mercoledì 16 dicembre 2020

Operation Red Sea - la nostra recensione del Black Hawk Down cinese

 


In uno stato del nord Africa un’insurrezione armata particolarmente cruenta mette a rischio l’ambasciata cinese e diventa necessaria un’immediata evacuazione. L’esercito locale è allo sbando e chiede aiuto alla Marina cinese, che interviene inviando una squadra d’elite con il compito di aprire la strada ai convogli, circondati dai ribelli nel centro della capitale. Non sarà un’impresa facile.

Tratto da una storta vera e per certi versi simile a quella raccontata da Ridley Scott in Black Hawk Down, Operation Red Sea fa parte di una mia personale maratona alla scoperta del genere action-militare ai tempi della Cina contemporanea, che per ora comprende anche pellicole come Wolf Warrior e SWAT. Se risulta chiaro l’intento generale di dare delle forze armate un’immagine quasi supereroistica ma non troppo distante dalla gente comune, in una specie di operazione simpatia che recupera in modo interessante alcune delle meccaniche dell’action movie militare americano, specie di produzione Canon/Silver Pictures, in Red Sea batte forte la poetica di un regista specialista di “eroi infranti e perdenti” come Dante Lam. Dopo i suoi cecchini resi pazzi (Snipers), poliziotti con sulla coscienza dei bambini morti (Beast Stalkers), detective corrotti (Fire of coscience), da Lam non ci aspettavamo di colpo degli eroi positivi a tutto tondo. Profeta dell’action adrenalinico, sempre attento a una messa in scena altamente spettacolare quanto interessata al fattore umano, Lam difficilmente si piega qui alla visione più confortante e bidimensionale delle forze armate, portando sullo schermo uno spettacolo impastato di budella e piombo quantomai crudo e decisamente antieroico. Il fallimento è dietro l’angolo, i rimpianti e incidenti si susseguono. Una scena nella prima mezz’ora in cui la truppa spara pistole con cavo da funivia che pare uscita da Star Wars episodio 1, un paio di parate con i mezzi e uniformi puliti e l’obolo della “simulazione pettinata” in stile SWAT è pagato. Quella che segue nei 140 e passa minuti del film è una serratissima carneficina elegantemente presentata con rallenty e scene di massa. Pare di essere tornati ai bei tempi di John Woo. I soldati, che non sono qui per particolari operazioni simpatia quanto per sparare duro in un inferno in terra carico di terroristi, non sembrano affatto modelli di intimo indistruttibili. Sono tozzi, bruttini, “veri”. Se subito nei primi minuti iniziano a coprirsi con il sangue e le frattaglie dei loro nemici, verso due terzi di film pure i buoni sono per la maggior parte pieni di cicatrici, escoriazioni, parti corporee varie mutilate o disintegrate, ridotti  quasi a degli zombie se non del tutto morti in un continuo gioco splatter che riempie di teste recise e budella ogni inquadratura. I cattivi ti dicono che sono forse una decina e male armati, che vanno in giro con delle Fiat Ritmo scassate del 1981, poi vedi che diventano cento, duecento, tremila, diecimila, tutti tostissimi e armati anche di blindati pesanti, elicotteri. L’azione si fa su una scala così vasta che in poco si arriva al livello di caos visivo di Michael Bay per poi superarlo, arrivando al colore rosso folle di Splatters di  Peter Jackson. I super soldati cinesi sparano, smitragliano, cecchinano, squartano, crivellano con mini droni che farebbero la gioia di Goldrake, rubano mezzi pesanti, si buttano nelle tempeste di sabbia e contro le auto-bomba. I cattivi appoggiano i fucili di precisione su teste mozzate di vitelli morti, hanno sempre pronte una dozzina di auto con mitragliatrice, più uomini bomba. Il pallottoliere dei morti sale più che in Commando, più che in Better Tomorrow 2. Nella truppa da grande mostra delle sue capacità belliche e cazzimma l’attrice Luxia Jiang, una donna così tosta da ricordare Vasquez in Aliens e di fatto la prima interprete di un ruolo da militare in questa mia piccola rassegna cinematografica a risultare credibile nel ruolo. Tra i “cattivi” l’attore Mezouari Houssaim interpreta il ruolo di un cecchino tostissimo quanto letale.



Non è un film per tutti, il livello di violenza è alto, ma se cercate un action a tema militare duro ed estremo Operation Red Sea, portatoci in Italia da Blue Swan, fa per voi. È un film enorme, forse con troppi personaggi e troppa azione, ma un lavoro davvero ben fatto e che farà felici gli estimatori del genere. Le ambientazioni esotiche del mare somalo e del nord Africa donano un tocco inedito ma interessante, un po’ come accadeva in Wolf Warrior 2. Gli stunt, gli inseguimenti, le mille esplosioni e giri vertiginosi della macchina da presa, insieme a una trama di fallimenti e rimpianti, confermano la bravura del regista. Magari da gustare in combo con Operation Mekong, sempre di Dante Lam.

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