Quimby assomiglia apparentemente al
topolino degli albori in bianco e nero, vive apparentemente in un mondo assurdo
Tex Avery in cui tutti e buffo, dagli incidenti stradali alle decapitazioni.
Quimby vive un rapporto strano con il supereroe/ladro Ciclone ma soprattutto
con se stesso, per via delle sue due teste. Una di loro sta male, si affatica
troppo, si addormenta sempre, forse sta morendo e dovrà essere rimossa. Quimby
potrebbe diventare solo e sentirsi di conseguenza “più piccolo” nel suo mondo,
un mondo che senza l’altra testa è enorme quanto vuoto ma sempre con qualcosa
di ingombrante in strada quando guidi un’auto, qualcosa da sbatterci contro.
No, non siamo a Topolinia, ma a Omaha, negli Stati Uniti. Un posto bellissimo
una volta, ma tutto chiuso nel presente, da quando Quimby non è più un topolino
a due teste. Forse le cose cambierebbero se saltasse fuori l’altra testa, pur
recisa potrà pure valere qualcosa? Bisognerebbe vedere nella credenza della
cucina, pur con il rischio che quella inizi a piangere allegando tutta la casa.
Ma il rischio si può correre, perché basta aprire la finestra e la cascata di
lacrime ci porterà fuori, nel mare aperto, con la credenza come barca. Lì per
lo meno potremo pescare e se quella testa extra continuerà a piangere la
useremo come esca.
Follia escapista fortemente
psicanalitica, sarcasmo sulfureo, una continua sperimentazione grafica e
molteplici piani di lettura. L’arte “sequenziale“ propria del fumetto che
spacca la logica “consequenzialista”, spingendo il lettore a muoversi tra le
tavole a volte come tra i labirinti e rebus della settimana enigmistica, a
volte tra i dettagli invisibili e didascalie a bordo pagina, libero di capire o
non capire il contesto, rimanere folgorati o indifferenti. Così come accade
nella vita. Quimby The Mouse, nato come striscia e presto diventato apripista
della poetica visiva unica di Chris Ware, collocandosi agli inizi dei suoi Acme
Novelty Library è un’opera enorme, fredda, geometrica e sontuosa quanto
piccolissima, intima, che riesce a scaldare il cuore a chiunque si avvicini a
lei con il giusto entusiasmo. Entusiasmo che nasce dalla scoperta prima di
tutto dell’enorme “oggetto-libro” in cui l’opera è riversata in questa enorme e
ultra-curata edizione. La copertina è un minuzioso quadro astratto simile a una finestra, composto da geometrie semplici e rivoli raffinati eleganti. Se
fosse il rivestimento di una tavoletta (enorme) di cioccolata, sarebbe un
prodotto di Willy Wonka. Sul retro di copertina una specie di diagramma pieno
di cerchi, frecce e flussi, con disegni microscopici resi ancora più complicati
da comprendere per via della colorazione in rapporto allo sfondo. È di fatto la
prima “prova diabolica” che Ware, che ha curato ogni singolo dettaglio
dell’albo, dai layout alle note in microscopico che dovrebbero essere relative
ai credits della tipografia, pone al lettore. Un plauso enorme a Oblomov che
sceglie una carta e formato che non nasconde alcuno di questi dettagli. Ci
perderete due diottrie, vi prodigherete con lenti di ingrandimento e le lampade
più appropriate a far riverberare fin alla grammatura del cartonato, ma in quel
retro di copertina vi ci dovete immergere con tutta la testa o forse non
riuscirete a superare la prima pagina del volume. Armeggiando un po’ ce la
farete e vi sarà dischiusa l’ironia e il calore strabordante nascosto tra le
geometrie più asettiche. Aprirete così l’albo e inizierete a leggerlo “tutto”,
partendo dai molti ed esilaranti contenuti di stampo editoriale che contiene.
Vi accorgerete che il formato assurdo, quello che vi ha più volte allontanato
dall’acquisto per paura del “ora dove lo metto, se non ho un’auto?” ha un senso, Quimby The Mouse è come un quotidiano, con articoli di fondo, pubblicità,
articoli di approfondimento. Ci sono anche dei lunghi tutorial per creare fai
da te degli oggetti! C’è un significato nascosto al tutto e come tutti i grandi
misteri Ware ce lo spiattella in prima vista senza che ce ne accorgiamo, come
lanciando all’improvviso una barzelletta cattiva all’interno di uno spettacolo
comico. Poi ci guida in un percorso grafico e narrativo subito criptico,
straniante e progressivamente lo dissolve, palesa, fino a tornare a quel punto,
al punto che tutto l’argomento dell’opera è sempre stato “quel punto”. Tutto
combacia e ci si trova in un mare di lacrime, incapaci di girare la pagina e
scoprire il nuovo indovinello visivo o narrativo. Sembra un po’ di trovarsi
davanti a S - la nave di Teseo di J.J.Abrams, sembra di leggere una delle
storie più intime di Gipi, dove l’autore ha tutta l’esperienza e generosità di
farci accedere al suo mondo interiore. Di più, si scopre e riconosce una
tecnica innovativa di fare arte e fumetto, al punto da poter comprendere meglio
altri autori che possono essere “passati da queste parti”, leggendo anche loro
Ware. Mi sono tornati dei rimandi forti al numero di Dylan Dog di Rathiger ,
In fondo al male, comprendendo l’amore sconfinato che Ratigher ha per Ware,
al punto che ora a capo della Coconino sta cercando di portare in Italia altre
opere di Chris Ware, partendo da Rusty Brown alla ristampava commemorativa di Jimmy Corrigan il ragazzo più in gamba della terra, non a caso altre opere
che con Quimby The Mouse si sono alternate a puntate negli Acme Novelty
Library. Tutti speriamo che Rathiger riuscirà a portare di Ware il gigantesco,
in tutti i sensi, Building Stories, per esempio. Quimby The mouse è invece
realizzato da Oblomov, ma il ramo non è certo lontano dall’albero in quanto la
casa è diretta da Igort, non a casa il precedente boss di Coconino e fautore
della medesima filosofia nella scelta degli autori. Igort crea così una
edizione super-extra lusso, davvero imperdibile anche solo come oggetto d’arte.
Leonardo Rizzi, adattatore leggendario delle opere di Alan Moore (V per
vendetta, Watchmen), Neil Gaiman (Sandman), Frank Miller (300, Ronin), Warren
Ellis (Transmeteopolitan), riesce con Ware a far risaltare tutto l’umorismo,
poetica, fine intelligenza. Alcuni passaggi rappresentano delle costruzioni
visive e narrative ardite, ma scorrono con naturalezza e leggerezza nella
nostra lingua.
Vorrei dirvi di più di Quimby, vorrei
“svelarvi il segreto” come molte testate hanno già fatto fin dal titolo
dell’articolo dedicato, ma voglio lasciare a voi la scoperta, l’estremo
appagamento che sa scaturire la lettura di quest’opera di Chris Ware, non a
caso oggi considerato dalla critica uno dei più grandi artisti viventi del
mondo delle nuvole parlanti. Anche questo è un punto critico involontario nel
cimentarsi nella lettura delle sue opere: l’assunto che quanto stai per leggere
“è il top della gamma artistica contemporanea”. Ware “intimorisce”, spesso si
colleziona perché “si deve collezionare”, si sfoglia per cinque minuti, si
saltano tutte le parti scritte con i loro muri di parole e diagrammi, non si
capisce se bisogna leggerlo dall’alto, dal basso o a ritroso, lo si trova
“Comunque magnifico”, forse “troppo critico“, si appoggia sullo scaffale in bella
mostra come una riproduzione di Andy Warhol e... non si prende più in mano. E
invece bisogna tuffarcisi dentro, prendere un pomeriggio intero per leggere e
decifrare le 60 pagine più dense di informazioni che potreste immaginare. Se ci
riuscirete, vincendo gli innumerevoli trabocchetti visivi geometrici, perdendo
diottrie, cercando magari di realizzare fai da te un pupazzo meccanico seguendo
le istruzioni, di colpo vi apparirà a fianco Chris Ware con l’aria bonaria, i
suoi occhialini rotondi e sorriso beffardo. Senza un perché vi verrà voglia di
abbracciare lui come abbraccereste Willy Wonka.
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