lunedì 30 novembre 2015

Captain America: Civil War - il primo trailer!


I fratelli Russo finalmente svelano le prime immagini della loro nuova pellicola . Lo fanno in anticipo dei tempi, quando tutti già pensavano di dover attendere l'uscita del nuovo Star Wars per vedere al cinema nuovamente uno scampolo degli eroi in pigiama Marvel. Ma non è Age of Ultron con i suoi millemila effetti speciali, quanto piuttosto un appropriato seguito di Winter Soldier, una continuazione diretta della precedente pellicola dei Russo Bros. che forse tradisce l'epicità del fumetto Civil War, ma che riesce a centrare maggiormente così il personaggi del buon Captain America. Sarà il primo assaggio, sarà che Cap non è il mio personaggio preferito, sarà che a superuomini in pigiama ormai ci siamo abituati, non mi sento di gridare per ora "wow che bomba!!".


Ok c'è Pantera Nera, ok c'è la scena in cui si scagliano all'attacco i due schieramenti e quella in cui Cap e Bucky suonano l'armatura di Tony con lo scudo al vibranio facendola risuonare come una campana. Ok, ci sarà Spiderman e metà del pubblico andrà probabilmente a vedere il film in attesa di vedere Spiderman. Sarà probabilmente divertente su maxi schermo e 3D  e le cose più belle non ce le hanno ancora mostrare, ma ragazzi, cacchio, sembra troppo di vedere una rissa da bar a Buccinasco se paragoniamo il tutto al "vero" Civil War, quello scritto da Millar e disegnato già per essere un perfetto storyboard cinematografico. Palazzi che cadevano, scuole con bambini dentro che morivano, eroi adolescenti che impazzivano e si auto-punivano non costumi stile vergine di Norimberga, criminali come il Goblin che venivano ingaggiati per catturare gli eroi ribelli, Spiderman che veniva spinto a fare qualcosa di sconsiderato, Stark reso nazista e robotico da un virus informatico, Thor che veniva clonato, la famiglia dei fantastici quattro che arrivava al divorzio, il programma iniziativa che prevedeva campi di addestramento e gruppi di una decina di supereroi per ogni stato americano. Era qualcosa di dannatamente "grosso". Si può "spendere" il nome di quel gigantesco crossover, che ha cambiato per sempre gli assetti dell'universo Marvel, per questo film che coinvolge si e no 10 supereroi? Non è tutto un tantino pretestuoso? Richiedeva una conoscenza del mondo supereroistico, a livello cinematografico, impensabile per ora. Con tutte le storie che si potevano raccontare se ne è scelta una che aveva davvero senso proporre al cinema, bene, tra cinquant'anni? Lo so, lo fanno per "strizzare l'occhio" ai fan, come a dire: "Ehi, hai visto che leggiamo i giornaletti che piacciono a te? Non sei contento?". Ma la cosa personalmente mi fa solo un po' incazzare. Poi vabbeh, se mi mettono nella pellicola il Red Hulk, come alcune voci di corridoio sembrano confermate, sono disposto a offrire una birra ai Russo fin da ora, perché rimango un cavolo di nerd. Vabbeh, questo era il primo trailer, abbiamo ancora un bel po' di mesi per pensarci sopra. 
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domenica 29 novembre 2015

Dylan Dog speciale 29 - Il pianeta dei morti - la casa delle memorie.



Futuro. Il mondo è precipitato nel caos dopo che i ritornanti hanno invaso la terra. Ma incredibilmente la razza umana ha in qualche modo metabolizzato il problema. I non morti sono diventati solo una variabile in più nelle statistiche degli incidenti domestici, sono stati messi ai margini della società, con gli homeless che si occupano personalmente di sterminarli per poterne depredare il vestiario e averi personali. Nuovi poveri e futuri schiavi, il governo si sta adoperando per contenerli e istruirli, magari dotandoli di museruola. Nascono dipartimenti speciali della polizia atti alla loro cattura e studio. Una minaccia che non tocca "i più ", non più significativa dei cani randagi. I cittadini sono ormai avvezzi a sparare ai lenti cadaveri ambulanti dalle loro case con fucili di precisione, chi soffre sono quei poveri sfortunati che hanno perso qualcuno nel contagio e si costringe a provare a vivere comunque con quello che era loro figlio o loro marito, fingendo una normalità inesistente, tenendo il loro defunto e ancora digrignante parente magari in cantina o in soffitta. Persone che per il troppo amore magari un giorno si avvicineranno troppo ai denti dei loro cari. Qualcuno decide pure di scappare con delle droghe da questa realtà, finendo con il vivere in oasi protette dove gli viene cancellata la memoria. Oltre ai ritornanti il mondo del futuro deve così affrontare anche la piaga degli immemori. Tra morti viventi e vivi morenti il nostro Dylan Dog, derelitto, rimasto solo dopo la dipartita di Groucho e dei suoi amici, più vecchio del solito, avvinazzato e con un taglio di capelli alla Mr No,  ha deciso di stare nel mezzo. Come Francesco Dellamorte vigila sui nuovi risorti di un cimitero ai margini della città. E' armato di un lungo fucile i cui colpi fanno "craak!" (come Ken Parker) e sebbene l'alcol non aiuti la mira si porta avanti con il lavoro, con la morte che diviene la sua unica confidente, un po' inviperita per il lavoro che il nostro le sottrae. Ma non ne avrà ancora per molto. La storia gli ha dato ragione sull'esistenza dei mostri, è stata creata addirittura a "sua immagine" la sezione speciale di polizia dei "bobby dell'incubo", poliziotti che hanno per uniforme la sua classica giacca nera con camicia rossa. Ma il nostro non è tipo da medaglie e aspetta solo che arrivi venerdì, il giorno che è stato concordato per la sua dipartita "statalizzata". A risollevarlo dalla depressione un'ultima missione. Sembra che degli immemori siano fuggiti dalle loro oasi protette e senza farmaci abbiano riacquistato la memoria, con la conseguenza che sono impazziti e stanno seminando il caos a Londra. Qualcuno deve fermarli e scoprire chi si cela dietro a queste fughe. Ma il fiuto del nostro eroe decaduto sarà ancora quello di una volta? 
Torna il "Pianeta dei Morti", una linea temporale futura che vede un Dylan Dog maturo affrontare un mondo invaso dai non morti come capo di una sezione speciale di polizia. Per chi volesse recuperare velocemente tutto il materiale prodotto su questa storyline, spalmata su numeri speciali e racconti a colori, è uscito di recente un volume unico, edito dalla Bao Publishing, chiamato "Cronache dal pianeta dei morti" cui vi rimando con gioia. E lo faccio con entusiasmo, in quanto questa serie "irregolare" creata da Alessandro Bilotta, che da questo anno diventerà appuntamento fisso degli speciali annuali di Dylan Dog, è davvero una figata. I numeri sono strettamente legati tra loro con una continuity narrativa di stampo americano, magari troppo lenta per i gusti italiani ma davvero appagante sul lungo periodo. Il personaggio di Dylan non è mai stato tanto duro e disperato, ci si può scorgere persino un tocco della risolutezza di Tex ma rimane in fondo sempre il vecchio Old Boy, in cerca (quando possibile) di comprensione per i diversi più che di sparatorie. Una sorta di super assistente sociale dell'incubo cui le rughe hanno donato l'effetto collaterale di una inedita disillusione, sempre a un passo dal baratro e il cui futuro è quantomai instabile e fosco. Gli zombie o "ritornanti" del Pianeta dei Morti sono poi una interpretazione fresca e accattivante di queste creature oggi iper-sfruttate da tutti i media. Pericolosi quanto facilmente contenibili, simboleggiano al meglio i nuovi poveri economici del mondo, destinati a diventare nuovi schiavi magari come nel bellissimo e grottesco film "Fido". Non meno pericolosi appaiono in questo numero per la prima volta gli immemori, autentiche bombe su due gambe letali quanto gli uccisori e mosse da burattinai misteriosi. Ne vorremmo davvero di più di questa saga, sapere come va avanti. In pochi minuti ci accorgiamo di aver divorato le 160 pagine di La casa delle memorie tra nuove suggestioni narrative e l'amarcord (parola non scelta a caso) dei topoi dylaniati, dall'indimenticabile speciale Orrore Nero agli Uccisori. Questo numero vede nello specifico il nostro eroe confrontarsi con una delle sue peggiori paure, il rimpianto. Un tormento interiore che lo porta all'auto distruzione ma che viene per fortuna-purtroppo, scrutato e analizzato, come nel classico di Frank Capra, da osservatori sconosciuti. Dylan è all'interno di un quadro più grande di lui, perso e necessitante di una guida. Ma è tutto da vedere se la sua vita sarà altrettanto meravigliosa, il racconto di Bilotta, pur rimanendo decisamente accattivante e pure ironico in qualche aspetto, trasuda pessimismo da tutti i pori. Molto bello, tra i tanti, l'omaggio a Fellini, un modo per parlare di riflesso anche della nostra attualità. I disegni di Giampiero Casertano sono davvero belli, vividi, il suo modo di "sporcare gradualmente" le tavole da una elegante estetica vintage del "mondo normale" (che ricorda appunto Fido.. zombesco - fantascientifico vintage, alla "fallout" del 2006, da poco passato anche su rai4. Se non lo avete ancora visto procuratevelo...) alle granulose tavole in cui si annida horror è come sempre insuperabile. Bellissime le prime 13 pagine, che ci riportano alla memoria quel fantastico speciale numero 4. Tremenda l'ultima pagina del numero, che ci mette una voglia matta di sapere quello che succederà dopo. Una lettura straconsigliata. In abbinato al volume Bao perfino un modo interessante per avvicinarsi per la prima volta a Dylan Dog. 
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domenica 22 novembre 2015

007 - Spectre - speravo meglio...


Niente sinossi, niente sbattimento, questo film non mi è piaciuto. Ci sono così tante cose che me li fanno girare, che davvero non riesco a vederci nemmeno un'ombra di bicchiere mezzo pieno. Sam Mendes, il regista di questo e di Skyfall, voleva a tutti i costi riportare indietro, "rigenerare" (alla doctor Who), Bond al vecchio stampo, ai tempi in cui il mondo e il botteghino si era già ampiamente rotto i coglioni del Bond vecchio stampo. Erano usciti Bourne, Mission Impossible, XXX e Brosnan guidava una Aston Martin al cinema dentro una pubblicità della vodka Keglevick, presso una impossibile discoteca sul circolo polare antartico. Si era perso 
del tutto il contatto con il reale, non esisteva più manco la trama, si stava per chiudere baracca. Poi arrivò Craig, si mise in scena il romanzo "perduto" di Fleming, la spia inglese tornò a essere un carro armato umano, ma con il cuore e Bond resuscitava, diventava moderno, realistico, spaccava colli su lavandini di ceramica spaccando anche i lavandini in ceramica. Nemici credibili nel modo moderno, donne per una volta tridimensionali. Due film dopo arrivava Mendes, che non aveva capito niente di cosa era capitato al franchise di Bond negli ultimi anni, probabilmente con a casa il cofanetto con tutti i film di Bond mai aperto, da vero nerd. Ciao ciao Bond realistico, in occasione del cinquantesimo del personaggio tornano tutti gli stereotipi ampiamente superati e sfottuti da Austin Powers. Il problema è che i produttori storici, la famiglia Broccoli, glielo hanno lasciato fare, infinocchiando pure le Sony e compiendo un vero e proprio attentato al grande lavoro di aggiornamento dell'era Craig, operato da Marin Campbell e proseguito da Foster. Quel Bond è morto in Skyfall, bevendo una proletaria e economica Heineken al suo funerale, altro che Martini agitato e non mescolato. E allora bentornato al Bond con l'auto spara-cazzate, ai cattivi tutti matto e tutti buffi, alle gnocche non parlanti e arrapate che sembrano uscite da Diabolik collezione oro. Sotto la maschera di un sempre più bolso e meno convinto Craig, orfano della immensa Judy Dench, riecco affiorare il sorrisetto un po' sbarazzino, ma per me soprattutto cretino, di Roger Moore, insieme ai suoi completini da ammiraglio marinaretto di sta cippa, che mi sono sempre stati sul cazzo. 


Oltre il danno la beffa poi. Continua Mendes, a modo suo e insensato quanto immotivato nell'opera di umanizzazione dell'era Craig. Ma quello che ne esce è solo una "riduzione a soap opera" del personaggio, che cade purtroppo nell'autoparodia. Ora sappiamo più cose del suo passato di 007 ma sono davvero non le volevamo sapere. Banali. Il suo mondo è sempre più piccolo e sterile. Perfino i nemici storici diventano macchiette insignificanti. Casinò Royale ci presentava un eroe "proletario" duro e burbero che combatteva un dipendente di una multinazionale che sposta armi e capitali. Quantum confermava, faccia a faccia e senza filtro, in uno stadio al buio, un pericoloso uomo delle caverne pronto con la clava a contrapporsi a quello che davvero poteva essere il reale volto del terrorismo, piccoli burocrati, persone ricche quanto "qualsiasi", anonime, che si nascondono al led dei loro portatoli con la paghetta tenuta al sicuro alle Cayman. Realismo, cacchio, per una volta. Per due volte. Poi arriva sciagura Mendes, che non ha capito nulla del nuovo Bond, che amava i giocattoli e Roger Moore, che vuole il cattivo alla Dr Male perché quando ha visto Austin Powers al cinema rifarlo identico era uscito sdegnato dalla sala (o almeno così immagino). E infatti con Mendes il cattivo diventa di nuovo un buffone da cartone animato sopra le righe, che vive in una base-giocattolo e fa: "Wah ah ah ah" dell'era Brosnan (l'era dei poveri rispetto all'era Connery... Sempre opinioni personali, bene inteso...). 


In Skyfall cercando di proseguire il tema del "Bond interiore" si sparava la Supercazzola del Bond orfanello, con la casa di campagna dove era stato accudito, piena di fucili e di ricordi (ma con la Aston Martin a ricordarci "guarda che sono sempre io", stucchevole, inutile e patetico fanservice)  che un senso l'aveva, ma solo per assestare la più brutta "cosa" ("risvolto di trama" sarebbe eccessivo) che sarebbe arrivata in Spectre. La "barzellettizzazione" finale, l'identità del capo della Spectre, degna di una fanfiction di Twilight scritta da una dodicenne non infoiata. Perché è noto che le dodicenni, anche non anagrafiche, fan di Twilight infoiate per lo meno te ne escono con 50 sfumature di grigio. Qui no, qui solo tristezza e desolazione, una fanfiction senza idee che rielabora solo le cose che già si sanno, i pensierini della Smemo. E tutto il film poi è così, cacchio. Da un'altra pagina della Smemo di Mendes esce la sua classifichina aggiornata delle scene di Bond che gli piacciono di più. E lui vuole rigirarle, rimasticate insieme, a dimostrare, da fan senza fantasia, senza alcun senso del tempo che passa e tanta, troppa infantilità, che il Bond di Moore, Dalton, Brosnan, Connery, Craig e dello sciatore con le orecchie a sventola è in fondo sempre sempre e solo la stessa persona. "Come il Dr Who", lui vorrebbe dirci, ma senza avere le palle cubiche che Gatiss e Moffat infondono da anni in quella seria e nella rilettura di Sherlock Holmes, non a caso altra icona "rigenerata" più volte, solo nel recente da Guy Richie alla serie tv Elementary, da poco in sala pure una versione anziana con Ian Mckellen. Ma sono prodotti che si apprezzano proprio per le sfumature sempre diverse, per gli originali punti di vista e ambientazioni inedite. Per Mendes è coerente e logico solo pescare a ritroso da Goldfinger, Al servizio segreto di sua maestàThunderbolt, Die another day, Dalla russia con amore e un sacco di altre pellicole, frollandole infine con il materia "nuovo" dei film di Craig. Unire i puntini nel modo più banale possibile e poco più. L'effetto finale è un: "Mio dio ma perché mi fai questo?". O almeno è l'effetto che ha fatto a me, che sono un fan di Bond anomalo, che passo direttamente da Connery a Craig ritenendo "non così bello" quello che ci sta nel mezzo. Ma a quanto ho capito sono in tanti i fan anomali come me, che hanno esultato al cambiamento di tre pellicole fa e sono depressissimi oggi. 
Mi sembra doveroso dirlo, perché è indubbio che un fan tout court di Bond si divertirà probabilmente un casino con questo giocattolone. Che per me risulterà comunque triste per mille motivi oltre a quelli sopra già esposti.

In fondo sono anch'io depresso da questo film...ma lo sono appoggiato a un'Aston Martin...

Ordine sparso.

I titoli di testa. Le immagini del classico pezzone di apertura sono accompagnati per me dalla canzone più brutta delle canzoni brutte di un film di Bond, un pezzo intimista in cui il cantante prende acuti da castrato irritanti. Un'oscenità solo in parte graziata dalle solite stilose immagini che accompagnano la canzone di inizio film di Bond. 
L'inseguimento a Roma. A due all'ora, con traffico zero. C'è qualcuno che ha visto la cosa in senso metafisico. Il buio della notte, il mistero di una capitale come Roma vuota, l'eroe che si contrappone con il suo doppio malvagio sulla riva del Tevere, lungo i canali come in Terminator 2. E invece per me è una palla. Io quando vedo un inseguimento voglio che sia a livelli di Ronin. Questo non è manco classificabile come inseguimento per me. Sono due tizi in auto stronze a due all'ora. E se penso quanto è costato girare a Roma questa moscerie mi imbestialisco. Inaccettabile, coreografato come un ritorno dalla discoteca alle due di mattina del pariolino medio, sinceramente brutto. 
Le Bond girl. Ok che Bond è sempre molto fumettoso in questo aspetto delle relazioni uomo-donna,  ma qui siamo davvero all'implausibile. Non c'è più nemmeno il momento di seduzione, non si fa più manco "finta". Bond tromba perché è Bond e punto. La Bellucci è una tristissima e insipida parentesi, casalinga disperata pronta a offrirla in sei secondi netti, se non era Bond andava bene anche il postino, l'idraulico o l'agente della Folletto. La Seydoux, ennesima francesina che se la mena dagli incisivi spaziosi e espressività da baccalà, non ha alcun senso nel modo in cui si relaziona con Bond, mancano davvero le basi per un rapporto diverso da quello di un nonno che deve passare il pomeriggio con la nipotina annoiata raccontandole di quando era giovane. Quando giunge l'ammmore davvero si pensa di essersi persi due o tre scene. 


Velo pietoso sulla Spectre. Una vera barzelletta. La scena della famosa esplosione "gigantesca" riportata dai rotocalchi è ridicola per resa ed effetti (fai esplodere un bidone pieno di benzina e radi al suolo un impero del crimine) e tutta l'organizzazione pare costituita da tre fessi in croce. Se mi chiami il film "Spectre" io mi immagino qualcosa di immane, magari un esercito infinito di serial killer dal cappello rotante e scarpe con coltello che affrontato un attacco combinato di spie in giacca e cravatta, esercito, carri armati ed elicotteri Apache. Poteva venire pure esagerato e sopra le righe come Kingsmen. Sarebbe stato epico. E invece nulla di nulla, nemmeno un tentativo di scrittura convincente. Senza farvi alcuni spoiler la Spectre sembra avere la consistenza di un camioncino dei gelati che si trova al mare. E uguale figura da cioccolatai la fa la squadra "doppio zero", una organizzazione che sembra annoverare meno di 5 persone in tutto, manco il telefilm più sfigato ha un cast così risibile. Moneypenny irriconoscibile, da un film all'altro passa da agente sul campo ultra cazzuto a impiegata londinese sottopagata, un mistero come il ridimensionamento di Q a "quello informatico che fa cose compiuterose", roba triste assai. Fiennes bello tosto in parte, per lo meno ma Christopher Wantz , oh, non mi ha convinto per nulla. Probabilmente anche perché il suo personaggio è scritto malino, ma davvero mi è parso moscio moscio. 
Sorvolando su tutti questi aspetti"formali", sul gusto personale e una montagna di fan service inutile, tra Aston Martin e orologi, si può comunque trovare qualche oggettivamente bella scena d'azione (anche se sempre in ottica citazionista da opere precedenti), una regia qualche volta solida anche se forse non ispirata, una gustosa scena di tortura che fa molto "dentista", un colpicino di scena che per me è molto, ma davvero molto "meh" , ma che a qualcuno magari piace. 
Non posso dire certo nulla di male invece su Dave Bautista e le scene action "fisiche" che lo riguardano. E' un perfetto sgherro old-style, ci crede è simpatico e a questo omone non è davvero possibile volere male. Mi è piaciuta un botto tutta l'introduzione ambientata durante il Giorno dei Morti, dal piano sequenza bello lungo alla scena dell'elicottero, cattiva e ostentata quanto basta. Notevoli pure le scene sulla neve e il viaggio in treno. Depotenziato, sbrigativo e bruttarello il finale, anche se l'ambientazione ci sta tutta, solo che i finaloni per me sono altri. 
Alla fine per me moooolti più no che sì. Anche se non è il Bond che mi piace,  comunque un disastro totale non è;  se volete alla fine ci si può pure divertire a vederlo. Nell'insieme Skyfall l'ho trovato più bello e completo, ma a sua volta per me Casino Royale è chilometri meglio di Skyfall (sì lo so mi sto ripetendo come gli anziani..). 
Sarà l'ultimo Bond di Craig? Forse. La pellicola sembra creata apposta per "chiudere le trame" e traghettarci verso un nuovo Bond. E c'è chi dice sarà Idris Elba. E sarà omosessuale. Magari vegano. Vedremo. A ogni modo spero in un maggiore coraggio per la prossima pellicola. E' giusto che un'icona non si perda travalicando spazio e tempo, che si aggiorni di continuo pur preservando la sua essenza. Ma in qualche modo deve riuscire a leggere i nuovi tempi, attualizzarsi, farsi "più vicina" al mondo che vive il pubblico in sala. I primi due film di Craig stavano davvero raccontando un mondo nuovo, intrigante e pericoloso, vicino a noi. I film di Mendes ci ributtano 007 fuori dal tempo, quasi a rivendicare solo gli aspetti più formali dell'eroe di Fleming, quelle che per me sono le fesserie. Ha sicuramente influito la crisi della Metro Goldwyn Meyer, che ha impedito la produzione di almeno un paio di film mentre Craig diventava troppo vecchio, aspetto che ha reso brusca questa "rigenerazione". Ma è andata così. Bond è sempre Bond alla fine. Proveremo sempre a farcelo piacere. 
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lunedì 16 novembre 2015

Dragonero n. 29 : Il nido del Draughen


Cosa c'è di meglio per una alimentazione sana e completa dei soffici bastoncini di Kraken? Panati al punto giusto, ricchi di Omega 2 e di vitamina b2 sono il nutrimento ideale per le bocche affamate di tutti i bambini dell'Erondar! E che dire delle nuove figurine di krakentetto? Collezionale tutte!!!
Certo che i bastoncini di Kraken non crescono sugli alberi, ma arrivano su tutte le tavole del regno grazie all'impegno costate di uomini rudi, ma dal cuore tenero come un grissino: i cacciatori di kraken! Con nomi da supereroi marinareschi come Uncino, Arpione e Cazzaquellagomena, i cacciatori solcano i venti dell'Erondar a cavallo dei loro zeppelin da battaglia andando solo lì dove il kraken è più fresco. La loro vita è una sfida continua e potrete seguire le loro pazze avventure ogni giovedì nelle sfere tecnocrati!
Anche Ian ha accolto il richiamo dell'avventura e si è imbarcato su una nave dei cieli. Deve indagare su un grosso Kraken del cielo che secondo informazioni attendibili potrebbe essere abitato da dei Draughen potenzialmente pericolosi. Draughen che attraverso droghe pesanti come i piloti spaziali di Dune potrebbero essere in grado di spingere i kraken dove vogliono, magari con l'intento di depredare qualcuno. Ma soprattutto Ian è in trasferta perché a casa sembrano esserci problemi con Gmor ed è per questo che durante tutta la sua avventura passa più tempo a scrivere sulla sua smemoranda da scout imperiale piuttosto che solcare spensierato i cieli in cerca di kraken a cavallo della sua viverna, l'equivalente fantasy di un cavallino pony. I suoi bollenti spiriti sembrano del tutto placati anche perché l'unica donna nelle circostanze si fa chiamare "Arpione" e ha il sex appeal tipico del pescatore di kraken. Ma ecco che, quando la tristezza si fa più forte, arriva un po' di azione tra pesci e isole volanti uscite un po' da D&D e un po' da Avatar. In un tripudio di effetti speciali e tiri critici con dadi +2 tenteranno l'abbordaggio del mega-kraken definitivo e il nostro scout biondo del cuore dovrà pure porsi interrogativi morali degni di una puntata di Star Trek.
Nell'intervallo assisteremo alle divertenti disavventure della elfetta Sera in compagnia della mamma di Ian. La signora Elara scoprirà quanto è utile avere in giro un elfo domestico per prevenire le infestazioni di ragni! In fondo basta procurarsi un albero sul quale fargli fare il nido e l'elfo provvederà da solo a tenere pulito il verde e alimentarsi con le bacche. La signora Elara sta già chiamando al numero verde per prenotare il suo elfo personale... E voi cosa state aspettando? 
Nuovo numero di Dragonero. Si chiude l'avventura dei Kraken iniziata sul numero 28, con i disegni di Rizzato per i testi di Vietti, e abbiamo come gradito extra una storia breve su Sera e Elana, con i disegni della Platano per i testi di Vietti, ghiotta di chicche sul passato dei nostri eroi. La storia dei kraken è per lo più di impostazione action, ma non mancano spunti interessanti come la questione delle pietre levitanti e il rapporto simbiotico tra kraken e draughen, inteso come "nuovo traguardo evolutivo" dopo che i draghi, precedenti "amici" dei Draughen, si sono estinti. Questa razza "giovane" farà sicuramente parlare ancora di sé nell'universo di Dragonero. L'azione come sopra accennato è ricca e le tavole di Rizzato compiono un lavoro egregio nell'illustrare complesse battaglie aeree piene di kraken, navi volanti, arpioni, tempeste e nuvole. L'azione risulta sempre chiara nonostante la complessità dei disegni e si può dire che da pagina 17 a 57 sia tutta una eccitante cavalcata action. Di nuovo da sottolineare oltre alla bellezza di personaggi e veicoli fantasy il senso di vertigine già assaporato nel numero 28 e il sontuoso monster design di kraken e draughen. Divertente. Il racconto di Sera, di 32 pagine è una lunga ma interessante chiacchierata tra l'elfa e la madre di Ian con un finale gustosamente action. Ci viene ricordata la questione dei "ritornanti" accennata mesi fa, si parla un po' delle tre razze di elfi dell'Erondar e del grande zoo imperiale. Accennando senza dire troppo e svelare, in attesa di sviluppi futuri. I disegni della Platano sono molto dettagliati, adatti alla complessa scenografia dei giardini imperiali. Sera è ritratta piccina piccina e fa tenerezza. Molto belli i ragni e le loro complesse ragnatele "a spaghetto", organiche, viscide e appiccicose, spesso usate come punti di luce in tavole dalla connotazione molto scura. Vedi pagina 81-82 e 90-91. Davvero un bell'effetto. Ottimi disegni e una trama gradevole. E in puro stile halloween il prossimo numero vedrà scontrarsi il nostro Dragonero con una delle più famose icone dell'horror giapponese.


Riuscirà Ian a non guardare la videocassetta maledetta? 
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domenica 15 novembre 2015

The martian - il sopravvissuto - la nostra recensione!





Che cosa fa un cane da solo nel deserto marziano? Bobby Solo su Marte. È dalla seconda asilo che volevo riciclare questa battutaccia che nei primi anni ottanta piaceva un casino a tutti i "cinquenni" ingrati e ignoranti della bella musica italiana. Quelli che si sparavano "bimbo mix" a manetta sul mangianastri. Lo faccio con sprezzo dell'idiozia cospargendomi di cenere perché la citazione ha senso, forse. Questo film parla di spazio e abbandono, di sopravvivenza e coraggio ma anche e parecchio di musica ed "emozioni" del passato. Musica anni settanta - ottanta e disco music, omaggiata con uno score da urlo. Vero, lo faceva anche I guardiani della Galassia, ma lì non c'era il deserto e la battutaccia non mi era venuta. E quindi per me doveroso, nel flusso dei ricordi, ora che sono cresciutello (pur rimanendo cretino per la battuta di cui sopra) inserire immodestamente e virtualmente in questa recensioncina brutta, nella track list stellare di The Martian, che annovera giganti come gli ABBA, David Bowie e Gloria Gaynor, anche il membro più carismatico dei "Robot". Così uno in futuro verrà a leggere questa recensione e ci troverà un link (che i miei discendenti si assicureranno sempre funzionante) a un video importante ma che non c'entra nulla con il film, inserito così perché mi andava, lo ritenevo giusto e ci stava bene.



E poi ditemi che non ci sta bene sulle dune di Marte!!

E ora che vi ho spinto all'unisono al "facepalm" direi che si può dire una parola o due su questa nuova pellicola di Ridley Scott.






Spazio, ultima frontiera. La missione Ares 3 della NASA punta dritta alla colonizzazione di Marte spedendo degli omini direttamente sul pianeta rosso. Tra di loro c'è Mark, un botanico, preso un po' di mira con il classico #nonserviauncazzo. L'approdo sul pianeta funziona, hanno il classico veicolo spaziale "rover", hanno l'astronavina di recupero, la base costruita, l'Ares 3 non manca di tutti gli accessori disponibili nei set spaziali della Playmobil.




Sembra la classica giornata d'estate marziana perfetta e ovviamente il casino e dietro l'angolo. Come sempre il colpevole delle nostre vacanze rovinate quanto dei viaggi spaziali è lui.






E dire che su Marte fa sempre bello!! Una tempesta di sabbia può capitare tipo una volta ogni cinque anni!! E infatti... Nel fuggi fuggi generale, tra l'ombrellone e l'aggeggio solare per l'abbronzatura lasciati per terra, tutti scappano sulla scialuppa di emergenza che rischia di cadere di lato per le raffiche di sabbia e poi "come cacchio facciamo a rimetterla dritta". "Ma io ho un'idea!", si sente dal fondo della fila degli astronauti in fuga. È la voce del saputello botanico. Tutti, un po' scazzati e innervositi, si girano ad ascoltare l'ennesima "nerdata" di quel fallito. E qui, apro parentesi,  ci sarebbe da dire che Matt Damon non sembra esattamente il "corpo" da abbinare al personaggio che interpreta. L'eroe del film, l'uomo che dovremmo vedere da solo gestire il 90% della pellicola dovrebbe essere più un soggetto di questo tipo...






Solo che passare due ore con Poindexter di Revenge of Nerds virtualmente doveva essere devastante per il botteghino. E quindi c'è Matt Damon, che è un po' la stessa cosa.


Chiusa parentesi "Matt Damon", torniamo al film, che oggi scriviamo davvero un casino a rilento.
Dicevamo, tutti fuggono ma il botanico nerd li blocca e dice: "Non potremmo legare l'astronave con l'antenna, con il domopack spaziale con.." SBEEMM. Manco finisce la frase che una parabola lo colpisce in faccia e lo butta lontano dal gruppo, mentre la tempesta diventa così fitta che tutto fa buio e nessuno riesce più a vederlo. Dopo un paio di svogliati tentativi di salvataggio, tutti vanno via e lasciano in botanico a morire su Marte. In fondo il viaggio verso casa è di un paio di anni, anche migliori da sopportare senza di lui. Se lo avessero salvato li avrebbe ammorbati con i suoi continui discorsi e si sarebbe lamentato tutto il tempo di come lo stavano per abbandonare su Marte, una palla. Cioè , ci rimangono male perché uno di loro è morto ma la vita continua, non piange "nessuno"... sarà l'addestramento spaziale...
Certo se fosse sopravvissuto sarebbe doveroso andarlo a salvare, perché è Matt Damon e già in Salvate il Soldato Ryan che in Interstellar Hollywood ne impone forzosamente il salvataggio come sviluppo narrativo tipico di un film, è roba collaudata.
E Matt-Mark-Poindexter, incredibilmente e come già ci dicono trailer e titolo italiano è sopravvissuto. Con qualche ammaccatura ma ce l'ha fatta. Ce lo immaginiamo esultare con quello che sarebbe il suo reale aspetto.


Non è l'immagine stessa della "gioia"? Dopo di che il nostro si ricompone e fa quello che appare più normale per uno che sta per morire nello spazio alla prossima tormenta di sabbia killer, si mette a fare dei video giornalieri che i posteri vorranno a tutti i costi caricargli sul suo canale di youtube. Ma non si limita a questo e noi spettatori ringraziamo caldamente. Sfregando il suo prodigioso testone il nostro eroe elabora un piano di lungo corso per sopravvivere degli anni su Marte. Sfruttando pannelli solari, lezioni di chimica e fisica e affidandosi a una razionalizzazione delle sue risorse, Mark è in grado di avere ossigeno, acqua e pure coltivare qualche patata. Ogni giorno una sfida, ogni giorno una vittoria o una sconfitta con cui fare i conti il giorno seguente. Fino a che, forse, qualcuno riuscirà a mettersi in contatto con lui.
Lo sceneggiatore ultra cool Drew Goddard, una grandissima penna e un ottimo regista con all'attivo Cabin in the Woods e un po' deluso dallo slittamento dei suoi Secret Six prende in mano un istant -Classic del web, il romanzo The Martian di Andy Weir e insieme al leggendario ma ultimamente delizioso regista "vintage" Ridley Scott porta sullo schermo una avventura spaziale che sta un po' dalle parti del Robinson Crusue di Daniel Defoe, un po' sulle coordinate dell'Apollo 13 vera e cinematografica di Ron Howard. Con un pizzico del nolaniano Interstellar, uno spruzzo del cuaronian Gravity e una punta del Castaway di Zemeckis.
E in più si conferma l'adagio, appunto da Guardiani della Galassia,  che se nello spazio nessuno può sentirti gridare, il silenzio cosmico è perfetto per inondare le casse di canzoni vintage. Se quindi The Martian almeno formalmente ricorda questo e ricorda quello, la sua spinta originale nasce tutta nel romanzo di Weir, con il suo nerd che affronta con pigio enigmistico ogni sfida, dimostrando che nulla è impossibile con l'impegno e l'entusiasmo, anche sopravvivere da soli nello spazio. Se il crociato Orlando Bloom in Kingdom of Heaven, sempre di Scott, riusciva a irrigare il deserto costruendo un corso d'acqua, qui Damon fa la stessa cosa; modifica l'ambiente che mano a mano diviene più amico dell'uomo, pur concedendosi qualche volta di deprimerlo un po'. Il romanzo come il film sono così "forti" nella tematica di "problem solving" unita alla matrice logorroica del nostro eroe che il film si permette di mettere in primo piano solo la sopravvivenza pratica su Marte. Poco o nulla sappiamo dei nostri personaggi al di là dei loro problemi pratici e più impellenti. Damon parla e straparla solo di cose tecniche o cose assurde, Gloria Gaynor canta per lui "i will survive". Il lato pratico di questo originale approccio è che si parla solo di roba tecnologica spaziale, cercando magari di non escludere troppo lo spettatore usando paroloni su paroloni e utilizzando infiniti esempi visivi. Ogni tre minuti Mark o i tizi alla NASA che cercano di recuperarlo si mettono a disegnare qualcosa sul muro o a spostare oggetti per descriverci manovre spaziali, distanze, quantitativi di cose. Si arriva alle repliche degli oggetti che Mark usa su Marte, ai modellini in scala. Presente il solito esempio con penna e foglio piegato e bucato che si utilizza da Punto di non ritorno a Interstellar  per descrivere i buchi neri? Tutta roba così che vorrebbe spiegarci qualcosa ma che alla fine non ci riesce a spiegare una sega di nulla. Almeno per spiegare la teoria della manovra a "fionda" potevano usare l'esempio di Star Trek rotta verso la terra... per una volta avrei capito. O forse no. In sostanza, tanti ma tanti termini tecnici e spiegazioni "illustrative". Grazie al cielo però alleggerite da un po' di humor, che ci rende l'esperienza più piacevole. Funziona tutto a meraviglia nel primo tempo, il nostro naufrago spaziale grazie a un Matt Damon in stato di grazia riesce a farsi voler bene anche quando si lancia in noiosetti e continui spot sulla NASA. Ma già nel secondo tempo, quando parte con una maxi Supercazzola ultra-nerd di tre minuti sul fatto che stia per compiere una azione da "pirata" (roba di acque territoriali e trattati spaziali) il pubblico preferirebbe vederlo morire o per lo meno che alzasse il volume di Waterloo degli ABBA e stesse zitto. Perché nel secondo tempo per me l'idillio si spezza un po'. I paesaggi marziali sono favolosi ma un po' tutti uguali ed è un'ora buona che li abbiamo visti. Il coinvolgimento emotivo per il nostro eroe c'è inversamente a quanto incominciamo progressivamente a odiarlo. La vicenda stessa che è raccontata nella seconda parte perde di mordente e si fa piuttosto lineare, pur soddisfacendo un numero sindacale di colpetti di scena. E allora si sente di più la distanza tra Mark e lo spettatore, vorremmo sapere davvero un po' di cazzi suoi, sulla sua famiglia e amici, sogni e progetti, qualcosa che va oltre alla missione spaziale. La Bullock in Gravity viveva una tensione tra terra e spazio che si rifletteva sulla sua famiglia, sul rapporto con la figlia. Interstellar era un film sull'eredità, padri e figli, Tom Hanks in Apollo 13 aveva qualcuno da aspettare a casa e lo stesso valeva per Sigurney Weaver, sempre diretta da Scott, nel primo Alien. Con Matt Damon ho fatto fatica a empatizzare al di là del suo umorismo, di un decadimento fisico volto a manifestare progressivamente la sua malnutrizione e del suo malcelato odio per la musica dance anni ottanta, che pur si ostina ad ascoltare per placare le urla del silenzio cosmico. Quello che è l'approccio originale della pellicola diviene con il minutaggio che si ingrossa forse un suo limite. Un limite che si somma a una sequenza interminabile di situazioni "a tematica spaziale" già viste nei film citati sopra e nei film di fantascienza in genere.
Ottimi effetti speciali, una recitazione buona per Matt Damon e abbastanza nella media per il resto del cast coinvolto, una bella colonna sonora e una splendida fotografia. Uno sforzo serio per rendere tutti gli aspetti scientifici plausibili il più possibile, una sceneggiatura che sa giocare con lo humor, il miglior biglietto da visita per la NASA e un ritrovato entusiasmo per le generazioni future che andranno forse davvero nello spazio. La dimostrazione, in un momento di crisi generazionale come il nostro, che il muscolo più potente dell'uomo è il cervello, che lo studio è importante e che il futuro anche più cupo può essere battuto se si riesce a credere in se stessi. Tuttavia una pellicola che arriva al finale col fiato corto, che non ha abbastanza mordente per desiderare di vederla una seconda o terza volta. Un film carino ma che non riesce in nessun caso a essere memorabile, soprattutto per limiti concettuali già presenti nel romanzo che qui si amplificano. 

Forse se il protagonista avesse avuto davvero l'aspetto di Poindexter, i suoi tic nervosi e la sua pettinatura, la pellicola poteva avere una spinta in più. Il parlare del protagonista solo della missione poteva contornarsi di prospettive mattoidi, ossessive. Potevamo avere uno Spider di Cronenberg ambientato nello spazio. Sarebbe stato più gustoso ma la pellicola avrebbe fallito sul piano dello spot americano al programma spaziale, che era sicuramente uno dei goal cui puntava la produzione. Insomma Poindexter non ci può andare davvero nello spazio in un film così.
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sabato 7 novembre 2015

Lucca 2015 - la sempre più autolesionista conferenza Dynit


Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa! Volevo dirti cose... Cose che sai, che ti volevo... che ti vorrei... Credici! Credici un po', sei Dynit Italia, guardati in faccia! Dico, credici! Credici un po' di più !! Di più, davvero!!!
Il sempre ruspante Luciano Ligabue, uno che è di quelle parti lì della Dynit, con la sua canzone  "Radiofreccia" mi ispira il giusto per parlare della sempre più "sfiatata" condizione dei cartoni giapponesi "nuovi in italiano". E giocoforza, finché non si vedrà qualcosa di concreto da parte di Yamato (e intendo nuovi dvd magari di anime con età anagrafica inferiore ai 35 anni) e qualcosa di più continuativo (pur ammirando l'impegno) da parte di Lucky Red, chi tira avanti "la baracca" per quei due o tre fan, ragazzi che come me amavano Eva e Cowboy Bebop, è sempre la bolognese Dynit. Che quest'anno festeggia 20 anni di attività, sfoderando con rinnovato entusiasmo una unica, stitica, misera  novità per il catalogo home-video: l'anime di Prison School. Che sarà divertente, porcellone e ben disegnato come il manga, di cui parlammo bene qualche secolo fa (clicca qui
). Ma, caspita, tutti qui (a parte la doverosa continuazione di Code Geass: Akito the exiled e gli episodi successivi di Gundam Origin il cui numero 1 è uscito tipo ieri...) sono gli annunci per celebrare il ventennio? Solo simulcast subbati già annunciato in altra sede per gli amanti degli anime? Ma una volta a Lucca non ci stavano gli annuncioni? Forse altri tempi. 
La conferenza ha ripercorso i vent'anni della ditta parlando delle tappe storiche più importanti. Dalla VHS ai dvd (pure citando il mio amatissimo Bem il mostro umano!) le evoluzioni del fandom provocate da Ranma 1/2, Evangelion, Cowboy Bebop. Hanno accennato allo scisma da cui sarebbero nate D/visual, Shin Vision e Dynit. L'arrivo dei blu ray, il cinema, la nuova frontiera del simulcast. E' intervenuto Fabrizio Mazzotta che tra una risata e l'altra ha detto di come sia difficile per un doppiatore italiano fare i cartoni giapponesi, perché tutti i personaggi urlano come ossessi e gli attori si distruggono le corde vocali. E' intervenuto poi il CEO di VVVVID sottolineando l'importanza che hanno per loro i fan degli anime nella programmazione e acquisto di contenti. C'era aria di festa. Qua e là. Ma non troppa perché...
Il mondo degli anime in Italia è cambiato "male" (per me) ed è un po' colpa di tutti. Ma non voglio stare a ripetere quanto già scritto, anche perché identico,  un anno fa, sempre sulla conferenza Dynit (qui il link
). Nella conferenza Dynit di quest'anno il buon Cavazzoni ha pure spiegato come il "core - business" non sia più già da un pezzo il settore anime. Dynit fa più introiti con i prodotti per bambini e di recente si è unita a Minerva per la distribuzione dei c-movie Asylum (brutti ma che fanno scoppiare di risate i giovanissimi.., e sembra che pure li comprano quindi...) come "Mega squalo contro il colosso" (in uscita a metà mese) come nel lodevole ripescaggio di grandi classici del cinema, da Orson Welles ai piccoli cult horror come Puppet Master. Chicche e rarità che stanno allargando il loro pubblico, anche in virtù della alta qualità che Dynit da sempre infonde nei suoi prodotti. La divisione anime Dynit invece va oggi avanti con la paghetta limitata e nella speranza che VVVVID ora, Netfix presto e Rai 4, di nuovo forse in futuro nel pomeriggio, abbiano gli ascolti giusti per investire nei progetti più redditizi. E spesso redditizio può far rima con divertente, simpatico, cool ma non necessariamente con meritevole purtroppo. Conta il successo. Così se un anime in simulcast proposto su VVVVID (o popcorn.tv , che mi sta pure più simpatica) ha tantissimo successo, si potrà pensare di tradurlo in italiano e ritrasmetterlo. Se avrà di nuovo i numeri alla seconda visione e la pubblicità "ripaga", qualcuno potrà sperare di portarlo in home video, spendendo a quel punto solo per il packaging, masterizzazione, dischetto e custodia. Insomma, servono tonnellate e tonnellate di fan fedeli e non c'è alternativa per avere anime in altro modo, se non nel futuro ricorrere a sistemi di crowdfunding (o "finanziamento della folla" già proposto da siti come indiegogo o kickstarter... Peraltro strada che sta intraprendendo Tuckerfilm per finanziare gli adattamenti dei film di Ozu. Un modo per.trasformare i preordini in introiti per produrre e distribuire o se non si riesce ridare i soldi). 

Proviamo però a vedere i frutti attuali di questi "canali distributivi" scelti da Dynit. Simulcast, Netfix, Rai 4 e i prodotti in home video più recenti. 
Partiamo dai simulcast. 
Fino ad oggi dalla "linea - simulcast " è uscito unicamente un titolo, forte e seguito da una montagna di fan, come Tokyo Ghoul. Lo studio di animazione è quello dell'anime di Naruto, ha una storia darkettona sui diversi un po' demoni, un po' X-Men, presenta una manciata di combattimenti e molti, tantissimi soliloqui e disperati dialoghi esistenzialisti con suggestioni dal Profumo di Suskin o dalle "carni di bimbo" di Baudelaire. Un po' Devilman un po' The Crow con obbligatorie paranoie sul senso del bene e del male alla Death Note. Un po' paraculo, ma non lo dico con cattiveria, più con tenerezza. Un prodotto che alla fine ho trovato più che gradevole, bene animato e giusto un po' menoso, ma che ho seguito con piacere, ho recuperato il manga J-Pop bellino pure lui e presto magari ci scappa un post ad-hoc. Bene. 



La prima stagione dell'adattamento dello studio Pierrot del manga di Tetsuya Tashiro usciva in Italia su popcorn.tv e VVVVID contemporanea col Giappone a luglio 2014. Il 23 dicembre fu il primo "storico" anime doppiato da VVVVID, il primo titolo ad arrivare allo step 2, il doppiaggio simulcast. Il 10 marzo 2015 arriva miracolosamente al terzo step, l'home video, con la pubblicazione del cofanetto in anteprima al Cartoomics di Milano, dove viene anche proiettato in una saletta . Il gothic horror piace. Ma già più sfiga capita alla stagione 2, Tokyo Ghoul Root A. L'anime viene supervisionato dall'autore del manga imprimendo una svolta più action alla trama e ingarbugliando la sceneggiatura rispetto al cartaceo. Nuovi personaggi, nuovo punto di vista, più botte, meno piagnistei. Questa seconda parte mi piace un casino, anche perché i soliloqui sui drammi adolescenziali sono forse fuori target per la mia età. Mi piace poi il fatto che il protagonista prenda una decisione forte, magari un po' da pazzo ma precisa. Un po' mi ricorda Shinji di Evangelion, anche quando fa una cazzate riesco a volergli bene. Il fandom però si spacca, legge un "tradimento" del loro manga preferito, minacce varie all'autore, sfoghi nei forum con dichiarazioni di odio eterno, parole di odio scritte nero pece tra pentacoli e unicorni di sangue sulle smemorande della terza b. A qualcuno comunque l'anime piace sempre e alla fine tutti lo seguono. Il Simulcast in contemporanea con il Giappone parte a gennaio 2015. Forse perché c'è questa scissione nel fandom e gli ascolto un po' diminuiscono, forse perché si vuole sfruttare il volano delle future vendite mastodontiche in quel di Lucca, il Simulcast doppiato VVVVID, che entra nella storia come il secondo simulcast doppiato da VVVViD, parte tardissimo, a luglio 2015. Qualcuno iniziava pure a pensare che fosse stato limbizzato come Psycho Pass e Sword art Online, il film di Stains/gate e la serie di Harumi Sukumiha, il film di Toradora , Gintama. Non "wish-list " ma impegni già presi con i fan, anime arrivati in italiano e interrotti perché non hanno fatto magari i numeri grossi, ma che molti hanno ancora in casa "monchi" e in attesa di completamento. Scheletri nell'armadio. Non do di certo la colpa unicamente a Dynit, non può vivere di beneficenza e in perdita, ma sarebbe bello trovare un modo per accontentare i fan di quelle serie, magari facendo ricorso proprio al crownfundig, comunque tenendo aperto un canale di comunicazione reale, ulteriore al classico laconico  "ha da passa'a nuttata", che ti rifilano alle fiere. Un clima di attesa e incertezza che si ripresentava per il seguito di Tokyo Ghoul. Tanto incerto che a marzo, al Caroomics di Milano, ancora non c'era, al di là di un certo ottimismo sulla bontà del prodotto, la certezza che si facesse in home video il seguito. Ma alla fine, come nelle favole, arrivava lo  Step 3, l'home video, 28 ottobre, uscita in anteprima a Lucca, con data ufficiale fissata per il 10 dicembre in tutto il resto d'Italia. 
Dynit pubblicava a cavallo del 2014-2015 anche L'attacco dei giganti, ma in quel caso il titolo era già così forte e con un seguito smodato di fan che il suo doppiaggio era stato ampiamente pianificato prima. Ora mi piacerebbe che per le stagioni future di Tokyo Ghoul e dei Giganti non si facesse più tutta questa trafila, ma questo è il mercato odierno e gli investimenti devono essere fatti con tutte le dovute precauzioni .  
Prison School, anche grazie agli elementi cardine della colazione dei campioni, "tette e risate", ha macinato una partenza in simulcast da record e quindi è stato promosso in pochissimo, istantaneamente,  al doppiaggio, in abbinato al simulcast della relativa serie live-action: risate e tette vere, senza censura. Viva le tette e viva le opere commerciali, se riescono a guadagnare abbastanza da trainare anche la produzione di progetti più autorali e "importanti". Sperando che il saltino lo si faccia e non si aspetti di produrre solo cose commerciali. Al di là dei gusti personali (io amavo Space Dandy... e tifo per il doppiaggio dello spiscioso e surrele One punch man e dell'horror Death Parade... incrocio le dita) ci sono almeno due anime di bellezza assoluta che "dovevano" essere distribuiti in italiano. Lo so, anche se la pongo in questa ottica in fondo è sempre una questione di gusti personali alla fine, diciamo che "in questo caso" però è "meritorietà al quadrato". Sto (di nuovo, l'ho già fatto in passato) parlando di Silver Spoon della Arakawa (di cui vedrei bene pure il nuovo Arslan... Giusto per dare l'idea a qualcuno), parlo di Mushishi della Urushibara. Opere che per fortuna sono giunte da noi almeno come manga. 


Silver Spoon scritto e disegnato con il tocco magico e sensibilità della autrice di Fullmetal Alchemist, parla di scuola e lavoro nei campi, proponendo la natura come possibile indirizzo di vita per i giovani. Abbiamo avuto l'EXPO sul cibo e sui progressi della agricoltura, abbiamo un tasso di disoccupazione spaventoso, un anime di questo tipo era e può ancora essere importate, magari se fosse accessibile anche ai più piccoli, in italiano . Anche perché elogia l'impegno, la fatica, lo studio e mette in luce i dubbi e perplessità ma anche le soddisfazioni e l'importanza sociale che si celano dietro a occupazioni percepite spocchiosamente come "di serie b" in troppe zone di Italia, nonostante siano le occupazioni che permettono alla gente di avere qualcosa nel piatto da mangiare a colazione, pranzo e cena.


Mushishi parla anche lui di natura, ma condita con una punta di soprannaturale, con una raffinatezza tale che non sfigurerebbe su un canale che si occupa di film d'autore. C'è cuore e tanti di quei riferimenti alla botanica e all'ambiente come alla tradizione, alla vita agreste, che viene davvero la voglia di saperne di più. Anche se sono aspetti legati a una cultura diversa dalla nostra la natura abbraccia l'uomo allo stesso modo, un rapporto simbiotico. Esattamente come accadeva con il bellissimo (e fortunatamente grazie a Dynit e Nexo passato anche al cinema) Wolf Children. Pensate che dopo aver visto Wolf Children a una mia amica è venuta seriamente voglia di informarsi per lavorare nel corpo forestale, anche perché il nostro paese ha un importante patrimonio boschivo. E che un anime possa far giungere a tali ispirazioni è straordinario. Per me poi stilisticamente come regia, tradizioni nipponiche e impegno, Mushishi sta dalle parti di Ozu e Kurosawa. Non per tutti, un po' lento, ma imperdibile. Ci sono intere schiere di intellettuali, quelli che magari "non li guardano i cartoni animati", che potrebbero innamorarsi di questo anime se fosse programmato su Rai 3 con prefazione di Enrico Ghezzi. Lo scrivo tra il serio e il faceto ma un po' ci credo. Io una serata su Rai 3 con Mushishi e Paranoia Agent (del fu, immenso, Kon) me la vedrei alla grande. Sorseggiando una tisana al the verde. Il guaio vero di Silver Spoon come di Mushishi è che sono per loro natura opere che se non aiutate non arrivano al grande pubblico per ricevere lo spazio che meritano, nonostante sia lodevole vederle almeno in simulcast. Sarebbe bello magari se si riuscisse (perché magari si è pure tentato senza riuscirci) a promuovere queste serie tanto da portarle in tv magari con dei partner istituzionali come  Confagricolutra e il Corpo Forestale dello Stato, il WWF. In fondo con il WWF (non la lega di Hulk Hogan) negli anni '80 su rai 1 è arrivato Nausicaa (vabbeh che poi è pure sparito fino al 10 ottobre 2015, quando uscirà finalmente ovunque in home video dopo la breve parentesi cinematografica nel ciclo "the space extra"). Insomma non è un male (se poi realmente succede) se delle serie che trattano di funghi e piante vengono prodotte con gli introiti extra di serie in cui ci sono protagonisti adolescenti emo con aria triste alla Twilight, spettacoli che fanno maggiormente battere il cuore del pubblico giovane (soprattutto femminile, quello maggiore ai giorni nostri a seguire gli anime). 


Tutto questo sproloquio per dirvi che allo stato attuale, pur apprezzandone la potenzialità e sperando  per il meglio, sono più timoroso (non è che pubblicheranno solo ed esclusivamente i blockbuster?) che entusiasta dei simulcast come mezzo per passare alla produzione  di serie  doppiate e poi in home video. Troppa gente finisce la fruizione di un'opera allo step 1. Se la serie è lunga o divisa in più parti non è sicuro che verrà ultimata se gli ascolti calano. La situazione drammatica in cui versano le vendite degli anime in Italia fa si che escano in home video cose nuove unicamente in ragione delle fiere di Milano e Lucca, con (tolti i "big" e ripescaggi) la media orribile di circa 2-3 novità anime all'anno che arrivano all'home video. Poi ti vedo Death Parade. Mi piace. Vedo che ha fatto gli ascolti alti su VVVVID. Vedo che ha pochi episodi, ottimo per una proposta commerciale da "un cofanetto e via". Ci credo. Prima della conferenza di Lucca penso che, se ho capito il sistema, è matematico che esce in home video o che per lo meno ne annunciano il doppiaggio simulcast. Poi leggo i resoconti della conferenza e vedo che non l'hanno nemmeno nominato. Significa che in fondo anche se una serie la gente la guarda su simulcast a cannone, questo potrebbe anche non voler dire nulla? Hanno forse calcolato che dopo due visioni nessuno vorrà più rivedere Death Parade e quindi non ha senso fare lo step 2 e 3? Si tengono,come spero, Death Parade per un futuro annuncio? Magari come Tokyo Ghoul doppiaggio a dicembre e a marzo home video al Cartoomix? Mistero. Forse sarò un illuso ma mi aspettavo una specie di "nomination alla fase due" per almeno i primi due simulcast in classifica (assoluta) di visualizzazione su VVVVID. Magari per il futuro sarebbe carino farlo.


E dopo aver sproloquiato in lungo e in largo sui simulcast, vediamo Netfix, che Cavazzoni ha già dichiarato avrà anime da Dynit, e Rai 4.
Su Netfix e Rai 4 arrivano prodotto già doppiati salvo future collaborazioni produttive. Se un prodotto tira su Netfix o Rai 4 io spero un casino che si punti a "rinnovarlo", magari collaborando al costo di doppiaggio delle serie successive. Insomma, datemi almeno Psycho Pass due e film . È un prodotto divino, intelligente e ben realizzato e una tristezza infinita che non arrivi in Italia. Preghiere a parte, questo permetterebbe anche a serie che non hanno avuto il simulcast di VVVVID per la seconda stagione (dannata Daisuki) di poter "terminare" l'iter produttivo. Non sarebbe male. 
E ora parliamo di recenti uscite home video. 
Riguardo ai prodotti presenti in fiera o tra poco disponibili presentati da Dynit, non posso che essere felice di avere in dvd il classicone Crusher Joe, che per ben sei secondi ho sognato in box con gli oav inediti. Sei magnifici secondi. Pazienza. Il dvd è già stato fieramente posto a fianco ai dvd di Arion e Venus Wars. Pronto per una lacrimevole maratona amarcord. Ugualmente felicissimo per Gundam Origin vol.1. Dopo la visione mi dedicherò al montaggio dell'HG del Guntank RTX-65, preso a 15 euro e bellissimo... Nerdate a parte, su questo blog continueremo e finiremo dopo una vita e mezza l'analisi di Gundam Unicorn e faremo dei post anche su questa nuova serie con Char protagonista. L'ho appena intravista e già l'amo alla follia. Sono ugualmente felicissimo del simulcast di Gundam Orphans. Averi prefetto Regonguista in G ma non voglio fare il trombone per forza, è sempre Gundam, evviva Gundam. E se va bene con i simulcast magari per la prossima Lucca ci scappa pure l'home video. E detto questo spero di non aver gufato la cosa. 
Escono finalmente in unico cofanetto gli episodi di Ghost in the shell Arise, border 3 e 4. E sorpresa delle sorprese, annunciato a Lucca 2014, a fine mese esce pure Ghost in the Shell The Rising! Film cinematografico che per ora va a chiudere la saga "prequel" di Ghost in the Shell, collocandosi dopo il cosiddetto "border 5" o "Pyrophoric Cult". Fermi tutti, che diavolo è questo "Pyrophoric Cult"? Per rendere le cose più incasinate possibili la serie di oav Arise è stata convertita in serie tv, dal nome Ghost in the shell Arise Another Architecture. In acronimo GITS:AAA. Acronimo che si aggiunge ai gioiosi acronimi delle altre serie come GITS:SAC, GITS:2nd GIG, GITS:SSS e roba divertente così. GITS:AAA taglia a metà i quattro episodi di Arise (un episodio prima parte o "Zenpen" e un episodio seconda parte "Kohen"), buttando via anche una manciata di minuti (che chissenefrega... tanto della trama già non si capisce una minchia...) per un totale di 8 episodi. Per fare i "simpa della cumpa", i primi 2 episodi sono in realtà ricavati dal quarto border, ghost stands alone (acronimo GITS:AAA-GSA 1/2;2/2 ) i successivi invece riprendono il primo, il secondo e il terzo border di Arise. Perché farlo? Ma per chiamare la serie "another Architecture!" (AA!). Aveva senso farlo? Assolutamente no, perché cronologicamente il border 4 è l'ultimo e si porta dietro tutta la trama dell'1, 2 e 3 che ancora non avete visto. Un po' come la consecutio temporum degli episodi di Harumi Suzumiya. Roba da giapponesi. Caso vuole che da veri incasinatori di trame, a una certa hanno deciso di creare, per fare da ponte con il film Ghost in the shell The Rising un episodio nuovo di pacca, strutturato come fosse un border anche lui è quindi diviso in Zenpen e Kohen (che diventano gli episodi 9 e 10 della serie AAA) ambientato fino al giorno prima degli eventi del film. Questi episodi compongono  il fantomatico border "Pyrophoric Cult", in cui compaiono peraltro (guarda tu che bastardi) molti personaggi della saga Arise ed elementi alla base del film. E ci sono anche delle dipartite... Non esattamente un easter egg, ma un episodio vero e proprio. Perché Dynit non pubblica quindi prima Pyrophoric Cult e dopo il film The Rising? Ora il problema penso che sia anche pratico. Un dvd-bluray che racchiude questi due episodi extra è uscito a fine agosto, come prodotto autonomo. Mentre i diritti distributivi di the rising sono stati già "anticipati" da Dynit da almeno un anno, nonostante il film esca da noi in home video quasi in contemporanea col Giappone, magari Dynit non ha comprato i diritti di Another Architecture "in toto" avendo già quelli di Arise. Peraltro la premiere di Rising si è svolta in Giappone il 20-6, quando ancora Pyrophoric Cult era solo passato in tv. Per me Pyrophoric Cult potrebbe arrivare dopo, quindi con una gestione di diritti "a sé". Oppure potrebbe non arrivare proprio mai nel caso i jappi impongano il riacquisto di tutta la AAA completa per distribuire anche questa parte inedita. Un vero furto considerando che ha pure meno minuti di Arise. Ora, sto benedetto Pyrophoric Coso si trova comunque online. E' fondamentale per fruire del film The Rising? Finché non vedo The Rising non ve lo so dire. 
Se tutta la sua ragione d'essere si riduce a introdurre un nuovo terrorista, Pyromania che ama far cadere aerei utilizzando il virus incasina - memorie Fire - Starter (ma quanto erano Fighi i Prodigy) e gli eventi a lui collegati vengono riassunti in un altro modo (a me sembra importante il modo in cui debellano il virus... Ma forse mi sbaglio e a guardare il film tappano il buco..) magari ai fini del racconto non è fondamentale. Ma succedono comunque cose, ci sono inseguimenti, sparatorie e la trama rimane collegata, essendo ambientato poi un giorno prima del film (ribadisco). E ovviamente rompe un po' i coglioni il fatto che un tassello vada a mancare in una serie così recente per follie produttivo-distributive come l'insensato copia-incolla AAA. Come si risolverà la situazione? Vi faremo sapere. 

Resterebbe da parlare della uber porno lusso edition del film de L'attacco dei giganti. Maglietta, cartoline, libricino ecc.ecc. Ma onestamente è un film che ho saltato. Gli riconosco il merito di spremere la decompressione di 13 puntate in due orette di visione, ma i film di ricapitolazione per me devono comunque apportare degli elementi nuovi. Se non sostanziosi come i film di Gurren Lagann, almeno formali, di rifinitura, come i film di Puella Magi Madoka Magica. Qui non ho notato una scena che sia una inedita rispetto alla serie animata. Mi hanno detto che ce ne sono ma io non le ho viste. Ma non voglio fare troppo il formale precisino, che scappo per essere ridicolo. Se invece della maglietta mi mettevano una Figma di Eren, Levi o Armin o Mikasa o anche solo un pupazzo e della Pops con il gigante colossale, probabilmente questo film me lo portavo a casa. 
Poche novità ma speriamo un futuro roseo e ricco di anime. 
Talk0

Buon compleanno Dynit e grazie per tutti gli anime e manga che ci hai portato in Italia in questi 20 anni.