bene su Real Time... potrebbe essere un'idea per andare oltre la faccenda Yamato Play).  
Dynit a parte le graditissime novità uscite effettivamente "ieri", annunciate al Cartoomics (si vede che pure Milano vuole i suoi annunci esclusivi) o ventilate dall'estate, ossia Sword Art Online II (che già piangevamo come segato e quindi siamo contenti oggi di esserci sbagliati. Al punto che ora speriamo pure continui questo trend positivo con la pubblicazione del film Ordinal Scale a breve distacco dalla uscita jappo) e Yamato/Starblazer 2199 (di cui speriamo lo stesso, cioè l'ok per seconda serie e film), si è limitata all'aggiornamento annuale di Code Geass, Gundam Origin e Tokyo Ghoul (un nuovo dvd/blu Ray a testa) con solo due novità, sempre graditissime, come One Punch Man e Prison School. Ma soprattutto, ed è un peccato, ha diradato le uscite al cinema. 


Anche Lucky Red ci ha dato delle piccole gioie (un nuovo film di Doraemon e uno nuovo di Dragon Ball, il completamento del catalogo Ghibli, il notevole The Boy and the Beast presentato pure al Festival di Roma) e ce ne darà in futuro (I film di One Piece, la Tartaruga Rossa dello studio Ghibli) ma sono ancora purtroppo troppo poche. Sul lato della tv, almeno quella "in chiaro", c'è da piangere.  Mediaset manda in italiano Lupin  terzo, pubblicizza bene la cosa anche perché le avventure del ladro gentiluomo sono ambientate in terra italica, trova un artista "di grido" per la sigla (e io grido ancora al solo ricordo di quella sigla) e poi, in corso d'opera, quasi da subito, si perde in un modo così parossistico e spettacolare da ridefinire nel suo modo di fare l'espressione "alla vaffanculo". Continui cambi di orari e canali, spesso trasmissioni alle due di mattina (forse il target di riferimento sono i fornai? Non può non c'entrare la pagnotta croccante...), impossibilità di accedere al prodotto anche solo in on-demand, zero canali per l'home video pure per i precedenti Lupin e la serie su Fujiko. Vi prego, in messaggio unificato a tutti gli editori italiani: Dateci il materiale di  Lupin che ancora manca in home video! Una donna chiamata Fujiko i film su Gigen e Goemon, la serie in giacca blu, i televisivi film nuovi. Siamo una valanga di persone a volerli! Preferibilmente senza censure, visto che sono prodotti per adulti. Preferibilmente senza Moreno che canta, che ci sale l'odio solo a pensarci. Fine proclama.
Passiamo avanti.

Rai 4 ci crede tantissimo e ci spara una cannonata di episodi di Fairy Tales in italiano, pure lei con sigle in lingua italica (ma carine, dai). Tuttavia pure lei ci obbliga a fruirne in modo folle, all'una di mattina, manco cercassimo dei porno e poi... dopo che ci ha distrutto la vita sociale, dopo che "only the braves" hanno resistito, ci molla a 125 o su per giù episodi. Per bassi ascolti. Di un anime di fascia giovani programmato alle due di mattina, ma perché??? 
Il fan dell'anime in lingua italica in tutto questo soffre (cacchio se soffre) ma, ardito, tiene botta, nonostante tutto. Quello più "girellaro" scava nel passato, ciò che si era perso o non si ricorda più. Si nutre dei ripescaggi a prezzo ridotto, a mezzo negozi online, come Gli Astrorobot. Oppure  ricerca i completamenti (in epoca moderna) di serie come Getta Robot che escono in edicola con la Gazzetta, e finalmente vede il sacrificio di Musashi che la tv italica da oltre 35 anni ci aveva negato. Rincorre il limited box doppio di Danguard che costa pure un botto ma essendo l'unico robotico di Matsumoto è a tutti gli effetti "cultura".  Ho scoperto che oltre certi limiti la "girella" non fa troppo per me. Sono arrivato a ripescare Ginguiser e facendolo mi sono sentito "sporco", quasi un alcolizzato allo stadio terminale. I più "moderni" passano a Netfix e si arrendono ai sub. C'è poco da schiantarsi contro mulini a vento, ormai il fan che vuole l'anime in idioma italico è in estinzione, viene pure ritratto nel mese di ottobre del calendario 2017 del WWF. Alti e bassi di un momento storico in cui al cinema in qualche modo si celebra il nostro legame storico / sociologico con gli anime giapponesi con Lo chiamavano Jeeg Robot. 
Ma qualcosa, da questa conferenza Dynit, è cambiato. Forse.


2- le novità (di cui mi frega qualcosa)!! Roba che avevo sperato e sognato e di cui sono piacevolmente sorpreso.
Credetemi, non mi esaltavo così ad una conferenza Dynit da molto tempo. 
A) Death Parade: Sarà che sono in cerca di conferme su "come funzionano le cose", ma ho apprezzato un sacco l'annuncio di Death Parade in home video. Soprattutto dopo che l'anno scorso a Lucca negli annunci non se lo erano filato, nonostante fosse stato tra i simulcast più apprezzati. Così come avevano "nicchiato" su One Punch Man fino al 23 dicembre. Oggi non si sono filati a Lucca né Drifters (forse è in effetti presto) né My Hero Academia (questo però ha già finito il primo "cur", Checcavolo, ma magari volevano evitare l'effetto sovrapposizione con One Punch Man), che come qualità e apprezzamento simulcast paiono forti. Aspetterò sicuramente fino al 23 dicembre, ma se anche lì gli annunci non arrivassero potrei sperare nella prossima Lucca. Death Parade lo ambivo fin dal simulcast perché merita, merita un sacco. E' un horror dai contorni lynchani pieno di "figosità" e crea subito dipendenza. Partirà presto su VVVVID e ci sarà magari da aspettare il Cartoomix per l'uscita home video, ma ne varrà la pena. E' molto divertente, è MadHouse, introspettivo, ha dei personaggi notevoli e in 12 episodi, più uno bonus, una sorta di pilota doppiato anch'esso, e si chiude abbastanza bene.

B) L'ospite- Kiseiju: è un horror un po' alla Devilman (nel senso che tratta, tra uno squartamento e l'altro, anche di integrazione raziale). L'omonimo manga l'ho letto una vita fa e il "dittico" di film live-action, bellissimo, davvero un prodotto eccellente a livello delle produzioni americane, l'ho visto un paio di anni fa al Fareast Film Festival di Udine. Parla di strane creature (più creaturine direi) che come gli Ultracorpi (attualizzo... Tipo The host dell'autrice di Twilight) vogliono impossessarsi di nascosto della terra sostituendosi con i terrestri dopo averli divorati da dentro, partendo dalla testa. Il protagonista per uno scherzo del destino riesce a non essere mangiato ma anzi a "convivere" con una di queste creature, che si installa sulla sua mano e ha pure un aspetto puccioso, ma alla bisogna sa commutarsi in una lama affilata con cui non c'è nulla da scherzare. Si scopre poi che ci sono alieni buoni e alieni cattivi e diventa Arma non convenzionale (mamma mia se sono vecchio!!! Chi lo ha visto tra i lettori del blog questo film? Sarà di un secolo fa... VAbbeh che cito pure gli ultracorpi). Molto splatter, molto veloce. Un po' si ride, un po' si piange per via di molti momenti drammatici, i personaggi rimangono bene impressi. L'anime non è affatto male, è pure lui MadHouse e l'opera rientra bene nel filone orrorifico tornato di interesse per i "giovini" con Tokyo Ghoul e condivide l'aspetto di forze di polizia speciali per contrastare i "mostri". 


C) Shin Godzilla / Godzilla Resurgence di Anno: questa è una delle due bombe. E' vero che con Minerva Pictures la Dynit ha iniziato a portare in Italia squali giganti e tarantole laviche varie, ma non avrei mai sperato nel vedere arrivare il Lucertolone per antonomasia,  scritto da Anno, e pure con un passaggio al cinema. E' la risposta Jappo all'ultimo Godzilla americano, è pupazzesco e classicissimo e  ha i toni cupi cupi che tanto ama Anno. Ne abbiamo già parlato qui
E' il film che inoltre ha fatto uscire Anno dalla depressione creativa e magari avrà dentro una anticipazione nei temi del prossimo, ultimo e atteso fino alla morte quarto capitolo di Evangelion. Io stavo già pensando a un home video import costosissimo quando Dynit mi fa questo regalo. E magari è solo il primo di molti altri film di Godzilla che potrebbero arrivare in seguito. Se Minerva e Dynit ci vogliono portare i mostri, io preferisci quelli gommosi jappi come Godzilla e Gamera, rispetto agli affari della Asylum... Incrocio le dita. 


D) Gundam Thunderbolt: december sky, al cinema con Nexo: l'Universal Century negli ultimi anni è stato più vivo che mai grazie a Gundam Unicorn (fighissimo anche se un po' ingolfato intorno al sesto anime, ma con un finale spaziale) Gundam Origin (partito lento, ma al terzo anime decisamente notevole) e più di recente con Gundam Thunderbolt. Tutte opere con un cast tecnico stellare, che spesso passa da una serie all'altra, e una qualità finale davvero alta. Sono inoltre opere non troppo lunghe e questo aspetto permette di portarle nel nostro paese doppiati senza troppi costi (ma io spero che Gundam Orphans in simulcast abbia convinto abbastanza da pianificare la sua uscita nonostante le 50 puntate che andrà a formare, è una serie che merita, così come spero sempre per il recupero almeno dei tasselli mancanti dell'UC: Z, ZZ, 8thMs, 0080... Chissà che in futuro non possa essere accontentato..). 
Non ero certo che Dynit ci portasse Thunderbolt, ma lo speravo tantissimo. Da quando ho preso in mano il fumetto edito da Star Comics, da quando ho con gli occhi spalancati e la bava alla bocca per aver intravisto l'anime online. La storia della divisione "Living Dead" di Zion, composta interamente da soldati mutilati che con armi antidiluviane e ms rugginosi cerca di sopravvivere al classico pilota-dio al comando di un Gundam nel più sfigato buco dell'universo è forte, esalta. L'anime è pazzesco a livello visivo ed è straordinario per la colonna sonora al punto che sembra di assistere a un film musicale. Un episodio della Fantasia di Walt Disney (dai ritmi mi ha ricordato la Rapsodia in Blu, presente in Fantasia 2000) ambientata nel mondo di Gundam. Io Fleming, lo spaccone e tronfio pilota del Gundam, è un fan del Jazz e muove il suo MS con la velocità e prontezza di un musicista consumato. Daryl Lorenz, lo sniper malinconico vissuto con il mito della Cometa Rossa, ascolta nostalgia-rock stile Beach Boys, ricordando di quando aveva ancora le gambe e correva in riva al mare. I due stili musicali si incontrano e si scontrano a tutto volume sullo schermo, con i piloti della Federazione e di Zion che si muovono quasi seguendo il ritmo imposto dalle scelte musicali dei rispettivi "eroi". La Federazione è fredda e veloce. Zion calda e sognante. E c'è pure una dolorosa e importante riflessione sulla disumanizzazione dei soldati, che parte dall'intuizione geniale, ma dalle derive inquietanti, di scienziati di Zeon disposti a studiare e considerare la sindrome dell'arto fantasma, di cui soffrono molti mutilati, al pari di una capacità New Type, ossia a spanne: "un mix di riflessi e pre-cognizione che permettono a un pilota di guidare un MS al massimo, in genere capacità che si sviluppano con più frequenza tra gli "spazianoidi"... sì ... È complicato per i non addetti a Gundam, ma alla fine molto più semplice da vedere che da spiegare. Molto buono anche il chara design, che devia dallo stile di YAS ma risulta di molto impatto e realistico.
Per me Thunderbolt ha uno stile e impatto non inferiore al capolavoro Gundam 0083, da cui venne fuori l'autore di Cowboy Beebop. L'unico "problema" è che December Sky, film che raccoglie i 4 ONA (gli ONA sono oav creati per la rete) usciti finora, presenta una storia che non si conclude, perché il manga va avanti e la storia trattata arriva solo al capitolo 28. Certo un secondo gruppo di ONA e un nuovo film non dispiacerebbero e dato il successo internazionale sono decisamente auspicabili. Se solo penso all'orgasmo sensoriale che provo a vedere questo anime sullo schermo di un cellulare, non riesco nemmeno a immaginare quanto potrebbe venire bene sul maxischermo di un cinema. Sono contento che Nexo lo porti in sala.


E) i film di Makoto Shinkai, e pure loro al cinema! Dopo il bellissimo esperimento de Il giardino delle parole, che mi sono gustato in una saletta graziosa del cinema Arcobaleno di Milano, sembra che Dynit voglia portarci pure Beyond the clouds e Your name, e ci sia in qualche modo anche un piano per il recupero delle altre opere (spero soprattutto Viaggio verso Agartha, per via del doppiaggio criminale infertogli da Kaze Italia). Sono film poetici e molto ben realizzati, romantici, ci dicono quanto siamo soli e perennemente pendolari in questo mondo moderno. E poi Il giardino delle parole era il sogno bagnato di ogni feticista dei piedi! Battutaccia a parte, sono contenti all'idea di tornare in sala a vedere nuovi film di quello che chiamano già il nuovo Miyazaki. 


F) Mushishi, forse. Per Mushishi non ancora un annuncio, ma di sicuro una speranza. VVVVID sta varando un piano di salvataggio per le opere meritevoli, una vetrina "in più". Se avrà successo potrebbe un giorno arrivare in Italiano non solo la prima serie ma anche la seconda, anche il film. E sarebbe bello perché Mushishi è davvero una perla rara, un'opera singolare, intelligente e meditativa, che avrebbe un grande successo se incontrasse il mercato a lei più consono, quello soprattutto femminile, adulto e colto. Scusate se qui provo a dare, da completo dilettante, una strategia possibile per aiutare questo anime. Servirebbe più pubblicità, magari sui blog e canali youtube anche di di cinema e cultura. E magari servirebbe un accesso all'anime che non richieda una registrazione obbligatoria. VVVVID la richiede e per me questo castra da subito del pubblico potenziale, quello che vuole "sbirciare senza registrarsi" perché si sente troppo adulto per vedere dei cartoni animati. Consentire i 10 minuti di prova per me (ribadisco, è una mia sensazione) non basta, in questo caso specifico. Ok, questi sono i miei "due cent" e potete far bene quanto volete. Se Mushishi avesse il successo che merita io non potrei che esserne felice. 


G) Death Note in blu ray insieme a tutti i film live action finora usciti. Ok, non è un Blu Ray nativo ma un up-scale, ma è la versione che probabilmente io comprerò. All'epoca dell'anime edito da Panini mi sembrava davvero un'opera troppo simile al manga, così l'ho giusto spulciato in tv. Oggi si torna fortemente a parlare di Death Note, poiché sta per uscire il live action con cast americano voluto da Netfix ed era un peccato che non fossero ancora presenti in Italia (insieme al telefilm live-action di recente fattura, visto anche su VVVVID da luglio 2015 subbato sempre grazie a Dynit) i molto riusciti film live-action giapponesi. Dynit ce ne propone 3, manca lo spin off L change the WorLd, adattamento di un romanzo legato alla serie come prequel, il cui ultimo è recentissimo, del 2016. I primi due, Death Note e Death Note: the last name, rielaborano la lotta tra Light e "L", il terzo, Death Note: Light up the new world, è invece a tutti gli effetti un sequel del manga, ambientato in un mondo dove coesistono sul piano "umano" ben 6 Death Note. Ancora non è chiaro come tutto sto popo' di materiale su Death Note arriverà, ma non mi dispiacerà affatto. 


3- le novità (di cui me ne importa un po' una fava, ma chissà mai). 
A) il film Yugi-oh! Dark Side of Dimensions. Questo film parla di quelli che accade sei mesi dopo la fine del primo storico manga e tornano protagonisti Yugi e Seto Kaiba. Mi perdonino i fan di manga, anime e carte collezionabili, sarà la mia età (quasi 40), ma il fenomeno Yugi-Oh, esattamente come il fenomeno Pokemon, non mi ha mai toccato particolarmente. Io quando vedo 'sti fighetti che fanno i duri giocando con delle carte colorate (per lo più sempre tirando in ballo le stesse ad ogni puntata), non ce la faccio. Comunque sono contento per i migliaia di fan che seguono la serie e che ora esulteranno. Direi comunque che se c'è in ballo una uscita al cinema, magari qualche carta omaggio ci potrebbe scappare. Vi faremo sapere. 
B) Vickie il vichingo 2: come il primo film, esiste. Ma io per ora non lo ho ancora avvicinato. 

3- le cose che avrei voluto sentire alla conferenza
Ok, procedo veloce senza dettagliare, la mia prospettiva più che una wish list è sulla base di scelte editoriali già intraprese da Dynit. Avrei voluto più informazioni se non conferme su: a) il film di Stein's Gate; b) la seconda serie e film di Psycho Pass; c) info su possibilità di SAO Ordinal Scale (online si parla di lancio europeo simultaneo con quello jappo, ma non si specifica se Dynit c'entri); d) info su Gundam Orphans in home video, anche solo per sapere se è più un sì che un no; e) info su My hero Academia; f) avrei voluto risentire, almeno tra le domande del pubblico Accel World, perché se SAO funziona, potrebbe funzionare pure lui (e a me non dispiace affatto, è pure molto action).
4- finale: tante belle cose. 
Dynit torna al cinema e lo fa con roba spettacolare. Due serie che aspettavo escono in home video. Buono il recupero di Death Note. Magari portare Yugi-oh! al cinema è una'idea davvero buona che finora non ha mai sfruttato nessuno. Come sempre vi ho sfiniti di parole, grazie a tutti gli audaci che sono finiti a leggere fino a qui. 
Grazie Dynit per aver deciso di farci tornare al cinema a vedere il Gundam più spettacolare possibile! E speriamo presto di vedere sui tuoi canali le nuove serie di anime di successo come L'attacco dei Giganti, Tokyo Ghoul, One punch man, Starblazer, Sword Art Online, Stein's Gate.... E pure Prison School, che la gnocca tira sempre!! Buona vita a tutti! 
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Numero solidale per le vittime del terremoto 45500


Con questo numero si può donare due euro per aiutare gli amici umbri che oggi non possono più vivere nelle loro case per via dei recenti sismi. Due euro non sono molti, ma diventano facilmente quattro con una telefonata in più. Vi invitiamo tutti ad aprire un po' il vostro cuore. Vi lascio qui sotto il link della protezione civile


E' un piccolo aiuto, ma tanti piccoli aiuti possono fare la differenza.

mercoledì 26 ottobre 2016

Sausage party - in uscita il 31 ottobre!


Insomma, questo potrebbe essere anche il secondo tempo di questo spot...


Solo che gli M&M's sono creature evolute, almeno in parte, lo sanno il loro destino, sono consapevoli che l'unica via è nella sopravvivenza, nella fuga dall'uomo. Invece le salsicce non lo sanno, immaginano un incontro con nuovi amici che saranno pronti a coccolarli, si fanno un filmino mentale come in Toy Story, accennano pure dei siparietti musicali e alla fine accade questo. L'incubo. Come in Hostel, come in Texas Chainsaw massacre, Cannibal Holocaust e Green Inferno. Se non peggio. Riusciranno a scappare? Ci avevano già pensato quei geni di Peter Lord e Nick Park con le loro Galline in Fuga, giocando con le suggestioni cinematografiche dei war movie e prison movie, tra  La Grande Fuga e Papillon. Solo che quelle erano galline, la fuga era in una pindarica ricerca del volo a loro proibito da madre natura. Qui siamo alla personificazione di tutti i prodotti da banco alimentare, tutti con una propria identità e aspetto carino, vogliono "colpirci tutti" nel senso di colpa, non solo i carnivori ma anche vegetariani o vegani: tutti dobbiamo democraticamente provare un senso di colpa per ciò che mangiamo. Gli autori di questo film puntano a farci estinguere per eccesso di empatia col cibo, con qualunque cibo! Chi sono questi geni del male?


Seth Rogen, James Franco, Jonah Hill, Danny McBride e in genere l'intera pletora dei ragazzacci di Superbad - This is the End, ancora sotto egida Sony nonostante il terremoto The Interview, che se ne vengono fuori con questo scorretto e già spiscioso cartone animato, uscito nelle sale USA in piena estate e per noi il 31 ottobre (stando a Imdb). Questa pellicola è la loro ultima, sempre amabile, impresa da sboccacciati geni del male dell'intrattenimento, un horror splatter animato che in più già immagino farcito del loro tipico slang dai contenuti gioiosamente sessuali e parolacceschi. Insomma un vero incubo per il distributore cinematografico italiano medio, che già se l'è fatta sotto a portare nelle sale Il libro della vita prodotto da Del Toro o il Krampus in periodo natalizio... figurati questo Sausage Party! Mi immagino la prima serata, perfetta in mezzo al ponte vacanziero, piena di bimbi pronti ad assistere a un "gemello" di Piovono Polpette... 
Io non vedo l'ora di vederlo. Rogen e soci sanno essere cretini, scorretti e socialmente utili oltre ogni immaginazioni, in una gara infinita contro il Frat Pack di Ferrell e Stiller, una gara per definire i nuovi limiti espressivi della commedia americana.  
Dal trailer sembra una trovata geniale. Bisogna vedere se avrà la forza di reggere per una ottantina di minuti, aspetto che per ora, per me, è riuscito solo a This is the end. Speriamo bene! 

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domenica 23 ottobre 2016

Zagor numero 666: "Zenith 666" - un omaggio dal sapore fiabesco e vintage a Tiziano Sclavi e al suo mondo, Dylan Dog compreso.



1) Sinossi o quasi: Siamo nella lussureggiante foresta di Darkwood in un giorno in cui lo Spirito con la Scure è particolarmente contento e tutto felice, saltando di liana in liana, non si fa problemi a urlare al mondo il suo "Aaaayyaaaaaaaaaakkkk" di pura gioia. Tra le fresche frasche, dopo un paio di pagine, a un certo punto spunta un amico dal passato! E' Lupo Solitario, uno dei più integerrimi uomini rossi, bardato con l'inconfondibile coperchio di una pentola legato con lo spago per corazza e con un diadema cornuto e dorato con allegato copri-orecchie metallico rubati a Trider G7. I due non si vedono dal numero 199, cioè dal settembre 1982, da Italia-Germania, quando in tv c'era Il pranzo è servito, furoreggiava Gundam e i Tegolini del Mulino Bianco erano grandi almeno sei volte di più il formato attuale scelto per "bambini fighetti annoiati" (c'era anche la variante sacher ultra-cool, il "soldino", con al di sopra un cerchio di cioccolato al latte del diametro della ruota di una bici... O forse ero io piccolo e vedevo tutto più grande...). Insomma, hanno un mare di cose da dirsi, anche se Zagor ha tutta la faccia di chi preferiva continuate a saltare liane gridando "Aaaayyaaaaaaaaaakkkk" a iosa, perché il racconto dell'amico sarà lungo tipo 9 pagine. In 35 anni, che però nel mondo di Darkwood sono percepiti come massimo cinque o sei, Lupo solitario ha "chiuso il cerchio della sua vita", che deve essere una di quelle metafore "stile Re Leone" per dire che ha messo su famiglia. Si è sposato la squaw Dolce Luna e un po' da stronzo ha regalato a loro figlio il terrificante nome di Piccola Lontra. Si erano pure trovati una tenda equo canone all'interno di una pacifica tribù senza nome, guidata dal saggio anziano cherokee Mano Blu, chiamato così probabilmente per la sua abitudine di fare un uso massivo di viagra. Ma un nome ben più inquietante, da serial killer, è quello dello stregone locale, Coltello Lucente, che infatti loscamente decide di accogliere e spalleggiare nella tribù un minaccioso straniero da tutti chiamato Occhi di ghiaccio. Si fosse chiamato lo stregone Sabbietta del Gatto, forse oggi la tribù avrebbe meno problemi. Siccome le cose tra indiani e cowboy non vanno bene neanche nel mondo di Zagor, le giubbe blu decidono di erigere un forte presso l'accampamento. La tribù senza nome è quindi a un bivio. Andare nelle terre dove scende il sole, che in effetti non sembra poi il massimo, oppure seguire Occhi di Ghiaccio, che come improvvisato tour operator propone biblicamente "un paese ricco di selvaggina non noto ai visi pallidi, che si trova oltre un lago di arcobaleno". Tutti sono d'accordo con Occhi di ghiaccio, che va in giro incappucciato come un pazzo dicendo cose pazze. Ma Lupo Solitario non ci sta, fiuta la classica truffa immobiliare e decide di restare nella sua tenda con la famiglia. La cosa prontamente indispettisce l'incappucciato che, con un sortilegio, lo addormenta e nottetempo rapisce Dolce Luna e Piccola Lontra. Quando l'indiano si sveglia non c'è più nessuno, l'intero villaggio è in trasloco come in una di quelle trasmissioni di DMAX del martedì sera. Lupo solitario segue allora le tracce dello spostamento della tribù, ma a un certo punto si perde, proprio nei pressi della labirintica zona presso la sorgente del Susqueanna. Ed è per questo motivo che oggi è davanti a Zagor a chiedere aiuto, perché lui sa tutto di tutto, anche come non perdersi nella labirintica zona presso la sorgente del Susqueanna. Lo Spirito con la Scure rincuora l'amico. Lui sa tutto di tutto e ci è stato presso quella sorgente, nel numero 200,  e sa anche che in realtà la fonte è doppia e un ingresso segreto è magicamente possibile solo tramite una mappa. Inoltre conferma che una volta scoperto il passaggio esiste realmente un lago con i colori dell'arcobaleno, sul cui fondo è posto il relitto di un galeone insieme al suo equipaggio di non-morti. E se il gruppo è passato di lì Zagor conosce anche l'ulteriore luogo fatato verso cui Occhi di Ghiaccio sta conducendo la tribù: la terra di Golnor. Un luogo ancora pieno di elfi, pavol e riol. 


2) Per tutti gli intrugli di mio nonno farmacista! Compare all'improvviso come un oggetto fumettistico non identificato questo numero 666 a colori. L'occasione è omaggiare Tiziano Sclavi, l'uomo che ha portato sulla testata di Zagor il suo Lupo Solitario e il mondo di Golnor, all'interno del festeggiamento per i trenta anni del suo personaggio storico Dylan Dog. Il diabolico numero 666 è infatti un "argomento" da fumetto horror, Sclavi è il re dell'horror a fumetti Bonelli e deve essere venuta così l'idea, come il meccanismo con cui si è scelto di collegare il mondo di Dylan Dog con quello di Zagor. Ma chi cerca una storia dalle tinte forti qui ha decisamente sbagliato strada. Questo viaggio da Darkwood a Golnor ha tutto il sapore di una favola di altri tempi, una caccia al tesoro disegnata e colorata in un modo ultra-classico al punto che potrebbe essere stata realizzata giusto nel 82. E' davvero come trovare in soffitta un libro per bambini che ci sembra di aver già letto. Una favola con la morale semplice che la ricchezza non deriva da un tesoro materiale nascosto. Il vero tesoro è racchiuso nella voglia di scoprire dal mondo sempre qualcosa di nuovo (la curiosità di Digging Bill) nelle relazioni con le persone (l'amicizia tra Zagor e Lupo Solitario), nel cuore di coloro che si amano (l'amore di Lupo Solitario per Dolce Luna e il figlio. SPOILER in fondo Lupo Solitario e Xabaras hanno così lo stesso fine, trovate un modo per salvare la propria famiglia, che è anche il proprio tesoro; anche se il viaggio dell'alchimista ha comportato la fine della sua parte umana e quindi della sua felicità, sarà proprio il figlio Dylan a ridargli pace FINE SPOILER. 
Questo numero sorprende e spiazza per questa cristallina semplicità, per la precisa volontà di essere comprensibile anche a un bambino come racconto della buona notte. Ma non a un bambino moderno, piuttosto al "bambino interiore" di coloro che con i fumetti disegnati e colorati così ci sono cresciuti. Certe tavole sembrano davvero uscire dalle illustrazioni dei racconti fantasy di inizio ottanta (magari da uno dei primissimi monster manual di D&D). Il punto vero è: volete farvelo questo tuffo nel passato fino al 1982, per di più con un "animo da bambini" (e sempre che non abbiate già ucciso il vostro bambino interiore)? Anche perché la storia può risultare in alcuni passaggi piuttosto criptica se non si conoscono le coordinate giuste (pur evidenziate dal numero), se non si è vissuto in quei tempi innamorandosi di quei racconti. Anche perché se non siete tra quelli che in quell'epoca ci sono vissuti potreste trovate il tutto veramente troppo "camp". I miei amici Zagoriani si sono un po' divisi in questo senso: gli anziani sono stati abbastanza contenti, i giovani abbastanza esterrefatti: 1) per "un'invasione di campo" di Dylan Dog sulla testata; 2) per tematiche e disegni non in linea con l'evoluzione del personaggio. A me sinceramente è piaciuto, mi ha fatto tornare bambino. Luigi Mignacco scrive una storia dai contenuti così limpidi e innocenti che oggi è davvero difficile trovare qualcosa di simile. Se non in ristampa. Luigi Piccatto e Renato Riccio, per i colori di Fabio Piccatto, dipingono un mondo colorato, ironico e squisitamente vintage che sul lato fantasy è più vicino a La spada nella roccia Disney (con influenze grafiche anni '80 come i Masters of the Universe e monster book fantasy sopra citati), piuttosto che al Signore degli anelli di Peter Jackson. Io mi sono divertito, anche grazie alle mille citazioni al mondo di Dylan Dog, ma ammetto che è davvero una amabile bizzarria, che potrebbe non piacere a tutti. 
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giovedì 20 ottobre 2016

18 ottobre 2016 Attori per un giorno per Bosch


Da speaker radiofonico di una radio locale a "micro- giornalista" a blogger che si occupa anche di cinema ho sempre sognato un giorno di "saltare la barricata", diventare attore anche solo per tre secondi, come Francesco Scianna in Ben-Hur (ok, questa era cattiva). Deve essere un'emozione fortissima vedere il proprio faccione in televisione, o al cinema prima di Star Wars, in 4k, soprattutto quando credi fortemente in un progetto che ti rappresenta ed è parte della tua vita. La storia che voglio raccontarvi oggi inizia così.
Un giorno la sezione italiana dell'austera, tedesca Bosch, quella "dei trapani", decide, con la collaborazione di Movi&Co, di realizzare uno spot che non punti lo sguardo sulla affidabilità dei suoi prodotti, ma si soffermi invece sulle persone che lavorano nei suoi stabilimenti (in gergo video Corporate). Questa idea parte dal progetto We are Bosch, we are colourful! nato per "coinvolgere i collaboratori, promuovere i valori di innovazione e condivisione oltre al sostegno degli young talent e della loro creatività". Un modo schietto per dire che i colori aziendali vanno oltre il "grigio trapano". Si punta così a un minuto di commercial in grado di mettere a nudo il cuore italiano dell'azienda, scelto e approvato non da un ufficio marketing ma direttamente dai lavoratori. Vengono invitati a partecipare al progetto, quattro mesi fa,  dieci giovani  registi, i cui progetti di spot vengono scelti e votati dai dipendenti delle 19 sedi italiane di Bosch. Viene scelto Greg Ferro, un talentuoso regista legato ai commercials di grandi marche e che presto imboccherà anche le vie del cinema (con Family Girl, e noi non vediamo l'ora). Ferro in conferenza ha confessato che è la prima volta che confeziona un progetto non indirizzato originariamente alle alte sfere aziendali e di aver trovato questa nuova prospettiva molto stimolante. Ma non era ancora abbastanza, i migliori attori possibili per dare forma a questo cuore aziendale potevano e dovevano essere solo i dipendenti stessi. Così, con una formula che sarebbe piaciuta a De Sica, la Bosch crea un maxi - concorso interno aperto a tutti i dipendenti degli stabilimenti. Arrivano più di duecento video-selfie di candidature spontanee, che vengono tutti esaminati dal regista. Pochi giorni fa viene comunicato ai vincitori il risultato. Sono quattordici, sette uomini e sette donne, scelti per rappresentare virtualmente tutte le tipologie di persone che lavorano in Bosch, dalle più giovani alle più anziane, operai, impiegati e dirigenti. E oggi finalmente i sette uomini e sette donne che sono stati scelti hanno incontrato il regista per il primo ciak di una produzione che già da subito si presenta molto ricca, dal sapore cinematografico. 


Per un gioco del destino sono qui ad assistere a questo momento e sono contento nel constatare tanta gioia ed emozione, con magari una punta di paura, negli occhi di questi attori per un giorno. Il regista sembra essere avvertito da loro come una entità benigna. E' giovane, barbuto e sorridente, non pare avere ancora mangiato nessuno (ma ogni tanto si assenta dal set.. Chissà mai...) e sembra in grado di mettere tutti subito a proprio agio. Mi viene presentata Maria, una simpatica signora dai capelli bicolore. Mi dice che ha due figli grandi che forse potrebbero conoscere il nostro blog e questo potrebbe avermi un po' commosso. La sua partecipazione al concorso è avvenuta per caso, l'hanno spinta le amiche, ma è stata molto contenta di essere stata selezionata. Da giovane ha frequentato un gruppo amatoriale teatrale e mi confessa che una volta era arrivata quasi ad apparire in un film come comparsa, nei panni di una mondina, ma che la sua parte alla fine era stata tagliata. Cara Maria, incrocio le dita per te fin da ora e spero di vederti nello spot. Oggi è felice di essere qui anche per rappresentate un ambiente di lavoro a cui è molto legata. Quando la incontro ha da poco terminato la sua parte. Mi ha descritto con un po' di timore il blu-screen, lo sfondo davanti al quale la hanno portata sotto le telecamere. Era sola, con il regista che la fissava e quel fondale uniforme e vuoto da riempire. Mi ha detto che per prepararsi si era immaginata una piccola storia, ma quando si è trovata davanti alla telecamera accesa si è accorta che quella era la "sua storia" e ha iniziato a rilassarsi. E' entrata in sintonia con il regista e attraverso una sequenza di gesti e movimenti si è trovata perfettamente a suo agio, contenta del risultato ottenuto. 


Saluto Maria e incontro Alessandro. Lui deve ancora girare e spera di divertirsi come quando in estate lo coinvolgono delle recite del villaggio vacanze. E' un ragazzo solare che viene da Bari ed è stato spinto a furor di popolo dai suoi colleghi a partecipare. Alessandro è una piccola istituzione, ha sempre lavorato in Bosch, è partito come operaio ed è diventato impiegato grazie allo zio Robert (il modo affettuoso con cui i dipendenti chiamano il gruppo Bosch, in memoria del suo fondatore). Mi parla con entusiasmo del Volontary Team, nato su iniziativa della dirigenza di Bari e di cui lui fa parte. Attraverso questa iniziativa i dipendenti Bosch partecipino alla pulizia delle spiagge, ai lavori della comunità e alla promozione di iniziative benefiche. Ci tiene a dirmi di come la fondazione oltre a reinvestire gli utili in ricerca e sviluppo si occupi di supportare strutture sanitarie e impegni culturali. Non solo trapani, dicevamo. E' felice anche lui di essere qui oggi a rappresentare anche e soprattutto i suoi colleghi e amici. Maria e Alessandro sono solo due degli attori non professionisti che oggi ho incontrato, ma il loro entusiasmo e la voglia di descrivere il loro ambiente di lavoro in toni così familiari e carichi di orgoglio mi ha fatto sentire bene. Mi piace sperare che anche tutti gli altri dipendenti della multinazionale abbiamo pari entusiasmo e si trovino bene sul posto di lavoro. Così come sono felice di assistere a un dialogo così proficuo e relazionale tra dipendenti e azienda, con la speranza che si estenda anche al di fuori di questo commercial. Quando vedrò al brico-center  un "trapano" Bosch so che mi ricorderò anche di Maria e Alessandro. Non vedo l'ora di guardare il loro spot. 
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Per seguire l'iniziativa vi consiglio questo Link

mercoledì 19 ottobre 2016

Guardiani della galassia vol. 2 - il primo teaser trailer in italiano


Ci sono solo due tipi di persone nell'universo, quelle che ballano e quelle che non ballano. E a questo pensiero di Drax il distruttore (Dave Bautista) non c'è davvero nulla d'altro da aggiungere. Io e il mio socio abbiamo amato alla follia il primo Guardiani della Galassia di Gunn e so che ameremo anche questo. Direi biglietto già prenotati per aprile : ) 

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P.S. E poi Zoe Saldana è troppo più sexy in verde che in azzurro..

I babysitter - la nostra recensione


1- Sinossi: Andrea (Francesco Mandelli) lavora da sette anni nello studio di un importante procuratore sportivo ed è sul punto di presentare alle alte sfere un suo ambizioso progetto. Il Dottor Porini (Diego Abatantuono) è però un capo dispotico e umorale che prima lo liquida senza troppi giri di parole per poi invitarlo, a causa di una emergenza familiare, a improvvisarsi babysitter (infatti in origine il film è Babysitting che indica il "fare il babysitter", non necessariamente esserlo) per il suo Remo per poco più di una giornata. Andrea è reticente in quanto quel giorno è il suo compleanno, ma il boss insiste e alla fine cede. Gli amici di Andrea non ci stanno. Si dirigono verso la villa del boss dove l'amico sta lavorando, irrompono e muniti di telecamera sono disposti a tutto pur di festeggiare e documentare la festa più epica di sempre. Si debba pure narcotizzare il bambino. Andrea resiste all'attacco per un attimo, ma poi il fatto che gli amici abbiano invitato alla festa anche una ragazza che gli piace lo fa trasecolare (termine che i molto anziani come me usano per indicare "convincere facendo uscire di brocca"). Stacco.
E' il giorno dopo.
Porini rientra a casa in anticipo allertato dalla polizia, che ha trovato la sua auto distrutta e la sua casa devastata da una maxi festa gigantesca. Andrea e Remo non ci sono, spariti. Poi salta fuori una videocamera con qualcosa di registrato, come in Cannibal Holocaust. Sul video sono impresse immagini che documentano quanto è accaduto la notte prima e forse potrebbero svelare dove si trovino ora il bambino e il suo improvvisato babysitter. 

i bimbi la notte a nanna...anche chimicamente,,

2- Semel in anno: I latini dicevano Semel in anno licet insanire, cioè che per una volta all'anno si può andare oltre: è lecito impazzire, uscire dai binari e dalle vessazioni. In quel momento magico e incosciente si possono infrangere delle regole, prendersi una rivincita o inseguire magari un amore. Modernizziamo il concetto e tiriamo fuori la massima pop "quel che succede a Las Vegas rimane a Las Vegas", il pilastro centrale su cui si basa un po' tutta la filmografia e attività produttiva di Todd Phillips. Film scientemente "cattivi" nel loro mettere alla berlina i costumi sociali, quanto giustizialisti nella "punizione morale" che comunque più o meno sempre arriva, quanto sincerante spassosi nello smascherare i più reconditi istinti umani. Film in cui ci sono delle persone per bene come il nostro vicino di casa  che,  spinte ai confini della ragione, si incazzano, sbraitano e, perdendo la brocca come il celebre Orlando, radono al suolo il mondo e la società in cui vivono in una sola notte con la potenza di uno Tsunami. Liberano l'animale che è in loro, diventano un branco di lupi e sono disposti a succhiare la vita fino al midollo. E tutto è incredibilmente liberatorio da vedere, il sogno bagnato di chiunque sia stato almeno un po' represso nella vita. Poi il giorno dopo finisce l'incanto (o la maledizione), si ritrasformano in pecore, si rendono conto che il giorno in cui era "lecito insanire" era "ieri" e torna la vita vera a bussare alla porte della ragione. Todd Phillips sa come funziona questo meccanismo simile a un "tornado in un bicchiere", lo ha "brevettato", con i suoi 3 Hangover (Una notte da leoni) ribadendo la formula come produttore per Project X (dove c'era una mega festa ripresa con telecamera a mano, un po' come in questo film) e facendola transitare pure nella "storia vera", con piglio scorsesiamo, in War Dogs - Trafficanti, in questo momento in sala. La formula si è canonicizzata e si può dire, per una volta, che sono stati gli americani a influenzare i francesi,  e non viceversa, quando nel 2014 è apparso nelle sale d'oltralpe, riscuotendo uno straordinario successo (che ha già generato un sequel) Babysitting di Nicolas Benamou e Philippe Lacheau, arrivato da noi come Babysitting - una notte che spacca. Una variazione sul tema, con l'azzardo, pericolosissimo e interessante, di inserire nel girone dantesco della follia di adulti frustrati pure un bambino. Qualcosa che in effetti cambia il gusto finale, impedisce al film di addentrarsi in territori davvero cattivi (quelli sociali), trasforma adulti scoppiati in più innocenti "bambinoni" e traghetta la notte brava documentata come un film horror quasi verso la psicoanalisi applicata alla famiglia. Come in una "strange room" la famiglia del bambino smarrito osserva ( e torniamo alla etimologia di babysitting - ossia stare seduti a guardare quello che fa un bambino) senza poter intervenire, (e deve osservare "per forza" per scoprire che fine ha fatto), attraverso il filmato, aspetti che riguardano il loro rapporto e il loro stile di vita. Aspetti per di più che diventano pubblici e vengono giudicati da estranei, ossia il corpo di polizia che sta eseguendo le ricerche. Persone che vedono e commentano anche al di là del giallo da risolvere. Considerata la bontà del prodotto finale, come successo di recente con Giù a al nord, convertito nel nostrano Benvenuti al Sud, Babysitting diventa I Babysitter per la regia di Giovanni Bognetti, che qui esordisce alla regia dopo aver scritto Fuga di Cervelli, Tutto molto bello e Ma che bella sorpresa. 

...però a notte fonda coi bimbi si bisboccia!!

3 - e ora guardiamoci nelle palle degli occhi: vi piacciono i Soliti Idioti e Colorado? Prima di andare avanti con questo post mi sembra giusto prendere il toro per le corna. Perché potreste essere incuriositi da un film alla Todd Phillips declinato alla terapia familiare (io farei un film intero basato su gente "schizzata socialmente motivata" che organizza "finti rapimenti sorvegliati" per vedere quanto si interessino effettivamente i genitori dei loro figli, la formula è interessante... Ci vedrei pure una serie su Real Time, magari dal titolo "dove è la tata?") ma i nomi in cartellone inevitabilmente fanno fare una scelta di campo preventiva in base ai gusti personali del pubblico. Il regista è, dicevamo, lo sceneggiatore di Fuga di Cervelli qui al suo esordio e, per quanto il modello francese sia molto simile, il tipo di umorismo messo in campo (pur molto addolcito) richiama i suoi precedenti lavori. Questo discorso si può estendere anche a parte del cast, soprattutto ai due protagonisti, Mandelli e Ruffini, che usano un tipo di comicità molto riconoscibile e apprezzata dai loro fans. Chiamiamolo "imprinting", questo film, pur con alcune sorprese in positivo, è rivolto principalmente a un pubblico consolidato che apprezza le produzioni televisive e cinematografiche "Colorado".  Lo spettatore occasionale per me dovrebbe prima informarsi, e non mancano in rete contributi in tal senso, perché è un modo di far ridere peculiare, veloce, che ha molta presa sui giovani, social ma "non per tutti". Di par mio posso dirvi che è un tipo di umorismo che non è nelle mie corde e non riesco a cogliere in pieno: forse è troppo veloce e io troppo vecchio e poco social. Ad ogni modo ho trovato qualcosa di interessante nella pellicola, che esula la parte comica "più spiccia". Ho pensato in questa recensioncina di soffermarmi più sugli attori che sul contesto, distinguendo tra quelli "in campo", ossia quelli che partecipano al filmino della serata, rispetto a quelli "sugli spalti", gli adulti che osservano.


4 - gli attori "in campo": Mandelli a colpo d'occhio mi ha ricordato (l'ho già detto che sono anziano?.. Scusate, dimenticarsi le cose è da anziani) con il suo Andrea il Gerry Calà di film anni '80 come Il ragazzo del Pony Express, Sottozero, Colpo di fulmine, Vado a vivere da solo. Può rappresentare bene il ragazzo spaesato di "questi anni duemila e qualcosa", ha la stessa espressione di molti ragazzi che conosco e stanno chini sui tavoli di prestigiosi uffici del nord in cerca di una occasione. Timidi, lavoratori e un po' disillusi (negli anni '80 si era meno disillusi, si poteva sognare di diventare "il boss", oggi non si riesce più). Mandelli ha imbroccato il mood giusto, ha la giusta ingenuità nello sguardo e rigidità nei movimenti ed è interessante che il suo personaggio qui rischi di mettere in gioco e capovolgere la sua vita non per il classico arrivismo (come molte delle macchiette cattive di De Sica), quanto per amore. E' peculiare il suo rapporto con Abatantuono, il fatto che non voglia davvero diventare come lui. E' carina, ingenua, la sua relazione con il personaggio di Simona Tabasco, un amore dal sapore un po' post-adolescenziale, proprio di chi lavora troppo il giorno e ha poco tempo per uscire la sera. E' indulgente con i suoi amici e il loro folle progetto, forse per un senso (non troppo esposto) di rivalsa verso il suo boss. Ed è infine è soprattutto un bambinone che riesce ancora a relazionarsi benissimo con il figlio del boss. L'ho preferito qui Mandelli, rispetto che sotto il trucco pesante dell'anziano irascibile dei Soliti Idioti. Ma mi è dispiaciuto che non sia riuscito ad essere un po' più incisivo. Qui entra ed esce dalle situazioni più assurde con troppa misura. Dovrebbe "vivere di più il personaggio" e l'impressione è che il ritmo forsennato della pellicola non gli permetta di trovare spazi adeguati.
E una similare critica mi sento di rivolgerla anche allo sviluppo del personaggio di Ruffini, con l'aggravante che l'attore toscano non riesce a sfruttare le potenzialità di un personaggio che avrebbe potuto essere memorabile. Il suo "bambinone", un campione di tiro al piattello malato di egocentrismo, poteva far intravedere il mondo inesplorato degli atleti di "serie b" ( a livello mediatico, non certo per l'impegno e riconoscimenti sportivi). Ci sarebbe in materia tanto da dire da farci uno spin-off. La vita di tutti i giorni, che in genere questi atleti svolgono "facendo un altro lavoro", il rapporto con i tifosi (che non sono tifosi comuni), gli allenamenti e la mania/feticismo di perfezionare le armi, la presunta rivalità tra campioni. Mi piacerebbe pensare a Ruffini che per prepararsi alla parte va a conoscere davvero un campione di tiro al piattello come Giovanni Pellielo, vede la vita che fa, ci vive a contatto venti giorni come avrebbe fatto De Niro. E invece no, dalla recitazione del comico toscano questo lavoro non si evince, rimane tutto una battuta: "E' uno sportivo, ma di uno di quegli sport che non si caga nessuno". Anzi: "Nun si caha nessuno". Punto. E' un peccato. Va bene la cattiveria (la cattiveria da bambinone) del suo personaggio, funziona anche il rapporto che instaura con il bambino, ma poteva essere un personaggio più tridimensionale. Serviva "più tempo" forse, ma Ruffini non ci trasmette amore per questo personaggio. Arriviamo ai Pampers. Luca ha un personaggio un po' sacrificato ma che ha dei dialoghi divertenti con Mandelli. Andrea riveste un ruolo molto peculiare in quanto è principalmente lui il cameraman. Fa il pony express, ha un carattere gioioso, è incosciente (un po' come tutti i bambinoni del film) ed è imbranato con le donne come il mitico cameraman di Cloverfield. E' lui che sta girando "il film nel film", il found foutage della festa. E virtualmente attraverso i suoi occhi e i suoi commenti noi comprendiamo il "tono" della vicenda e sentiamo quindi anche la voce del regista/sceneggiatore. E la voce dice, similmente che nella pellicola francese, che "non c'è da preoccuparsi". Il tono è sull'allegro ma mai sull'auto-distruttivo. Non ci sono pianisti stressati che pieni di gioia si mozzano dita come in Hangover 2 e la "cattiveria" della pellicola è appunto una cattiveria virgolettata. Il personaggio di Andrea riesce comunque a dirci qualcosa di se ed ha anche una chiosa un po' ridicola ma anche inquietante (e quindi interessante) sul finale SPOILER, che rimanda all'uso / abuso di youtube per diventare ricchi e famosi, che passa oggi nel rischiare l'annegamento in una bacinella d'acqua pur di fare più visualizzazioni. FINE SPOILER 
Già apprezzata in Perez, Simona Tabasco in questa pellicola è letteralmente un raggio di sole nella notte. Sempre sorridente, costantemente "bullizzata dalla sceneggiatura" come nelle commedie di Ben Stiller. Un tappo che viene sparato da uno spumante e gli si pianta tra i denti, uno spintone accidentale che la fa ruzzolare. Finisce piena di gibolli, poverina, ma sempre allegra, sempre propositiva, disincantata e in grado di dare cuore alla pellicola. Molto bella la comicità che crea con Remo. Alberto Farina, anche lui da Colorado, dà corpo invece al più "stunned" del gruppo, Tonino, ed è quello che più sembra genuinamente uscire da un film alla Todd Phillips. Fa le cose più estreme, sceme, cattive e divertenti con un lampo di pura follia entusiasmante da vedere. 
Ultimo ma non ultimo in questo elenco Remo, interpretato dal giovane Davide Pinter, il "motore" di tutta la pellicola. E' interessante come riesca ad assomigliare nel carattere al padre cinematografico e come non faccia fatica a interagire molto bene e con spontaneità con tutto il cast, offrendo inoltre alla pellicola una chiosa finale che riesce un po' anche a commuovere. Una buona prova. 

...tranquilli, noi per "festa esagerata" facciamo le vocine buffe con l'elio..

5 - I commentatori sugli spalti, quelli che stanno davanti alla tv ma non per una partita di calcio. Quella del "pubblico che osserva", come ho già detto sopra, è per me la parte più interessante della pellicola, quella più psicanalitica. E' in questa categoria d'obbligo partire con Diego Abatantuono, un autentico leone dello spettacolo in grado ormai di adattarsi a ogni ruolo, riuscendo a rendere interessanti e credibili anche i personaggi più loschi e fetenti. Il ruolo sgradevole del procuratore sportivo affarista e a cui poco importa di dipendenti e famiglia se lo fa calzare a pennello, ci soffia dentro umanità. Il suo Dottor Porini come un faraone moderno vive di riconoscimenti alla sua grandezza, come il serpente "Van Basten" regalatogli da Bolt, il Casco di Valentino Rossi, la sua bellissima auto, la sua bellissima casa, la sua azienda e la sua "famiglia perfetta". Solo che sia i suoi dipendenti che la famiglia non sono oggetti inanimati, ma "beni relazionali", persone verso le quali non riesce a soffermarsi troppo, anche perché ha troppe cose da fare, contratti da stringere e serate importanti a cui partecipare. Così Porini,concentrato su quello che conta (e in fondo sul suo ego e basta), finisce per non ricordarsi i nomi dei suoi dipendenti, i nomi dei suoi clienti meno famosi, i nomi di chi lavora a casa sua come giardiniere o babysitter. Sono tutti intercambiabili e senza nome. Ricorda solo il nome dell'anziano vicino, giusto perché è un rompicoglioni seriale. E naturalmente butta nel suo "cestino mentale" tutte le date e avvenimenti importanti che riguardano il figlio, che non trova abbastanza cattivo e quindi (e questo è quasi crudele) un "panchinaro della vita". Porini non è cattivo, ma si è perso e questa situazione, il "rapimento", lo lascia quasi del tutto indifferente. Fino a che parte il filmato, qualcosa che riguarda lui, la sua casa e la sua famiglia ma in cui lui non c'è. Un mcguffin in grado, con la forza della verità, di mettere a nudo questa sua ipocrisia. E quindi Porini inizia a cambiare, mentre è spinto a commentare a voce, davanti agli inquirenti, qualcosa di davvero intimo. Un togliersi la corazza fino all'emergere del cuore del personaggio che ad Abatantuono riesce davvero bene, in un modo elegante, perché con gli anni la sua recitazione si è affinata in tanti piccoli dettagli e sfumature alla maniera di Kitano. Mi piace confrontare il suo dottor Porini con il suo, più cinico. dottor Azzesi de "La gente che sta bene". Molto simili all'apparenza, ma molto diversi.
Francesca Cavallin interpreta Marta, la mamma di Remo e moglie di Porini, ed è un personaggio molto buffo e molto dolce. Una "casalinga perfetta", alla Kidman, sexy e sorridente, che si è arresa al ruolo di sfavillante accessorio della casa cui la ha relegata il marito, pur concedendosi qualche piccola rivincita (non solo "artistica") sul "territorio domestico". La Cavallin è molto brava a renderla al contempo sognante e cartoonesca, quanto sinceramente preoccupata e materna. 
E infine ci sono il poliziotto buono e quello "inquietante", interpretati da Antonio Catania e Francesco Facchinetti. Catania è ormai una istituzione come caratterista, sembra una persona vera che puoi incontrare in un distretto di polizia, umana e non troppo severa. Facchinetti fa, timidamente, ingresso al cinema ed è molto meno peggio di quanto ci si poteva aspettare. Anzi, il suo ispettore viscido e umorale, ossessionato nel tormentare un lurido ciuffo di capelli e dallo sguardo assente, riesce ad inanellare molte battute gustose.


6- Tiriamo un po' le somme. Questo I Babysitter è un film con due anime. Una più riuscita, più razionale, canonica e strutturata, ossia la parte in cui i genitori e la polizia guardano il filmato del presunto rapimento. Una decisamnet meno riuscita, più "caciarona", anarchica, action, esagerata e caotica, costituita dai "bambini e bambinoni" che partecipano alla festa e al filmato stesso. Perché Mandelli, Ruffini e soci questo incarnano alla fine; dei bambini cresciuti che vogliono fare festa pur in modo esagerato..ma non troppo. Non c'è mai vera cattiveria salvo un paio di piccole eccezioni ( SPOILER il serpente fintissimo e "il tizio de Up" FINE SPOILER) , è tutto un gioco che parte con una festa e finisce ad autoscontri al luna park in cui il bambino si diverte sempre di più e infine è quello più adulto di tutti. Non sono presenti molte volgarità e si riesce ad arrivare alla fine senza annoiarsi anche se magari senza sbalordirsi troppo. Si può dire  che il film "non graffi" proprio perché non puntava a farlo, esattamente come il modello francese. La regia è abbastanza ordinata nelle parti di dialogo ma un po' a strappi nelle parti con la telecamera a mano e per me c'è almeno una scena che manca e avrei voluto vedere  (SPOILER quella in cui il personaggio di Mandelli decide di far entrare nella casa del capo gli amici festaioli. Certo "parlano i fatti", ma sarebbe stato interessante scoprire un Andrea più consapevole e meno vittima degli eventi. FINE SPOILER). L'esordio dietro la macchina da presa di Bognetti sembra essere riuscito, deve giuto equilibrare meglio le scene "action". Rimane la questione di base, cioè se trovate divertente la comicità di Ruffini e compagni. Perché questo non è il film che vi farà cambiare idea. Tuttavia l'ho trovato un esperimento interessante. 
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venerdì 14 ottobre 2016

Star Wars: l'ultimo trailer in italiano!


Papapapa paaa

Papapapa pa'
Papapapa pa'
Papapapa'


Si avvicina il natale ....
Ed ecco arrivare il nuovo trailer del primo spin - off di Star Wars: quello diretto dal tipo di Godzilla con protagonista Donnie Yen e Hannibal Lecter, quello che è come Ocean's Eleven, quello con i death troopers che non sono però i Troopers -zombie che i mega fan ricordavano, quello senza Jedi ( ma poi sarà vero?), quello che ci dice cosa è successo tra episodio tre e quattro, nello specifico un giorno o due da episodio quattro. Ok, buona visione e poi ne riparliamo.


C'è Forest Whitaker che ci regala i suoi occhi da matto favoloso. Ci stanno i pavoni di Bakeoff Italia che fanno wwwaaa wwwwaaaa wwwwaaa (ma potrebbe darsi sia un allarme di una astronave). Ci sta Donnie Yen che fa Donnie Yen e picchia con un bastone dei Troopers, ed è già scena dell'anno ( gli perdono già Iceman e la scena del cesso esplosivo "carico"..forse). Felicity Jones pare Ripley e tutto è bello cupo e disperato come ce lo aspettavamo. E poi c'è il comandante dei cattivi che cammina sull'acqua. C'è un po'tutto, anche i walkers, il nuovo droide massiccio, la statua del Jedi caduta, immagino sul fantomatico pianeta con il culto dei Jedi di cui ci dicevano, ci piace. E tra un paio di mesetti ci siamo. Io so già che mi rovinerò comprando i pupazzetti perché sono pazzo . 
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mercoledì 12 ottobre 2016

domenica 9 ottobre 2016

Go with Me (Blackway), il primo film americano di Daniel Alfredson - la nostra recensione



Sinossi: siano ai giorni nostri, siamo al confine tra America e Canada. Ma non è né Portland, che dicono essere molto carina, né Seattle. E' piuttosto un piccolo paesino dove si conoscono tutti, in un luogo circondato da alberi. Tantissimi alberi, ovunque. L'unico paesaggio disponibile è fatto da alberi. Alberi secolari in pianura, alberi secolari in montagna, case fatte da tronchi di alberi, giocattoli in legno ricavato da alberi, segherie, boscaioli che raccontano di aver fatto giochi strani con la vasellina e le cavità di alcuni alberi. Se a uno non piacciono gli alberi, fa prima a spararsi. Per di più il clima è rigido, non c'è una sola strada asfaltata, la gente parte la mattina già con la mosca al naso per via degli alberi e non ha voglia di litigare, non ha voglia di problemi. Non è un paese per vecchi, di sicuro è un paese di troppi alberi. Un paese in cui un giorno ritorna Lillian (Julia Stiles), che da quelle parti ci è solo nata. Torna per  accudire la madre anziana, perderla tragicamente subito dopo e infine convincersi che è lì il posto dove vuole vivere. Tra quegli alberi. Lavora part-time come insegnante presso la scuola locale. Lavora inoltre come cameriera presso la bettola più famosa della città ed è in quest'ultimo posto che incontra e si scontra con Blackway (Ray Liotta), un tipo losco che prova a sedurla, la percuote e comincia a seguirla ovunque lei vada. Mi pare di aver già espletato come con ci sia molto da fare in questo posto a parte giocare con gli alberi. Una sera Blackway esagera nello stalkeraggio e decapita il gatto a Lillian. Questa allora si decide ad andare dalla polizia, nella persona dello sceriffo Wingate (Dale Wilson), un tizio così annoiato che va al lavoro senza la divisa e in ciabatte e non è esattamente un eroe. Motivo per cui non appena Lillian nomina Blackway implorando un intervento dello stato di qualsiasi tipo, anche solo un "rimbrotto", lo sceriffo sbianca e prima le chiede se non può andare a vivere a Portland, che è pure più bello, e poi la dirotta presso la segheria locale, luogo dove forse la ragazza troverà qualcuno con la voce abbastanza grossa da dire a Blackway di smettere di importunarla. E quindi la ragazza va lì, dove i tanti segaioli della segheria stanno a raccontarsi per l'ennesima volta di quella volta che uno di loro ha infilato l'uccello in un un tronco secolare (accade proprio questo nel film). Uomini rudi temprati dal freddo e dalla fatica che quando sentono nominare Blackway diventano coniglietti e consigliano pure loro alla nostra eroina il trasferimento a Portland, che è pure più carina, iniziando a comporre anche il numero di Paola Marella. Lillian va via dalla segheria e inizia a lottare per far ripartire l'auto rimasta impantanata nel fango. I boscaioli fanno spallucce, non saranno certo loro ad asfaltare la strada nei prossimi quarant'anni, sono troppo annoiati. Figurati se hanno voglia di prendersela con Blackway, il bulletto locale. Ma qualcuno non è d'accordo con loro. E' Lester (Anthony Hopkins), vecchio boscaiolo che oggi vive ossessionato dall'intaglio di girandole in legno. Ne intaglia a milioni. Ha anche lui delle ruggini con Blackway e può contare sull'amicizia e supporto incondizionato di Nate (Alexander Ludwig), ragazzo poco sveglio ma di gran cuore che lo vede come un padre e lo segue ovunque. Lester andrà con Nate ad aiutare Lillian a togliere l'auto dal fango. E forse pure a trovare Blackway.


Un western crepuscolare moderno: il regista della prima trasposizione di Millennium, che ha portato alla ribalta la bellissima e bravissima Noomi Rapace arriva in America e si imbatte con uno dei più classici generi U.S.A., il western. Una storia semplice, di vendetta e riscatto, con elementi di road movie, in cui il focus è sul cercare di conoscere i personaggi mentre ci riempiamo gli occhi di paesaggi naturali incontaminati. E in Go with me si può quasi chiudere gli occhi e sentire nelle narici la corteccia del pino canadese, si ha quasi voglia di mettersi il maglione pensante per non avvertire il freddo nelle ossa. In un paesaggio così imponente e pregno di natura matrigna si muove, con passo infermo ma implacabile, alla maniera di Clint Eatwood ne Gli Spietati e di Jeff Bridges ne Il Grinta, lo stanco boscaiolo di Anthony Hopkins (che qui figura anche come produttore), avvizzito dalla vita ma ancora pronto ad accogliere il grido di aiuto di una damigella in pericolo. Il suo Lester è irrisolto, inquieto, nasconde qualche trucco. Non si muove certo come un eroe, e sarà protagonista di azioni anche piuttosto discutibili. Il suo nemico naturale è Blackway, un uomo "cattivo", un uomo più giovane e per questo più potente in un paese popolato da vecchi e pavidi. E quindi è Davide contro Golia. Blackway vive dei racconti su di lui. Appare inarrestabile e spietato come una tempesta di neve. Liotta, con una interpretazione "da matto" quasi auto-distruttivo, riesce forse a contenerlo, renderlo umano, privo di questo alone soprannaturale. E' interessante anche il boscaiolo tontolone dal cuore d'oro, Nate, interpretato dal vichingo televisivo Alexander Ludwig, che si dimostra in questo ruolo attore molto versatile, sempre simpatico e in grado di donare innocenza alla sua immane massa muscolare. Ne esce quasi uno Stallone/Rocky prima maniera, assolutamente amabile e che riesce a diventare il cuore emotivo della vicenda. Unica donna del gruppo, ma non per questo personaggio meno importante, è la Lillian di Julia Stiles. Sono decisamente passati i tempi di Save the last dance e la Stiles è qui una donna matura, poco truccata e con il viso segnato dal tempo. Una donna sola e sconfitta dalla vita che cerca solo un po' di dignità, la pretende con ostinazione come irrinunciabile esigenza umana. Un'eroina gentile. Accanto a questo piccolo gruppo di attori c'è un autentico coro da tragedia greca, quello costituito dagli anziani addetti alla segheria, sempre pronti a rimembrare i giorni fulgidi del passato, quando erano giovani e belli, ignorando l'impresa che sta compiendo Lester, che idealmente da questo coro si è staccato per essere ancora vivo, per compiere forse l'ultima impresa eroica, come il genere del western crepuscolare impone. 


Un film con un accompagnamento sonoro inconsueto: Go with Me patisce forse un po' troppo la colonna sonora ad opera di Anders Niska e Klas Whal. In completa antitesi con genere western, Niska e Whal ci portano in un incubo sonoro degno di un action movie anni '80 con Dulph Lundgren o Chuck Norris. La musica è pomposa, esagerata e sembra descrivere per toni un film diverso da quello a cui si sta assistendo. Con il tempo ci si abitua, ma in effetti la musica presenta un'invadenza che stride un po'.
Tirando le somme: Alberi, tanti alberi, troppi alberi per una storia semplice che però riesce ad appassionare grazie a un ottimo amalgama che si crea tra gli attori, che nonostante non si scambino tantissime parole riescono a sorprenderci e farci appassionare alle loro storie. Il ritmo ha una leggera flessione prima del finale, ma è un peccato veniale. L'accompagnamento sonoro è invece una bizzarria curiosa. Daniel Alfredson nel suo primo excursus americano omaggia al meglio il western, confezionando un film che soddisferà sicuramente gli appassionati del genere, risultando interessante anche per lo spettatore occasionale. 
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