Victor Hugo scrive
una delle massime opere della letteratura mondiale. Vi si narra di un
paese in subbuglio, dove la legge sembra perseguitare le persone e un
rinnovato spirito combattivo colpisce i giovani nati al tramonto
della rivoluzione francese. Il prigioniero 20601 è in semilibertà
dopo 19 anni di carcere, scontati per aver rubato un pezzo di pane e
per aver tentato la fuga più volte. 20601 per la legge, ma il suo
nome è Jean Valjean e una volta tornato libero dovrà esporre
sempre un documento che attesti la sua condizione da ex galeotto
oltre all'obbligo di firma giornaliero, condizioni che di fatto non
gli permetteranno altro che vivere una esistenza da reietto. Jean
Varjean però si ribella, distrugge il documento e si dà alla fuga.
Grazie a un prete cambia nome e riesce così a mutare il suo
destino. Ma dietro di lui ci sarà sempre un poliziotto, Javert, che
per tutta la vita inseguirà il fuggitivo. Jean Varjean riuscirà a
diventare una persona migliore grazie alla piccola Cosette, Javert
diventerà un pezzo grosso. La vita non sarà però facile per
entrambi, come per le persone con cui avranno a che fare.
A Broadway c'è un
musical che da 30 anni fa il tutto esaurito. È basato su “i
miserabili” di Vcitor Hugo e vanta diecimila versioni, tradotte in
ogni paese tranne che in Italia. Di fatto un'aria di questo musical è
stata utilizzata da Pippo Baudo come motivetto del Festival di San
Remo, cambiando le parole, ma questa è un'altra storia. A cotanto
successo mancava il suggello di una riduzione cinematografica.
Operazione quantomai ambiziosa quanto pericolosa; i musical “tradotti
al cinema” sono in genere delle sole, come Rock of Ages e Rent di
recente, o Il fantasma dell'Opera qualche tempo fa. Ma ogni tanto le
cose vanno bene ed è il caso di Mamma Mia, Sweeney Todd, Chicago e
questo Les Misérables.
Tom Hooper è uno
dei più noti registi inglesi. Suoi sono "Il maledetto United" e il
mortalmente palloso "Il discorso del re". Un regista solido, molto
esperto nella direzione degli attori. Hugh Jackman non è
“solo” Wolverine, ha una lunga gavetta nei musical. Non viene dai
musical ma è un attore di straordinaria presenza scenica e umanità
Russel Crowe, così come bravissima a recitare e cantare è Anne
Hathaway. Se la cavano bene come attori-cantanti anche Samantha Banks
e Eddie Redmayne. Sono invece già rodati e affidabili al cinema come
interpreti di musical Amanda Seyfried, che viene da Mamma mia, Sacha
Baron Cohen e Helena Bonham Carter, entrambi in Sweeney Todd. Con un
simile cast tecnico c'erano da subito le premesse per un ottimo
lavoro e così è puntualmente avvenuto. Oltre ad una regia ispirata
e una sontuosa messa in scena da ogni punto di vista, gli attori,
il cuore di ogni musical, sono semplicemente perfetti nella parte e
non fanno sentire la durata complessiva della pellicola, che si
attesta quasi sulle tre ore. Molte sono le scene vincenti, merito
anche di una sceneggiatura che ha saputo riscrivere e valicare i
limiti spaziali che gioco-forza presentava la messa in scena
teatrale. Dalle imponenti location perfettamente ricostruite ai
cavalli e cannoni che si arrampicano nei vicoli di Parigi, l'intera
rappresentazione ben figura una folla in costante movimento in una
continua invasione degli spazi. Ciò che più affascina a parer mio è
poi la verticalità della messa in scena, il fatto che il personaggio
di Crowe, rappresentazione dello Stato così come della legge, sia
sempre “al di sopra” del popolo anche fisicamente, laddove
l'attore, già alto di statura, spesso è a cavallo o parla da
balconate o addirittura si muove sui cornicioni dei tetti dei
palazzi, in una continua sfida alla gravità, vissuta sull'orlo del
vuoto, laddove il fondo è proprio dove sta il popolo, dove dovrebbe
stare forse la giustizia. Difficile stilare la lista dei “più
bravi”. Laddove Crowe non è un cantante, questi ripaga con una
interpretazione fisica e gestuale magistrale, il suo personaggio è
un titano, l'espressione, al di là della severità che il proprio
ruolo impone, della volontà disperata di conservare un mondo che va
a rotoli. Hugh Jackman è il motore stesso dell'opera, impersona un
uomo forte ma sempre in fuga, costretto a sbagliare a volte solo in
virtù del suo istinto di conservazione, che gli impone delle
priorità fittizie. Buona volontà di cambiare che si scontra con un
costante senso di inadeguatezza in un personaggio che però cresce e
matura diventando simbolo morale di una generazione che forse ha
fatto troppi sbagli, magari ha subito dei torti, ma che ora vuole
solo consegnare ai giovani un mondo migliore. Un uomo che cambia,
quindi, che cambia per amore, grazie a Cosette, interpretata da
bambina da Isabelle Allen (che canta anche sul trailer) e da adulta
da Amanda Seyfried, entrambe perfette nell'incarnare l'innocenza e
grazia del personaggio.
Scusate, dovevo metterla! |
La nomination all'Oscar di Anne Hathaway dà poi la dimensione di quanto sia eccelsa la sua interpretazione, il
suo ruolo dura una manciata di minuti ma rimane, costante, nella
testa degli spettatori per tutta la durata della pellicola. Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter riescono ad alleggerire una
materia quanto mai cupa, ritagliandosi addosso i personaggi più
guasconi e irriverenti, dimostrando una leggerezza recitativa che ben
si adatta come contrasto alle parti più sofferte e sanguigne,
quelle dei giovani rivoluzionari interpretati da Samantha Banks e
Eddie Redmayne, il cui destino è incerto. Credo di aver finito gli
aggettivi e di essermi pure qua e là ripetuto. Ma questo film è
davvero bello ed è bello poterlo vedere su grande schermo, dove
viene più adeguatamente resa giustizia alla rappresentazione. Cinque
nomination. Non posso che augurare l'incasso pieno a quest'opera.
Tutto in lingua
originale con sottotitoli (si sono così evitate tremende traduzioni
di canzoni in italiano come ne Il fantasma dell'opera).
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