martedì 11 aprile 2023

Terra e polvere (Return to dust): la nostra recensione del film scritto e diretto da Ruijun Li con interpreti Wu Renlin e Hai Qing che ci porta in una Cina rurale lontana ma incredibilmente attuale, quanto non troppo distante dalle atmosfere contadine cantate da Ermanno Olmi

Siamo nella Cina del nord est del 2011, nella provincia rurale di Gansu.

L’anziano smilzo e laborioso Ferro (l’attore non professionista Wu Renlin) guarda il mondo a testa bassa, come se tutto quello che c’è davvero di importante nella vita risieda nella terra che coltiva con cura e rispetto da quando era giovane. Ha carezze solo per l’asino che lavora con lui, passa tutto il giorno ad arare, raccogliere e seminare. Quasi non parla con le altre persone, si esprime giusto educatamente con dei cenni del capo. Si muove per strade sterrate e asfaltate ancora fieramente con il suo carretto, quando gli chiedono di trasportare mobili che sono troppo di ingombro per i furgoni a benzina. “Glielo chiede la comunità” e Ferro dona il sangue gratuitamente per il ragazzino di una ricca famiglia locale. “Glielo chiede lo Stato” e Ferro abbandona la sua casetta per un piano di ricollocamento urbano, mentre suo fratello si intasca i soldi senza nemmeno farglielo sapere. “È solo momentaneo” e l’uomo, lasciato per strada senza un alloggio che è “purtroppo” ancora in costruzione, prima ristruttura una casa diroccata e dopo che “lo Stato glielo chiede di nuovo” si costruisce una nuova casa di emergenza da zero, da solo, costruendola mattone dopo mattone con fango e sassi, sfidando la stagione delle piogge e il buon senso e riuscendo pure a ingrandire la sua fattoria, allargandola con maialini e pulcini. Certo Ferro non è più un giovincello, avrebbe bisogno forse della compagnia di qualcuno. Magari si potrebbe appioppargli una donna sfiorita, ritenuta da tutti matta, sterile e con gravi problemi di incontinenza: una che non si sposerebbe nessuno e che è sempre più di peso alla sua famiglia. Ferro non si ribella e la sposa senza fiatare, dimostrando a Guiying (Hai Qing) tutta la tenerezza e rispetto con cui si dedica alle piccole cose del suo mondo. La donna lo affianca silenziosa e gentile, supportandolo nel lavoro e preparandogli l’acqua calda per quando rientra tardi la notte dopo ogni trasloco con il carretto. Poi lo Stato decide che Ferro deve spostarsi a vivere in una città, nel rispetto di una nuova legge a sostegno delle persone povere, lontano dai campi, in un luogo dove poter anche lui apprezzare i tanti privilegi della vita moderna: vivere su un palazzo di più piani e avere un televisore tutto suo. Nel frattempo qualcuno si prenderà i soldi che gli spettano per il nuovo ricollocamento e archivierà la pratica della sua esistenza. 


Raccontandoci il linguaggio silenzioso e operoso di chi lavora la terra con umiltà, rispetto per il mondo e i suoi simili, il regista Ruijun Li mette in scene una storia umana tanto “piccola” e tenera, molto vicina per atmosfere e “verismo” alle storie del piccolo popolo contadino de L’albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi, quanto una ferocissima critica al mondo moderno, non necessariamente riconducibile al solo “mondo cinese”. Terra e Polvere è una storia che fin dalle prime battute si fa metafora esistenziale sulla condizione umana, raccontando di come lo Stato, un qualsiasi Stato, sprema con indifferenza ogni tradizione ed “eroismo”, nella smania infinita di “modernizzarsi” e trasformare i suoi cittadini in provetti consumatori della “grande impresa mondiale”. Il silenzioso contadino Ferro, dal passo lento, fiero e dalla “scorza” inarrestabile, viene interpretato dall’attore non professionista Wu Renlin con una spontaneità “romantica quanto titanica”, mentre lo vediamo stoicamente dedicare la sua piccola vita nella costruzione e ricostruzione di un piccolo mondo antico espropriato più e più volte. Un uomo che accetta il suo ruolo nel rispetto dello Stato e della sua religione, senza curarsi di alzare la voce nei confronti di una politica che dimostra a più riprese di non avere la minima voglia né il tempo di considerarlo qualcosa di diverso di “un tubetto da spremere”. Accanto a Ferro c’è la “accartocciata e gentile” Guiying della bravissima attrice Hai Qing. Lei è un “ingranaggio inadatto al sistema”, malata, sterile e fragile e per questo da “appioppare socialmente” alla carità di chi “sta ai margini” e può occuparsene senza chiedere in cambio allo Stato qualcosa che lo Stato non gli darebbe. Qualcuno come  Ferro. Il contadino riesce ad amarla e renderla felice senza occuparsi mai più del dovuto dei suoi problemi e limiti, giusto intervenendo quando serve con un silenzio gentile. Ferro sceglie di accettare il suo aiuto anche nei momenti in cui lei non ha molto da offrire, ma ha lo stesso un grande “desiderio di fare” per gratitudine e affetto. La donna viene colpita da Ferro dal primo momento, nella prima scena, quando lo vede trattare con gentilezza un asino appena frustato da un’altra persona. Il loro è subito un amore “tenero ed etico”, sostenuto in ogni avversità nella completa derisione e indifferenza degli altri, fatto di piccoli gesti di comprensione e ascolto che ai giorni nostri diventano sempre più spesso qualcosa di “scontato”, “troppo” ridondante. Ferro e Guiying, esattamente come il loro amato asino, procedono nella loro grama ma felice esistenza fornendo agli altri personaggi in scena “l’esempio” di una vita retta e produttiva, come quella di Boris Stakanov. Ma lo spettatore è chiamato a guardare a loro in fondo come mosche bianche, come ultime tracce di una nobiltà civica e d’animo che sta scomparendo, in un mondo che si sta già trasformando inevitabilmente “in polvere”, insieme alla sempre minor cura che le nuove generazioni riservano per persone e terra, sempre più accostati alla stregua di “indifferenti soggetti sociali”. Il contadino e la moglie sono gli ultimi e sono circondati dall’affettata “indulgenza” con cui “legalmente” li truffano e derubano, senza farsi problemi a espropriare terre feconde per far cresce mega-industrie automatizzate inquinanti (la Cina è il paese che non l’industria inquina di più al mondo, quasi il 50% di CO2 annuo), pensano in modo utilitarista di poter sradicare gli uomini, spostandoli da un luogo all’altro come le pedine del monopoli, inseguendo confusi “futuri migliori” che immaginano per ”persone che non conoscono e non vogliono conoscere.” Il film di Ruijin Li possiede grazie ai suoi  interpreti e all’occhio con cui riesce a ritrarre la natura agreste in cui vivono, una bellezza spiazzante ed eroica, difficilmente incline a “spegnersi” anche davanti alle angherie e soprusi del mondo esterno. È un film che dà speranza nei confronti di un mondo passato “pur al lumicino” che crede ancora nelle piccole possibilità di generare qualcosa di umano e solidale, a dispetto di un presente che sa solo dare vita a carte della burocrazia, inquinamento, soldi per i più ricchi e cemento. Un film amaro ma che dà coraggio.


Le oltre due ore passano per il pubblico veloci e leggere come se “cadesse vittima di un incantesimo”, grazie a una messa in scena che non conosce alcuna sbavatura e lungaggine e alla narrazione visiva sempre coinvolgente e attiva in cui si muovono sulla scena gli interpreti, con una fisicità tra Chaplin e Buster Keaton. Terra e Polvere è film senza età, gentile quando politicamente “urgente”, che deve essere annoverato senza alcuna remora tra le migliori pellicole degli ultimi anni. È un film che fa riflettere, sognare e insegna davvero qualcosa sul coraggio e la gentilezza. 

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