venerdì 20 marzo 2020

Dragonero il ribelle n.5: Gli dei dell'arena - la nostra recensione!



- Sinossi fatta male: Dopo che nello scorso numero il nostro eroe ci ha  raccontato di come ha subito la più classica "truffa agli anziani", inventando probabilmente una palla enorme su come ne sia "uscito bene", Dragonero parte con Gmor per una missione potenzialmente suicida, quella di questo numero, ma che permetterà a entrambi i nostri eroi di mostrarsi mezzi nudi per la gioia delle lettrici. E tutti gli estimatori ed estimatrici di Gmor già esultano nel sognare i suoi pettorali pelosi, possenti e morbidosi. L'idea generale della "missione fondamentale che aiuterà come solito la ribellione" è salvare un principe decaduto, un morettone depresso per lo più mezzo nudo ma con fisico scolpito e oliato col Baby Johnson, che è costretto per debiti, in una specie di Sharm el-Sheikh, a lottare in un'arena di gladiatori di giorno e fare il gigolò a tempo perso la sera, per lo stesso esercizio commerciale. Il padre del depresso è il sovrano di un territorio strategicamente importante, ci si aspetterebbe un'opera di intelligence seria per il salvataggio, ma lo "svolgimento della missione" consiste nel diventare gladiatori dello stesso "proprietario" del principe depresso, avvicinare il principe, convincerlo che in qualche modo può fuggire, provare a farlo sorridere un po'. 
Tra mazzate, uomini nudi e nani con dispositivi allungabili e sparanti stile i Masters della Mattel, Ian e Gmor finiranno alla fine in tutt'altra storia. Una specie di dramma della gelosia con protagonista un Vincenzo Salemme arabo marito geloso col problema che "tiene eeh'corna, uaaaa!!!". 
Riusciranno i nostri eroi a compiere il salvataggio, gestire la sottotrama con Salemme ed affrontare le scene delle terme per soli uomini senza sfigurare davanti agli altri gladiatori palestrati e unti di Baby Johnson? 


- Oggi siamo tutti gladiatori come Totti:bSiamo a tutti gli effetti in questo numero in una interpretazione dragoneresca dello Spartacus televisivo australiano, per stessa ammissione della testata che cita lo show nella pagina delle "Cronache della ribellione" nonché nel titolo dell'episodio, Gli dei dell'arena, che richiama la seconda stagione del suddetto show. L'aspettativa dei più assidui fan della serie Starz era quindi una trama soft porno basata su temi quali: a) "uomini nudi palestrati che fanno sesso con ricche donne annoiate ma fighissime"; b) "uomini nudi palestrati che amano donne povere e schiave purché comunque sempre fighissime"; c) "uomini nudi palestrati che si amano tra di loro ma solo se entrambi fighissimi (perché nelle storie di gladiatori c'è sempre qualche brutto ceffo con la faccia che pare abbia avuto un incidente con un tram, ma non lo vogliamo veder pomiciare con uno altrettanto brutto per motivi di audience); d) "mazzate trucide nell'arena coreografica stile il 300 cinematografico" ; e) "qualcosa di nuovo, un gioco, del cioccolato", ossia un elemento a sorpresa per dare un po' di gusto alla trama. Se non eravamo in un fumetto Bonelli ma in qualcosa di più hot ci si poteva spingere con l'immaginazione pure in piena ortofrutta, con più banane e patate di quante ne trovereste ai mercati generali in giugno, ma non è questo il caso. Ma questo numero ha un cifra diversa ed è proprio grazie all'elemento e), la buona "salsa" che condisce gli eventi. L'autore è infatti Enoch e con il suo stile e classe "draga via" i molti eccessi di un magma narrativo, e conseguentemente visivo, "carnalmente iperattivo". Se l'arena possiede comunque una overkilling action da Mortal Kombat, se la sensualità rimane un elemento forte, Enoch riesce a veicolare la storia sulle latitudini diverse ma convergenti del tema del confine tra "amore" e "possesso". Tornano in scena  dopo lo speciale del 2017, La principessa delle sabbie, i personaggi di Abayomi e la sua "sposa di scudo e di spada" Gaelig e il loro ruolo subito diviene centrale. Abayomi è ora una delle molte spose di un sultano che la ama e riempie di doni ma è gelosissimo, mal tollera la relazione che lei ha con la sua ancella, la vorrebbe in esclusiva, un oggetto di sua proprietà. Incontriamo al contempo un lanista che ugualmente ama i suoi gladiatori, li riempie di privilegi e doni ma non sopporta che non possano essere più suoi, che vengano pur con un contratto ceduti o possano essere liberati. Anche il nostro principe rapito viene cercato da un padre di colpo interessato a lui, ma che prima, quando la situazione del suo stato era diversa, lo aveva "gettato via". I vari piani narrativi parlano la stessa lingua e i gladiatori che si vedono trionfare e morire nell'arena, così come diventare trofeo sessuale,  raccontano visivamente questo concetto, sono carne già in parte nelle fauci di diversi padroni. I disegni di Riccardo Latina tratteggiano uomini e donne dai corpi scultorei e dagli sguardi rigidi, perfettamente a loro agio in armature dalle geometrie aguzze e rugginose ma sessualmente sterili, ruvidi. Le barbe, i peli e le capigliature sembrano delle zone di erba avvizzita che si fa faticosamente strada tra la roccia. Sono corpi scultoriamente classici, plastici, in qualche modo "oggettificazioni", "giocattoli nelle mani di un proprietario".  I volti sono espressivi ma severi. Le scenografie sono per lo più aride, desertiche, il contesto dell'arena è essenziale, ma il piccolo mondo orientale in cui è ambientata la vicenda è carico di mille dettagli architettonici affascinanti. Riccardo Latina riesce quindi a tradurre al meglio il materiale narrativo di Enoch e la magnifica copertina di Pagliarani fa lo stesso, trasmette bellezza e crudeltà del racconto, armature lucenti che una folla esultante vuole vedere distruggersi e sporcarsi di fiotti di sangue. Quando il sultano cornuto entra in scena, pur con mille ombre, si riesce a trovare anche momenti di leggerezza narrativa, ma la storia è tosta e vediamo il nostro Ian muoversi in un modo se vogliamo anche più duro del solito. Un buon numero, in attesa del numero 6, che vedrà tornare in scena attivamente anche la nostra amata Sera. 


E anche qui mi immagino ci sia fin dalla copertina una citazione diretta da qualcosa che ho visto di recente al cinema. 


Finale: ho tra le mani questo numero di Dragonero dal giorno della sua uscita, ho fatto un po' fatica a trovare la forza di scrivere questo pezzo in un momento storico come questo, ma spero di avervi regalato con la nostra recensione "stupidina" almeno una piccola risata, una piccola finestra di normalità in un mondo in cui, per ora, nulla è più normale. Cercare di essere "leggeri" oggi è difficile, ma è uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare. Con affetto. 
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