sabato 8 aprile 2023

Super Mario Bros. - il film: la nostra recensione del film d’animazione realizzato dallo studio Illumination con protagonista il più famoso idraulico dei videogiochi


Siamo intorno agli anni ottanta a Brooklyn, New York, un posto in cui le autostrade non sono fatte di arcobaleni e le tartarughe sono piccoli animali domestici. Anche i nostri protagonisti sono dei “piccoletti”, baffuti e rigorosamente italiani, vestiti con salopette e cappellini colorati con l’iniziale del loro nome in abbinato alla loro maglia. Nella pizzeria a gestione familiare Punchout, i fratelli Mario (con la voce italiana Claudio Santamaria e in originale Chris Pratt) e Luigi (in originale con la voce di Charlie Day) sono così già vestiti per “essere operativi”, mentre guardano in tv il primo spot promozionale per la loro nuova attività di idraulici. Si presentano con un ricco di classe come idraulici “in guanti bianchi”, pronti a intervenire alla prima chiamata come autentici supereroi a prezzi equi: sono “i Super Mario Bros.”. Lo spot ha successo e in pochi minuti ricevono la loro prima chiamata, ma essendo alle prime armi le cose non sono facili. Il loro furgone è un catorcio che fatica a partire e i cani dei clienti sono troppi grossi e aggressivi per permettergli di lavorare al meglio. Ma la coppia è così motivata e dinamica che se l’auto non parte possono muoversi agilmente nel traffico, raggiungendo il lavoro saltando ostacoli e lavori in corso come esperti di parkour. Se un cane si installa in bagno determinato a morderli mentre cercano di riparare un rubinetto, i due hanno sempre ottime strategie di contenimento che sfruttano l’ambiente circostante. Sono competenti, determinati a dare il massimo e a non demordere, nonostante “non sempre vada tutto per il meglio” e la delusione dei familiari che li volevano a fare le pizze “come da tradizione”. Poi arriva la grande occasione: la tv parla di una enorme perdita alla rete fognaria principale della città e loro arrivano subito sul posto per fare la loro parte. Trascinati nel sottosuolo della Grande Mela, tra gorghi e tubi che esplodono da tutti i lati, i due idraulici finiscono in un misterioso tubo verde che in un attimo li inghiotte, lanciandoli in una fortissima corrente d’aria che li trascina in una ariosa, colorata e sognante realtà in cui le nuvole sono rosa, le autostrade arcobaleni e le tartarughe enormi e combattive. I due fratelli vengono separati durante il viaggio, con Luigi che finisce in una specie di regione cupa e vulcanica e Mario in un mondo verdeggiante pieno di funghi di tutti i generi, grandi e piccoli e pure “umanoidi”. Il combattivo omino fungo Toad (in originale con la voce di Keegan-Michael Kay), il primo contatto di Mario con quel “mondo fungoso”, convince l’idraulico ancora spaesato che solo la principessa Peach (in originale con la voce di Anya Taylor-Joy), una combattiva biondina vestita di rosa con gli occhi azzurri e la frangetta a cuore, può aiutarlo a recuperare il fratello: perché è noto a tutti gli uomini fungo che sia una persona straordinaria e che sappia “fare ogni cosa”. Per raggiungerla dovranno giusto superare il bosco dei funghi e arrivare nella capitale, superare alcuni tubi e piattaforme mobili che fungono da “urbanistica” e infine giungere al castello reale. Ma la sovrana del regno dei funghi è al momento impegnata in un importante e urgente affare di stato. L’enorme, sputafuoco e minaccioso sovrano delle tartarughe Bowser (in originale con la voce di Jack Black) medita, con il potere della leggendaria super stella, di invadere il regno dei funghi dopo essere riuscito con estrema facilità a piegare il regno ghiacciato dei pinguini. Bowser sembra inarrestabile nel suo piano di invasione, con tutto il suo esercito e la sua fortezza volante d’assalto piena di bocche laviche, ma la principessa può forse affrontarlo se trova l’aiuto del popolo della giungla e dei potenti scimmioni Kong, alla guida dei loro go-kart. Mentre Peach è in procinto di partire per questa missione diplomatica di soccorso incontra Mario, che a parte i baffi e la bassa statura sembra molto simile a lei e forse viene “dal suo stesso pianeta”. La principessa sposa anche la missione di soccorso dell’idraulico e decide di portarselo dietro come aiuto, giusto dopo aver adeguatamente saggiato le sue capacità in un appropriato “percorso di addestramento”. Mentre Mario impara a saltare tra piattaforme mobili, bombe, spuntoni e piante carnivore, cercando di sfruttare i poteri nascosti in scatole misteriose fluttuanti e funghi colorati che il paesaggio offre, il viaggio di Luigi si è presto concluso con il suo imprigionamento in una delle piccole celle sospese sul magma dove vengono confinati tutti i nemici di Bowser. I suoi vicini di casa sono il re dei pinguini recentemente “sconfitti” e una stellina blu diventata completamente pazza. Il loro destino sembra essere “particolarmente caldo”, ma solo dopo aver assistito al matrimonio tra Bowser e la principessa Peach. Questo perché, nonostante la guerra e tutto il caos conseguente, Bowser ha in realtà come primissimo intento dichiararle il suo amore. La super stella è forse un regalo di fidanzamento, sono in atto delle prove per l’abito e la torta nuziale e il tartarugone si sta pure preparando al pianoforte,  per una canzone romantica che canterà in prima persona. Sarà davvero guerra? Riuscirà Mario a muoversi in quel mondo agilmente come sulle strade di Brooklyn? I Kong si presteranno ad aiutare Peach? Bowser sarà convincente come “romanticone” quanto lo è come monarca invasore?


Nel 1981, come protagonista del “gioco di piattaforme” da sala giochi della Nintendo Donkey Kong, nasceva il personaggio di Super Mario. Era un idraulico che doveva salire sulle impalcature di fortuna di alcuni palazzi in costruzione per salvare una biondina da un gorilla stille King Kong che lanciava contro il nostro eroe delle casse di legno. La grazia del game design e uno stile visivo semplice quanto accattivante, hanno subito trovato presa sul pubblico. Leggenda vuole che il creatore del gioco, Shigeru Miyamoto, si fosse ispirato per Donkey Kong proprio al più celebre King Kong e per Mario a una persona reale che bazzicava il suo studio e conosceva personalmente, ma a distanza di tanti anni si può dire che la scelta insolita del buffo piccolo idraulico che dice “mamma mia” si è rivelata davvero riuscitissima, tanto che Super Mario è oggi considerato uno dei massimi volti dei videogame, secondo solo a Pac-Man. Era il 1983 e Super Mario si guadagnava un gioco tutto suo, Super Mario Bros, che dalla Grande Mela spostava il nostro eroe (come in un isekai) in un mondo pieno di tubi, tartarughe e funghi magici, in cui si poteva impersonare anche Luigi, il fratello di Mario. Il titolo vendette così tanto e fu così acclamato che rese famosissima la piccola console a 8-Bit nota in Giappone come Famicom, in America come Nes e da noi semplicemente come “Nintendo 8bit”. Mario da allora ha avuto nuovi giochi ed è sempre stato ovunque, compreso in un film giapponese animato del 1986 da sessanta minuti, facendo ovviamente capolino anche al cinema, rubando qualche inquadratura come “guest star”. Uno dei suoi “ruoli” più famosi lo ha conquistato nel 1989, dove proprio i livelli di un appena uscito Super Mario 3 costituivano la “sfida finale” in un film per famiglie dal titolo Il piccolo grande mago dei videogame, per la regia di Todd Holland. Era uno di quei film che parlava “di videogiocatori” più che di “videogiochi”, un genere che negli anni ‘80 aveva forse vissuto il suo apice con Giochi Stellari di Nick Castle, del 1984 e  che di recente è stato “ravvivato” da pellicole come Pixels di Columbia Pictures. Ma giusto per celebrare i 10 anni di Super Mario Bros. nel 1993 arrivava per la prima volta in sala un film vero e proprio “sul personaggio”, diretto da Rocky Morton e Annabel Jankel. Se per l’animazione giapponese era più semplice, quasi naturale, trasporre un videogame già nel 1986, per le regole del cinema main stream di allora era qualcosa di nuovissimo, quasi un salto nel vuoto. E ne era uscito proprio un film stranissimo, non a caso tra i primi e più “inesperti” tentativi di adattamento cinematografico di un videogame: quando non era chiaro ai produttori quale fosse il pubblico di riferimento, il tono giusto e cosa si intendesse per “trasformare un videogame in un film”. C’era forse anche una sorta di pregiudizio, sulla intrinseca serietà “adulta” che doveva avere il cinema rispetto ai giochini dei computer, che ha ulteriormente contribuito a complicate le cose all’epoca. 


Ne era uscito un mondo dei funghi poco colorato e quasi vicino a un dark fantasy, tanto la pellicola era intrisa di atmosfere piene di tecnologia post industriale, ascensori e grandi fabbriche che espellevano costanti vapori quasi steampunk. La narrazione era dominata da toni visivi dissacranti ed eccessivi simili ad Atto di Forza di Verhoeven, da una pioggia incessante quasi alla Blade Runner che conferiva un'ulteriore nota malinconica. C’erano ovunque creature rettiloidi inquietanti in larghi cappottoni grigi e con elmetti austroungarici. I tubi colorati del mondo di Mario diventavano spazi bui plumbei e circolari simili ai labirinti di areazione alle megastrutture di Aliens di Cameron. Per “giustificare realisticamente” il fatto che Super Mario compiesse come nei videogame del grandi salti (e forse per superare il discorso dei superpoteri dei “funghi”, che poteva rimandare a Lewis Carroll ma anche agli psichedelici anni '70), si inventarono degli stivali a reazioni che forse omaggiavano quelli di Spock in Star Trek V. In genere “tutto” non aveva quasi nulla dei mondi dai colori pastello e della leggerezza quasi infantile che trasmettevano i videogame di Miyamoto, con la pellicola che puntava a posizionarsi sul solco estetico de Il Corvo di Proyas o del Batman Forever di Schumacher. Mario all’epoca era interpretato da un Bob Hoskins in spolvero dopo Roger Rabbit, che però sembrava quasi ripercorrere bizzarramente il personaggio di baffuto rivoluzionario futuristico che aveva vestito nell’82, nel fantasy surreale Brazil di Terry Gilliam. Bowser era invece un incazzatissimo Dennis Hopper versione neo-punk, in doppio petto e cresta “biondo-Sting”, un look alla Max Headroom che si sarebbe portato per molte pellicole anni '90. Di lì a poco sarebbe stato un altro villain “non troppo distante caratterialmente da Bowser”, per pari caratterizzazione sopra le righe e senso dell’umorismo nero, nel super cult fanta-flop (da noi amatissimo) Waterworld. La principessa Peach diventava quasi una variante frazettiana di Leia della taverna di Jabba de Il ritorno dello Jedi. Forse solo John Leguizamo nel ruolo di Luigi dava nel suo sguardo allampanato e nelle movenze da musical un po’ di quella leggerezza perduta dei videogame. A rivederlo oggi con gli occhi degli appassionati di stranezze cinematografiche Weird-pop come i film dei Masters of the Universe, T-Rex con Whoopi Goldberg o Flash Gordon o I Barbarians Brothers di Deodato, il film del 1993 è un piccolo cult, ma ci si aspettava da Mario in sala qualcosa di diverso. Di lì a poco i videogame di Mario avrebbero esplorato con più convinzione il background “narrativo” del personaggio in opere come Yoshi’s Island o Super Mario Rpg. Di recente il cinema ha poi trovato modi intriganti “alternativi” di parlare di videogame, come per il disneyano Ralph Spaccatutto. Siamo nel 2023, 30 anni da Supermario Bros per il Famicom, con Damiano dei Maneskin che canta un pezzo che si chiama “Mamma mia”, come la più classica espressione “supermariesca”. Il cinema d’animazione odierno, per un gioco del destino, si è fatto poi sempre più simile all’estetica e narrazione degli attuali videogame. In specie dopo l’arrivo sulla scena di Dreamworks con il suo Shrek, che ha scoperto un modo più moderno di “raccontare storie per ragazzi” (già esplorato pionieristicamente negli anni '80 da Don Bluth come dalla Lucas Film Games), “rispettoso delle fonti” ma carico di ironia e incendiaria autoironia. Un “linguaggio comune”, che ha portando da un lato a film animati frenetici come un videogame come Kung Fu Panda e Cattivissimo me, come dall’altro a videogame carichi di scenette buffe che sembrano uscire da in cartone animato come Ratchet e Clank. Se la chiave iniziale è stato proprio l’impianto auto-ironico, oggi il linguaggio si è ulteriormente esteso e sdoganato in giochi e pellicole in cui tutti i linguaggi narrativi si fondono “in ogni modo” (ai tempi del primo Shrek invece, il serioso film animato su Final Fantasy non aveva trovato pari successo). Al punto che lo spettatore/giocatore potrebbe immaginarsi tanto di essere chiamato a “interagire con un film” (proprio come nelle scene action di Kung fu Panda o le sparatorie di Cattivissimo Me, ma pure nel live action The Batman, che ricorda tantissimo per la costruzione degli scenari e modi di interazione del personaggio la serie di videogame Arkham Asylum), quanto di posare il joypad e apprezzare la recitazione degli attori in un videogioco (come avviene nel recente God of War ma pure Last of Us o la serie Dark Anthology).


Per affrontare la sfida di un nuovo film su Super Mario nel 2023 viene chiamata la sempre più brava Illumination, fondata nel 2007 da Chris Meledandri. 

Meledandri ha iniziato la carriera producendo Cool Runnings: quattro sotto zero e Sister Act 2 per la Disney. Passato alla Fox, ha prodotto i vari capitoli della fortunata saga L’era glaciale e dopo la nascita di Illumination ha curato Cattivissimo Me, Pets, Il Grinch e i Minions. Di recente è diventato consulente per il rilancio di Shrek iniziato con il fortunato Il gatto con gli stivali 2. A garanzia della massima fedeltà delle fonti Meledandri produce Super Mario insieme al papà del personaggio, Shigeru Miyamoto. La colonna sonora è allo stesso modo “doppiamente firmata” da Brian Tyler, che ha composto lo score di Fast’n’Furious e da Koji Kondo, autore delle classiche musiche del videogame qui reinterpretate in una chiave rispettosa quanto moderna. Alla regia ci sono Aaron Horvath e Michael Jelenic, due produttori della divertente e fortunata serie tv a cartoni animati dei Teen Titans, un piccolo must che dimostra come sia possibile fondere i supereroi con un umorismo alla Looney Toons. Sono alla loro prima prova come registi, ma forse anche per questa esperienza hanno un gran gusto per coniugare l’azione quanto lo sviluppo di momenti umoristici. La storia è invece scritta da Matthew Fogel, già autore di Minions 2 e Lego The Movie 2, che ha scelto di costruire su un’unica “mappa visivo/narrativa” le atmosfere del primissimo Donkey Kong, di Super Mario Bros e seguiti, Super Mario Kart, qualcosa di Super Mario Rpg e Donkey Kong Country 1 e 2. Ci sono anche “innesti” da Super Mario World, da Super Mario Galaxy e “suggestioni” da Luigi’s Mansion, ma questi titoli potrebbero essere maggiormente espansi in opere future. Il lavoro di Fogel punta molto sull’umorismo ma anche sull’amarcord, enfatizza amabilmente “l’italianità dei personaggi” tra pizza, baffi e generosità e non perde mai occasione di riempire di citazioni e chicche per videogiocatori appassionati ogni scena. L’animazione dei professionisti che hanno già dato vita a Gru e soci risulta come sempre impeccabile, super colorata e rispettosissima del materiale originale. Una girandola colorata di esplosioni e colori in cui è bello perdersi. Il piccolo e combattivo Mario in originale è doppiato da Chris “Star Lord” Pratt e in italiano da Claudio Santamaria, che riescono entrambi a rendere il personaggio particolarmente simpatico, battagliero ma anche sinceramente affettuoso. Il papà di Mario, Giuseppe, in originale ha la voce del leggendario Charles Martinet, la voce ufficiale di tutti i videogame di Mario, ed è un vero piacere sentirlo recitare al di là del classico “Mamma Mia” dei giochi e “vederlo” come un Mario dai capelli ingrigiti e qualche capello in meno. Nel film c’è un chiaro occhio di riguardo anche per il recente “girl power”, con una atletica e dinamica Peach, doppiata da una sempre brava Anya Taylor-Joy che riesce a donarle un carattere deciso quanto ingenuo, indipendente, sognante e tutta da scoprire. Davvero azzeccato Jack Black sull’enorme, terribile ma goffo Bowser, in specie quando mette da parte la sua aria cupa e si cimenta al pianoforte ricordandoci il talento istrionico che ha dimostrato nei Tenacious D e School of Rock. Ugualmente azzeccato il coccoloso, tronfio ma divertente Donkey Kong  doppiato da Seth Rogen, che si carica di tutto il finto machismo in cui il comico americano eccelle. 


L’azione viene sempre sviluppata in modo da rendere i game play dei vari giochi citati coerenti e narrativamente ben integrati alla trama, con soluzioni spesso originali e rispettose della “esperienza videoludica”, anche nell'accezione di giustificare i momenti in cui è necessario dover “ripetere un quadro” per migliorarsi. I 90 minuti di durata volano in un attimo e si attende fino alla fine dei titoli di coda per una piccola sorpresa. 

Oggi un film di Super Mario non può essere come il film del 1993 con Bob Hoskins, né può essere ridotto a un semplice cartone animato giapponese come nel 1986. È in effetti un modo di fondere cinema e videogame che dona alla pellicola un gusto “diverso dal solito”, accelerato, veloce, forse “da metabolizzare” soprattutto “per chi non è più giovane”, vede videogiochi e cinema come media sostanzialmente diversi e forse si sente più a suo agio con gli stivali a razzo di Bob Hoskins. È un film per videogiocatori moderni, ma è anche un modo di fare cinema ipercinetico, colorato e divertente come le montagne russe che può andare benissimo per chi cerca una distensiva serata escapista, tra battute e inseguimenti, cercando di fatto uno spettacolo non dissimile da quello che può offrire un nuovo film di Fast’n’furious. Tutto diventa per forza ancora più divertente se vissuto con i più piccini o qualche amico videogiocatore “di vecchia data”, per poi tornare a casa a fine visione e “continuare a divertirsi” con la console. 

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