Disegni: Andrea
Accardi; Testi: Roberto Recchioni
Nuovo numero,
nuova storia. Questa volta siamo nel Giappone medievale, scenario di
un classico scontro tra samurai, dove il coraggio si mischia con un
concetto di onore tutto giapponese, già noto a chi bazzica le opere
cinematografiche di Kitano e Kurosawa. Un omaggio a un genere
quindi, nell'introduzione all'albo viene detto che il titolo
originariamente voluto fosse “Chambara”, termine che fa diretto
riferimento ai combattimenti con spade e in senso più lato ai film
di samurai. Questi, (da non confondere, pena fustigazione, con i film
cinesi di arti marziali), sono un autentico genere a sé e, se vi
convincono le atmosfere di questo albo, vi voglio consigliare, se
ancora non la conoscete, una pellicola molto fica,
potente e maestosa di Takashi Miike, 13 Assassins, di cui riparleremo
a breve, per molti aspetti similare a questo secondo volume de “Le
Storie”. Non vi consiglio “Ghost Dog – il codice del
samurai” con Forrest Whitaker unicamente perchè so che lo avete già
visto. Vi consiglierei anche il manga Vagabond, graficamente eccelso,
quasi pittorico, ottimo non fosse per via di scelte narrative che,
per ritmo, lo certificano come una autentica mazzata sui coglioni.
Fatte le doverose premesse, devo dire, salvo piccole riserve, di aver
apprezzato molto questo albo Bonelli.
Recchioni scrive
molte opere importanti per la Bonelli (di futura pubblicazione anche
una fantascientifica a colori che aspetto molto), di lui ho letto
parecchi albi di Dylan Dog. Tra gli alti e bassi della serie le
storie di Recchioni sono decisamente godibili, con punte interessanti
nel recente e qualche scivolone terrificante. Se devo proprio
muovergli una critica, a volte sul finale arriva con il “fiato
corto” che, su un personaggio per ampi tratti ingestibile come
Dylan Dog si traduce con un po' di stucchevolezza. Peccati veniali di
una narrativa in genere godibile, dotata di un felice ritmo
narrativo. Anche questo “La redenzione del samurai”, salvo la
lodevole gestione delle frequenti scene d'azione, dal punto di vista
narrativo non sorprende, risultando frettoloso nel finale. Troppe
poche pagine (detto da uno che si lamenta delle lungaggini di
Vagabond) per giustificare, almeno a noi occhi a palla, delle scelte
che per un samurai sono logiche e naturali.. A esser cattivi, si
potrebbe dire che, mozzando incipit e finalino, se sostituivamo
catane con revolver potevamo trovarci benissimo davanti a un numero
di Tex. Ma tale stilizzazione sembra essere frutto di una chiara
scelta, forse all'uopo di dirottare “i texiani”. Devo dire che,
in questo, la collana Le Storie riesce piuttosto bene, molti Texiani
che conosco la leggono di gusto. L'opera vuole essere per sua
natura non rivoluzionaria, ma un sano “omaggio a un genere”. La
bravura di Recchioni risiede laddove colora di dettagli il tutto,
strizzando un occhio, e a volte tutti e due, a chi il genere più lo
conosce e lo apprezza. E allora ecco che infila una serie di
termini precisi, debitamente spiegati in didascalie, ecco che cita il
Bushido, ecco che i personaggi che entrano in scena richiamano figure
note-riconoscibili.
Andrea Accardi.
Apprezzato disegnatore di John Doe per la Eura Editoriale,
collaborazioni con la Kappa edizioni, esordisce qui, proprio con
queasto secondo voulme de “Le Storie” in casa Bonelli. Il suo
lavoro è grandioso. L'ambientazione è un autentico overture delle
più evocative rappresentazioni pittoriche dell'arte giapponese, mi
riferisco a quei classici dipinti di montagne innevate e onde che
tanto ama tatuare Ami James sui polpacci di spogliarelliste in una
puntata qualsiasi di Miami Ink. Immagini che per un miope appaiono
semplicissime, per chi vede bene sono un delirio di dettagli. I
disegni dei personaggi ripropongono gli stilemi del disegno
classico-realistico di impostazione Bonelliana, e mi chiedo come
sarebbe potuto essere altrimenti, ma qui e là appaiono chicche,
richiami ai mangaka classici, rimandi a Osamu Tezuka (ci vedo
qualcosa di Dororo), Shingo Nanami (Kamui), persino qualche trovata
estrema alla Tetsuo Hara (Ken il Guerriero ma, essendo più in tema,
citerei Kenji il magnifico). Avrei gradito anche un tocco più
perverso, tipo alla Takayuki Yamaguchi più estremo, ma solo perchè
sono un pazzo esagerato. Il tutto così come è funziona bene. Molto
buona anche la narrazione a tavole e la gestione, mai confusa o
convulsa, dei combattimenti all'arma bianca, vero cuore dell'opera.
Non fosse per un difettuccio, l'eccessiva legnosità di qualche
azione, una prova di altissimo livello.
Mi è piaciuto, in
modo del tutto diverso dal primo numero de Le Storie. Diverso, ma
comunque interessante, un altro buon tassello per l'opera più
recente della Bonelli. Rimane magari il piccolo rammarico che non si
è voluto osare di più, magari con l'intento di non spiazzare il
target di pubblico di riferimento.
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