lunedì 19 dicembre 2016

Shut in - la nostra recensione





Premessa: ok ho visto il trailer. Le vocine nella testa da allora mi dicono: "Talk0, esce quel film di Farren Blackburn, quello che c'è una scena con Naomi Watts nuda nella vasca da bagno che c'ha gli incontri paranormali tipo Jessabelle / oscure presenze di Greutert. Una roba però psicologico/familiare, con un pizzico di The Others e magari qualche idea da Babadook. Devi vederlo!" Al che io rispondo alle voci: "Ganzo! Blackburn lo conosco, ho visto un paio di episodi diretti da lui per il Doctor Who, non è male. Gli horror psicologici familiari recenti poi sono belli, come Goodnight Mommy, magari pure questo non esce male! E poi amo Naomi Watts dai tempi di Cronenberg, l'ho vista perfetta nel dittico horror Verbinski/Nakamura su The Ring e poi, aspetto più importante di tutti, ha questa scena che è nuda in una vasca da bagno! Ok mi avete convinto vocine, vado a vederlo!". Quello che segue è il disastro.
Trama senza spoiler: Mary (Naomi Watts, che passano gli anni ma rimane affascinante) in seguito ad un incidente è rimasta vedova e sola a prendersi cura del figlio Stephen (Charlie Heaton, una delle star di Stranger Things, il telefilm Netfix campione di ascolti), rimasto quasi completamente invalido e in stato catatonico. Mary e Stephen vivono in qualche posto freddissimo e isolato del Nord America stile Shining, perennemente sommersi dalla neve, ma Mary non si scoraggia ed è una perfetta mamma e infermiera. Per non stare troppo lontana dal figlio, si è aperta  il suo ufficio da psicologa infantile a tre metri da casa e ultimamente sta pure vivendo un periodo felice, grazie al suo piccolo paziente Tom (Jacob Tremblay) che con i suoi dieci anni riesce a colorare un po' le grigie giornate di Mary. Un altro supporto per la donna viene dal Dr. Wilson (Oliver Platt), il suo terapista, sempre a portata di Skype, ma la stagione invernale si fa sempre più dura e nella vita della psicologa iniziano ad accadere delle circostanze strane e inquietanti. Una notte il piccolo Tom bussa alla sua porta, è arrivato lì da chissà dove, solo, sotto la neve. Mary lo accoglie in casa. Ma appena si allontana da lui il tempo per cercargli una coperta o preparare un latte caldo, il bambino sparisce nel nulla. Nei giorni seguenti al polizia e i giornali si mobilitano, Tom diventa uno di quei bambini dispersi che in America compaiono sul cartone del latte ma niente, nessuna traccia, il piccolo risulta disperso nei boschi. Mary non si dà pace fino a che se lo vede negli incubi e poi in giro per casa. Da lì ritiene di essere in contatto con il fantasma del bambino.


Quello che c'è di buono: il film vive di una ambientazione molto affascinante e del talento dei pochi ma bravi attori coinvolti. La trama parla di persone rimaste "sole e lontane", per barriere determinate dalla distanza come dalla malattia o dal sovrannaturale, persone che cercano, pur nelle difficoltà, di mettersi in contatto tra di loro. Il bisogno di stare insieme, che può portare anche ad un'esistenza morbosa o paranoica e ad un forte sentimento di inadeguatezze, rimane istanza insopprimibile in un mondo esterno popolato da neve e freddo. Questa idea è bella e funziona per tutto il primo tempo, utilizzando al meglio come amplificatore di questa "solitudine interiore" anche le suggestioni più classiche dell'horror. Lo spettacolo tiene incollati allo schermo, ma solo per una sessantina di minuti.
Quello che non c'è di buono: è un vero peccato che tutto quanto viene sapientemente costruito nella prima parte trovi una battuta di arresto nel secondo tempo, nel dipanarsi di una vicenda che diventa troppo prevedibile e scontata sul finale. Permane una certa nota seducente e perversa, che dà un sapore tutto suo alla vicenda non facendoci infine disprezzare l'esito finale, ma il film affronta l'ultima ora in pieno disarmo di idee, riciclando dei topoi stra-noti sui quali non voglio soffermarmi per evitarvi possibili sorprese. Il problema è che la sensazione di già visto è davvero forte, al punto che un appassionato medio di thriller / horror è in grado di prevedere in toto quasi gli ultimi quaranta minuti. Ma alla fine non è nemmeno un problema di ripetizione quanto di una certa stanchezza della messa in scena a dare il colpo di grazia al tutto. Quando una scena dall'indubbio sapore di Shining arriva ad annoiare per la sua "proceduralità"si arriva quasi allo sbadiglio. Un vero peccato. Una defaillance inspiegabile a monte delle buone premesse. 

Finale: la cosa migliore della pellicola è sicuramente Naomi Watts nella vasca da bagno. Le vocine avevano ragione. Dalle note di produzione pare che la nostra attrice del cuore la abbia girata a meno venti gradi. Una gran scena. Peccato non ci sia molto altro di nota in questo thriller dalle grandi potenzialità, ma dagli esiti piuttosto esigui. Peccato per le prove lodevoli degli attori e per uno scenario e alcune trovate che ogni tanto riescono ad offrirci dei sani brividi. 
Talk0

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