È grosso, porta un lungo mantello nero, ha un uncino al
posto di una mano, il fisico enorme e sexy, la voce suadente, nel
film del 2012 e sequel, di Tony Todd. È Candyman, una delle più riuscite figure
horror nate dallo scrittore inglese Clive Barker, il babau che se dici per tre
volte il suo nome allo specchio ti compare alle spalle, viene a prenderti e ti
fa fuori. Lo spirito inquieto di uno schiavo di colore dell'ottocento che per
aver sedotto una donna bianca (ed essendo da lei ricambiato) è stato
coperto di miele, come un "uomo dolce", e fatto mangiare vivo da
delle api inferocite. Ed è forse per questo che uccide se evocato, perché
chiamarlo "candyman" è offensivo come la "parola con la n" che
discrimina le persone di colore. Il film originale di Bernard Rose era
bellissimo, fresco, uno dei migliori horror degli anni '90. In una Chicago da
sogno, spesso fotografata al tramonto, piena di graffiti e paesaggi
urbani dai colori caldi, il film raccontava l'amore impossibile e
struggente, con gli echi migliori del Dracula di Stoker, tra un mostro e una
donna, sottolineato dalla sontuosa colonna sonora di Philip Glass. C'era una
forte e ben costruita componente thriller, qualche "nota magica" alla
X-files, la paura esplodeva nelle scene in cui le luci si spegnevano e arrivava
il buio e presto irrompeva con lampi elettrici lo splatter, sangue e
sbudellamenti anche "da stomaci forti", non per un pubblico
occasionale. Ma di questo miscela horror era la malinconica love story, nata
per finire nel più tragico dei modi, la sua nota più bella, quella che ci
accompagnava a casa dopo la visione. Quindi se il Candyman di Todd era favoloso,
uno dei boogieman più riusciti di sempre per possanza e stile, la studentessa
di folklore Helen, interpretata dalla bellissima e incantevole Virginia Madsen,
era in realtà il vero colpo di genio, quello che conferiva alla vicenda una
insospettabile credibilità emotiva e narrativa, elevandola per me anche sopra a
coevi adattamenti di Barker, come Hellraiser, che puntavano troppo sul piano
visivo. Il finale è tuttora qualcosa di inaspettato, amarissimo. Anche il
seguito, di Bill Condon, cercava di bissare la stessa formula, inscenando un
Candyman ritornato in vita e alla ricerca della moglie reincarnata nel presente.
Ebbe successo anche se era meno bello e generò un secondo seguito, diretto da
Tury Meyer, in cui il Candyman tornava per cercare la nipote... stava
diventando una variante del Giustiziere della notte e forse è bene che la serie
lì si sia fermata un attimo a riflettere su cosa fare da grande. Il film
diretto da Nia DaCosta, scritto e prodotto da Jordan Peele, riparte dal finale
del primo Candyman, un po' come fatto dal recente Halloween. Si vuole rimettere
al centro una componente visiva ricca e carica di influenze artistiche, si
sceglie per regista una donna, perché Candyman torni a essere più di ogni
altra cosa una love story dal punto di vista femminile, come lo era
nell'originale. Ma l'attesa più alta è ovviamente per Jordan Peele, ormai a tutti
gli effetti lo Spike Lee del cinema horror contemporaneo. Dopo i suoi geniali
Get Out - Scappa e Noi, film che hanno saputo mischiare al meglio l'horror con
la commedia per dare corpo a thriller sociali originali quanto inquietanti,
Candyman è una sfida diversa, lo pone direttamente a confrontarsi con quello
che per fama è a tutti gli effetti il "Dracula nero", scritto dal
migliore Clive Barker di sempre. Sarà interessante e vi confesso che dal primo
momento che ho sentito parlare del nuovo Candyman ho sperato che dietro ci
fosse Peele, non vedo letteralmente l'ora.
Todd
sarà di nuovo Candyman, nel cast anche il simpatico Yahya Abdul-Mateen II visto
in Noi, e molti volti televisivi in attesa della grande occasione, da Empire a
Chicago Fire. Ho buone vibrazioni, a risentirci prima di giugno, data d'uscita
della pellicola.
Talk0
E' uno dei miei racconti preferiti di Clive.
RispondiEliminaSperiamo bene!