Premessa: ok ho visto il trailer. Le vocine nella testa da allora mi dicono: "Talk0, esce quel film di Farren Blackburn, quello che c'è una scena con Naomi
Watts nuda nella vasca da bagno che c'ha gli incontri paranormali tipo
Jessabelle / oscure presenze di Greutert. Una roba però psicologico/familiare,
con un pizzico di The Others e magari qualche idea da Babadook. Devi
vederlo!" Al che io rispondo alle voci: "Ganzo! Blackburn lo
conosco, ho visto un paio di episodi diretti da lui per il Doctor Who, non è
male. Gli horror psicologici familiari recenti poi sono belli, come Goodnight
Mommy, magari pure questo non esce male! E poi amo Naomi Watts dai tempi di
Cronenberg, l'ho vista perfetta nel dittico horror Verbinski/Nakamura su The
Ring e poi, aspetto più importante di tutti, ha questa scena che è nuda in una
vasca da bagno! Ok mi avete convinto vocine, vado a vederlo!". Quello che
segue è il disastro.
Trama
senza spoiler: Mary (Naomi Watts, che passano gli anni ma rimane affascinante)
in seguito ad un incidente è rimasta vedova e sola a prendersi cura del figlio
Stephen (Charlie Heaton, una delle star di Stranger Things, il telefilm Netfix
campione di ascolti), rimasto quasi completamente invalido e in stato
catatonico. Mary e Stephen vivono in qualche posto freddissimo e isolato del
Nord America stile Shining, perennemente sommersi dalla neve, ma Mary non si
scoraggia ed è una perfetta mamma e infermiera. Per non stare troppo lontana
dal figlio, si è aperta il suo ufficio da psicologa infantile a tre metri
da casa e ultimamente sta pure vivendo un periodo felice, grazie al suo piccolo
paziente Tom (Jacob Tremblay) che con i suoi dieci anni riesce a colorare un
po' le grigie giornate di Mary. Un altro supporto per la donna viene dal Dr.
Wilson (Oliver Platt), il suo terapista, sempre a portata di Skype, ma la
stagione invernale si fa sempre più dura e nella vita della psicologa iniziano
ad accadere delle circostanze strane e inquietanti. Una notte il piccolo Tom
bussa alla sua porta, è arrivato lì da chissà dove, solo, sotto la neve. Mary lo accoglie in casa. Ma appena si allontana da lui il tempo per cercargli una coperta o preparare un latte caldo,
il bambino sparisce nel nulla. Nei giorni seguenti al polizia e i giornali si mobilitano, Tom diventa uno di quei bambini dispersi che in America compaiono sul cartone del latte ma niente, nessuna traccia, il piccolo risulta disperso nei boschi. Mary non
si dà pace fino a che se lo vede negli incubi e poi in giro per casa. Da lì ritiene di essere in contatto con il fantasma del
bambino.
Quello
che c'è di buono: il film vive di una ambientazione molto affascinante e del
talento dei pochi ma bravi attori coinvolti. La trama parla di persone rimaste
"sole e lontane", per barriere determinate dalla distanza
come dalla malattia o dal sovrannaturale, persone che cercano, pur nelle difficoltà, di mettersi in contatto tra
di loro. Il bisogno di stare insieme, che può portare anche
ad un'esistenza morbosa o paranoica e ad un forte sentimento di inadeguatezze, rimane istanza insopprimibile in un mondo
esterno popolato da neve e freddo. Questa idea è bella e funziona per tutto il
primo tempo, utilizzando al meglio come amplificatore di questa "solitudine interiore" anche le suggestioni più classiche
dell'horror. Lo spettacolo tiene incollati allo schermo, ma solo per una sessantina di minuti.
Quello
che non c'è di buono: è un vero peccato che tutto quanto viene sapientemente
costruito nella prima parte trovi una battuta di arresto nel secondo tempo, nel
dipanarsi di una vicenda che diventa troppo prevedibile e scontata sul finale.
Permane una certa nota seducente e perversa, che dà un sapore tutto suo alla
vicenda non facendoci infine disprezzare l'esito finale, ma il film affronta
l'ultima ora in pieno disarmo di idee, riciclando dei topoi stra-noti sui quali
non voglio soffermarmi per evitarvi possibili sorprese. Il problema è che la
sensazione di già visto è davvero forte, al punto che un appassionato medio di
thriller / horror è in grado di prevedere in toto quasi gli ultimi quaranta
minuti. Ma alla fine non è nemmeno un problema di ripetizione quanto di una
certa stanchezza della messa in scena a dare il colpo di grazia al tutto. Quando una scena dall'indubbio sapore di Shining arriva ad annoiare per la sua "proceduralità"si arriva quasi allo sbadiglio. Un vero peccato. Una defaillance
inspiegabile a monte delle buone premesse.
Finale: la cosa migliore della pellicola è sicuramente Naomi Watts nella vasca
da bagno. Le vocine avevano ragione. Dalle note di produzione pare che la nostra attrice del cuore la abbia girata a meno venti gradi. Una gran scena. Peccato non ci sia molto altro di nota in questo
thriller dalle grandi potenzialità, ma dagli esiti piuttosto esigui. Peccato per
le prove lodevoli degli attori e per uno scenario e alcune trovate che ogni tanto riescono ad
offrirci dei sani brividi.
Talk0
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