Già il titolo
di questo film, Nevermind, che tradotto significa "non pensarci",
prepara lo spettatore
a non stare troppo a cadere negli schemi logici, invitandolo a godersi il tuffo
in una commedia nero pece amabilmente scorretta quanto inquietante a livelli
kafkiani.
C'è una
massima di Aristotele, riportata ingegnosamente all'inizio del film, che recita
più o meno: "Se c'è una soluzione/rimedio, perché ti preoccupi? Se non c'è
una soluzione/rimedio, perché ti preoccupi?". La frase è un invito a non
fare quello che fanno i personaggi di questa commedia. "Nevermind",
non dobbiamo preoccuparci troppo, spendendo nella preoccupazione/comprensione
tempo che si potrebbe destinare a fare l'unica cosa possibile
"sopravvivere e adattarsi" a una situazione. Esattamente come in un
horror. Certo che il mondo descritto dal film di Puglielli è un vero
agglomerato di Leopardiana natura matrigna in cui anche la fuga (reale quanto
psicologica) non è permessa. Mi viene quasi spontaneo (ma da paraculo)
affiancare, a supporto di questo ragionamento, anche una frase tratta
dall'Amleto di Shakespeare: "È una bella prigione, il mondo". Non a
caso un testo che parla di pazzia. Questo mondo surreale (e quindi
la vita dei personaggi di Puglietti) è davvero una bella gabbia di pazzi
nella quale, "pur preoccupandosi", è difficile scovare un senso che
poi magari "un senso non ce l'ha" (direbbe Vasco). Anche
Bacone, davanti alla follia degli "aguzzini" di Nevermind, avrebbe da precisare come: "Il mondo è stato fatto per l'uomo, non l'uomo
per il mondo". Ci dobbiamo quindi adattare pure all'assurdo, pure al
folle, con il conforto di Seneca che chioserebbe: "Vuoi ottenere la vera
libertà? renditi schiavo della filosofia!". E così, perpetrando questo
gioco di citazioni invero facilissimo ai tempi di internet (andate a spulciarvi l'interessantissimo sito"filosofico.net") si potrebbe tornare circolarmente ad Aristotele e alla
sua affermazione: "La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi
che proprio in quanto priva del legame di servitù (a qualsiasi folle
regola di un mondo di pazzi) è il sapere più nobile". Ed ecco che arrivo
alla mia confessione più intima, la "filosofia" che ha sempre retto
il mio stile di vita, la cosiddetta "legge di Murphy" del maestro
Arthur Block: "Se qualcosa può andare male, andrà male". Come a dire,
la sfiga (che può manifestarsi benissimo nel dover vivere a fianco di persone
scriteriate, non solo nella proverbiale buccia di banana su cui cadi) è vera!
Tenetene conto e almeno preparatevi, sempre, ad avere un piano di riserva!! E
pensate che mentre vi parlo di queste fesserie, ho appena preso il treno
sbagliato e sa Dio e Arthur Block quando arriverò a casa trovando le giuste
coincidenze. Questo perché il piano di riserva ti servirà sempre nel momento in
cui non ne hai elaborato uno, e quindi sadico, ma anche un po' sarcastico,
Block ci ricorderebbe: "Se qualcosa doveva andare male, ci
andrà".
Questo è
il senso del film non-sense di Puglielli; il fatto che è da cretini perdere tempo a trovare un senso nelle cose... perché siamo in un film non-sense,
cavolo!!! Cercare qualcuno che fornisca delle soluzioni per capire il mondo è
sbagliato e futile, e non a caso i custodi "del sapere e della
conoscenza" presenti nella pellicola, gli psicologi, vengono
periodicamente neutralizzati. Cercare di trovare degli schemi mentali o dei
"rituali" che possano avere un qualche effetto è ugualmente futile,
perché se funzionassero dimostrerebbero che una pur strana logica è possibile.
Cercare di assecondare la pazzia, porta solo ad altra pazzia. Rendere evidente
che una cosa è folle, non aiuta in alcun modo alla comprensione del perché
quella storia è folle.
Non ci
resta che guardare agli amabili e sfortunatissimi eroi della pellicola di
Puglielli come a degli indomiti titani fantozziani. Prossimi all'inevitabile
fallimento, cercano una medicina per migliorare il loro mondo o per lo meno si
sforzano di capirlo. Non siamo lontani dal titanismo del recente e riuscito Il grande salto di Tirabassi, anche se la struttura ad episodi
scelta da Puglielli dà un sapore diverso per ritmo e "spietatezza",
avvicinandosi per carattere se vogliamo di più a quel manifesto di umane pazzie
che fu I Mostri di Dino Risi. Difficile scegliere l'episodio più gustoso del
film, perché mi piace pensare che a certe "coordinate" un po' tutti siamo
capitati nella vita davanti a situazioni che se non sono state assurde come
quelle della pellicola, poco ci mancava. Rimane impresso per me più di
tutti l'episodio della babysitter del bambino "invisibile", per via
della incomunicabilità dei sentimenti, ma anche lo sconfortate e nichilista
segmento sulla provincia e l'episodio dello studio legale, quello dal taglio
più "politico" se vogliamo, sono decisamente sulfurei e
abrasivi. L'episodio dello chef poteva essere quasi un film a sé stante,
qualcosa dalle parti di Ai confini della realtà. È probabilmente il meno
cattivo, salvo un colpo di scena finale davvero spiazzante. L'episodio dello
psicologo investito ha più il sapore di una lunga barzelletta cattiva, ma
funziona benissimo nel legare tutti i fili narrativi e nel trarre la morale
finale... che ovviamente è in linea con la premessa iniziale. Un buon ritmo
narrativo, attori decisamente ispirati e delle idee scenografiche non banali,
coprono in parte una fotografia forse troppo convenzionale e alcuni
sfilacciamenti generali che non permettono alla pellicola di essere un cult. Ma
Nevermind rimane un film carinissimo, sulfureo e dallo humor inglese che non
mancherà di attirare a se gli orfani del ragionier Fantozzi e della commedia
italiana cattiva che fu.
In
genere delle commedie italiane ammiro l'impegno nella scelta dei contenuti e
nella sinergia tra gli attori, ma sono poche quelle che mi fanno davvero
sbellicare dalle risate. Nevermind mi ha fatto (cattivamente) ridere molto e ve
lo consiglio se anche voi non vedete l'ora di vedere un film che vi faccia
ridere (cattivamente).
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