Mini-sinossi:
Dylan Dog ha un nuovo cliente, Owen, un uomo che crede di vedere la propria
moglie, deceduta da tempo, nella sua casa, seduta sulla sedia del soggiorno.
Una presenza amica ma con la quale non riesce a parlare. Un'immagine di un
passato felice che crede di riuscire meglio a vedere se aiutato con l'alcol.
Anche Dylan torna a pensare al bere. E' passato tanto tempo, ormai non può che
essere guarito da quella dipendenza che lo ha afflitto per anni e un bicchiere
ogni tanto, in fondo, che male può fare? Così l'indagatore dell'incubo si
sottopone allo stesso trattamento del suo cliente, sceglie una lente liquida
per definire le cose, fino a che sembra anche a lui di scorgere sulla sedia di
quel salotto una figura femminile. Un'apparizione che diventa l'unico
fantasma al mondo. Perché di colpo anche la medium più potente di Londra,
madame Trelkovski (accompagnata da due meravigliosi ghost hunters moderni che
ricordano in tutto e per tutto i mitici Tucker e Specs di Insidious) ammette
candidamente a Dylan che se i fantasmi sono mai esistiti, lei non ne ha mai
visti. Perché le storie sono un conto, ma la realtà è chirurgia applicata ai
sentimenti e dove non vi è evidenza manca ogni tipo di magia, e l'uomo è solo
una montagnola di cenere dispersa nell'universo. Ma sarà davvero così? Come ha
fatto a diventare così strano il mondo di Dylan Dog?
- l'ho letto appena è uscito, l'ho divorato, ho pianto.
E' un numero
epocale. Ho scritto e riscritto questa recensione più volte senza riuscire mai
a cogliere bene il succo, perdendomi via in ragionamenti astrusi e non
richiesti. Cose che non servivano perché questo numero è perfetto, rotondo,
sviluppa un messaggio chiaro quanto sofferto ed è la prova dell'immensa
generosità del suo autore, Sclavi, che qui si mette davvero a nudo come uomo e
come artista. C'è un demone, un unico demone in un mondo in cui tutto il
soprannaturale è scomparso di colpo. Ed è il demone della dipendenza
dell'alcol, che torna nella vita di Dylan per sconvolgerla e impossessarmene.
E' una storia cruda e senza lieto fine, una storia vera per le milioni di
persone che ogni giorno cadono nelle dipendenze. Non c'è una sola parola da
aggiungere che non sia ridondante, Sclavi scrive secco come una mannaia del
bisogno del bere che diventa condanna, di come si presenti dolcemente come un
vecchio amico e di come torni a incatenare le sue vittime, di come spesso
sembri uno sforzo sovrumano e inutile liberarsi di lui. A dare forza alle sue
parole interviene un Casertano straordinario, con disegni che bucano
letteralmente la tavola ficcandosi dritti nei nostri incubi. Come una torma di
pipistrelli che ci schizzano in faccia dopo essere usciti dalla bocca deforme
di un fantasma. Bravi tutti. Un numero che rimarrà di sicuro agli annali anche
se la storia è in fondo semplice, anche se non ci sono particolari colpi di
scena. Queste storie ha cuore e disperazione tatuati sulle sue pagine, che per
parafrasare Shakespeare diventano stoffa per incubi. Non voglio dilungarmi
troppo. Per chi lo ha perso è già uscita una bellissima edizione in
grande formato da fumetteria, imperdibile. Ne vale la pena. E' un'occasione,
rara, di avere tra le mani un fumetto in grado di guardarci negli occhi e farci
sentire a disagio come lettori di fumetti, come sognatori del paranormale, come
uomini. Grazie Tiziano.
Talk0
D'accordissimo: un episodio come non se ne vedevano da tempo.
RispondiEliminaE' l'essenza stessa di Dyd, è il Dyd del 1986.
Moz-
Un signor fumetto che non leggevo da tempo...
RispondiEliminaIn effetti scrivere una recensione non è proprio possibile...
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