venerdì 30 dicembre 2016

Gundam Thunderbolt - annunciata la seconda stagione con il primo teaser


Mentre aspettiamo con gioia l'arrivo in Italia, grazie a Dynit e addirittura al cinema,  di "December Sky", il film che assembla e completa la prima "stagione" degli ONA del magnifico Gundam Thunderbolt, ecco arrivare a sorpresa la bomba. La seconda serie ONA sta arrivando e la storia è pronta a continuare così come sulle pagine del fumetto di Otagaki, Hayate e Tomino (ovviamente!), edito in Italia da Star Comics. Gundam Thunderbolt, come abbiamo già avuto modo di dire più indietro nel blog, è puro orgasmo visivo (merito dello stesso cast artistico di Unicorn) unito a una trama tagliente e spietata, supportata da musiche così magistrali e protagoniste della scena che possiamo a tutti gli effetti parlare del "Fantasia di Gundam". 


Si potrebbe malignamente dire che il film in qualche modo abbia già detto tutto sulla relazione guerreggiante tra il pilota della federazione Io Fleming e il Living Dead di Zion Daryl Lorenz. Si potrebbe dire che questo in fondo è un secondo giro di shots a base di Gumpla modificati, un "more the same" extralusso. Ma io una nuova razione di cannonate tra mobile suits supportate da musica Jazz e nostalgia rock me lo faccio ancora volentieri. Chissà se nel frattempo il buon vecchio Char della serie Gundam Origins riuscirà a impiantare sul suo Zaku 2 cremesi il corno della "Cometa Rossa". Chissà se Dynit alla fine, presa per sfinimento, si arrenderà al fatto di doverci portare in Italiano i blu ray di 8Th MS. Intanto incrociamo le dita sulla stagione 2 di Thunderbolt e aspettiamo fiduciosi la prossima primavera, quando finalmente inizierà a catalizzare l'attenzione di tutti i Gundam-maniaci del Web. 
Sieg Zion. 

Talk0

P.S. Ma voi attendete maggiormente di vedere in azione l'Atlas o lo Zeong? Se continuo a guardare questo trailer rischio di far partire un ordine da Amazon ..
P.P.S. Ho scoperto che in molti chiamano Gundam Thunderbolt  "Gundam Bebop" e trovo l'omaggio molto carino e appropriato.
P.P.P.S. Il livello di nerditudine di questo post è ben oltre il livello di guardia, mi copro di ceci.

mercoledì 28 dicembre 2016

Il nuovo Blade Runner si mostra in teaser



Si potrebbe scrivere sotto il trailer "C'era una volta un cacciatore (Harrison Ford), con la sua magia". Deckard ti guardava negli occhi con un'inquietante lente meccanica, crudele, che nascondeva in una valigetta metallica. Due test psicologici, parole desuete come "testuggine" e sapeva dirti se eri umano o uno scherzo della natura, uno schiavo cybernetico. Senza sparare un colpo, il cacciatore distruggeva false vite inconsapevoli, uccidendo un po' di più se stesso missione dopo missione. La sua ex moglie lo chiamava "sushi", pesce freddo, l'alcol aveva preso posto fisso nella sua vita. Ma qualcosa in lui si è riscaldato dopo l'incontro con Rachel (Sean Young), la donna che era diversa, priva di data di scadenza. E poi c'era stato Roy Batty (Rutger Hauer), che aveva cambiato tutte le regole, ma con tutti i suoi trionfali ricordi destinati a scomparire, disciogliersi, come lacrime nella pioggia. 


È passato un bel po' di tempo dall'ultima caccia e da quella fuga dalla grande megalopoli verso le strade inquietanti di Shining, con quell'angoscioso pezzo di Vangelis in sottofondo (usato in rai per anni per roba tipo "linea verde"... roba da pazzi).  E ora i lavori in pelle sono di nuovo in giro. C'è un nuovo cacciatore in città, si chiama K (Gosling) e forse dovrà incrociare i cannoni contro il vecchio Deckard. Non c'è più Scott alla regia, ma l'ottimo Villeneuve (guardatevi Sicario). C'è ancora poco da dire con le scarse scene a nostra disposizione in questo primo teaser, ma c'è "potenza" in queste immagini, c'è il piano e un senso di desolazione nuovo, lontano da quel freddo skyline di palazzi con Geishe ideato all'epoca dall'artista Syd Mead. Iniziamo un po' a contare i giorni. E quel "testone caduto" mi urla Prometheus, opera di Scott che non può che echeggiare in queste ore, post visione del primo trailer del sequel. Stiamo assistendo a una Ridley Scott week che fa riecheggiare l'inizio degli anni '80. Siamo tutti in trip per questo, tra space jockey, Giger, origami, Vangelis e cyborg vestiti con pesati cappotti in pelle. Wow. Peraltro sembra che il budget sia bello ciccione per un film vietato ai minori. Incrociamo le dita e ci rivediamo qui per aggiornamenti. 
Talk0

Addio Carrie


L'avevamo appena rivista com'era trent'anni fa. Seppur per un istante. Seppur in computer grafica. Altrettanto rapidamente se n'è andata. Addio Carrie.

lunedì 26 dicembre 2016

Alien covenant: per augurarvi un buon Natale, un primo sguardo fugace al nuovo capitolo xenomorphico-scottiano!!


-Considerazioni inutili, per stuzzicarvi la bile prima della visione del trailer: inutile girarci intorno, Alien: Covenant, ex Prometheus: Paradise Lost ex Prometheus 2/3, è il film di fantascienza che, fin dal primo vagito produttivo, più si è fatto con il tempo odiare dal sottoscritto e da larga parte del fandom. Prometheus era visivamente eccelso e aveva nel cast attori straordinari come Fassbender e la Rapace, la Theron e Elba. Ma la trama, scritta da Damon "satana" Lindelof, autore all'epoca di "grido" (anche se sappiamo col senno di prima che, tanto, nello spazio nessuno può sentirti gridare...) era parimenti da denuncia penale: contorta se non addirittura "brutta" in vari passaggi, inconcludente e svilente pure sulla genesi dei famosi xenomorphi. Poi Lindelof, a cui dobbiamo immonde schifezze come le trame rimaneggiate di World War Z e Tomorrowland, si è redento con quel telefilm da urlo che è The leftovers, ma la frittata qui ormai era fatta. Prometheus film usciva brutto e consapevolmente "monco", in virtù della tracotante arroganza di considerarlo già degno di almeno due sequel in pre-produzione. Da noi in più usciva in ritardo siderale per via di 20th Century Fox, un'etichetta che da sempre tratta il nostro paese con totale disinteresse e arroganza (vedasi la mancata distribuzione di X-Files in blu ray, la troncata pubblicazione di American Dad, molte serie che iniziate in blu ray, come Vikings, continuano solo in dvd, Independence Day resurgence uscito da noi eoni dopo il resto del mondo... e cose di questo tipo all'infinito... mamma quanto sono trombone, pure sotto Natale!!!). Incassò, perché certi prodotti incassano a prescindere, come Batman v Superman, ma furono in molti a disprezzarlo cordialmente, nonostante gli indubbi meriti di cui sopra (in pratica "tutto ciò che non era "la trama"). Archiviato in disgrazia, pareva che il brand di Alien fosse pronto a tornare nel congelatore per una ventina di anni quando, all'improvviso, ecco giungere Neill Blomkamp con il progetto di Aliens 2. Un seguito diretto del film di Cameron, con tanto di Sigurney Weaver già arruolata insieme a un redivivo Michael Biehn e una nuova attrice a interpretare Newt. Un film che già dalle prime idee di produzione parlava di maxi guerra tra space-marine e xenomorphi, esoscheletri e razze aliene strane e tentacolari e tutti quei gingilli alla Warhammer 40.000/ Starcraft  che ci avevano fatto assaporare in Aliens, per poi negarci con Alien "Cube" (poi ho imparato a voler bene, pur in modo diverso, ad Alien Cube e ad Alien: la clonazione... e ogni tanto vedo pure gli Alien vs predator, apprezzandoli per la tamarrata che sono). Il brand con Blomkamp torna a farsi interessante, l'hype è a mille quando ecco che si intromette Ridley Scott, che come i peggiori tiranni medioevali urla "Alien è mmmmmmiiiioooo!!!" e di fatto uccide il progetto di Blomkamp, con la 20th Century Fox che glielo fa fare. Scott, che l'anno prossimo fa ottant'anni, impone che si continui con la storyline iniziata con Prometheus senza che nessuno sulla terra glielo abbia davvero chiesto. Vuole un film che torni ad avere il sapore del primo Alien al punto da creare ex novo l'ennesimo equipaggio spaziale che incontra gli alieni (è un nuovo epigono di Ripley, si dice), mentre  il fandom si era già molto positivamente espresso sul remake guerrafondaio di Aliens. Per di più Scott non vuole fare un film, ma tre (di cui non si sa nulla, tranne il fatto che ne vuole almeno un altro se non di più). E vuole che abbiano la priorità assoluta rispetto al progetto di Blomkamp, che di fatto era già con il copione scritto e con gli attori pronti. Verrebbe da urlare alla gerontocrazia imperante in questo periodo storico, con Pippo Baudo e Costanzo fermamente in televisione senza lasciare spazio ai giovani. Ci si potrebbe chiedere come dei blockbuster possano di fatto a Hollywood essere approvati per supplire alle carenze di una pensione integrativa. Ma si dimenticherebbe un dato non così scontato, Ridley Scott è, pur nella tracotanza, ancora un regista pazzesco e il suo Prometheus non avrebbe certo "bucato" il botteghino se non fosse stato per demeriti di Lindelof. E qui, in Covenant, la sceneggiatura è stata riarrangiata da John Logan, un mostro di esperienza nonché braccio destro di Scott ne Il Gladiatore. E poi torna Fassbender (e si parla già di "più Fassbender"), che in Prometheus è stato grandioso, tornano la Rapace, Guy Pierce. Tra i nuovi arrivi c'è la Waterson, stupenda in Vizio di Forma e dolcissima in Animali fantastici e dove trovarli. C'è quel matto divertente di Andy McBride (un comico della cricca di Rogen e compagni, che lavora ogni tanto con il frat-pack di Stiller), James Franco (pure lui socio di Rogen), Billy Crudup (che è un po' che non lo vedevo ma sono contento di vederlo) e pure la cazzuta ambulanziera de La notte del Giudizio: election day, Carmen Ejogo (nonché Seraphina Picquery in Animali fantastici). Un bel cast, un team di sceneggiatori più "solido" (incrociamo le dita... c'è dentro il team pure il tizio di Lanterna Verde, speriamo in minoranza) ed effetti che già si preannunciano tosti dagli scatti sul set. E quindi con questo spirito che mi accingo a vedere questo primo trailer, anticipato sul sito ufficiale con alcune gustose foto ufficiali distribuite nelle ultime ore insieme a un codice numerico che fa pensare a un conto alla rovescia. Nell'ordine le foto: dei tizi armati come space-Marines (ma che farebbero parte del corpo armato della Weyland), quella che pare una branda da sonno spaziale criogenico e un corridoio gigeriano stile quello che introduce nella camera di comando del primo storico space jockey (o "architetto", se preferite). Manca poco. 
Per dovere di cronaca, attualmente all'uscita del film oggi, 26 dicembre, mancano 143 giorni (almeno in America). Non lo dico perché sono pazzo, ma perché lo dice il sito ufficiale. Ed ora finalmente, eccovi il trailer



...che in pratica è il primo alien del '79, con in più le cosacce sotto la doccia. Ma tanto sangue, tanto ritmo e con un Fassbender, anzi "tanti Fassbender" che paiono tutti mattissimi!! Molto horror e molto sexy, con una fotografia da paura e tanti bei corridoi rugginosi in cui correre urlando. La canzone in sottofondo è una bella cover di Nature Boy di Nat King Cole, di Aurora (che suona meglio della versione di Ewan McGregor dell'inizio di Moulin Rouge), davvero appropriata e inquietante. E... udite udite, c'è un Andy McBride serissimo!!! Mai visto così serio!! 
Insomma, tutto pare davvero niente male anche se, diavolo, tutto sembra "troppissimo" simile al primo Alien. Spero comunque di sbagliarmi e che il film sappia trovare strade interessanti e nuove per raccontare l'epopea cenomorphica più amata di sempre!! Questo vi dovevo, da parte mia e del mio socio i nostri migliori auguri di buon Natale sereno e felice insieme alle vostre famiglie e ai vostri cari. 


Talk0

lunedì 19 dicembre 2016

Shut in - la nostra recensione





Premessa: ok ho visto il trailer. Le vocine nella testa da allora mi dicono: "Talk0, esce quel film di Farren Blackburn, quello che c'è una scena con Naomi Watts nuda nella vasca da bagno che c'ha gli incontri paranormali tipo Jessabelle / oscure presenze di Greutert. Una roba però psicologico/familiare, con un pizzico di The Others e magari qualche idea da Babadook. Devi vederlo!" Al che io rispondo alle voci: "Ganzo! Blackburn lo conosco, ho visto un paio di episodi diretti da lui per il Doctor Who, non è male. Gli horror psicologici familiari recenti poi sono belli, come Goodnight Mommy, magari pure questo non esce male! E poi amo Naomi Watts dai tempi di Cronenberg, l'ho vista perfetta nel dittico horror Verbinski/Nakamura su The Ring e poi, aspetto più importante di tutti, ha questa scena che è nuda in una vasca da bagno! Ok mi avete convinto vocine, vado a vederlo!". Quello che segue è il disastro.
Trama senza spoiler: Mary (Naomi Watts, che passano gli anni ma rimane affascinante) in seguito ad un incidente è rimasta vedova e sola a prendersi cura del figlio Stephen (Charlie Heaton, una delle star di Stranger Things, il telefilm Netfix campione di ascolti), rimasto quasi completamente invalido e in stato catatonico. Mary e Stephen vivono in qualche posto freddissimo e isolato del Nord America stile Shining, perennemente sommersi dalla neve, ma Mary non si scoraggia ed è una perfetta mamma e infermiera. Per non stare troppo lontana dal figlio, si è aperta  il suo ufficio da psicologa infantile a tre metri da casa e ultimamente sta pure vivendo un periodo felice, grazie al suo piccolo paziente Tom (Jacob Tremblay) che con i suoi dieci anni riesce a colorare un po' le grigie giornate di Mary. Un altro supporto per la donna viene dal Dr. Wilson (Oliver Platt), il suo terapista, sempre a portata di Skype, ma la stagione invernale si fa sempre più dura e nella vita della psicologa iniziano ad accadere delle circostanze strane e inquietanti. Una notte il piccolo Tom bussa alla sua porta, è arrivato lì da chissà dove, solo, sotto la neve. Mary lo accoglie in casa. Ma appena si allontana da lui il tempo per cercargli una coperta o preparare un latte caldo, il bambino sparisce nel nulla. Nei giorni seguenti al polizia e i giornali si mobilitano, Tom diventa uno di quei bambini dispersi che in America compaiono sul cartone del latte ma niente, nessuna traccia, il piccolo risulta disperso nei boschi. Mary non si dà pace fino a che se lo vede negli incubi e poi in giro per casa. Da lì ritiene di essere in contatto con il fantasma del bambino.


Quello che c'è di buono: il film vive di una ambientazione molto affascinante e del talento dei pochi ma bravi attori coinvolti. La trama parla di persone rimaste "sole e lontane", per barriere determinate dalla distanza come dalla malattia o dal sovrannaturale, persone che cercano, pur nelle difficoltà, di mettersi in contatto tra di loro. Il bisogno di stare insieme, che può portare anche ad un'esistenza morbosa o paranoica e ad un forte sentimento di inadeguatezze, rimane istanza insopprimibile in un mondo esterno popolato da neve e freddo. Questa idea è bella e funziona per tutto il primo tempo, utilizzando al meglio come amplificatore di questa "solitudine interiore" anche le suggestioni più classiche dell'horror. Lo spettacolo tiene incollati allo schermo, ma solo per una sessantina di minuti.
Quello che non c'è di buono: è un vero peccato che tutto quanto viene sapientemente costruito nella prima parte trovi una battuta di arresto nel secondo tempo, nel dipanarsi di una vicenda che diventa troppo prevedibile e scontata sul finale. Permane una certa nota seducente e perversa, che dà un sapore tutto suo alla vicenda non facendoci infine disprezzare l'esito finale, ma il film affronta l'ultima ora in pieno disarmo di idee, riciclando dei topoi stra-noti sui quali non voglio soffermarmi per evitarvi possibili sorprese. Il problema è che la sensazione di già visto è davvero forte, al punto che un appassionato medio di thriller / horror è in grado di prevedere in toto quasi gli ultimi quaranta minuti. Ma alla fine non è nemmeno un problema di ripetizione quanto di una certa stanchezza della messa in scena a dare il colpo di grazia al tutto. Quando una scena dall'indubbio sapore di Shining arriva ad annoiare per la sua "proceduralità"si arriva quasi allo sbadiglio. Un vero peccato. Una defaillance inspiegabile a monte delle buone premesse. 

Finale: la cosa migliore della pellicola è sicuramente Naomi Watts nella vasca da bagno. Le vocine avevano ragione. Dalle note di produzione pare che la nostra attrice del cuore la abbia girata a meno venti gradi. Una gran scena. Peccato non ci sia molto altro di nota in questo thriller dalle grandi potenzialità, ma dagli esiti piuttosto esigui. Peccato per le prove lodevoli degli attori e per uno scenario e alcune trovate che ogni tanto riescono ad offrirci dei sani brividi. 
Talk0

giovedì 15 dicembre 2016

Star Wars VII: il risveglio della forza - la nostra ultra-ritardataria e striminzita opinione



Nel giorno di Rogue One ci è sembrato giusto colmare una grave lacuna...
La sinossi non la faccio perché tanto ormai lo avete visto tutti, vero? E poi aveva un senso, perchè veniva più figa, se si riusciva a scriverla di sbieco, per poi leggerla sentendo John Williams in sottofondo...

Ok...

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana... non avrei mai sognato di scrivere un incipit così... Mi tremano le gambe..!!!.
Luke Skywalker dopo una intera vita passata a doppiare il Joker di Batman per i cartoni animati è scomparso. Forse vuole realizzare il suo sogno di sempre, farsi crescere una barba più lunga del nonno di Heidi. La resistenza però ha ancora bisogno di lui e incarica il suo pilota migliore, ossia il migliore dopo che Ian Solo è andato a guidate elicotteri in Expendables 3, perché indaghi su una specie di puzzle cosmico sulla attuale ubicazione del cavaliere Jedi. Un indizio chiave è conservato, non si sa perché, da Max Von Sydow. Nel frattempo anche il minaccioso Primo Ordine, un nuovo impero galattico costituito da ragazzini sulle ceneri di quello di Casco Nero e Palpatine, sta cercando Luke. Anche le sue spie sono arrivare, chissà come, a Max Von Sydow. Chi incontrerà  prima il grande attore di Conversazioni private?




Cioè dai, è buffo! Noi parliamo di Star Wars da sempre! Il mio socio Gianluca è un fan duro e puro della serie (io un fan più easy...), almeno tre volte a settimana speculiamo sul fatto che in Rogue One sia presente o meno Boba Fett e ho sostenuto per mesi con i miei amici e conoscenti dibattiti di ore su quanto sia importante e non sfigato Kylo Ren per la nuova saga. Ho il poster di episodio VII sul frigo, ho mangiato per mesi cereali che regalavano spadine laser colorate, sono entrato in un Disney Store a cercare un Lord Gravious elite version che non ho mai trovato finendo quasi in analisi, la pila con cui apro la sera il cancello di casa è ad elmo di Darth Vader! Ma la recensione sul blog che ho pensato e mi sono attrezzato per realizzare in tempo, a due ore dall'uscita nelle sale, non è mai apparsa. Anche perché alla fine mi sono realmente dimenticato di scriverla!!! Se fossi Alan Moore direi che ho perso le bozze su un taxi londinese, se fossi Warren Ellis direi che mi è partita la memoria del pc, ma visto che sono io non posso che ammettere la tesi che sono solo un "coglionazzo". Certo in senso inoffensivo, così che se in futuro assumessi personalità multiple non andrei a riprendere questo post per autodenunciarmi per ingiuria e diffamazione. Comunque oggi mi gira che si potrebbe anche scriverla adesso in fondo, quando la "fotta" della visione è passata, dopo che un po' tutti ne hanno già parlato in abbondanza per mesi e mesi, mentre stanno quasi finendo le riprese nel film numero VIII. Il giorno di Rogue One



La prima cosa che avrei scritto in quel post è che Abrams è riuscito a cogliere bene l'impronta "orientale"- citazionista che Lucas ha imposto dapprima con il film ora conosciuto come A New Hope... in qualche modo il cardine da cui tutto è iniziato. E per fare questo l'uomo di Lost ha pescato sempre da Akira Kurosawa. Solo che qui non si è limitato a riguardare e rileggere, come Lucas, La fortezza nascosta del 1958. Ha puntato diritto a Kagemusha - l'ombra del guerriero, del 1980. Il focus si sposta dai droidi, la rappresentazione degli "umili", i contadini dell'epoca Edo che nell'originale venivano giocoforza assorbiti in un conflitto più grande di loro, a una figura tragica come "l'uomo con la maschera", messo in sostituzione e simulacro di un eroe e condottiero autentico, un eroe che non si vuole far sembrare caduto in battaglia per non abbassare il morale delle truppe. Lord Vader è defunto, l'ultima volta è apparso come spettro nella festa Ewok sulla Luna di Endor di qualche anno fa, ma Kylo Ren, con il volto ancora da fanciullo, insicuro, pazzo e debole rispetto alla "vera forza" è pronto, per il bene dell'Impero "dei gggiovani", a prendere sulle sue giovani spalle un nuovo elmo nero, così pesante che quando cade in terra emette un suono dirompente, come un'esplosione. Ren parla con un sintetizzatore di voce non perché abbia problemi respiratori, ma per ingigantire il suo tono di voce, ricordare "quella voce" che faceva tremare l'Alleanza Galattica. Ma Kylo Ren non è Anakin, che con il tempo ha sempre più abbracciato il lato oscuro della forza. Ren è un padawan-sith ( si può scrivere così o è tipo una bestemmia? speriamo di no..) che è diventato crudele troppo in fretta e ora la misteriosa e ineluttabile forza sta spingendo verso il lato chiaro, verso il bene, rendendolo sempre più vulnerabile, iracondo ma potenzialmente anche "buono": un'arma segreta contro l'impero stesso, un Jedi in più. Ma questo è solo uno degli scenari possibili, il futuro è ancora da scrivere e l'addestramento del giovane Sith deve essere ancora ultimato. Adam Driver, che quando si toglie per la prima volta la maschera appare sfigato e innocente come Harold Ramis negli anni ottanta, o come un giovane Nicholas Rowe, è tutto quello che Hyden Christensen non è mai riuscito a essere: trasmette emozioni, riesce a mostrarsi nudo sotto la corazza. Vulnerabile anche allo scherno di molti spettatori che, aspettandosi un carattere sicuro e forte, standardizzato su quello di Vader, lo hanno bollato come immaturo, come "moccioso", come carente. Nel suo sguardo, nel suo fisico imberbe e nel gesto orribile e disperato (ma non sorprendente) che compie a fine pellicola, c'è tutto Il Nuovo Ordine, i nuovi cattivi con loro aspirazioni e contraddizioni. Un esercito di ragazzini guidati spiritualmente da una entità divino-olografica (quindi più simulacro che reale), disposti a ripercorrere tutti gli errori dei propri genitori pur di stare nell'ombra di quella grandezza (che per ora potrebbe anche non esistere). Ragazzini che arruolano altri ragazzini con la fascinazione di un equilibrio superiore cosmico o anche solo ( laddove manchino di fervore politico) con la speranza di un tetto e un pasto. Soldatini di latta come il trooper FN-2187. Una sigla che ci rimanda sempre a Lucas e al protagonista  del suo primo film THX -1138, eroico uomo qualunque di L'uomo che fuggì dal futuro. FN-2187 non è un clone di un grande guerriero come Django Fett, ma un ragazzino di un pianeta povero, intruppato troppo presto, che appena tocca terra la prima volta con uno squadrone della morte imperiale, nella sua candida armatura bianca, viene sporcato dal sangue di un compagno morente. Da soldatino bianco in uno schieramento compatto, una massa di soldatini bianchi, FN-2187 diventa una individualità, quello con il casco sporcato di sangue, quello che esita, quello che non vuole morire. Anche lui è quindi, con implicazioni diverse, un Kagemusha, una sostanza che differisce da una forma esteriore, l'ombra di un guerriero diverso da quello che si desume nascosto dal casco. E dalla paura di morire si risveglia in lui qualcosa di potente. Nasce la voglia di sottrarsi alla barbarie dell'impero e fuggire, proprio come accadeva per THX - 1138. Un processo psicologico che porterà a fargli togliere un elmo inespressivo e ricevere in dono il primo segno di una ritrovata umanità: il nome che non aveva prima mai avuto. Da mera sigla, FN-2187 diventa Finn. John Boyega è perfetto per il ruolo, un attore dal sorriso gigantesco e dalla mimica disarmante che lo fa subito apparire come un ragazzone buono e ingenuo (ed è pure bravo, perché il personaggio che interpretava in Attack the Block era diversissimo). Boyega conferisce a Finn una tale vitalità e positività che il nostro trooper, anche solo per vitto e alloggio gratis, non poteva stare inscatolato in una corazza con casco integrale, gli mancava il fiato e lo spazio per vomitare. Una volta liberato di quel peso inutile (e complice un caldo infernale sui set durante le riprese) Finn vuole solo correre e gridare al mondo di essere libero, anche se per sopravvivere deve velocemente abbeverarsi in una micro-fonte d'acqua, da condividere non troppo igienicamente una specie di ippopotamo alieno gigante, che immaginiamo non troppo profumato. Il senso dell'onore di Finn, declinato nella rinnovata fiducia di poter fare qualcosa di buono per l'universo, fa in modo che lui, trooper destinato alla pulizia dei cessi della nuovaa stazione Star Killer ( enorme e spaventosa, che abbatte pianeti "a grappolo" come in R-type...ma di cui lui conosce solo tutto di tutto sui cessi..) , possa brandire una spada laser e quasi non sfigurare. Finn è tutti noi, il personaggio che più si concilia con il fan di Star Wars medio, cioè chi, guardando un X- Wing compiere incredibili evoluzioni in cielo mentre fa strage di caccia Tie, può urlare, pieno di gioia: "Quel pilota è eccezionale", all'unisono con tutti gli altri fan, seduti sulle poltroncine del cinema. Da qui quel vecchio articolo mai realizzato, forse sognato, partiva con un discorso molto nerd che metteva in parallelo Kylo Ren e Finn ai Kerberos, gli uomini in armatura pesante dell'anime Jin-Roh di Hiroyuki Okiura del 1999. Tutto un discorso prolisso (cacchio quanto sono prolisso) sulla fascinazione di una divisa, su come certe persone tendano a essere identificate con le maschere che indossano fino al punto da non riuscire più a staccarsene per paura di perdere la propria identità riflessa, per paura di essere nude davanti al mondo, sole. Una tragicità ben presente e incarnata in questi due personaggi di Star Wars



Da qui avrei continuato i confronti-raccordi tra Star Wars e gli anime giapponesi, giungendo a Nausicaa. L'eroina di Miyazaki che, bardata di occhialoni pesanti e di una protezione integrale alle intemperie, vagava nei deserti della giungla radioattiva in cerca di oggetti di una civiltà passata che potessero ancora tornare utili. Una principessa senza regno che aveva il potere di connettersi con le forze ancestrali della natura. Rey, interpretata dalla bellissima Daisy Ridley, è così. Eroica, intelligente, bardata di occhialoni e intenta a cercare, tra i relitti di incrociatori imperiali e camminatori Walker sepolti in un mare di sabbia,  strani componenti tecnologici ancora non usurati da poter rivendere per sopravvivere. Anche lei, come Finn, si può dire una operatrice del campo dei rifiuti. Il suo passato è misterioso ma la Forza scorre potente in lei (forse "troppo", ricordandoci in qualche modo Anakin..)e ne sta guidando silenziosamente il destino, facendole scegliere di salire sul Millennium Falcon. E' positiva, molto atletica, piatta come una tavola da surf e Keira Knightley ma altrettanto sexy, fanatica dei motori ma anche triste e malinconica. In attesa che qualcuno torni a prenderla su quel pianeta sabbioso in cui, non si ricorda perché, è  stata abbandonata. Anche lei è carica di dubbi, tutti i personaggi giovani di questa pellicola lo sono e spesso si caricano con un mantra: "Ce la posso fare! Ce la posso fare! Ce la posso fare!". Ed è qui che compaiono gli eroi del passato, come salvifiche guide spirituali. Immortali nell'animo anche se scalfiti dal tempo, reduci da una vita forse non così avventurosa o positiva rispetto a quel breve lembo a cui abbiamo assistito durante gli eventi della trilogia classica. Sono pronti a fare la loro parte e poi passare il testimone, come il cerchio della vita impone. Nell'incontro tra Leia e Ian, tra Carrie e Harrison, c'è tutta la magia del ritrovarsi alla fine di un lungo viaggio,  sorridersi a vicenda contando le rughe fino a guardandosi negli occhi. Pura magia, sottolineata dalle note di John Williams. Noi vecchi fan siamo invecchiati con loro, consumando prima i filmini, poi le VHS ( un mio amico sostiene di avere il betamax..), poi i laser disk, poi i dvd ora i Blu ray. Ci erano sempre sembrati così giovani, anche a distanza di anni. Chissà se un domani Rey e Finn, Daisy e John, si guarderanno con lo stesso sguardo e le generazioni di oggi si sentiranno come ci siamo sentiti noi: "A casa, confortati e sicuri". Questo è infine Star Wars VII, un ritorno a casa doveroso dopo quasi quaranta anni di assenza. Un nodo alla gola per tutto il tempo in cui siamo stati lontani e la gioia di poterci riabbracciare. A questo universo fatto di pupazzetti colorati, musiche bellissime e spade laser nella memoria di molto di noi sono legati i ricordi di tutta una vita. In una action figures di Boba Fett si può nascondere il ricordo uno splendido pomeriggio di trent'anni fa passato con mio padre sul divano durante un giorno piovoso.  Star Wars, con i suoi effetti speciali pazzeschi, la trama semplice ma "dritta", con le mille astronavi e alieni, è diventato col tempo più di quello che si vede su schermo. E non importa se questo film di fatto è troppo simile a episodio IV, se il finale è sbrigativo, se ci sono personaggi ancora acerbi. L'aria di casa, per me, aggiusta tutte le cose. Gli attori sono davvero bravi, l'effettistica è sontuosa, il ritmo incalzante, le musiche meravigliose nell'essere vecchie ma nuove, il messaggio che la pellicola trasmette davvero bello e utile anche in questo periodo storico. In fondo un'operazione simile, parlando sempre da nerd, l'ha fatta pure Anno per il Rebuilt di Evangelion. Il primo film era (per chi tagliando corto non entrava nei dettagli) una copia quasi pedissequa dei primi sei episodi originali della saga, ma successivamente, con il secondo e terzo film, Anno andava a esplorare territori diversi e nuovi, mutando in qualche modo il canone. Così mi aspetto da episodio VIII un uguale stravolgimento di trama, un percorrere nuovi sentieri, ma sono felice per aver visto, e ormai rivisto più volte, un film che ha messo la memoria storica al primo posto, che mi ha fatto incontrare di nuovo personaggi che per oltre trent'anni hanno vissuto centinaia di storie anche fuori dalla sala. Vuoi per i fumetti, i libri, i videogiochi ma anche la fantasia con cui, da bambino, giocavo con i miei compagni di classe nel giardinetto della scuola a inseguirci a squadre, Tie - Fighter contro X- Wing, correndo come ebeti con le braccia spalancate (i Tie ovviamente avevano le mani con il palmo piegato all'insù )  e facendo "ptiu ptiu!!" con la bocca. 


ptiu! ptiu!!


Quindi, capirete, è un bel guaio per me cercare di essere oggettivo su questo argomento. Promuovo a pieni voti cast, musica, tecnica e le parti più introspettive della sceneggiatura, in cui la bravura degli interpreti letteralmente esplode. Ma facendo uno sforzo di coerenza trovo anch'io, come tanti, che il film funzioni molto bene ma si perda un po' come ritmo e coinvolgimento nell'ultima parte. La Star Killler è un'idea banalotta e pure nel suo primo vagito con il colpo "a grappolo" sa di già visto. E' enorme ma sembra vuota, con tutte le strade accessibili in un attimo e un design poco avvincente. Non riesce neanche lontanamente a replicare il fascino della Dark Star o " Morte Nera" ed è un peccato perché parliamo di qualcosa di infinitamente più grosso, un pianeta enorme con tanto di aree climaiche diverse. Perchè è così desolata? Potevano metterci così tanta "roba"...Peccato. Inoltre a causa dell'utilizzo di piloti con cui non sono riuscito a empatizzare molto durante il film (leggi: li conosciamo per giusto 3 minuti), non sono riuscito a sentire il terrore dei loro X-Wing che schizzano e sbattono sulla sua superficie della Star Killer, tra canion di metallo, torrette contraeree e Tie - fighter inseguitori. Forse per via del produzione Disney, non ho avvertito quasi mai un senso di minaccia e paura anche nei momenti che sarebbero dovuti essere più concitati. Un'altra cosa che per me si è persa è il senso del "viaggio spaziale". Le sequenze dedicate al volo, soprattutto nell'interspazio, in più frangenti sono davvero troppo immediate e poco appaganti. Le astronavi, salvo le sequenze più action in cui sono principalmente al centro  della scena, hanno più la funzione di ascensori per portare i personaggi da uno scenario all'altro.Si avvia la velocità luce e impiegano nell'operazione il tempo di fare neanche un piano di un palazzo. Non so se è per colpa mia che ne ho visti troppi di viaggi velocità luce ma non ne ho mai abbastanza, anche se sono alla fine tutti  uguali, con conto alla rovescia, gente tesa e musica di tensione che sale prima del salto. Ma qui sono diventati davvero una cosa priva di pathos.  Così come privi di pathos sono alcuni personaggi di questo film, in primis Captain Phasma. Viste le premesse ( e una attrice che nel Trono di Spade ha fatto faville), mi è sembrato un personaggio decisamente buttato via (ma che spero torni più in forma). Anche il nuovo ammiraglio del Nuovo Ordine per ora non mi è parso a livello di Peter Cushing (ok e "sticazzi"...ma si poteva comunque fare di più..). Mi è invece piaciuto parecchio il duello sulla neve, tutta la scena in cui "arrivano i nostri" con gli X-wing a pelo d'acqua, tutta la sequenza del traffico di poliponi giganti in cui è implicato Ian, la "resurrezione del Falcon" dal deserto. Alla fine mi sono comunque divertito un mondo, ma non posso negare gli aspetti comunque migliorabili. Ci sono ancora una marea di pellicole per aggiustare il tiro, in ogni caso in questa non c'era Jar Jar Binks, lasciamo ai posteri l'ardua sentenza di questa nuova trilogia galattica... Ringrazio quindi per ora,sentitamente, J.J. Per questa operazione un po' nostalgica. E magari pure paracula, perchè no. Piango un po' ogni volta che lo rivedo. Che la forza di spendere una valanga di soldi nel franchise di Star Wars sia con me e con voi. Talk0

martedì 13 dicembre 2016

Fast & Furious 8 - il trailer più hypegggiante del momento!! Plus: il trailer di XXX: return of Xander Cage




Adrenalina pura! Tyrese che ci ricorda perché lo amiamo alla follia anche se non fa praticamente nulla. Macchine da zarro che abbattono muri come burro. Diesel cupo e cattivo come non mai. Palle da demolizione non Miley Cyrus - munite che appaiono dal nulla come nei videogame delle Tartarughe Ninja. La bestia di Toretto che, arpionata come Moby Dick, scalcia con ruote che si infiammano come in Ghost Rider, per poi liberarsi grazie a una super mossa di Street Fighters. Statham, candidato già al premio Vegeta 2017. Kurt Russell che... cacchio, se è sopravvissuto a Fast7 deve essere tipo Terminator!! The Rock, che ormai te lo trovi pure nei cereali, ma che ha sempre il suo perché, schiuma possenza (e rabbia per essere stato cappottato da Diesel mentre guidava l'auto più piccola di sempre sulla quale fosse mai salito... se aveva il suo solito mezzo blindato stile "devastator" col cavolo che si cappottava). Charlize Theron che risponde a "chi ha il mezzo più grosso e tamarro" facendo sfoggio di uno strafottutissinimmaginevolmeccessivo sommergibile russo. Questo è un trailer davvero "grosso" e, vi ricordo, questo Fast 8 sarà il primo film di una trilogia "definitiva" del brand. Scaldate i motori! 


E se ne volete ancora un po' di Vin Diesel (non mi ricordo se abbiamo pubblicato il film in cui fa Harry Potter, poi controllo e nel caso si recupera), date un'occhiata a questo trailer di XXX



Si potrebbe già scrivere la dedica sotto alla statua che gli dedicheranno in futuro e che  probabilmente piazzeranno in fregio davanti al monumento a Lincoln: " Ci insegnò a sciare nella giungla e a fare le penne con la moto sull'acqua". 
Come precisato dal sottotitolo, il ritorno è comunque "di Xander Cage", non di Asia Argento. Gli americani ci tengono ai dettagli, dormite sogni sereni. A ogni modo parrebbe che Ice Cube potrebbe fare una comparsata. Ce lo vedo bene su un carro armato di oro massiccio. 
Vi metto anche il secondo trailer, già che ci sono, solo per confermare il "vero" ritorno più atteso, la pelliccia pelosa di Xander Cage. So che in molti ci tenevano..



Che bello rivedere Samuel L. Jackson felice e figo, in un ruolo che non lo ritragga come un vecchio (Tarzan) o un vecchio sfigato (Big Game). E come potete vedere ci sono pure Tony Jaa e Donnie Yen!!! Ma pure Ruby Rose, che è tanta roba. 
Il testimonial umano della Red Bull è tornato!

L'uomo grosso e canottieraro è tornato! Il cinema ultra cinetico di "chi ce lo ha più grosso", che sia un motore o un sommergibile, è tornato a ruttare forte, in dolby atmos, nei migliori multisala. E noi siamo in estasi, in attesa di ruttare con lui all'unisono, in sfregio all'homo sapiens sapiens e alle sue paranoie. Che il grezzo si abbatta su tutti noi nel 2017! 
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domenica 11 dicembre 2016

Spiderman homecoming - il primo trailer





Ce lo hanno fatto desiderare a lungo, ma finalmente il 7-7-17, un giorno che fa rima con 777 che in linguaggio ammerrigano significa "jackpot" (e i fan di spiderman qualcosa in merito sanno/ricordano) uscirà nelle sale il nuovo Spiderman! 


La prova sul campo del nuovo attore e costume (nonché splendida Zia May, Marisa Tomei) la abbiamo già avuta in Captain America - Civil War, con esiti così soddisfacenti che l'intervento di "bimbo - ragno" è stata forse la sorpresa più bella della pellicola. Ora è però tempo di tornare al liceo con lui ( Tom Holland) in questa sua versione post-bandisiana-ultimatizzata (che è coerente con le nuove pellicole Marvel in quanto il Marvel cinematic universo è tutto ultimizzato) per conoscere i sui amici, una Mary Jane più "al passo con i tempi" (ormai l'ipocrisia globalizzatrice cambia i connotati pure alla "rossa" più nota dei fumetti, ma "vabbè"), nemici temibili come  l'avvoltoio e un mentore di lusso come Tony Stark (e chissà che non gli confezioni per l'occasione una tuta hi-tech da ragno rosso). Senza troppi giri di parole questo trailer mi ha convinto e gasato più di quelli di Amazing - Garfield (che continua a impestare la rete di balle su quanto abbia pianto al fatto di perdere il ruolo del personaggio e su quanto amasse spiderman alla follia nonostante non ne abbia letto un numero singolo in vita sua - come da lui dichiarato candidamente prima di ricevere la parte) e spero tutto il bene possibile per questo nuovo corso. E mi fa ben sperare rivedere Michael Keaton di nuovo piumato e pazzo dopo il Birdman di Inarritu, speriamo che dia vita ad un character memorabile quanto il Doc Ock di Molina. Incrociamo quindi le dita, il piccolo assaggio fornitoci finora ci è piaciuto. Già in pre-produzione per il 2019, a Infinity War conclusa, il capitolo 2...chissà se nel mentre mr. Parker avrà modo di imbattersi in un costume nero...
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giovedì 8 dicembre 2016

Rock Dog



Bodi è un segugio grande uno scricciolo che vive insieme al babbo, Khampa, in un villaggio di montagna abitato da pecorelle. Un piccolo mondo dai colori caldi, tranquillo e solidale, ritmato da una cantilena che sembra una ninna nanna che le pecorelle intonano all'infinito, accompagnate da una specie di ukulele. Qui sono tutti felici, è un vero paradiso in terra, c'è pace e i tramonti sono caldi. Fino a che arrivano i lupi, capitanati dal terribile Linnux. Le pecore sono sempre troppo succulente per un branco famelico di lupi, prima o poi diceva accadere. Ma Khampa è pronto, tira fuori i pugni, contiene i danni e manda i lupi in fuga, facendo sfoggio pure di una super forza mistica che manco Kung Fu Panda. Vittoria. Ma  il buon segugio si tormenta, perché il lupo perderà pure il pelo eccetera eccetera. Serve un drastico cambio di scenario per il paesino tra i monti: basta musichette e bisbocce, militarizzare tutti è la parola d'ordine. Così Khampa chiude dietro solide sbarre e a doppia mandata gli strumenti musicali del paese. Si inventa degli assurdi e buffissimi pupazzi - costumi da segugi muscolosi e incazzosi, con testa di cartapesta a molla, e si ostina a farli indossare alle pecorelle maschio, impegnandole in una ronda continua . Ed è assurdo, perché le pecorelle stanno più tempo sotto la doccia di quanto siano schierate, perché le pecorelle amano essere profumate e morbidose e per conservare il loro pelo il villaggio dispone addirittura di una specie di centro benessere ultra-frequentato, ma Khampa non si arrende, vuole i suoi soldati. Picchetta il villaggio dappertutto con questi pupazzoni goffi e sta ad aspettare, come Drogo nel Deserto dei Tartari, che i lupi tornino. E li attende per così tanto tempo che il suo cucciolo, Bodi, intanto è cresciuto. Solo che è un cane diverso dal padre. Se la ricorda la musica che coinvolgeva il piccolo villaggio di quando era piccolo e letteralmente un giorno cade dal cielo una radio, carica di nuove e strane musiche e di un ritmo coinvolgente che prende corpo nota dopo nota nell'immaginazione di Bodi, in un momento molto bello e psichedelico (e con il Doctor Strange in sala la psiche Delia oggi sta a mille). Bodi vuole suonare, ha deciso. Diventare un cantante e per questo non c'è nulla di meglio che andare nella grande città, frequentare il suo gigantesco parco dove si assiepano le rock banda più cool e conoscere la arcigna, solitaria e carismatica rockstar Angus Scattergood. Gli manca solo il permesso di Khampa per poter realizzare i suoi sogni, ma riuscirà ad ottenerlo? E soprattutto, saprà la grande città assecondare i suoi sogni?



Dalla Cina con passione: c'è tanto amore e tanta passione dietro a questo cartone animato dedicato ai più piccoli e diretto dal regista di Surf'up. La comicità è molto slapstick e il buon Angus, che quando arriva riesce a dominare la scena, sembra per movenze quasi un epigono della pantera rosa. La musica è coinvolgente e prende magicamente e psichedelicamente forma in una delle più riuscite sequenze della pellicola, le piccole rock band che assiepano il parco della città sono divertenti, colorate ed è un peccato non abbiano uno spazio maggiore. La storia della grande città che porta o meno grandi sogni la abbiamo già vista di recente in Zootropolis, anche lì con animali antropomorfi che vivono in una società multi-taglia, ma è sempre graziosa. Lo skyline qui non è ugualmente faraonico, ma "in piccolo" tutto è più che gradevole, a partire dal villaggio di montagna con le sue pecorelle setose. Peccato che la storia dei lupi, così come la loro caratterizzazione, faccia un po' acqua. Peccato che l'animazione sia a tratti altalenante e paghi il fatto di non essere una mega produzione. Ma ad ogni modo il film è carino, molto godibile, semplice e di sicura presa sui bambini. Magari gli adulti tra una scena e l'altra, complice un ritmo non travolgente, si faranno qualche sbadiglio ma Rock Dog è un film al quale si fa davvero fatica a volere male. 
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lunedì 5 dicembre 2016

Un natale al sud





- Suggestive suggestioni: Solo un anno fa Perfetti sconosciuti indagava su quelle "scatole nere del nostro privato" che sono diventati i telefoni cellulari. Strumenti votati alla socialità e alla condivisione trasformatisi in breve in mondi virtuali coperti da password e anonimato, in occasioni troppo ghiotte per crearsi alla luce del laptop autentiche vite alternative, ampliando sogni fedifraghi. Tutti c'hanno i loro scheletrini virtuali nel cloud al giorno d'oggi, ma le corna e le situazioni più scomode, pur virtuali, sono destinate a essere fragorosamente svelate alla prima prova di lealtà che un partner troppo geloso o troppo sadico vuole infliggere al doppiogiochista più incauto. Perché i grandi tradimenti poco possono resistere alla protezione di pur costosi pezzi di plastica. Ne usciva un grande film, godurioso e cattivo, che faceva più paura di cento horror con protagonisti pupazzi satanici inquietanti, perché ci mostrava quanto eravamo diventati piccoli (pur tecnologicissimi) come uomini medi. Uno degli sceneggiatori di Perfetti Sconosciuti torna sul luogo del delitto, la "commedia tecnologica", a raccontare la vita 2.0 ai tempi dei social. In un resort pugliese il sito di incontri Cupido 2.0 ha organizzato un maxi incontro-vacanza per i suoi utenti. Sono liberi di incontrarsi dal vivo ma i più timorosi possono anche scegliere di usare un paravento virtuale, perché il resort è pieno di telecamere e si può benissimo continuare a parlarsi da dietro uno schermo. L'evento è gestito da due fashion blogger di eccezione. Uno, sempre sorridente, vive nel culto del proprio corpo, mascherando con le telecamere lo squallore di trascorrere una vita ordinaria ancorato ancora nella casa dei suoi genitori all'alba dei cinquant'anni. L'altra, sempre sorridente, non crede più di riuscire a provare dei sentimenti e decide di sperimentare la pillola chimica "Happy", che permette di innamorarsi perdutamente della prima persona che si incontra ma il cui effetto è vincolato solo a un uso continuato del farmaco. Poteva essere May we chat di Philip Yung, poteva avere aspetti dell'horror Unfriended di Levan Gabriazde, poteva suggerire scenari alla Simone di Andrew Niccol. Si poteva introdurre la giusta fobia (perché reale) del "grande fratello" oggi stesso al cinema con lo Snowden di Oliver Stone. Si poteva aggiornare i teneri film di fine anni novanta sull'amore virtuale, un novello amore platonico quanto "mutualmente spaventato" in un contesto di utenti techno-reclusi che patiscono il dilemma del porcospino. E quanto sarebbe stato ganzo creare sulla base della pillola Happy una versione malinconica e cinica, da pura fame chimica, dell'indimenticato Amore a prima svista dei fratelli Farrelly? Io ci avrei messo dentro anche la dipendenza e l'impossibilità di tornare ad amare che sfugge davanti agli occhi, come in un film di Michael Gondry shakerato con il più caustico Charlie Kaufman. Questo per dirvi che Gianluca Bomprezzi è uno sceneggiatore con cui si potrebbe volare alto, molto alto. Ma qui siamo in un cinepanettone e molti di questi ottimi spunti sono un po' sacrificati solo a uso ridere. Solo degli zuccherini sfiziosi di zucchero, che cambiano di poco il gusto finale della ricetta. Quindi togliamo la cornice sbriluccicante da fantascienza relazionale del presente o da "commedia tecnologica" e immergiamoci in quello che più propriamente il film vuole essere.


- La visione della (poca) fibra da vicino (Elio e le Storie tese cit.): ok ci troviamo dopo il tramonto in una gesina (piccola chiesa) del nord, coperta dalla neve e con le luci accese come nella réclame dei panettoni. Il carabiniere settentrionale Peppino (Massimo Boldi) e il fioraio meridionale Ambrogio (Biagio Izzo) battibeccano durate la messa, mentre le rispettive mogli Bianca (Debora Villa) e Celeste (Barbara Tabita) sembrano andare amabilmente d'accordo. I rispettivi figli, seduti alle loro spalle, Riccardo (Riccardo Dose) e Simone (Simone Paciello) sono invece con la testa dentro al telefonino, a video-chattare con le loro ragazze virtuali Giulia (Giulia Penna) e Ludovica (Ludovica Bizzaglia), conosciute attraverso il sito di Incontri Cupido 2.0, il seguitissimo servizio che ha per testimonial la avvenente fashion blogger Eva (Anna Tatangelo) e l'influencer Leo (Paolo Conticini). Solo che i ragazzi sono così platonici e timidi che forse non avranno mai il coraggio di incontrare i loro amori, ed è un peccato. I loro genitori, diventati solidali, vogliono che i propri figli vivano relazioni "più felici", più reali e meno virtuali  ("La puoi così toccare, sbaciucchiare e magari dal vivo ti fa anche un seghino!!" Massimo Boldi cit.) e allora decidono di andare tutti al meeting resort di Cupido 2.0 in Puglia. Verso la stessa meta si dirige anche Checco (Enzo Salvi), autista romano che per un gioco del destino ha in macchina le miracolose Happy, capaci di far cadere ai propri piedi tutte le donne del mondo. E il suo obiettivo è prosaicamente "trombare". E ci sarà nel resort pure la Bonas di Avanti un altro, che pare specializzata in burlesque!! Siete pronti per una commedia degli equivoci classica, con tante "scurregge", donne panzone, vecchi arrapati e passere atomiche? E naturalmente con i giovani che sono i veri puri in un mondo di vecchi "mostri" (come li chiamerebbe Dino Risi) che si riciclano  in gag da techno - social fanatici? 


- Si potrebbero almeno vedere delle poppe in un tipo di film che in genere ci fa vedere le poppe? 
Sarò triviale ma il problema di questa pellicola e del cosiddetto "nuovo corso" dei cine-panettoni, così come si sono evoluti dopo lo scisma Boldi-De Sica è questo: hanno fatto sparire le poppe. Ed è un dato identitario mica da ridere, anzi per niente! La risata più crassa, quella "scurreggiona" e ruspante nasce da quel contesto, oramai canonizzato trash-cult, della commediaccia da caserma anni settanta. Ve la ricordate? Era un genere, ormai lontano nella memoria, affastellato da infinite docce spiate dal buco della serratura e da palpeggiamenti maldestri, accompagnati con schiaffoni, sonori) con protagoniste le divine Fenech, Cassini, Russo, Cansino, Bouchet. E che dire delle forme generose di Serena Grandi, Debora Caprioglio, Eleonora Giorgi, Lory del Santo? Certo c'erano i portatori sani di libidine e relativi schiaffoni, tra i tanti Bombolo, Renzo Montagnani, Alvaro Vitali, Lino Banfi, Villaggio, Buzzanca e pure Tognazzi se capitava. Ma le protagoniste erano loro, e loro si aspettavano sullo schermo più di un goal dell'Inter: le poppe. Cinque minuti di battutacce, cinque minuti di docce. Il tempo era diviso gordianamente come al Bagaglino, dove alla satira si alternava il balletto. Il cinepanettone originato del premiato forno dei fratelli Vanzina ha infiocchettato il pacchetto con musiche da hit parade e località ultra vip, giocattoli costosi e modaioli e battutacce a raffica, ma il cuore è sempre stato quello, il "sogno erotico prolungato e anticipato da un lungo strip" che muove il cuor degli uomini, le pulzelle procaci e svestite che, ritualmente (come era rurale alla domenica la pasta al forno) "le uscivano". Poi dai cosiddetti "benpensanti", che in genere è gente che i cinepanettoni non li va a vedere per principio, sono piovute negli anni recenti le accuse (fondatissime, ma anche piuttosto "ovvie") di volgarità e sessismo e il baraccone cinepanettoniano ha iniziato a vacillare. Certo è rimasto il product placement rappresentato da oggetti di scena che potrebbero diventare idee regalo, ma la combinazione "belle donne ignude" più "comici sboccacciati" è stata spinta dolosamente a decadere. Sono rimaste le belle donne, ma ridotte di minutaggio e scene sexy velocissime, quasi fossero quel parente scomodo che "non piace a nonna". Le scenette grevi sono rimaste, ma spogliate di qualsiasi significato perché prima (e pure oggi, cavolo!!) risultavano scritte funzionalmente a fare da intervallo tra una doccia della Fenech e l'altra. Docce saponose e prolungate che erano solo l'apice di un interminabile procedimento seduttivo che qui vengono fatte sparire in modo criminale in cambio di dosi extra di scenette grevi. Detto fuori dai denti: non si può promettere allo spettatore la Bonas che dovrebbe fare uno spogliarello burlesque per poi fermare lo spettacolo prima che si tolga il cappotto pesante invernale e i guanti da neve per passare al pur bravo Biagio Izzo che fa da affettuosa spalla a Boldi (che ormai è bene nazionale e pertanto inattaccabile) in una ricerca senza fine dell'ambito "trombare?". E lo stesso si può dire per la Tatangelo, che sembra sempre scafandrata, non si sa se per ordini di Gigi d'Alessio o meno. E' sessismo aspettarsi per lo meno se non "le poppe" per lo meno un erotismo sottile ma potente, presente e prolungato come quello della Loren che disvelava una delle sue magnifiche gambe da una calza scura in Ieri, oggi e domani? Siamo diventati una società sessuofobica? Tutto può essere, ma da un film che basa il 110% delle sue battute sul sesso, con un Boldi che ci figuriamo eternamente con un paio di slip femminili in testa ad urlare gioioso il mantra "me la ciulo!!! Adesso me là ciulo!!" riferito ad avvenenti forme di donne da calendario camionaro, la mancanza di un po' di sensualità visiva in più si patisce male. Tutto si accenna e taglia via subito. Si ripromette e poi si sega senza pietà. Ma perche? A chi giova tutto ciò ? Spero non per ambire alla commedia sofisticata, perché questo non è Woody Allen, ma, per ritmi e regia, La soldatessa alle grandi manovre senza la soldatessa. 

Dove sei Edwige? Dove sei????
Ci sono nella pellicola i giovani, timidi e carini ma dal minutaggio su schermo risicatissimo e dalla evoluzione emotiva che taglia a tappe forzate in modo così brusco che ce li figuriamo passare da ragazzini a sposati con figli in un amen. Sono loro i tecnodipendenti principali ma di tutte le trovate virtuali che la sceneggiatura potrebbe scatenare si vede ben poco. Barbara Tabita e Monica Villa mi sono piaciute, sono travolgenti e tirano su anche i loro rispettivi partner, la coppia un po' ingolfata di amici per caso formata da Boldi e Izzo. Questa intesa, già nata nella precedente pellicola Matrimonio al Sud, funziona, ma deve uscire dall'ottica degli sketch brevi da commediaccia da caserma per tirare fuori il meglio che ha da offrire, deve avere più tempo sullo schermo. In tutto questo clima di incertezza, dove domina più il rimpianto che la gioia, c'è una sola certezza, un uomo solo al comando: Enzo Salvi. Salvi è fenomenale e fa davvero morire dal ridere, sempre. Ha i giusti tempi e la giusta faccia per entrare nel pantheon dei comici più boccacceschi (per dirla con un'espressione che amerebbe Brass), se qualcuno prendesse il coraggio a piene mani e allestisse una bella commedia sporcacciona ruspante stile 1970 è lui che vorremmo come Pierino 2.0. E quindi, cercasi Fenech 2.0 disperatamente. 
- Chi non ride in compagnia.. 

Un natale al sud parte da spunti davvero interessanti,che purtroppo non vengono molto sfruttati ai fini della trama. Disegna la canonica commedia degli equivoci, virtualmente (troppo poco) porcellona, che riesce comunque grazie alle amate "scurregge" a strappare qualche risata, soprattutto per meriti di Salvi. Infine, per un istante, raggiunge toni incredibilmente alti e crepuscolari SPOILER con un Boldi che sul finale, per una strana, curiosa e surreale scena, si siede tra le poltroncine di un cinema a guardare il suo film, questo film, con tutta la voglia del mondo di augurarci un buon Natale, sperando di averci regalato qualche risata. Un momento molto umano e intimo che ci ha colpito, FINE SPOILER che per un attimo ci fanno quasi commuovere. Tirando le somme queste pellicola non si discosta troppo dai cinepanettoni degli ultimi anni, limando parolacce e volgarità in un modo che per me appare autodistruttivo ma che forse per i produttori paga. Non è un capolavoro, ma probabilmente non ambiva a esserlo. Tuttavia io in alcune scene ho riso, e riso di gusto. Dai a Cesare. 
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sabato 3 dicembre 2016

Dylan Dog n.362 : Dopo un lungo silenzio




Mini-sinossi: 
Dylan Dog ha un nuovo cliente, Owen, un uomo che crede di vedere la propria moglie, deceduta da tempo, nella sua casa, seduta sulla sedia del soggiorno. Una presenza amica ma con la quale non riesce a parlare. Un'immagine di un passato felice che crede di riuscire meglio a vedere se aiutato con l'alcol. Anche Dylan torna a pensare al bere. E' passato tanto tempo, ormai non può che essere guarito da quella dipendenza che lo ha afflitto per anni e un bicchiere ogni tanto, in fondo, che male può fare? Così l'indagatore dell'incubo si sottopone allo stesso trattamento del suo cliente, sceglie una lente liquida per definire le cose, fino a che sembra anche a lui di scorgere sulla sedia di quel salotto una figura femminile. Un'apparizione che  diventa l'unico fantasma al mondo. Perché di colpo anche la medium più potente di Londra, madame Trelkovski (accompagnata da due meravigliosi ghost hunters moderni che ricordano in tutto e per tutto i mitici Tucker e Specs di Insidious) ammette candidamente a Dylan che se i fantasmi sono mai esistiti, lei non ne ha mai visti. Perché le storie sono un conto, ma la realtà è chirurgia applicata ai sentimenti e dove non vi è evidenza manca ogni tipo di magia, e l'uomo è solo una montagnola di cenere dispersa nell'universo. Ma sarà davvero così? Come ha fatto a diventare così strano il mondo di Dylan Dog?
- l'ho letto appena è uscito, l'ho divorato, ho pianto. 
E' un numero epocale. Ho scritto e riscritto questa recensione più volte senza riuscire mai a cogliere bene il succo, perdendomi via in ragionamenti astrusi e non richiesti. Cose che non servivano perché questo numero è perfetto, rotondo, sviluppa un messaggio chiaro quanto sofferto ed è la prova dell'immensa generosità del suo autore, Sclavi, che qui si mette davvero a nudo come uomo e come artista. C'è un demone, un unico demone in un mondo in cui tutto il soprannaturale è scomparso di colpo. Ed è il demone della dipendenza dell'alcol, che torna nella vita di Dylan per sconvolgerla e impossessarmene. E' una storia cruda e senza lieto fine, una storia vera per le milioni di persone che ogni giorno cadono nelle dipendenze. Non c'è una sola parola da aggiungere che non sia ridondante, Sclavi scrive secco come una mannaia del bisogno del bere che diventa condanna, di come si presenti dolcemente come un vecchio amico e di come torni a incatenare le sue vittime, di come spesso sembri uno sforzo sovrumano e inutile liberarsi di lui. A dare forza alle sue parole interviene un Casertano straordinario, con disegni che bucano letteralmente la tavola ficcandosi dritti nei nostri incubi. Come una torma di pipistrelli che ci schizzano in faccia dopo essere usciti dalla bocca deforme di un fantasma. Bravi tutti. Un numero che rimarrà di sicuro agli annali anche se la storia è in fondo semplice, anche se non ci sono particolari colpi di scena. Queste storie ha cuore e disperazione tatuati sulle sue pagine, che per parafrasare Shakespeare diventano stoffa per incubi. Non voglio dilungarmi troppo.  Per chi lo ha perso è già uscita una bellissima edizione in grande formato da fumetteria, imperdibile. Ne vale la pena. E' un'occasione, rara, di avere tra le mani un fumetto in grado di guardarci negli occhi e farci sentire a disagio come lettori di fumetti, come sognatori del paranormale, come uomini. Grazie Tiziano. 
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