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Suggestive suggestioni: Solo un anno fa Perfetti sconosciuti indagava su quelle "scatole nere del nostro privato" che sono
diventati i telefoni cellulari. Strumenti votati alla socialità e alla
condivisione trasformatisi in breve in mondi virtuali coperti da password e
anonimato, in occasioni troppo ghiotte per crearsi alla luce del laptop
autentiche vite alternative, ampliando sogni fedifraghi. Tutti c'hanno i loro
scheletrini virtuali nel cloud al giorno d'oggi, ma le corna e le situazioni
più scomode, pur virtuali, sono destinate a essere fragorosamente svelate alla
prima prova di lealtà che un partner troppo geloso o troppo sadico vuole
infliggere al doppiogiochista più incauto. Perché i grandi tradimenti poco
possono resistere alla protezione di pur costosi pezzi di plastica. Ne usciva
un grande film, godurioso e cattivo, che faceva più paura di cento horror con
protagonisti pupazzi satanici inquietanti, perché ci mostrava quanto eravamo
diventati piccoli (pur tecnologicissimi) come uomini medi. Uno degli
sceneggiatori di Perfetti Sconosciuti torna sul luogo del delitto, la
"commedia tecnologica", a raccontare la vita 2.0 ai tempi dei social.
In un resort pugliese il sito di incontri Cupido 2.0 ha organizzato un maxi
incontro-vacanza per i suoi utenti. Sono liberi di incontrarsi dal vivo ma i
più timorosi possono anche scegliere di usare un paravento virtuale, perché il
resort è pieno di telecamere e si può benissimo continuare a parlarsi da dietro
uno schermo. L'evento è gestito da due fashion blogger di eccezione. Uno,
sempre sorridente, vive nel culto del proprio corpo, mascherando con le
telecamere lo squallore di trascorrere una vita ordinaria ancorato ancora nella
casa dei suoi genitori all'alba dei cinquant'anni. L'altra, sempre sorridente,
non crede più di riuscire a provare dei sentimenti e decide di sperimentare la
pillola chimica "Happy", che permette di innamorarsi perdutamente
della prima persona che si incontra ma il cui effetto è vincolato solo a un
uso continuato del farmaco. Poteva essere May we chat di Philip
Yung, poteva avere aspetti dell'horror Unfriended di Levan
Gabriazde, poteva suggerire scenari alla Simone di Andrew Niccol. Si
poteva introdurre la giusta fobia (perché reale) del "grande
fratello" oggi stesso al cinema con lo Snowden di Oliver
Stone. Si poteva aggiornare i teneri film di fine anni novanta sull'amore
virtuale, un novello amore platonico quanto "mutualmente spaventato"
in un contesto di utenti techno-reclusi che patiscono il dilemma del
porcospino. E quanto sarebbe stato ganzo creare sulla base della pillola Happy
una versione malinconica e cinica, da pura fame chimica, dell'indimenticato Amore a prima svista dei fratelli Farrelly? Io ci avrei messo
dentro anche la dipendenza e l'impossibilità di tornare ad amare che sfugge
davanti agli occhi, come in un film di Michael Gondry shakerato con il più
caustico Charlie Kaufman. Questo per dirvi che Gianluca Bomprezzi è uno
sceneggiatore con cui si potrebbe volare alto, molto alto. Ma qui siamo in un
cinepanettone e molti di questi ottimi spunti sono un po' sacrificati solo a
uso ridere. Solo degli zuccherini sfiziosi di zucchero, che cambiano di poco il
gusto finale della ricetta. Quindi togliamo la cornice sbriluccicante da
fantascienza relazionale del presente o da "commedia tecnologica" e
immergiamoci in quello che più propriamente il film vuole essere.
- La
visione della (poca) fibra da vicino (Elio e le Storie tese cit.): ok ci
troviamo dopo il tramonto in una gesina (piccola chiesa) del nord,
coperta dalla neve e con le luci accese come nella réclame dei panettoni. Il
carabiniere settentrionale Peppino (Massimo Boldi) e il fioraio meridionale
Ambrogio (Biagio Izzo) battibeccano durate la messa, mentre le rispettive mogli
Bianca (Debora Villa) e Celeste (Barbara Tabita) sembrano andare amabilmente
d'accordo. I rispettivi figli, seduti alle loro spalle, Riccardo (Riccardo Dose) e Simone (Simone Paciello) sono invece con la testa dentro al
telefonino, a video-chattare con le loro ragazze virtuali Giulia (Giulia
Penna) e Ludovica (Ludovica Bizzaglia), conosciute attraverso il sito di
Incontri Cupido 2.0, il seguitissimo servizio che ha per testimonial la
avvenente fashion blogger Eva (Anna Tatangelo) e l'influencer Leo (Paolo
Conticini). Solo che i ragazzi sono così platonici e timidi che forse non
avranno mai il coraggio di incontrare i loro amori, ed è un peccato. I loro
genitori, diventati solidali, vogliono che i propri figli vivano
relazioni "più felici", più reali e meno virtuali ("La
puoi così toccare, sbaciucchiare e magari dal vivo ti fa anche un
seghino!!" Massimo Boldi cit.) e allora decidono di andare tutti al
meeting resort di Cupido 2.0 in Puglia. Verso la stessa meta si dirige anche
Checco (Enzo Salvi), autista romano che per un gioco del destino ha in
macchina le miracolose Happy, capaci di far cadere ai propri piedi tutte le
donne del mondo. E il suo obiettivo è prosaicamente "trombare". E ci
sarà nel resort pure la Bonas di Avanti un altro, che pare specializzata
in burlesque!! Siete pronti per una commedia degli equivoci classica, con tante
"scurregge", donne panzone, vecchi arrapati e passere atomiche? E
naturalmente con i giovani che sono i veri puri in un mondo di
vecchi "mostri" (come li chiamerebbe Dino Risi) che si riciclano
in gag da techno - social fanatici?
- Si
potrebbero almeno vedere delle poppe in un tipo di film che in genere ci fa
vedere le poppe?
Sarò
triviale ma il problema di questa pellicola e del cosiddetto "nuovo
corso" dei cine-panettoni, così come si sono evoluti dopo lo scisma
Boldi-De Sica è questo: hanno fatto sparire le poppe. Ed è un dato identitario
mica da ridere, anzi per niente! La risata più crassa, quella
"scurreggiona" e ruspante nasce da quel contesto, oramai canonizzato
trash-cult, della commediaccia da caserma anni settanta. Ve la ricordate?
Era un genere, ormai lontano nella memoria, affastellato da infinite docce
spiate dal buco della serratura e da palpeggiamenti maldestri, accompagnati con
schiaffoni, sonori) con protagoniste le divine Fenech, Cassini, Russo, Cansino,
Bouchet. E che dire delle forme generose di Serena Grandi, Debora Caprioglio,
Eleonora Giorgi, Lory del Santo? Certo c'erano i portatori sani di libidine e
relativi schiaffoni, tra i tanti Bombolo, Renzo Montagnani, Alvaro Vitali, Lino
Banfi, Villaggio, Buzzanca e pure Tognazzi se capitava. Ma le protagoniste
erano loro, e loro si aspettavano sullo schermo più di un goal dell'Inter: le
poppe. Cinque minuti di battutacce, cinque minuti di docce. Il tempo era
diviso gordianamente come al Bagaglino, dove alla satira si alternava il
balletto. Il cinepanettone originato del premiato forno dei fratelli Vanzina ha
infiocchettato il pacchetto con musiche da hit parade e località ultra vip,
giocattoli costosi e modaioli e battutacce a raffica, ma il cuore è sempre
stato quello, il "sogno erotico prolungato e anticipato da un lungo
strip" che muove il cuor degli uomini, le pulzelle procaci e svestite che,
ritualmente (come era rurale alla domenica la pasta al forno) "le
uscivano". Poi dai cosiddetti "benpensanti", che in genere è
gente che i cinepanettoni non li va a vedere per principio, sono piovute negli
anni recenti le accuse (fondatissime, ma anche piuttosto "ovvie") di
volgarità e sessismo e il baraccone cinepanettoniano ha iniziato a vacillare.
Certo è rimasto il product placement rappresentato da oggetti di scena che
potrebbero diventare idee regalo, ma la combinazione "belle donne
ignude" più "comici sboccacciati" è stata spinta dolosamente a
decadere. Sono rimaste le belle donne, ma ridotte di minutaggio e scene sexy
velocissime, quasi fossero quel parente scomodo che "non piace a
nonna". Le scenette grevi sono rimaste, ma spogliate di qualsiasi
significato perché prima (e pure oggi, cavolo!!) risultavano scritte funzionalmente
a fare da intervallo tra una doccia della Fenech e l'altra. Docce saponose e
prolungate che erano solo l'apice di un interminabile procedimento seduttivo
che qui vengono fatte sparire in modo criminale in cambio di dosi extra di
scenette grevi. Detto fuori dai denti: non si può promettere allo spettatore la
Bonas che dovrebbe fare uno spogliarello burlesque per poi fermare lo
spettacolo prima che si tolga il cappotto pesante invernale e i guanti da neve
per passare al pur bravo Biagio Izzo che fa da affettuosa spalla a Boldi (che
ormai è bene nazionale e pertanto inattaccabile) in una ricerca senza fine
dell'ambito "trombare?". E lo stesso si può dire per la Tatangelo,
che sembra sempre scafandrata, non si sa se per ordini di Gigi d'Alessio o meno.
E' sessismo aspettarsi per lo meno se non "le poppe" per lo meno un
erotismo sottile ma potente, presente e prolungato come quello della Loren che
disvelava una delle sue magnifiche gambe da una calza scura in Ieri, oggi
e domani? Siamo diventati una società sessuofobica? Tutto può essere, ma
da un film che basa il 110% delle sue battute sul sesso, con un Boldi che ci
figuriamo eternamente con un paio di slip femminili in testa ad urlare gioioso
il mantra "me la ciulo!!! Adesso me là ciulo!!" riferito ad avvenenti
forme di donne da calendario camionaro, la mancanza di un po' di sensualità
visiva in più si patisce male. Tutto si accenna e taglia via subito. Si
ripromette e poi si sega senza pietà. Ma perche? A chi giova tutto ciò ? Spero
non per ambire alla commedia sofisticata, perché questo non è Woody Allen, ma,
per ritmi e regia, La soldatessa alle grandi manovre senza la soldatessa.
Dove sei Edwige? Dove sei???? |
Ci
sono nella pellicola i giovani, timidi e carini ma dal minutaggio su
schermo risicatissimo e dalla evoluzione emotiva che taglia a tappe forzate in
modo così brusco che ce li figuriamo passare da ragazzini a sposati con figli
in un amen. Sono loro i tecnodipendenti principali ma di tutte le trovate
virtuali che la sceneggiatura potrebbe scatenare si vede ben poco. Barbara Tabita
e Monica Villa mi sono piaciute, sono travolgenti e tirano su anche i loro
rispettivi partner, la coppia un po' ingolfata di amici per caso formata da
Boldi e Izzo. Questa intesa, già nata nella precedente pellicola Matrimonio al Sud, funziona, ma deve uscire dall'ottica degli
sketch brevi da commediaccia da caserma per tirare fuori il meglio che ha da
offrire, deve avere più tempo sullo schermo. In tutto questo clima di
incertezza, dove domina più il rimpianto che la gioia, c'è una sola certezza,
un uomo solo al comando: Enzo Salvi. Salvi è fenomenale e fa davvero morire dal
ridere, sempre. Ha i giusti tempi e la giusta faccia per entrare nel pantheon
dei comici più boccacceschi (per dirla con un'espressione che amerebbe Brass),
se qualcuno prendesse il coraggio a piene mani e allestisse una bella commedia
sporcacciona ruspante stile 1970 è lui che vorremmo come Pierino 2.0. E quindi,
cercasi Fenech 2.0 disperatamente.
- Chi
non ride in compagnia..
Un
natale al sud parte da spunti davvero interessanti,che purtroppo non vengono
molto sfruttati ai fini della trama. Disegna la canonica commedia degli
equivoci, virtualmente (troppo poco) porcellona, che riesce comunque grazie
alle amate "scurregge" a strappare qualche risata, soprattutto per meriti
di Salvi. Infine, per un istante, raggiunge toni incredibilmente alti e
crepuscolari SPOILER con un Boldi
che sul finale, per una strana, curiosa e surreale scena, si siede tra le
poltroncine di un cinema a guardare il suo film, questo film, con tutta la
voglia del mondo di augurarci un buon Natale, sperando di averci regalato
qualche risata. Un momento molto umano e intimo che ci ha colpito, FINE SPOILER
che per un attimo ci fanno quasi commuovere. Tirando le somme queste pellicola
non si discosta troppo dai cinepanettoni degli ultimi anni, limando parolacce e
volgarità in un modo che per me appare autodistruttivo ma che forse per i
produttori paga. Non è un capolavoro, ma probabilmente non ambiva a esserlo.
Tuttavia io in alcune scene ho riso, e riso di gusto. Dai a Cesare.
Talk0
Ottima analisi...
RispondiEliminaIo non avrei potuto scriverla. Mi sarei fatto prendere dalle sensazioni di stomaco..
Ormai il cinema di Natale è questo!
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