sabato 16 giugno 2018

John Wick 3: Parabellum - buone nuove sulla produzione di uno dei film del 2019 che già aspetto di più



 La serie sul Killer conosciuto come "l'uomo nero" e sul suo mondo killer-centrico, creata dai registi stunt-man Chad Stahelski e David Leitch, scritta da quel mattacchione "brianazzanellano" di  Derek Kolstad e impersonata da un granitico Keanu Reeves,  si è guadagnata a ragione negli anni lo status di cult. Se come intreccio le storie di John Wick sembrano poco più di un videogame (e pertanto funzionano come firma massima di cinema escapista da gustare senza troppi pensieri), il fascino di cui sono impastate non lascia indifferenti. Merito delle tante scene d'azione concitate e infinite, caratterizzate dallo sfoggio di curiose, complesse e innovative (ma quasi "credibili", per lo sforzo di esecuzione) arti-marziali "fusion", che dai pugni e calci si allargano all'uso di armi da fuoco e persino di armi-automobili. Merito di un encomiabile, potente e quasi invisibile (e per questo "più potente") World-building, fondato sulla descrizione di un affascinante, articolato e quasi "fantasy" mondo-nascosto,  in cui i killer, come i samurai giapponesi, vivono rispettando un codici d'onore e hanno accesso a luoghi, donne, armi e ricchezze inimmaginabili per l'uomo comune (al punto da essere considerati quasi una casta sociale superiore). Merito di un Keanu Reeves sofferente e convincente nel ruolo, tanto ginnico che drammatico, del killer stanco ma ancora letale, con gli occhi infiammati come un diavolo e il passo inesorabile di un terminator, costretto in ogni film a riprendere controvoglia una eterna vendetta contro il mondo. Merito degli avversari spietati e "facili da odiare" che gli si parano davanti, come Alfie Allen e Riccardo Scamarcio, perfetti per giustificare nello spettatore la quasi orgiastica attesa del loro inevitabile spappolamento. Merito delle femme fatale pericolose e irraggiungibili che abitano il sottobosco criminale, come la sinuosa e senza onore Adrianne Palicki, la cazzuta e algida killer non udente di Ruby Rose, una Claudia Gerini regina del crimine decaduta (mai tanto sexy). Merito di un cast stellare di supporto (usato con intelligenza come nella saga di Underworld) che ha nel tempo annoverato attori di prima grandezza come John Leguizamo, Willem Dafoe, Michael Nyqvist, Ian McShane, Laurence Fishburne. Merito di una ambientazione suggestiva e "verticale", quasi di stampo dantesco, che dai piani alti di alberghi lussuosi, scende tra le strade cittadine, arriva tra i fumi e la musica di losche discoteche, prosegue tra i cunicoli delle fognature, giù fino nelle catacombe, nelle viscere della storia, dove i potenti nascondono i loro tesori o si beano delle loro terme personali. Stahelski, Leitch e Kolsdat hanno poi preso questa formula e l'hanno brevettata. L'hanno "supereroizzata" nel corto Deadpool: No good dead, che ha spinto la Fox a produrre il film su Deadpool (sul cui sequel sarà alla regia proprio Leitch) e lo hanno declinato, invero con pochissime differenze, nello "storicamente fantasy" Atomica Bionda, che è forse il film più riuscito dell'anno scorso. Inutile girarci intorno, questa gente la amiamo e siamo contenti quando fanno capolino con qualche nuovo progetto in cui hanno tutta l'intenzione di trasmettere il loro stile fumettoso quanto energetico, unico, sexy e sempre amabilmente disimpegnato. Nel futuro prossimo venturo Leitch dovrebbe dirigere lo spin-off di Fast'n'Furious con Statham e The Rock. Stahelski dovrebbe essere impegnato nel reboot di Highlander e nell'adattamento su schermo del fumetto Kill or be killed di Ed Brubaker (in Italia in volumoni per Oscar Ink, prendetelo che è figo). Kolstad dovrebbe gestire il "mondo nascosto", invero già molto affascinante di suo, della serie TV basata sul videogame Hitman
Ma il loro impegno più recente è il terzo capitolo della saga che ha reso tutti e tre celebri, John Wick 3, in uscita a maggio 2019 e di cui in questi giorni sta iniziando la produzione. E la carne al fuoco è tanta. 


John Wick 2 terminava con il più incredibile dei cliffhanger, scaraventando il killer di Reeves in una situazione limite dalla quale pareva impensabile una qualsiasi via d'uscita. John Wick 3 dovrebbe idealmente partire subito dopo quegli avvenimenti, raccontando la fuga impossibile del nostro eroe da un intero mondo che gli dà la caccia. Il cast dei precedenti capitoli è tutto interamente confermato ed è stato pure ampliato. Torna il killer-ronin interpretato da Common, torna Ruby Rose, torna il potente direttore del fantomatico e leggendario Hotel Continental (Ian McShare), torna il signore dei killer-homeless (Lawrence Fishburne). Arrivano attori interessanti ad arricchire il pantheon narrativo, come Halle Berry, Anjelica Huston, Asia Kate Dillon e Jason Mantzoukas, ma soprattutto arrivano dei combattenti interessanti. Attendo Marc Decascos, che era un grande ai tempi di Crying Freeman, passando per il Corvo 2 e Il patto dei lupi, ma poi si è un po' perso di recente. Attendo Tiger Chen, storica controfigura di Reeves, da Reeves stesso diretto in un Man of tai chi in cui a livello di skill atletiche di dimostra un autentico mostro di tecnica (a livello recitativo è invece mostruoso per motivi del tutto diversi e non troppo lusinghieri). Attendo Yayan "Mad Dog" Ruhian e Cecep Arif Rahman, due dei più temibili (e spettacolari) avversari di Iko Uwais nella saga The Raid, una serie che per coolness e filosofia action ha molto il comune con John Wick. Con queste premesse, non vedo l'ora di tornare a vedere Reeves in sala. Il nostro eroe si applica sempre con molta dedizione nella preparazione nelle scene di  arti marziali, è ancora allenato dai migliori e ha a questo giro come sparring - partner nei combattimenti degli autentici  mostri di bravura. L'età di Keanu già nel primo John Wick si faceva sentire e il respiro affannato che accompagnava molti dei combattimenti era autentico, questo terzo film sarà una bella prova per il suo fisico. Ma proprio per questo la saga di John Wick, al di là della splendida cornice fumettosa in cui è calata,  ha un valore in più. In quel fiato corto, sudore e nella ricerca costante di uno stunt che possa risultare credibile più che spettacolare risiede l'impegno e la dedizione che l'attore riversava da sempre nell'interpretare il gladiatore moderno e decadente che di fatto è il suo John Wick. Appena avremo un trailer tra le mani, ve lo faremo sapere. Intanto vi invitiamo al recupero della saga, di Atomica Bionda e dell'ultimo Deadpool. Se cercate qualcosa di disimpegnato, divertente ma "sincero", sono le scelte giuste.Non scordate mai i pop corn. 
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mercoledì 13 giugno 2018

Predator: il trailer


E diamo un occhio al trailer di The Predator, il nuovo film della saga dell'alieno - cacciatore per la regia di Shane Black


Bah... non è che mi sia salito poi l'hype a mille. Mi fa specie, perché qualsiasi cosa riguardi l'alieno con i rasta della 20th Century Fox in genere mi conquista senza problemi. Persino i prodotti legati al brand più smaccatamente "slasher"come Alien vs Predator 2: Requiem (invero, più simili a un b-movie di Venerdì 13 che ad Alien) o come il videogame Mortal Kombat X sono in qualche modo riusciti a solleticarmi di più di questo primo assaggio del nuovo film di Black. Spero davvero che ora di settembre escano dei trailer migliori e più convincenti, perché pur partendo io da standard bassissimi per apprezzare un nuovo prodotto qualsiasi su Predator, fosse anche un dentifricio al sapore di senape,  (vi devo davvero ripete dopo due righe che mi è piaciuto "abbastanza" anche Alien vs predator 2: Requiem?) davvero ci ho trovato poco di entusiasmante in questo primo assaggio dell'attesissimo reboot/sequel/remake (non si è ancora capito) cinematografico. A essere generosi sembra un Jeepers Creepers o una versione di Alien vs predator 2: Requiem (e ridaje...) senza l'alien; in pratica la nuova ennesima iterazione del film sul mostro che semina caos nella provincia americana, con la conta dei cadaveri che sale fino ai titoli di coda e con un protagonista, Boyd Holbrooke, che si segnalava fin dai tempi di Logan per l'innata antipatia che irradiava da ogni poro. Davvero voglio aspettare settembre per vedere un film su quattro tizi "cattivi cattivi" che un alieno con i rasta un giorno decide di fare a pezzi mentre si trovano su un autobus giallo?
Preciso, quattro tizi cattivi cattivi cui si aggiunge un bambino con mantella gialla che riceve per halloween una specie di armatura da guerra predator per uno strano errore di Amazon?


Shane Black, con tutta la stima che posso avere per te in quanto membro del cast originale del primo Predator, mi spieghi checcavolo di film hai girato? Internet, ormai il posto dove trovi più pettegoli che amanti del porno, dice che il terzo atto del film è andato così male ai test che oggi stanno rigirando e post-producendo tutto, con la data di uscita che è saltata da gennaio o marzo fino ad agosto e (forse, non confermato del tutto) settembre. Queste prime immagini non ispirano molto, mi irritano per lo più per Holbrooke e il taglio di capelli che gli ha consigliato il suo parrucchiere e e mi lasciano un senso di nausea autentica davanti a quel terribile nano con la mantellina gialla... che temo passerà indenne tutto il film (come i da me odiatissimi superbambini di Jurassic Park) e ce lo troveremo fino ai titoli di coda. Vabbè che in fondo pure in Alien vs Predator 2: Requiem una bimba con visore notturno ci stava... ok, sto superando la soglia di "citazione gratuita" per quell'amabile filmaccio... se lo cito di nuovo o distruggo l'articolo o mi faccio pagare da Fox per pubblicarlo.
L'alieno rasta brutto e cattivo comunque c'è e sembra ben realizzato. Il fatto che, come dica la scienziata nel trailer, l'alieno "assimila da altre razze, progredendo" mi sembra una cosa più da Borg di Star Trek e in genere un concetto lontano dallo spirito predator di "passare il week end a sparare a qualche culturista", ma tant'è. 
È solo un trailer, per ora è "solo" un brutto trailer e ora di settembre può capitare e cambiare di tutto. Possiamo quindi ancora fantasticare che si tratti della vera ripartenza della serie dopo quel Predators girato ormai nel lontano 2009 (ammazza quanto passa il tempo). I predator sono personaggi misteriosi e affascinanti, un po' assassini e un po' samurai, un po' primitivi e un po' ipertecnologici, un po' eroi e un po' stronzi, un po' bambini in cerca della prova iniziatica e un po' sagge divinità extraterrestri. Insomma, sono così strani e contraddittori per look e "cultura" che ci puoi farci quello che vuoi e non sbagli mai. Li ho apprezzati un po' in tutte le salse e devo dire che quando voglio un film disimpegnato da vedere, pieno di azione e cattiverie gratuite, è facile che pesci dal mucchio un Predator. Certo sono tutti film che fanno intravedere ogni volta qualcosa di interessante (come l'interno di un'astronave, un intero pianeta alieno dedicato alla caccia e scampoli di una società basata su caste, riti di passaggio e onore) per poi ridursi per due ore al solito gioco del nascondino con poche variazioni sul tema. Sarebbe bello per una volta che venissero utilizzati in modi diversi, magari in film che li mettessero al centro di epopee techno-fantasy alla Conan il Barbaro, ma sembra che alla Fox basti il solito slasher movie e il massimo che sono disposti a sganciare per la produzione è l'equivalente di una ventina di monetine per il carrello di Esselunga. Per questo The Predator sono state fatte però delle promesse "in grande", prontamente smentite da ogni immagine presente in questo trailer. Speriamo di essere smentiti e che se slasher b-movie deve essere anche questo, sia almeno divertente. Che tanto poi in home video io lo vedo uguale, ma questo non fa testo. E voi cosa ne pensate? Riusciremo mai ad avere un film di Predator che ricordi almeno alla lontana il videogioco capcom che vi linko qua sotto? 


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sabato 2 giugno 2018

Solo - a star wars story: la nostra recensione a caldo e possibilmente spoilerfee




C'è un intero universo da esplorare là fuori. Un'infinità di mondi e razze tra cui scovare personaggi non legati per forza a livello affettivo o parentale a precedenti protagonisti di Star Wars, personaggi con nuove storie da raccontare. Salvo il fatto di avere come protagonista una versione giovane del personaggio reso celebre da Harrison Ford, Solo riesce a portarci in mondi nuovi e accattivanti. Pianeti futuristici fatiscenti pieni di povertà e soprusi e pianeti in salsa western con diligenze da assaltare che fanno tornare alla memoria il pirata spaziale di Matsumoto. Se risulta evidente che a capo della malavita spaziale non possano esserci che vermi spaziali, la maggioranza dei personaggi si muove sul confine tra bene e male  in un cosmico triste e variegatamente privo di eroi e di fede (nella forza, ovviamente), dominato unicamente dalla sorte e di conseguenza dal gioco d'azzardo. Tra le stelle c'è solo miseria e un impero spaziale pronto a polverizzare pianeti dal giorno alla notte.  L'unico sogno possibile per chi nasce poveri nei bassifondi di un pianeta sovrappopolato e sovra-criminalizzato sembra racimolare i soldi per prendere un'astronave e volare via, verso i confini non ancora esplorati dell'impero, a cercare un posto dove poter vivere felici e imparare a suonare una chitarra spaziale. Solo che i soldi possono darteli i gangster spaziali, persone con dalle quali, una volta che sei in affari, non riesci a liberarti più. 
Pur seguendo alcune delle più classiche e spesso buffe regole dei film di Star Wars (gli alieni buffi che cantano nei bar malfamati e le immancabili scenette dei travestimenti fisici o vocali su tutti), Solo presenta un contesto concettualmente più disperato, carico tanto di pathos da crime hard - boiled che degli scenari più tipici del western crepuscolare. Tra sparatorie, doppi giochi e regolamenti di conti dietro oggi angolo, in Solo non mancano indiani d'America spaziali armati di cavalli volanti e maschere rituali (capitanati dal misterioso Enfys Nest), cattivi e complicati pistoleri/maestri in luogo dei nobili Jedi (un grande Woody Harrelson), avvenenti femme fatale da saloon (la bella Emila Clarke che nel look strizza un occhio a Leia), minatori e galeotti relegati ai lavori forzati, gli immancabili fuorilegge e i gambler sbruffoni da tavolo da gioco (tra cui si annidano per "vizietto" anche Lando e Han). Ci si diverte sul "fronte western" e almeno una bella scena di "assalto al treno" rimane impressa, ma in fondo per me a livello visivo "non si vola mai troppo" e molti degli aspetti più riusciti della pellicola rimangono più a livello della scrittura dei personaggi, particolarmente valida nella prima parte della pellicola. Molto belli e potenti i ruoli femminili (umani e non), che surclassano per eroismo e valori una triste carrellata di maschietti per lo più infidi, codardi e piagnoni se non proprio muti e da tappezzeria (genere "tappeti" anni '60). Molto arzigogolata è originale la rete criminale che opera a livello intergalattico progettando piani alla Breaking Bad intergalattici. Ci si diverte ma si ride pochissimo. Si vede che l'epurazione di Lord e Miller, rei di aver reso la sceneggiatura troppo divertente per gli standard, ha dato i suoi frutti e di fatto ha reso eccessivamente serioso un film che avrebbe avuto le carte per declinarsi come un nuovo Guardiani della Galassia. Ron Howard dirige con mestiere, ma era decisamente più Lucasiano e spensierato in Willow. E se a pensare a Howard e Lucas insieme viene alla mente American Graffiti e le sue corse nella notte tra fiammanti auto sportive fa un po' specie quanto poco feticismo per i veicoli trasmetta questo film. Il Millennium Falcon ha le sue scene ma la carrozzeria dell'astronave si vede poco e le inquadrature sono per lo più spese nel riprendere i protagonisti in cabina di comando e nel riprodurre un paio di alloggiamenti topico/iconici senza una particolare passione/ossessione nell'esplorare di più la strumentazione di bordo e senza la volontà di portarci nelle stanze segrete del Falcon che ancora non abbiamo visitato. Avrei voluto vedere di più l'astronave più veloce della galassia in un film come questo, goderne degli ingranaggi più nascosti in scene di pistoni ed energia quanto un Fast'n'furious. Avrei voluto stare più tempo con l'Han delle prime scene senza subire un salto temporale repentino che va rapidamente a cancellare una fase della sua vita che poteva essere gustosa e caratterizzata da spot sul reclutamento eccessivo/sarcastici che parevano usciti da Starship Troopers di Paul Verhoeven. Non mi è affatto dispiaciuto questo film, l'ho trovato originale nell'ambientazione e per certi versi coraggioso nel scegliere di rappresentare un contesto narrativo meno epico e più contorto. Mi sono piaciuti anche gli attori, che hanno ribaltato con una recitazione appassionata molti dei preconcetti che mi ero fatto sul film. Lo spettacolo visivo mi ha ovviamente convinto e su questo aspetto  non avevo mai avuto dubbi, ma Solo mi rimane in testa come un film irrisolto, che necessita (anche per precise scelte di regia) di avere una continuazione per riuscire davvero a definire il personaggio e questo suo strano mondo in una galassia più lontana lontana del solito. Sembra che Alden Ehrenreich abbia firmato per tre film e se così fosse credo di poter rivedere Solo in una prospettiva diversa, ma credo che soprattutto in questo caso sarà il botteghino a decidere il seguito delle sue avventure. O per lo meno sogno un terzo Star Wars Story, magari come vociferato su Obi Wan, in grado di fare luce e completare parti della trama qui rimaste ancora aperte e che il quel film si amalgamerebbero bene come il cacio sui maccheroni (magari implementando pure un certo personaggio impersonato da Forest Whitaker in Rogue One). A questo punto auspicherei volentieri un terzo Star Wars Story che completi i primi due film come una vera e propria trilogia (magari collocandosi temporalmente tra Solo e Rogue One). 


Mi aspettavo un'avventura tra i mostri spaziali e mi ritrovo un film quasi drammatico e dai contorni sfuggenti. La Lucas/Disney mi ha spiazzato come sempre ma il cambio di volto di Han Solo è stato meno traumatico del previsto. Il ragazzo ha preso in pieno lo spirito del pirata spaziale e ne imita cuore e movenze con una naturalezza che sulla carta non credevo possibile. Un plauso al vanesio e scorretto Lando di Donald Glover, in grado di rubare la scena a tutti con le sue mossette e inaspettate fragilità. Immenso Woody Harrelson nel ruolo dello "Yoda che si meritava Han Solo", un pistolero leggendario che sa ruotare le pistole come gli eroi dei fumetti ma che nasconde molti lati d'ombra, bravo come sempre Paul Bettany e incisiva, anche se in una piccola parte, Thandie Newton. Sempre carina Emilia Clarke, premio comparsata da applauso a Warwick "Willow" Davis, che è sempre un immenso piacere vedere in uno Star Wars. Magnifica l'androide L3 -37 doppiata in origine da Phoebe Waller-Bridge, che da oggi ha un posticino nel mio cuore (e spero presto sulla mensola del modellini) vicino a K2-SO di Alan Tudyk. 
Se amate Star Wars o meno io un giro in sala lo farei, ma con la voglia di essere stupiti da qualcosa di diverso più che con la speranza di trovare i vecchi ambienti e i vecchi amici. 
Che la forza sia sempre con il mio amico Gianluca, che attraverso la sua passione per Star Wars riesce sempre a contagiarmi e farmi tornare bambino per due ore una volta all'anno. 
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