martedì 19 marzo 2019

La casa di Jack : la nostra recensione dell'ultimo film di Lars Von Trier




Jack (Matt Dillon) è uno scombinato seriale killer con tremila problemi mentali, su tutti un disturbo ossessivo compulsivo da maniaco della pulizia e ordine che è una vera spina nel fianco per chi opera nel settore del "fare a pezzi gente con tanti schizzi di sangue al seguito". È anche il più banale e prevedibile stereotipo vivente di serial killer, che si muove su di un furgone rosso losco di ordinanza tra strade di campagna, parla poco e ha lo sguardo torvo, ma nel mondo dove è ambientata questa vicenda è così tanto il più banale e prevedibile stereotipo di serial killer che nessuno lo crede veramente possibile. Il nostro vive pure nel rischio continuo di farsi sgamare, si crede un fenomenale artista concettuale bistrattato che nella realtà non è (in una scena si bulla si essere un mago della tassidermia, ma il suo "capolavoro" è una merda indegna), uccide di parole chiunque gli capiti a tiro. E quello che gli capita a tiro durante la pellicola è Virge, un Bruno Ganz che è per lui un po' psicologo e un po' voce interiore, alla maniera del Seligman di Stellan Skarsgard in Nymphomaniac. Virge si puppa tutti i deliri di onnipotenza e umane miserie di Jack, per lo più esaltanti come un documentario in cirillico sulla scrittura cirillica per chi non parla il cirillico. E noi con lui, il povero Virge, ci puppiamo asfissianti monologhi di svariati minuti sul nulla, ma in qualche modo godiamo anche della rappresentazione visiva, spietata e realistica di "come andarono davvero i fatti" che Jack ci racconta. E qui Hannibal Lecter incontra davvero Fantozzi, e quasi non ci si crede che il vecchio Lars, messo un po' da parte il suo alone drammatico e negativo, si diverta a giocherellare con l'humor nero con tanto gusto e spensieratezza da sembrare un bambino al mare che gioca con la sabbia. Ne risulta un film splatter gioiosamente e consapevolmente imbecille, con macrosequenze, che raccontano la variegata carriera da killer di Jack, che hanno la foggia di lunghe barzellette, sempre a cavallo tra grandiosità percepita dal protagonista e idiozia manifesta nell'esecuzione. Jack incarna il male, un male grandiosamente banale nella sua continua e vana ricerca di creare qualcosa di alto, altro, politico, artistico, universale nonché qualcosa da "ricordare". Come pretendere di costruire un grattacielo facendo uso di sola dinamite. Ed è per questo che la "casa di Jack", la sua grandiosa affermazione al mondo del suo lato creativo, risulta essere (sul finale) qualcosa di completamente diverso dal geometrico paradiso impossibile dei suoi sogni. 


Ci si diverte un po', se si è nel mood giusto,quello più rilassato e cazzaro, durante la visione di questo ultimo Von Trier un po' in gita di svago (un po' come il Ridley Scott di Una magnifica annata). Gli attori sono davvero in palla e accettano il "clima vacanziero" dell'operazione, la mia attrice preferita è qui Uma Thurman, che nelle prime battute della pellicola già la sintetizza e chiosa, con un personaggio che sa di essere un meme vivente, una barzelletta ambulante. Dal punto di vista visivo il buon Lars pasticcia sereno con tutti i trucchetti più pop che ha sempre in passato un po' schifato e si regala delle gustosissime auto-parodie per i suoi fan più devoti, che se non sapranno cogliere la leggerezza di questo ultimo lavoro un po' ci rimarranno pure male. Io ho trovato interessante questo Von Trier spensierato, soprattutto quando gioca con i temi metafisici e da commedia splatter, mi ha esaltato di meno nelle parti che sembrano più sbobboni documentaristici (ma a ripensarci in un secondo momento alla fine direi che le ho comunque affrontate senza addormentarmi e nonostante la biblica durata della pellicola). Non è per me un capolavoro, come avrete un po' letto tra le righe, ma per una serata, magari etilica e in compagnia, soprattutto se "molto etilica" assomiglia alla versione sbarazzina di Henry Pioggia di Sangue. Ecco, lo Scary Movie logorroico di Henry pioggia di sangue. Per me va bene così. Poi sarei curiosissimo di conoscere qualcuno che parte a veder Von Trier da questo e si aspetta, trovandone altri su Netfix, film demenziali da roba come Dogville o Dancing in The dark. Me lo immagino con i popcorn e la birra ghiacciata che fa partire Le onde del destino e proclama alla cumpa: "Oh raga, stasera spiscio!!!" 
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sabato 9 marzo 2019

Conferenza Dynit: Cartoomics 2019




Arriva ogni tanto la nostra piccola finestra sulle nuove produzioni dell'editore bolognese che più scalda i cuori dei fan degli "anime in italiano" (possibilmente tradotti). Dynit appare in forma in questo periodo, grazie all'acquisizione di serie importanti come My Hero Academia, alla continuazione di opere consolidate e riconfermate per più stagioni come Tokyo Ghoul e L'attacco dei giganti e Sword Art Online. Al cinema sono arrivati sotto l'egida Dynit in coppia con Nexo Digital anche opere candidate all'Oscar per l'animazione come Mirai, in fumetteria si sperimentano interessanti strade autoriali come per le opere di Hino Hideshi. C'è tanto da parlare e gustare, anche grazie alla piattaforma streaming VVVVID, le cui opere più viste possono ambire ad accedere alle traduzioni italiane. C'è però la consapevolezza, e c'è da molti anni, che "Natale è finito". Sono tanti i competitor, sono complicati i contratti e le vendite, non si può chiedere al buon Carlo Cavazzoni, il capoccia di Dynit, di fare l'impossibile. Le novità ci sono sempre, ma sono sempre molto selezionate e non è più virtualmente possibile chiedere la Luna (e con questo non voglio mettere mano alla questione Sailor Moon). 
Parleremo qui ovviamente solo delle novità, rimandandovi al sito Dynit per il catalogo già presente e i titoli già annunciati. Quindi non parleremo dei cofanetti blu ray / dvd per febbraio, re-box "standard" di Attacco dei Giganti 2, Kil la Kill, Gundam e la remaster di Daitarn 3. Non parleremo dell'uscita detta parte 2 di Gun Gale Online, Spin-off di Sword Art Online (imposto dal Giappone). Né parleremo delle uscite dvd/blu ray di Marzo come la season 2 di My Hero Academia (che avrà come extra l'attesissimo sigla di Vanni, la solita roba che può piacere ai fan di Vanni e forse solo a sua madre...), come non vi dirò che il Cavazzoni vi consiglia di vedere il 23-24 marzo il film di My Hero Academia, primo film che Dynit punta a far uscire nel week end e non in settimana. Sempre a marzo, non vi diremo che uscirà in home video Cowboy Bebop The Movie, la cui unica versione per ora sul mercato era di Columbia Tristar e in qualità media, mentre qui Dynit punta a un rilascio con dei super - master, con booklet e versione combo dvd / blu ray. Ad aprile non vi diciamo poi che arriverà in home video Mirai di Hosoda (Wolf Children), che appunto è stato candidato agli Oscar, una commedia fantastica e sognante di cui avrei dovuto già parlarvi ma non sono riuscito (comunque non è male, anche se mortalmente lento). Mirai uscita pure in "sticazzi edition" (ultra limited) con mille extra, making of, booklet, poster del film e card esclusiva creata per l'edizione italiana da Hosoda. Sempre ad aprile, non vi diremo che arriverà in home video la Terza Stagione de L'attacco dei giganti, la prima parte (la seconda è attualmente in streaming su VVVVID, quindi si può ripassare la parte 1 aspettando lo streaming), in cofanetto "cicciotto" e non in mini-slipcase come fino a ora (ma per i collezionisti lo slipcase sarà molto simile). 17 aprile pure Gundam Unicorn in home video boxato che prede il posto di quelli esauritissimi negli store.


Cinema: continuando imperterriti a non volerci parlare di cose già annunciate, non vi parleremo il 22 di My Hero Academia di Bones e sembra davvero figo come appeal, per animazione e trama (per quanto rivelato). È una storia autoconclusiva che si colloca dopo le serie animate fino a ora trasmesse e ha importanti flashback. Non vi parleremo nemmeno dell'uscita cinematografica di 5 cm per secondo di Makoto Shinkai, film strappalacrime (Cavazzoni pensa di distribuire fazzoletti nelle sale) edito in home video da Kaze alcuni anni fa e pezzo imprescindibile per i fan di Your Name, Il giardino delle parole ecc. previsto per il 20-21-22 maggio. Il doppiaggio sarà quello di Kaze, ritenuto di buon livello. Infine non vi parleremo del nuovo film di Fate / stay night, heaven feel 2 - lost butterfly. Del primo e della serie abbiamo parlato qui nel blog. È una discreta figata. Previsto per il 18-19 giugno. Sarà il secondo film di una trilogia.


Novità: Children of The sea (in parte si sapeva già da Lucca questa novità ), film tratto dal manga omonimo edito anche in Italia. Studio 4 C, quel mostro di Joe Hisahishi alle musiche. Un micro trailer per ora, ma sembra pazzesco (o almeno ci rassicura il Cavazza).
Novità vera annunciata il film Viaggio Verso Agartha, di Shinkai, molto Miyazakiano, molto carino che sarà ridoppiato con il titolo I bambini che inseguono le stelle. Kaze aveva fatto sfaceli (era terribile, era doppiato da stranieri che si improvvisavano italiani), Dynit riporterà giustizia! Uscirà in home video, probabilmente entro l'estate. Un po' ce lo aspettavamo. Ma siamo contenti. 

Tra domande dal pubblico: 
- piccola polemica ! Film di Fate in uscita mentre ci sono gli esami di maturità!!  
- "Curiosità per Promaire di Trigger?" C. Bocca cucita!!
- "Evangelion?" C. Bocca cucita di nuovo. Stanno cercando di rinnovare i diritti. 
- "Nuovo di Shinkai?" C. C'è fortissimo interesse e (probabilmente) tanta competizione per distribuirlo, visti i numeri di Your Name. Non si può ancora assicurare.
- "Goblin Slayer o altro sarà doppiato in simulcast?". C. Fa annuncio: stiamo doppiando Sword Art Online Alicization, presto in home video. 
- "No Game no life?" C. Parte martedì.
- "Zambot blu ray ?" C. "Vediamo come va Daitarn!"
- "Speranze per Starblazer?" No. Netflix si è tirato indietro, non si può fare almeno per ora. Sul simulcast continuerà.
- "Megalobox?" C. dice che a Netflix non interessa il mercato italiano 
- "Gundam Narrative?" A Cavazzoni non è piaciuto. Aspetta nuova trilogia. Non ci sono ancora decisioni prese.
- "The promised neverland?" per  C. è la serie del momento e l'interesse è tanto. 
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giovedì 7 marzo 2019

Captain Marvel - la nostra recensione!




- Premessa, non sono un fan di Captain Marvel: Captain Marvel è un'eroina che negli ultimi anni è sempre più diventata una bandiera del "girl power". Una supereroina che vola, mena alieni e sconfigge il male, ma soprattutto una donna piena di valori, una professionista che lavora, un'amica su cui contare, una figura senza macchia. Un'icona femminile infallibile che sa sempre rialzarsi davanti alle difficoltà e prende il mondo con un pigio serio e disincantato. Insomma, il classico personaggio eroico femminile incapace di umorismo e autoironia, alieno a ogni difetto. 
Mi immagino gli Avengers che iniziano una gara di rutti mentre in un angolo a scuotere la testa ci sono Captain Marvel e Pantera Nera. Gli unici che ritengono importante essere seri in un fumettone colorato. Gli unici che sono lì a dire qualcosa di sociale e importante e, ve lo assicuro, per me in questo non c'è niente di male, i fumetti servono anche a questo, i fumetti spesso "cambiano" per dare un messaggio. Sono passati i tempi in cui Carol Danvers si chiamava Miss Marvel, e in fondo quel "miss" pareva un po' sessista, come quel vestitino supereroistico ultrasessualizzato. Carol era in sostanza una "bonazza" disegnata come una culturista pin-up da infarto da Frank Cho. Una bonazza pure con dei grossi trascorsi emotivi alle spalle, ma sempre bonazza che oggi, per esigenze dei tempi moderni, non veste più succinto con il suo costumino nero, mascherina e fascia rossa sui fianchi, ha forme meno provocanti e più normali, vive storie votate all'inclusione sociale e il politically correct, piace al pubblico femminile. È questo il punto, Captain Marvel è un fumetto concepito principalmente per ragazze, perché anche loro abbiano un'eroina Marvel del tipo Wonder Woman (un po' lontano dalle luci e ombre di una Vedova Nera pur disneyana), che sia una sorta di guida morale, che ricordi loro (soprattutto in un momento di crisi cose l'adolescenza) che le donne non devono arrendersi mai, che sono importanti e sanno fare la differenza. È giusto veicolare questi messaggi, è questo fumetto offre la giusta dose di "autostima mensile". Per questo Captain Marvel indossa una specie di tutone da motociclista monosex, è interpretata dalla vostra vicina di casa carina (Brie Larson non è certo una panterona come Gal Gadot o Scarlett Johansson), ha tutto un percorso di crescita che ne svela piano piano il valore supereroistico ma che fonda detto potere nella forza morale del personaggio. Quindi, prima di entrare in sala, devo un po' ragionare su un target che non è il mio, ed è giusto che io lo guardi con gli occhi più vicini possibili al pubblico a cui è rivolto. Anche se la formula "mondo femminile / film con effetti speciali / mostri e robottoni" mi ha già detto malissimo di recente  con Bumblebee, dove la storia del transformers giallo che deve insegnare a una ragazzina a superare il suo blocco nell'affrontare la sfida di tuffi del liceo (evento formativo magari importantissimo per la crescita interiore di una giovane donna) non è che mi avesse appassionato troppo. Chiamatemi insensibile.


- Sinossi: anni 90 dell'era terrestre. C'è un nuovo vigilante alieno in città e picchia le vecchiette. Ed è una vigilantessa, si chiama "Vers". Certo, non sono semplici vecchiette quelle che mena, ma alieni mutaforma skull in grado di imitare in tutto e per tutto delle vecchiette terrestri per infiltrarsi tra noi e ingrossare la coda alle poste e rubare la pensione ai terrestri. Per questo "Vers", che ha forse una origine misteriosa svelata in parte da dei sogni/ricordi, fa una sorta di lavoro sociale, all'interno di un corpo multietnico di super poliziotti intergalattici guidati dal carismatico Jude Law. Giunta rocambolescamente sulla terra negli anni '90 a seguito dell'evolversi di una battaglia spaziale con i mutaforma, Vers precipita direttamente dentro un Blockbuster nella sezione dvd in offerta, la nostra eroina viene notata da un baldanzoso e strano Nick Fury interpretato da un Samuel L.Jackson ringiovanito in digitale, incredibilmente spiritoso. Fury si appassiona alla nostra eroina quasi quanto al vero co-protagonista della vicenda, la gattina Goose (come il copilota di Maverick in Top Gun, con l'identità segreta di Captain Marvel che è quella di una pilota di caccia militari stile Top Gun... e la testa esplode). Fury, sempre sotto "botox digitale", riempie di parole dolci e grattini la micina ogni sei secondi e quando Goose non è in scena il nostro eroe si dimostra una inaspettata e funzionale spalla comica (forse pure troppo goffa per l'idea generale che ci facciamo di Fury, sembra la versione maldestra del Danny Glover di Arma Letale) per la seria e fin troppo professionale (e pure un po' menosa, concedetemelo) Vers. 
Vers e Nick girano in questi anni '90 vintage (che saranno i nuovi anni '80 vintage) tra blockbusters e musica di Seattle, facendo i Man in Black, vivendo di luoghi, aerei e un sacco di suggestioni post Top Gun (come Goose appunto), fino a che si palesa davanti a loro il supercriminale skull Talos, interpretato da Ben Mendelshon, nell'attesa che arrivi la cavalleria cosmica di Jude Law . Come andrà a finire?


- il Girl-power declinato ai supereroi: il personaggio di Brie Larson, se non fosse per un paio di sorrisi che ti scaldano il cuore (uno dedicato all'ormai compianto Stan Lee), non conosce alcuna forma di leggerezza. È tutto un "dover dimostrare a se stessi", "essere eroici", "sapersi rimettere in piedi", "avere grandi valori". È una autentica incarnazione di valore militare, combattività femminile e spirito di sacrificio altruistico senza uguali. C'è una simpatica sequenza poco dopo l'inizio in cui la nostra eroina finisce a testa in giù, insalamata, a piedi nudi e con le mani impossibilitate a emettere i suoi raggi devastanti. Così intrappolata deve liberarsi e farsi largo tra innumerevoli nemici, in modi scomodi che ce la fanno sentire quasi umana, quasi maldestra, perfino buffa. Poi basta, diventa una specie di Santa Martire Onnipotente che non risulta del tutto antipatica grazie a un'attrice che riesce a donarle un po' di vulnerabilità con la sua ottima capacità espressiva, grazie a una spalla comica che alleggerisce i toni narrativi quando diventano troppi solenni e grazie a un gattino che fa cose buffe ogni tre minuti. Il tutto avviene in un film molto colorato e anche piuttosto divertente, pieno di inseguimenti e di un paio di riusciti colpi di scena, perfino in grado di regalare delle lacrimucce. Molto riuscito il personaggio di Mendelshon, simpatico oltre l'immaginato Samuel Jackson, sempre tenebroso quanto basta Jude Law, la Larson ce la mette tutta per piacerci e comunicare alle ragazzine di tutto l'universo che lei è come loro, che tutte possono raggiungere alti risultati se si impegnano e perseguono dei valori. Un film semplice, che punta a un target preciso e fila dritto fino alla fine, rievocando come sopra già menzionato un po' di Top Gun, un po' di Lanterna Verde, un po' di Men in Black e un po' di Soldato Jane, condendo sonoramente la musica con un sacco di brani da hit parade vintage alla maniera dei Guardiani della Galassia. Gli effetti visivi sono carini ma si accompagnano a scene d'azione forse un po' troppo statiche, il personaggio di Captain Marvel è così forte da non dare mai l'impressione di subire una sconfitta e questo pesa un po' sull'economia finale del film (ma si può dire anche di altri film supereroistici). Credo che prima o poi gli Studios dovranno emanciparsi dai film emancipatori come questo. 


- Conclusioni: partivo prevenuto, ma alla fine lo spettacolo non mi è dispiaciuto, pur lesinando un po' in sorprese. Visivamente è molto colorato, ha un buon ritmo narrativo, si vede con piacere dall'inizio alla fine. Forse l'amaro in bocca (che condivide con altri film di supereroi) è la sensazione che la nostra eroina non abbia dovuto confrontarsi con un nemico al suo livello, ma ad Aprile sarà più che probabile che la vedremo incrociare i pugni con Thanos. E saranno botte spaziali per tutti. 
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lunedì 4 marzo 2019

The Vanishing - il mistero del faro. La nostra recensione del nuovo film con Gerard Butler



C'era una volta un faro, all'inizio del 1900, nel Galles mi pare (o un posto a caso del dell'Inghilterra più fredda e piena di scogliere) collocato un po' nel nulla. È una storia vera. A gestire il faro, ci sono al suo interno tre guardiani, interpretati qui da Gerard Butler, Peter Mullan e Connor Swindels nella più classica impostazione da dramma teatrale in unico atto. Un allegro terzetto con il veterano, il ragazzino e quello "fuori come un balcone". E Gerard, che alterna felicemente ruoli da eroe macho (come nel recente Hunter Killer, dove insegnava al mondo il modo macho di scendere in profondità con il sommergibile, con le braccia incrociate restando in equilibrio come i bulli, in un contesto di uomini duri bulli e sudati)  a ruoli da "fuori come un balcone", potete già intuire che ruolo interpreta qui (peraltro bravissimo e concorrente a ruolo di matto dell'anno con il McAvoy di Glass). 
Si incomincia easy, con la partenza del simpatico trio verso le coste Gallesi, il saluto ai familiari sul molo, il viaggetto sulla barchetta con basso entusiasmo e un paio di bischerate, il gusto delle storie di frontiera e la virilità servita con amaro Montenegro. Per un attimo mi ritrovo nell'indimenticabile e indimenticato classico di Gerry Calà, puro anni '80, Sottozero. Uomini rudi che vivono la vita lavorativa in ambienti rudi, con un rude sguardo rivolto a casa mentre rudemente si convive virilmente, tra una scoreggia in camera da letto, lo schiaffo del soldato e tempo vario a girare valvole, cambiare attrezzi, registrare robe, sostituirsi e fare squadra. Qui è tutta una pulitura di lenti del faro, aneddoti e gioco della capretta (non specifico). Poi a una certa, come spettatore, sei sul punto di dire:  "Ok, ma cosa cacchio e virilmente vogliono questi? Io li farei lavorare davvero in un posto dove si lavora!!". Ma subito qualcosa accade, e il titolo del film, ripeto tratto da storia vera, inizia ad avere un senso. Arriverà qualcuno? Sbroccherà qualcuno? Ci saranno rivelazioni, alleanze, alieni, pirati, chatulu, i tuffi di mister ok e Linea Verde? Quale mistero segreto scofanerà, questo faro dei misteri? E qualcosa, giusto per non rovinarvi la sorpresa, in effetti c'è, e permette al veterano di fare il veterano rigido, al ragazzetto di fare un po' il minchietta e al tipo fuori come un balcone di fare l'inquietante e apocalittico tipo fuori come un balcone. Succede qualcosa e poi tutto il faro diviene scenario di una lotta psicologica fatta di sguardi truci, sospiri, qualche lacrima poco virile fuori campo e tanta paranoia. Tutto funziona drammaturgicalmente e linearmente, forse pure troppo linearmente, troppo poche sorprese e due sbadigli qua e là, ma alla fine gira. Io rimango della mia idea di come gestire le "storie vere misteriose", cioè di ficcarci di tutto, alieni, chuluh, zombie, angeli, complotti e templari. Che tanto quello che misteriosamente è successo nella misteriosa realtà non sarà mai misteriosamente rivelato, perché nessuno lo sa! Qui invece, come nel bel film con Colin Firth della regata in giro per il mondo finita male (Clicca qui per la recensione), si cerca logica e correttezza formale, e forse ci si perde la follia potenziale della situazione. Tipo che poteva finire come Cold Skin di Xavier Gens, con tanto di faro e faristi con Montenegro già sul set, ma non si arriva mai a quel punto, che andava bene pure se abbozzato in sogno, per dire. 
Comunque filmone solido, da degustare con amici narrando etilicamente di come quella volta insieme si è salvato il cervo con l'idrovolante. Butler pazzo impazza e grida un po' il suo sogno nel cassetto di fare prima o poi un pazzo da Oscar. Per ora guida sottomarini in modo bullo e siamo comunque contenti per lui. 
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