sabato 2 giugno 2018

Solo - a star wars story: la nostra recensione a caldo e possibilmente spoilerfee




C'è un intero universo da esplorare là fuori. Un'infinità di mondi e razze tra cui scovare personaggi non legati per forza a livello affettivo o parentale a precedenti protagonisti di Star Wars, personaggi con nuove storie da raccontare. Salvo il fatto di avere come protagonista una versione giovane del personaggio reso celebre da Harrison Ford, Solo riesce a portarci in mondi nuovi e accattivanti. Pianeti futuristici fatiscenti pieni di povertà e soprusi e pianeti in salsa western con diligenze da assaltare che fanno tornare alla memoria il pirata spaziale di Matsumoto. Se risulta evidente che a capo della malavita spaziale non possano esserci che vermi spaziali, la maggioranza dei personaggi si muove sul confine tra bene e male  in un cosmico triste e variegatamente privo di eroi e di fede (nella forza, ovviamente), dominato unicamente dalla sorte e di conseguenza dal gioco d'azzardo. Tra le stelle c'è solo miseria e un impero spaziale pronto a polverizzare pianeti dal giorno alla notte.  L'unico sogno possibile per chi nasce poveri nei bassifondi di un pianeta sovrappopolato e sovra-criminalizzato sembra racimolare i soldi per prendere un'astronave e volare via, verso i confini non ancora esplorati dell'impero, a cercare un posto dove poter vivere felici e imparare a suonare una chitarra spaziale. Solo che i soldi possono darteli i gangster spaziali, persone con dalle quali, una volta che sei in affari, non riesci a liberarti più. 
Pur seguendo alcune delle più classiche e spesso buffe regole dei film di Star Wars (gli alieni buffi che cantano nei bar malfamati e le immancabili scenette dei travestimenti fisici o vocali su tutti), Solo presenta un contesto concettualmente più disperato, carico tanto di pathos da crime hard - boiled che degli scenari più tipici del western crepuscolare. Tra sparatorie, doppi giochi e regolamenti di conti dietro oggi angolo, in Solo non mancano indiani d'America spaziali armati di cavalli volanti e maschere rituali (capitanati dal misterioso Enfys Nest), cattivi e complicati pistoleri/maestri in luogo dei nobili Jedi (un grande Woody Harrelson), avvenenti femme fatale da saloon (la bella Emila Clarke che nel look strizza un occhio a Leia), minatori e galeotti relegati ai lavori forzati, gli immancabili fuorilegge e i gambler sbruffoni da tavolo da gioco (tra cui si annidano per "vizietto" anche Lando e Han). Ci si diverte sul "fronte western" e almeno una bella scena di "assalto al treno" rimane impressa, ma in fondo per me a livello visivo "non si vola mai troppo" e molti degli aspetti più riusciti della pellicola rimangono più a livello della scrittura dei personaggi, particolarmente valida nella prima parte della pellicola. Molto belli e potenti i ruoli femminili (umani e non), che surclassano per eroismo e valori una triste carrellata di maschietti per lo più infidi, codardi e piagnoni se non proprio muti e da tappezzeria (genere "tappeti" anni '60). Molto arzigogolata è originale la rete criminale che opera a livello intergalattico progettando piani alla Breaking Bad intergalattici. Ci si diverte ma si ride pochissimo. Si vede che l'epurazione di Lord e Miller, rei di aver reso la sceneggiatura troppo divertente per gli standard, ha dato i suoi frutti e di fatto ha reso eccessivamente serioso un film che avrebbe avuto le carte per declinarsi come un nuovo Guardiani della Galassia. Ron Howard dirige con mestiere, ma era decisamente più Lucasiano e spensierato in Willow. E se a pensare a Howard e Lucas insieme viene alla mente American Graffiti e le sue corse nella notte tra fiammanti auto sportive fa un po' specie quanto poco feticismo per i veicoli trasmetta questo film. Il Millennium Falcon ha le sue scene ma la carrozzeria dell'astronave si vede poco e le inquadrature sono per lo più spese nel riprendere i protagonisti in cabina di comando e nel riprodurre un paio di alloggiamenti topico/iconici senza una particolare passione/ossessione nell'esplorare di più la strumentazione di bordo e senza la volontà di portarci nelle stanze segrete del Falcon che ancora non abbiamo visitato. Avrei voluto vedere di più l'astronave più veloce della galassia in un film come questo, goderne degli ingranaggi più nascosti in scene di pistoni ed energia quanto un Fast'n'furious. Avrei voluto stare più tempo con l'Han delle prime scene senza subire un salto temporale repentino che va rapidamente a cancellare una fase della sua vita che poteva essere gustosa e caratterizzata da spot sul reclutamento eccessivo/sarcastici che parevano usciti da Starship Troopers di Paul Verhoeven. Non mi è affatto dispiaciuto questo film, l'ho trovato originale nell'ambientazione e per certi versi coraggioso nel scegliere di rappresentare un contesto narrativo meno epico e più contorto. Mi sono piaciuti anche gli attori, che hanno ribaltato con una recitazione appassionata molti dei preconcetti che mi ero fatto sul film. Lo spettacolo visivo mi ha ovviamente convinto e su questo aspetto  non avevo mai avuto dubbi, ma Solo mi rimane in testa come un film irrisolto, che necessita (anche per precise scelte di regia) di avere una continuazione per riuscire davvero a definire il personaggio e questo suo strano mondo in una galassia più lontana lontana del solito. Sembra che Alden Ehrenreich abbia firmato per tre film e se così fosse credo di poter rivedere Solo in una prospettiva diversa, ma credo che soprattutto in questo caso sarà il botteghino a decidere il seguito delle sue avventure. O per lo meno sogno un terzo Star Wars Story, magari come vociferato su Obi Wan, in grado di fare luce e completare parti della trama qui rimaste ancora aperte e che il quel film si amalgamerebbero bene come il cacio sui maccheroni (magari implementando pure un certo personaggio impersonato da Forest Whitaker in Rogue One). A questo punto auspicherei volentieri un terzo Star Wars Story che completi i primi due film come una vera e propria trilogia (magari collocandosi temporalmente tra Solo e Rogue One). 


Mi aspettavo un'avventura tra i mostri spaziali e mi ritrovo un film quasi drammatico e dai contorni sfuggenti. La Lucas/Disney mi ha spiazzato come sempre ma il cambio di volto di Han Solo è stato meno traumatico del previsto. Il ragazzo ha preso in pieno lo spirito del pirata spaziale e ne imita cuore e movenze con una naturalezza che sulla carta non credevo possibile. Un plauso al vanesio e scorretto Lando di Donald Glover, in grado di rubare la scena a tutti con le sue mossette e inaspettate fragilità. Immenso Woody Harrelson nel ruolo dello "Yoda che si meritava Han Solo", un pistolero leggendario che sa ruotare le pistole come gli eroi dei fumetti ma che nasconde molti lati d'ombra, bravo come sempre Paul Bettany e incisiva, anche se in una piccola parte, Thandie Newton. Sempre carina Emilia Clarke, premio comparsata da applauso a Warwick "Willow" Davis, che è sempre un immenso piacere vedere in uno Star Wars. Magnifica l'androide L3 -37 doppiata in origine da Phoebe Waller-Bridge, che da oggi ha un posticino nel mio cuore (e spero presto sulla mensola del modellini) vicino a K2-SO di Alan Tudyk. 
Se amate Star Wars o meno io un giro in sala lo farei, ma con la voglia di essere stupiti da qualcosa di diverso più che con la speranza di trovare i vecchi ambienti e i vecchi amici. 
Che la forza sia sempre con il mio amico Gianluca, che attraverso la sua passione per Star Wars riesce sempre a contagiarmi e farmi tornare bambino per due ore una volta all'anno. 
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1 commento:

  1. Io invece l'ho vissuto come un divertissement, un'avventura per ragazzi che aggiunge davvero poco al mito di Han Solo. Carino e simpatico finché dura ma ben poco memorabile: fortuna che c'era Chewbacca!

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