sabato 9 febbraio 2013

Les Misérables




Victor Hugo scrive una delle massime opere della letteratura mondiale. Vi si narra di un paese in subbuglio, dove la legge sembra perseguitare le persone e un rinnovato spirito combattivo colpisce i giovani nati al tramonto della rivoluzione francese. Il prigioniero 20601 è in semilibertà dopo 19 anni di carcere, scontati per aver rubato un pezzo di pane e per aver tentato la fuga più volte. 20601 per la legge, ma il suo nome è Jean Valjean e una volta tornato libero dovrà esporre sempre un documento che attesti la sua condizione da ex galeotto oltre all'obbligo di firma giornaliero, condizioni che di fatto non gli permetteranno altro che vivere una esistenza da reietto. Jean Varjean però si ribella, distrugge il documento e si dà alla fuga. Grazie a un prete cambia nome e riesce così a mutare il suo destino. Ma dietro di lui ci sarà sempre un poliziotto, Javert, che per tutta la vita inseguirà il fuggitivo. Jean Varjean riuscirà a diventare una persona migliore grazie alla piccola Cosette, Javert diventerà un pezzo grosso. La vita non sarà però facile per entrambi, come per le persone con cui avranno a che fare.


A Broadway c'è un musical che da 30 anni fa il tutto esaurito. È basato su “i miserabili” di Vcitor Hugo e vanta diecimila versioni, tradotte in ogni paese tranne che in Italia. Di fatto un'aria di questo musical è stata utilizzata da Pippo Baudo come motivetto del Festival di San Remo, cambiando le parole, ma questa è un'altra storia. A cotanto successo mancava il suggello di una riduzione cinematografica. Operazione quantomai ambiziosa quanto pericolosa; i musical “tradotti al cinema” sono in genere delle sole, come Rock of Ages e Rent di recente, o Il fantasma dell'Opera qualche tempo fa. Ma ogni tanto le cose vanno bene ed è il caso di Mamma Mia, Sweeney Todd, Chicago e questo Les Misérables.
Tom Hooper è uno dei più noti registi inglesi. Suoi sono "Il maledetto United" e il mortalmente palloso "Il discorso del re". Un regista solido, molto esperto nella direzione degli attori. Hugh Jackman non è “solo” Wolverine, ha una lunga gavetta nei musical. Non viene dai musical ma è un attore di straordinaria presenza scenica e umanità Russel Crowe, così come bravissima a recitare e cantare è Anne Hathaway. Se la cavano bene come attori-cantanti anche Samantha Banks e Eddie Redmayne. Sono invece già rodati e affidabili al cinema come interpreti di musical Amanda Seyfried, che viene da Mamma mia, Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, entrambi in Sweeney Todd. Con un simile cast tecnico c'erano da subito le premesse per un ottimo lavoro e così è puntualmente avvenuto. Oltre ad una regia ispirata e una sontuosa messa in scena da ogni punto di vista, gli attori, il cuore di ogni musical, sono semplicemente perfetti nella parte e non fanno sentire la durata complessiva della pellicola, che si attesta quasi sulle tre ore. Molte sono le scene vincenti, merito anche di una sceneggiatura che ha saputo riscrivere e valicare i limiti spaziali che gioco-forza presentava la messa in scena teatrale. Dalle imponenti location perfettamente ricostruite ai cavalli e cannoni che si arrampicano nei vicoli di Parigi, l'intera rappresentazione ben figura una folla in costante movimento in una continua invasione degli spazi. Ciò che più affascina a parer mio è poi la verticalità della messa in scena, il fatto che il personaggio di Crowe, rappresentazione dello Stato così come della legge, sia sempre “al di sopra” del popolo anche fisicamente, laddove l'attore, già alto di statura, spesso è a cavallo o parla da balconate o addirittura si muove sui cornicioni dei tetti dei palazzi, in una continua sfida alla gravità, vissuta sull'orlo del vuoto, laddove il fondo è proprio dove sta il popolo, dove dovrebbe stare forse la giustizia. Difficile stilare la lista dei “più bravi”. Laddove Crowe non è un cantante, questi ripaga con una interpretazione fisica e gestuale magistrale, il suo personaggio è un titano, l'espressione, al di là della severità che il proprio ruolo impone, della volontà disperata di conservare un mondo che va a rotoli. Hugh Jackman è il motore stesso dell'opera, impersona un uomo forte ma sempre in fuga, costretto a sbagliare a volte solo in virtù del suo istinto di conservazione, che gli impone delle priorità fittizie. Buona volontà di cambiare che si scontra con un costante senso di inadeguatezza in un personaggio che però cresce e matura diventando simbolo morale di una generazione che forse ha fatto troppi sbagli, magari ha subito dei torti, ma che ora vuole solo consegnare ai giovani un mondo migliore. Un uomo che cambia, quindi, che cambia per amore, grazie a Cosette, interpretata da bambina da Isabelle Allen (che canta anche sul trailer) e da adulta da Amanda Seyfried, entrambe perfette nell'incarnare l'innocenza e grazia del personaggio. 
Scusate, dovevo metterla!
La nomination all'Oscar di Anne Hathaway dà poi la dimensione di quanto sia eccelsa la sua interpretazione, il suo ruolo dura una manciata di minuti ma rimane, costante, nella testa degli spettatori per tutta la durata della pellicola. Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter riescono ad alleggerire una materia quanto mai cupa, ritagliandosi addosso i personaggi più guasconi e irriverenti, dimostrando una leggerezza recitativa che ben si adatta come contrasto alle parti più sofferte e sanguigne, quelle dei giovani rivoluzionari interpretati da Samantha Banks e Eddie Redmayne, il cui destino è incerto. Credo di aver finito gli aggettivi e di essermi pure qua e là ripetuto. Ma questo film è davvero bello ed è bello poterlo vedere su grande schermo, dove viene più adeguatamente resa giustizia alla rappresentazione. Cinque nomination. Non posso che augurare l'incasso pieno a quest'opera.
Tutto in lingua originale con sottotitoli (si sono così evitate tremende traduzioni di canzoni in italiano come ne Il fantasma dell'opera). 
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