Nel giorno di Rogue One ci è sembrato giusto colmare una grave lacuna...
La sinossi non la faccio perché tanto ormai lo avete visto
tutti, vero? E poi aveva un senso, perchè veniva più figa, se si riusciva a scriverla di sbieco, per poi leggerla sentendo John
Williams in sottofondo...
Ok...
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana... non avrei mai sognato di
scrivere un incipit così... Mi tremano le gambe..!!!.
Luke Skywalker dopo una intera vita passata a doppiare il Joker di Batman per i
cartoni animati è scomparso. Forse vuole realizzare il suo sogno di sempre,
farsi crescere una barba più lunga del nonno di Heidi. La resistenza però ha
ancora bisogno di lui e incarica il suo pilota migliore, ossia il migliore dopo
che Ian Solo è andato a guidate elicotteri in Expendables 3, perché indaghi su
una specie di puzzle cosmico sulla attuale ubicazione del cavaliere Jedi. Un indizio chiave è
conservato, non si sa perché, da Max Von Sydow. Nel frattempo anche il
minaccioso Primo Ordine, un nuovo impero galattico costituito da ragazzini sulle ceneri di quello di Casco Nero e Palpatine, sta
cercando Luke. Anche le sue spie sono arrivare, chissà come, a Max Von Sydow. Chi
incontrerà prima il grande attore di Conversazioni private?
Cioè dai, è buffo! Noi parliamo di Star Wars da sempre! Il mio
socio Gianluca è un fan duro e puro della serie (io un fan più easy...), almeno
tre volte a settimana speculiamo sul fatto che in Rogue One sia presente
o meno Boba Fett e ho sostenuto per mesi con i miei amici e conoscenti
dibattiti di ore su quanto sia importante e non sfigato Kylo Ren per la nuova
saga. Ho il poster di episodio VII sul frigo, ho mangiato per mesi cereali che
regalavano spadine laser colorate, sono entrato in un Disney Store a cercare un
Lord Gravious elite version che non ho mai trovato finendo quasi in analisi, la
pila con cui apro la sera il cancello di casa è ad elmo di Darth Vader! Ma la recensione sul blog che ho
pensato e mi sono attrezzato per realizzare in tempo, a due ore dall'uscita
nelle sale, non è mai apparsa. Anche perché alla fine mi sono realmente
dimenticato di scriverla!!! Se fossi Alan Moore direi che ho perso le bozze su
un taxi londinese, se fossi Warren Ellis direi che mi è partita la memoria del
pc, ma visto che sono io non posso che ammettere la tesi che sono solo un
"coglionazzo". Certo in senso inoffensivo, così che se in futuro
assumessi personalità multiple non andrei a riprendere questo post per
autodenunciarmi per ingiuria e diffamazione. Comunque oggi mi gira che si
potrebbe anche scriverla adesso in fondo, quando la "fotta" della
visione è passata, dopo che un po' tutti ne hanno già parlato in abbondanza per
mesi e mesi, mentre stanno quasi finendo le riprese nel film numero VIII. Il giorno di Rogue One.
La prima cosa che avrei scritto in quel post è che Abrams è riuscito a cogliere bene l'impronta "orientale"- citazionista che Lucas ha imposto dapprima con il film ora conosciuto come A New Hope... in qualche modo il cardine da cui tutto è iniziato. E per fare questo l'uomo di Lost ha pescato sempre da Akira Kurosawa. Solo che qui non si è limitato a riguardare e rileggere, come Lucas, La fortezza nascosta del 1958. Ha puntato diritto a Kagemusha - l'ombra del guerriero, del 1980. Il focus si sposta dai droidi, la rappresentazione degli "umili", i contadini dell'epoca Edo che nell'originale venivano giocoforza assorbiti in un conflitto più grande di loro, a una figura tragica come "l'uomo con la maschera", messo in sostituzione e simulacro di un eroe e condottiero autentico, un eroe che non si vuole far sembrare caduto in battaglia per non abbassare il morale delle truppe. Lord Vader è defunto, l'ultima volta è apparso come spettro nella festa Ewok sulla Luna di Endor di qualche anno fa, ma Kylo Ren, con il volto ancora da fanciullo, insicuro, pazzo e debole rispetto alla "vera forza" è pronto, per il bene dell'Impero "dei gggiovani", a prendere sulle sue giovani spalle un nuovo elmo nero, così pesante che quando cade in terra emette un suono dirompente, come un'esplosione. Ren parla con un sintetizzatore di voce non perché abbia problemi respiratori, ma per ingigantire il suo tono di voce, ricordare "quella voce" che faceva tremare l'Alleanza Galattica. Ma Kylo Ren non è Anakin, che con il tempo ha sempre più abbracciato il lato oscuro della forza. Ren è un padawan-sith ( si può scrivere così o è tipo una bestemmia? speriamo di no..) che è diventato crudele troppo in fretta e ora la misteriosa e ineluttabile forza sta spingendo verso il lato chiaro, verso il bene, rendendolo sempre più vulnerabile, iracondo ma potenzialmente anche "buono": un'arma segreta contro l'impero stesso, un Jedi in più. Ma questo è solo uno degli scenari possibili, il futuro è ancora da scrivere e l'addestramento del giovane Sith deve essere ancora ultimato. Adam Driver, che quando si toglie per la prima volta la maschera appare sfigato e innocente come Harold Ramis negli anni ottanta, o come un giovane Nicholas Rowe, è tutto quello che Hyden Christensen non è mai riuscito a essere: trasmette emozioni, riesce a mostrarsi nudo sotto la corazza. Vulnerabile anche allo scherno di molti spettatori che, aspettandosi un carattere sicuro e forte, standardizzato su quello di Vader, lo hanno bollato come immaturo, come "moccioso", come carente. Nel suo sguardo, nel suo fisico imberbe e nel gesto orribile e disperato (ma non sorprendente) che compie a fine pellicola, c'è tutto Il Nuovo Ordine, i nuovi cattivi con loro aspirazioni e contraddizioni. Un esercito di ragazzini guidati spiritualmente da una entità divino-olografica (quindi più simulacro che reale), disposti a ripercorrere tutti gli errori dei propri genitori pur di stare nell'ombra di quella grandezza (che per ora potrebbe anche non esistere). Ragazzini che arruolano altri ragazzini con la fascinazione di un equilibrio superiore cosmico o anche solo ( laddove manchino di fervore politico) con la speranza di un tetto e un pasto. Soldatini di latta come il trooper FN-2187. Una sigla che ci rimanda sempre a Lucas e al protagonista del suo primo film THX -1138, eroico uomo qualunque di L'uomo che fuggì dal futuro. FN-2187 non è un clone di un grande guerriero come Django Fett, ma un ragazzino di un pianeta povero, intruppato troppo presto, che appena tocca terra la prima volta con uno squadrone della morte imperiale, nella sua candida armatura bianca, viene sporcato dal sangue di un compagno morente. Da soldatino bianco in uno schieramento compatto, una massa di soldatini bianchi, FN-2187 diventa una individualità, quello con il casco sporcato di sangue, quello che esita, quello che non vuole morire. Anche lui è quindi, con implicazioni diverse, un Kagemusha, una sostanza che differisce da una forma esteriore, l'ombra di un guerriero diverso da quello che si desume nascosto dal casco. E dalla paura di morire si risveglia in lui qualcosa di potente. Nasce la voglia di sottrarsi alla barbarie dell'impero e fuggire, proprio come accadeva per THX - 1138. Un processo psicologico che porterà a fargli togliere un elmo inespressivo e ricevere in dono il primo segno di una ritrovata umanità: il nome che non aveva prima mai avuto. Da mera sigla, FN-2187 diventa Finn. John Boyega è perfetto per il ruolo, un attore dal sorriso gigantesco e dalla mimica disarmante che lo fa subito apparire come un ragazzone buono e ingenuo (ed è pure bravo, perché il personaggio che interpretava in Attack the Block era diversissimo). Boyega conferisce a Finn una tale vitalità e positività che il nostro trooper, anche solo per vitto e alloggio gratis, non poteva stare inscatolato in una corazza con casco integrale, gli mancava il fiato e lo spazio per vomitare. Una volta liberato di quel peso inutile (e complice un caldo infernale sui set durante le riprese) Finn vuole solo correre e gridare al mondo di essere libero, anche se per sopravvivere deve velocemente abbeverarsi in una micro-fonte d'acqua, da condividere non troppo igienicamente una specie di ippopotamo alieno gigante, che immaginiamo non troppo profumato. Il senso dell'onore di Finn, declinato nella rinnovata fiducia di poter fare qualcosa di buono per l'universo, fa in modo che lui, trooper destinato alla pulizia dei cessi della nuovaa stazione Star Killer ( enorme e spaventosa, che abbatte pianeti "a grappolo" come in R-type...ma di cui lui conosce solo tutto di tutto sui cessi..) , possa brandire una spada laser e quasi non sfigurare. Finn è tutti noi, il personaggio che più si concilia con il fan di Star Wars medio, cioè chi, guardando un X- Wing compiere incredibili evoluzioni in cielo mentre fa strage di caccia Tie, può urlare, pieno di gioia: "Quel pilota è eccezionale", all'unisono con tutti gli altri fan, seduti sulle poltroncine del cinema. Da qui quel vecchio articolo mai realizzato, forse sognato, partiva con un discorso molto nerd che metteva in parallelo Kylo Ren e Finn ai Kerberos, gli uomini in armatura pesante dell'anime Jin-Roh di Hiroyuki Okiura del 1999. Tutto un discorso prolisso (cacchio quanto sono prolisso) sulla fascinazione di una divisa, su come certe persone tendano a essere identificate con le maschere che indossano fino al punto da non riuscire più a staccarsene per paura di perdere la propria identità riflessa, per paura di essere nude davanti al mondo, sole. Una tragicità ben presente e incarnata in questi due personaggi di Star Wars.
Da qui avrei continuato i confronti-raccordi tra Star Wars e gli anime giapponesi, giungendo a Nausicaa. L'eroina di Miyazaki che, bardata di occhialoni pesanti e di una protezione integrale alle intemperie, vagava nei deserti della giungla radioattiva in cerca di oggetti di una civiltà passata che potessero ancora tornare utili. Una principessa senza regno che aveva il potere di connettersi con le forze ancestrali della natura. Rey, interpretata dalla bellissima Daisy Ridley, è così. Eroica, intelligente, bardata di occhialoni e intenta a cercare, tra i relitti di incrociatori imperiali e camminatori Walker sepolti in un mare di sabbia, strani componenti tecnologici ancora non usurati da poter rivendere per sopravvivere. Anche lei, come Finn, si può dire una operatrice del campo dei rifiuti. Il suo passato è misterioso ma la Forza scorre potente in lei (forse "troppo", ricordandoci in qualche modo Anakin..)e ne sta guidando silenziosamente il destino, facendole scegliere di salire sul Millennium Falcon. E' positiva, molto atletica, piatta come una tavola da surf e Keira Knightley ma altrettanto sexy, fanatica dei motori ma anche triste e malinconica. In attesa che qualcuno torni a prenderla su quel pianeta sabbioso in cui, non si ricorda perché, è stata abbandonata. Anche lei è carica di dubbi, tutti i personaggi giovani di questa pellicola lo sono e spesso si caricano con un mantra: "Ce la posso fare! Ce la posso fare! Ce la posso fare!". Ed è qui che compaiono gli eroi del passato, come salvifiche guide spirituali. Immortali nell'animo anche se scalfiti dal tempo, reduci da una vita forse non così avventurosa o positiva rispetto a quel breve lembo a cui abbiamo assistito durante gli eventi della trilogia classica. Sono pronti a fare la loro parte e poi passare il testimone, come il cerchio della vita impone. Nell'incontro tra Leia e Ian, tra Carrie e Harrison, c'è tutta la magia del ritrovarsi alla fine di un lungo viaggio, sorridersi a vicenda contando le rughe fino a guardandosi negli occhi. Pura magia, sottolineata dalle note di John Williams. Noi vecchi fan siamo invecchiati con loro, consumando prima i filmini, poi le VHS ( un mio amico sostiene di avere il betamax..), poi i laser disk, poi i dvd ora i Blu ray. Ci erano sempre sembrati così giovani, anche a distanza di anni. Chissà se un domani Rey e Finn, Daisy e John, si guarderanno con lo stesso sguardo e le generazioni di oggi si sentiranno come ci siamo sentiti noi: "A casa, confortati e sicuri". Questo è infine Star Wars VII, un ritorno a casa doveroso dopo quasi quaranta anni di assenza. Un nodo alla gola per tutto il tempo in cui siamo stati lontani e la gioia di poterci riabbracciare. A questo universo fatto di pupazzetti colorati, musiche bellissime e spade laser nella memoria di molto di noi sono legati i ricordi di tutta una vita. In una action figures di Boba Fett si può nascondere il ricordo uno splendido pomeriggio di trent'anni fa passato con mio padre sul divano durante un giorno piovoso. Star Wars, con i suoi effetti speciali pazzeschi, la trama semplice ma "dritta", con le mille astronavi e alieni, è diventato col tempo più di quello che si vede su schermo. E non importa se questo film di fatto è troppo simile a episodio IV, se il finale è sbrigativo, se ci sono personaggi ancora acerbi. L'aria di casa, per me, aggiusta tutte le cose. Gli attori sono davvero bravi, l'effettistica è sontuosa, il ritmo incalzante, le musiche meravigliose nell'essere vecchie ma nuove, il messaggio che la pellicola trasmette davvero bello e utile anche in questo periodo storico. In fondo un'operazione simile, parlando sempre da nerd, l'ha fatta pure Anno per il Rebuilt di Evangelion. Il primo film era (per chi tagliando corto non entrava nei dettagli) una copia quasi pedissequa dei primi sei episodi originali della saga, ma successivamente, con il secondo e terzo film, Anno andava a esplorare territori diversi e nuovi, mutando in qualche modo il canone. Così mi aspetto da episodio VIII un uguale stravolgimento di trama, un percorrere nuovi sentieri, ma sono felice per aver visto, e ormai rivisto più volte, un film che ha messo la memoria storica al primo posto, che mi ha fatto incontrare di nuovo personaggi che per oltre trent'anni hanno vissuto centinaia di storie anche fuori dalla sala. Vuoi per i fumetti, i libri, i videogiochi ma anche la fantasia con cui, da bambino, giocavo con i miei compagni di classe nel giardinetto della scuola a inseguirci a squadre, Tie - Fighter contro X- Wing, correndo come ebeti con le braccia spalancate (i Tie ovviamente avevano le mani con il palmo piegato all'insù ) e facendo "ptiu ptiu!!" con la bocca.
La prima cosa che avrei scritto in quel post è che Abrams è riuscito a cogliere bene l'impronta "orientale"- citazionista che Lucas ha imposto dapprima con il film ora conosciuto come A New Hope... in qualche modo il cardine da cui tutto è iniziato. E per fare questo l'uomo di Lost ha pescato sempre da Akira Kurosawa. Solo che qui non si è limitato a riguardare e rileggere, come Lucas, La fortezza nascosta del 1958. Ha puntato diritto a Kagemusha - l'ombra del guerriero, del 1980. Il focus si sposta dai droidi, la rappresentazione degli "umili", i contadini dell'epoca Edo che nell'originale venivano giocoforza assorbiti in un conflitto più grande di loro, a una figura tragica come "l'uomo con la maschera", messo in sostituzione e simulacro di un eroe e condottiero autentico, un eroe che non si vuole far sembrare caduto in battaglia per non abbassare il morale delle truppe. Lord Vader è defunto, l'ultima volta è apparso come spettro nella festa Ewok sulla Luna di Endor di qualche anno fa, ma Kylo Ren, con il volto ancora da fanciullo, insicuro, pazzo e debole rispetto alla "vera forza" è pronto, per il bene dell'Impero "dei gggiovani", a prendere sulle sue giovani spalle un nuovo elmo nero, così pesante che quando cade in terra emette un suono dirompente, come un'esplosione. Ren parla con un sintetizzatore di voce non perché abbia problemi respiratori, ma per ingigantire il suo tono di voce, ricordare "quella voce" che faceva tremare l'Alleanza Galattica. Ma Kylo Ren non è Anakin, che con il tempo ha sempre più abbracciato il lato oscuro della forza. Ren è un padawan-sith ( si può scrivere così o è tipo una bestemmia? speriamo di no..) che è diventato crudele troppo in fretta e ora la misteriosa e ineluttabile forza sta spingendo verso il lato chiaro, verso il bene, rendendolo sempre più vulnerabile, iracondo ma potenzialmente anche "buono": un'arma segreta contro l'impero stesso, un Jedi in più. Ma questo è solo uno degli scenari possibili, il futuro è ancora da scrivere e l'addestramento del giovane Sith deve essere ancora ultimato. Adam Driver, che quando si toglie per la prima volta la maschera appare sfigato e innocente come Harold Ramis negli anni ottanta, o come un giovane Nicholas Rowe, è tutto quello che Hyden Christensen non è mai riuscito a essere: trasmette emozioni, riesce a mostrarsi nudo sotto la corazza. Vulnerabile anche allo scherno di molti spettatori che, aspettandosi un carattere sicuro e forte, standardizzato su quello di Vader, lo hanno bollato come immaturo, come "moccioso", come carente. Nel suo sguardo, nel suo fisico imberbe e nel gesto orribile e disperato (ma non sorprendente) che compie a fine pellicola, c'è tutto Il Nuovo Ordine, i nuovi cattivi con loro aspirazioni e contraddizioni. Un esercito di ragazzini guidati spiritualmente da una entità divino-olografica (quindi più simulacro che reale), disposti a ripercorrere tutti gli errori dei propri genitori pur di stare nell'ombra di quella grandezza (che per ora potrebbe anche non esistere). Ragazzini che arruolano altri ragazzini con la fascinazione di un equilibrio superiore cosmico o anche solo ( laddove manchino di fervore politico) con la speranza di un tetto e un pasto. Soldatini di latta come il trooper FN-2187. Una sigla che ci rimanda sempre a Lucas e al protagonista del suo primo film THX -1138, eroico uomo qualunque di L'uomo che fuggì dal futuro. FN-2187 non è un clone di un grande guerriero come Django Fett, ma un ragazzino di un pianeta povero, intruppato troppo presto, che appena tocca terra la prima volta con uno squadrone della morte imperiale, nella sua candida armatura bianca, viene sporcato dal sangue di un compagno morente. Da soldatino bianco in uno schieramento compatto, una massa di soldatini bianchi, FN-2187 diventa una individualità, quello con il casco sporcato di sangue, quello che esita, quello che non vuole morire. Anche lui è quindi, con implicazioni diverse, un Kagemusha, una sostanza che differisce da una forma esteriore, l'ombra di un guerriero diverso da quello che si desume nascosto dal casco. E dalla paura di morire si risveglia in lui qualcosa di potente. Nasce la voglia di sottrarsi alla barbarie dell'impero e fuggire, proprio come accadeva per THX - 1138. Un processo psicologico che porterà a fargli togliere un elmo inespressivo e ricevere in dono il primo segno di una ritrovata umanità: il nome che non aveva prima mai avuto. Da mera sigla, FN-2187 diventa Finn. John Boyega è perfetto per il ruolo, un attore dal sorriso gigantesco e dalla mimica disarmante che lo fa subito apparire come un ragazzone buono e ingenuo (ed è pure bravo, perché il personaggio che interpretava in Attack the Block era diversissimo). Boyega conferisce a Finn una tale vitalità e positività che il nostro trooper, anche solo per vitto e alloggio gratis, non poteva stare inscatolato in una corazza con casco integrale, gli mancava il fiato e lo spazio per vomitare. Una volta liberato di quel peso inutile (e complice un caldo infernale sui set durante le riprese) Finn vuole solo correre e gridare al mondo di essere libero, anche se per sopravvivere deve velocemente abbeverarsi in una micro-fonte d'acqua, da condividere non troppo igienicamente una specie di ippopotamo alieno gigante, che immaginiamo non troppo profumato. Il senso dell'onore di Finn, declinato nella rinnovata fiducia di poter fare qualcosa di buono per l'universo, fa in modo che lui, trooper destinato alla pulizia dei cessi della nuovaa stazione Star Killer ( enorme e spaventosa, che abbatte pianeti "a grappolo" come in R-type...ma di cui lui conosce solo tutto di tutto sui cessi..) , possa brandire una spada laser e quasi non sfigurare. Finn è tutti noi, il personaggio che più si concilia con il fan di Star Wars medio, cioè chi, guardando un X- Wing compiere incredibili evoluzioni in cielo mentre fa strage di caccia Tie, può urlare, pieno di gioia: "Quel pilota è eccezionale", all'unisono con tutti gli altri fan, seduti sulle poltroncine del cinema. Da qui quel vecchio articolo mai realizzato, forse sognato, partiva con un discorso molto nerd che metteva in parallelo Kylo Ren e Finn ai Kerberos, gli uomini in armatura pesante dell'anime Jin-Roh di Hiroyuki Okiura del 1999. Tutto un discorso prolisso (cacchio quanto sono prolisso) sulla fascinazione di una divisa, su come certe persone tendano a essere identificate con le maschere che indossano fino al punto da non riuscire più a staccarsene per paura di perdere la propria identità riflessa, per paura di essere nude davanti al mondo, sole. Una tragicità ben presente e incarnata in questi due personaggi di Star Wars.
Da qui avrei continuato i confronti-raccordi tra Star Wars e gli anime giapponesi, giungendo a Nausicaa. L'eroina di Miyazaki che, bardata di occhialoni pesanti e di una protezione integrale alle intemperie, vagava nei deserti della giungla radioattiva in cerca di oggetti di una civiltà passata che potessero ancora tornare utili. Una principessa senza regno che aveva il potere di connettersi con le forze ancestrali della natura. Rey, interpretata dalla bellissima Daisy Ridley, è così. Eroica, intelligente, bardata di occhialoni e intenta a cercare, tra i relitti di incrociatori imperiali e camminatori Walker sepolti in un mare di sabbia, strani componenti tecnologici ancora non usurati da poter rivendere per sopravvivere. Anche lei, come Finn, si può dire una operatrice del campo dei rifiuti. Il suo passato è misterioso ma la Forza scorre potente in lei (forse "troppo", ricordandoci in qualche modo Anakin..)e ne sta guidando silenziosamente il destino, facendole scegliere di salire sul Millennium Falcon. E' positiva, molto atletica, piatta come una tavola da surf e Keira Knightley ma altrettanto sexy, fanatica dei motori ma anche triste e malinconica. In attesa che qualcuno torni a prenderla su quel pianeta sabbioso in cui, non si ricorda perché, è stata abbandonata. Anche lei è carica di dubbi, tutti i personaggi giovani di questa pellicola lo sono e spesso si caricano con un mantra: "Ce la posso fare! Ce la posso fare! Ce la posso fare!". Ed è qui che compaiono gli eroi del passato, come salvifiche guide spirituali. Immortali nell'animo anche se scalfiti dal tempo, reduci da una vita forse non così avventurosa o positiva rispetto a quel breve lembo a cui abbiamo assistito durante gli eventi della trilogia classica. Sono pronti a fare la loro parte e poi passare il testimone, come il cerchio della vita impone. Nell'incontro tra Leia e Ian, tra Carrie e Harrison, c'è tutta la magia del ritrovarsi alla fine di un lungo viaggio, sorridersi a vicenda contando le rughe fino a guardandosi negli occhi. Pura magia, sottolineata dalle note di John Williams. Noi vecchi fan siamo invecchiati con loro, consumando prima i filmini, poi le VHS ( un mio amico sostiene di avere il betamax..), poi i laser disk, poi i dvd ora i Blu ray. Ci erano sempre sembrati così giovani, anche a distanza di anni. Chissà se un domani Rey e Finn, Daisy e John, si guarderanno con lo stesso sguardo e le generazioni di oggi si sentiranno come ci siamo sentiti noi: "A casa, confortati e sicuri". Questo è infine Star Wars VII, un ritorno a casa doveroso dopo quasi quaranta anni di assenza. Un nodo alla gola per tutto il tempo in cui siamo stati lontani e la gioia di poterci riabbracciare. A questo universo fatto di pupazzetti colorati, musiche bellissime e spade laser nella memoria di molto di noi sono legati i ricordi di tutta una vita. In una action figures di Boba Fett si può nascondere il ricordo uno splendido pomeriggio di trent'anni fa passato con mio padre sul divano durante un giorno piovoso. Star Wars, con i suoi effetti speciali pazzeschi, la trama semplice ma "dritta", con le mille astronavi e alieni, è diventato col tempo più di quello che si vede su schermo. E non importa se questo film di fatto è troppo simile a episodio IV, se il finale è sbrigativo, se ci sono personaggi ancora acerbi. L'aria di casa, per me, aggiusta tutte le cose. Gli attori sono davvero bravi, l'effettistica è sontuosa, il ritmo incalzante, le musiche meravigliose nell'essere vecchie ma nuove, il messaggio che la pellicola trasmette davvero bello e utile anche in questo periodo storico. In fondo un'operazione simile, parlando sempre da nerd, l'ha fatta pure Anno per il Rebuilt di Evangelion. Il primo film era (per chi tagliando corto non entrava nei dettagli) una copia quasi pedissequa dei primi sei episodi originali della saga, ma successivamente, con il secondo e terzo film, Anno andava a esplorare territori diversi e nuovi, mutando in qualche modo il canone. Così mi aspetto da episodio VIII un uguale stravolgimento di trama, un percorrere nuovi sentieri, ma sono felice per aver visto, e ormai rivisto più volte, un film che ha messo la memoria storica al primo posto, che mi ha fatto incontrare di nuovo personaggi che per oltre trent'anni hanno vissuto centinaia di storie anche fuori dalla sala. Vuoi per i fumetti, i libri, i videogiochi ma anche la fantasia con cui, da bambino, giocavo con i miei compagni di classe nel giardinetto della scuola a inseguirci a squadre, Tie - Fighter contro X- Wing, correndo come ebeti con le braccia spalancate (i Tie ovviamente avevano le mani con il palmo piegato all'insù ) e facendo "ptiu ptiu!!" con la bocca.
ptiu! ptiu!! |
Quindi, capirete, è un bel guaio per me cercare di essere oggettivo su questo
argomento. Promuovo a pieni voti cast, musica, tecnica e le parti più
introspettive della sceneggiatura, in cui la bravura degli interpreti
letteralmente esplode. Ma facendo uno sforzo di coerenza trovo anch'io, come
tanti, che il film funzioni molto bene ma si perda un po' come ritmo e
coinvolgimento nell'ultima parte. La Star Killler è un'idea banalotta e
pure nel suo primo vagito con il colpo "a grappolo" sa di già visto.
E' enorme ma sembra vuota, con tutte le strade accessibili in un attimo e un design poco avvincente. Non
riesce neanche lontanamente a replicare il fascino della Dark Star o "
Morte Nera" ed è un peccato perché parliamo di qualcosa di infinitamente più grosso, un pianeta enorme con tanto di aree climaiche diverse. Perchè è così desolata? Potevano metterci così tanta "roba"...Peccato. Inoltre a
causa dell'utilizzo di piloti con cui non sono riuscito a empatizzare molto durante
il film (leggi: li conosciamo per giusto 3 minuti), non sono riuscito a sentire il terrore dei loro X-Wing che schizzano e sbattono
sulla sua superficie della Star Killer, tra canion di metallo, torrette contraeree e Tie - fighter
inseguitori. Forse per via del produzione Disney, non ho avvertito quasi mai un
senso di minaccia e paura anche nei momenti che sarebbero dovuti essere più
concitati. Un'altra cosa che per me si è persa è il senso del "viaggio
spaziale". Le sequenze dedicate al volo, soprattutto nell'interspazio, in più frangenti sono davvero troppo
immediate e poco appaganti. Le astronavi, salvo le sequenze più action in
cui sono principalmente al centro della scena, hanno più la funzione di
ascensori per portare i personaggi da uno scenario all'altro.Si avvia la velocità luce e impiegano nell'operazione il tempo di fare
neanche un piano di un palazzo. Non so se è per colpa mia che ne ho visti troppi di viaggi velocità luce ma non ne ho mai abbastanza, anche se sono alla fine tutti uguali, con conto alla rovescia, gente tesa e musica di tensione che sale prima del salto. Ma qui sono diventati davvero una cosa priva di pathos. Così come privi di pathos sono alcuni personaggi di questo film, in primis Captain Phasma. Viste le
premesse ( e una attrice che nel Trono di Spade ha fatto faville), mi è sembrato un personaggio decisamente buttato via (ma che spero
torni più in forma). Anche il nuovo ammiraglio del Nuovo Ordine per ora non mi è parso a livello di Peter Cushing (ok e "sticazzi"...ma si poteva comunque fare di più..). Mi è invece piaciuto parecchio il duello sulla neve, tutta
la scena in cui "arrivano i nostri" con gli X-wing a pelo d'acqua,
tutta la sequenza del traffico di poliponi giganti in cui è implicato Ian, la
"resurrezione del Falcon" dal deserto. Alla fine mi sono comunque
divertito un mondo, ma non posso negare gli aspetti comunque migliorabili. Ci sono
ancora una marea di pellicole per aggiustare il tiro, in ogni caso in
questa non c'era Jar Jar Binks, lasciamo ai posteri l'ardua sentenza di questa nuova trilogia galattica... Ringrazio quindi per ora,sentitamente, J.J. Per questa
operazione un po' nostalgica. E magari pure paracula, perchè no. Piango un po' ogni volta che lo rivedo. Che la
forza di spendere una valanga di soldi nel franchise di Star Wars sia con me e con voi.
Talk0
Personalmente non mi ha abbastanza convinto come film: da una parte tenta di proporre personaggi nuovi, ma dall'altra eccede nel citazionismo (non semplici strizzate d'occhi, ma il rifacimento di vere e proprie scene).
RispondiEliminaSecondariamente, mi trovo d'accordo nella definizione sbrigativa del finale: non c'è pathos, tutto è troppo scontato e sbrigativo.
Tanta fretta per poi finalmente dire... "Arrivederci e al prossimo episodio", con un sacco di domande e pochissime risposte.
Certo, è comprensibile che si voglia tenere il pubblico sulle spine per i prossimi film, Tuttavia - se proprio vogliamo ammettere l'effetto "copia incolla" dall' episodio IV - non tutte le trame possono funzionare in questo modo: se aveva un senso lasciare il finale in sospeso ne "L'impero colpisce ancora", o nella "Compagnia dell'Anello", in Star wars IV no.
In "Una nuova speranza" il finale comunque c'è: la distruzione della Morte Nera, la chiusura di un arma di distruzione, simbolo di terrore. L'happy ending c'è, seppure resti un piccolo riferimento del fatto che il male non sia scomparso (il Tie Fighter di Dart Fener che si allontana). La soddisfazione per la vittoria dei protagonisti c'è.
Nel VII no. O meglio, l'unico per cui vale la pena preoccuparsi è Finn, ma per il resto, la distruzione del pianeta Starkiller non soddisfa, ma lascia un senso di vuoto.
E infine arriviamo al nemico umanizzato - forse troppo - Kylo Ren.
Capisco le posizioni di chi ha gradito questo nuovo cattivo, le sue sfaccettature e il timore del personaggio stesso di non essere all'altezza del suo illustre predecessore.
Tenendo conto che secondo me sarebbe stato meglio seguire la strada della trilogia 2000, proponendo antagonisti sempre nuovi, con caratteristiche ben distinte, l'idea per tratteggiare il personaggio di Kylo Ren la ritengo tutt'ora valida, ma la sua realizzazione è stata troppo "americana".
Insomma, avrei preferito uno stile più orientale - simile ai personaggi del film Hero, per intenderci - per spiegare il conflitto interiore e il complesso di inferiorità del personaggio (ben reso in un antagonista simile, presente nel film in CGI "Capitan Harlock").
La resa "americana" di Kylo Ren, invece, mi ricorda tremendamente un teenager: non incute un effettivo timore, non conferisce all'impresa dei protagonisti la giusta epicità.
Dopo la visione di questo film il mio entusiasmo si è sinceramente raffreddato. Questo finchè non ho visto Rogue One, di cui non vedo l'ora di leggere la recensione qui.
Gareth Edwards, regista di Monsters, di Godzilla e ora di questa "Star wars story", è riuscito a risollevarmi, a farmi ancora sperare che un film di Star Wars degno del franchise, può essere ancora fatto.
Zorbas
Ottima analisi! Io, come detto più volte, quando si tratta di Star Wars, non sono oggettivo :)
RispondiEliminaIn generale, complimenti per il blog.
RispondiEliminaPer la recensione, ti stronco come stronco il film.
Grazie per i complimenti! Per la recensione, beh ognuno ha i propri convincimenti... a maggior ragione quando si parla di Star Wars!
RispondiElimina