sabato 24 agosto 2019

Men in Black international - la nostra recensione di uno spin-off tutto "girl power" che con armi spuntate cerca di far ripartire un brand di culto




- Breve sinossi fatta male: Una bimba tiene nascosto nella sua cameretta un amorevole piccolo alieno peloso arrivato da chissà dove, quando alla porta compaiono i Men in Black per farlo tornare al suo pianeta. La bambina riesce a far scappare il suo batuffoloso amichetto e le viene il "cruccio", scoprire chi siano quegli uomini in nero e diventare un giorno come loro. Cresciuta (ma non troppo, Tessa Thompson è una carinissima attrice alta 1.54 scarsi), è diventata una super esperta di roba aliena e roba governativa super segreta, al punto che riesce a escogitare un piano per scoprire una delle sedi dei M.I.B. e riuscire a entrarci in modo quasi indisturbato. Il capo della sede (una Emma Thompson, purtroppo solo decorativa e niente più) decide di metterla alla prova e la assegna alla sezione inglese dei M.I.B., guidata da un carismatico Liam Neeson, che presto la sceglie come compagna nientemeno che con il suo precedente partner (Chris Hemsworth). Saranno la nuova coppia d'oro dopo gli agenti K e J di Tommy Lee Jones e Will Smith? Spoiler: no, perché il film è una "merdina".


-Salvare brand con il "girl power" (dove sproloquio in modo probabilmente misogino della nuova tendenza ad infilare temi come l'uguaglianza di genere in film fatti da alieni, macchine volanti e rutti. Saltare il paragrafo se non interessati): Dopo il disastroso Ghostbusters al femminile con nel cast spalla comica Chris Hemsworth, ecco arrivare il disastroso M.I.B. al femminile con spalla comica Chris Hemsworth. Potrei chiudere qui la recensione. Il buddy movie della trilogia originale di M.I.B. viene forzosamente trasformato e rivisitato in film para-sentimentale, dove tutto è vissuto dal punto di vista di una protagonista che è sì carinissima, ma che monopolizza la narrazione di menate girl-power ed è avulsa da qualsiasi humor che vada oltre al dare nomi buffi a tutti i pupazzetti e alienucci che incontra. Con il modo sempliciotto e arrogante tipico di molti film che celebrano a prescindere il "girl power", mentre Will Smith viene scelto dai M.I.B. perché è un poliziotto ventenne e in forma che sa inseguire un alieno per un paio di isolati, il personaggio di Tessa sa già fare "tutto". Prima di entrare al M.I.B. conosce già tutte le razze aliene e comprende le basi della diplomazia internazionale, è esperta di scalata a mani nude, presenta un Q.I. che neanche Saw l'enigmista, sa usare armi da fuoco mai viste. È lei, in quanto portatrice di vagina, a essere l'anello forte del gruppo, quella che deve risolvere la situazione "al comando", confortando un partner demotivato e iniziando seriamente, insieme ad Emma Thompson, a riconsiderare quel sessista "Men in black" a favore di una nomenclatura politicamente più corretta. Come le GhostBusters femminili, che dovevano creare un "loro modo" di prendere i fantasmi negando che dei portatori di pene negli anni '80 lo avessero già fatto, con il risultato che loro e la loro sensibilità femminile non "acchiappano fantasmi" ma li "distruggono molecolarmente per sempre" (davvero bello e sensibile al paranormale!). Come quella stronza di Captain Marvel che irrompe dal cielo di Avengers End Game e siccome "ha una vagina" abbatte da sola una astronave spaziale grande come il Texas contro la quale i tanti eroi maschietti non possono nulla (mentre Hulk, quello che più credibilmente di tutti poteva di fatto fare la stessa cosa, viene messo fuori gioco da una evoluzione del personaggio che ne esplora la sensibilità e la paura di far male al prossimo). Come Rey di Star Wars che, se non viene confermata la mia tesi dalla prossima pellicola (il fatto che fosse già stata addestrata da Jedi in tenera età, prima di cancellarle la memoria per un qualche motivo), padroneggia la forza e manipola le menti senza che nessuno le avesse detto come farlo. 
Io capisco il messaggio di fondo del "girl power", la considerazione sacra di ritenere le donne pari agli uomini in ogni ambito sociale, morale e lavorativo a monte di secoli di storia che hanno sminuito e deriso il ruolo femminile, relegandolo all'accudimento dei figli e alla gestione della casa e delle relazioni sociali (che sono comunque attività importantissime tuttora non valorizzate adeguatamente). Ma il film non deve limitarsi a dire "le donne sanno fare spesso meglio ogni cosa che fa l'uomo, sempre", oppure si cade nell'arroganza e ipocrisia che generano narrativamente questi prodotti. Perché Men in Black, Ghost Busters, Star Wars e molti film di supereroi traducono, per me male, secondo questa folle idea di "Girl Power", un costrutto narrativo preciso che prende da secoli il nome di "cammino dell'eroe". Il cammino dell'eroe simboleggia un percorso di ricerca, costellato da una lunga e spesso estenuante serie di fallimenti, che porta una persona, in genere un bambino o un ragazzo, a diventare la versione migliore di se stesso, principalmente dal punto di vista morale. Il cammino dell'eroe pretende sangue, prevede errori e fallimenti, dopo una vittoria immagina sfide più grandi che si possono superare solo dopo altre sconfitte, allenamenti, incontri con persone-chiave. La visione del girl-power che mi sembra di intuire (anche perché equivale a quasi tutti i prodotti "al femminile" in cui mi sono imbattuto, Candy Candy e Lady Oscar comprese) vede al centro una donna già perfetta e formata, eroe-definitivo, che non riesce però ad esprimersi in quanto la società o l'uomo la blocca: è un cammino di emancipazione, non di crescita!!! Si stanno dicendo due cose ben diverse e non sovrapponibili, che la visione "malata" del girl-power sostituisce senza una particolare cura. In questi film malati la donna quindi non può percorrere il cammino dell'eroe, perché ideologicamente lo ha già terminato sei volte, con lode e attestato incorniciato. Se Will Smith mentre usa per la prima volta una pistola spaziale in MIB cade per terra, questo non potrà mai capitare a Tessa Thompson, anche se è la prima volta che impugna un'arma. 


Il succo è: "Non mi frega quale stupidaggine da nerd abbia scritto lo sceneggiatore su spade-phaser, bastoncini incasina-memoria o echtocazzate, sono donna e so fare meglio di te qualsiasi di queste stronzate, anche se ignoro del tutto cosa siano e a cosa servano". E tutto il film M.I.B. International è così, un percorso infinito di vittorie al femminile dove i problemi derivano quasi del tutto dai problemi di comunicazione con il suo partner maschietto e dalle incapacità emotive del partner maschietto. Con il plus del "sentimento", di fatto l'unico momento "onesto" del film con "girl-power malato". Appena possibile, il film vira sul sentimentale mettendo in luce la storicamente accertata sensibilità femminile nel gestire e comprendere le relazioni umane. Che per me in molti casi della vita comunque è semplicemente sopravvalutata, ma questa è un'altra storia.
Può servire a qualcuno questo innesto narrativo forzato del messaggio "le donne lo fanno meglio" in qualsiasi contesto? Per me è una forzatura non necessaria e che mette anzi in antipatia i personaggi femminili in troppi casi. Anche perché un modo più "onesto" di costruire personaggi femminili forti esiste. Vedi l'ultima Lara Croft, Letty in Fast and Furious, Ripley di Alien, Trinity di Matrix, la Sposa di Kill Bill, Jean Grey degli X-Men, L'atomica bionda, Furiosa e in genere i personaggi della Theron, Seline di Underworld, Alice di Resident Evil, Lorenne Warren di The Conjuring, Elise di Insidious, Ally di A star is born, Michael di Star Trek Discovery, Mason di Strange Days, Sarah Connor di Terminator 2, Shoshanna di Inglorios Basterds. L'elenco è ancora infinito come infiniti sono modi narrativi migliori per rendere al cinema o in tv un personaggio femminile eroico, senza cadere nella trappola dogmatica del "perché sì!!". 


- International significa "discount": non so se per affinità con il fumetto originale di Lowell Cunningham o se per una precisa volontà del regista Barry Sonnenfield (che all'epoca mi pare entrò in contrasto con il produttore Spielberg e con Stan Winston per questo motivo, avevo letto nel commentary circa la scena degli alieni che entrano in America dal Messico, utilizzando una testa finta attaccata a un palo in legno e non a qualcosa di più tecnologico), ma gli effetti visivi di MIB, che riguardassero alieni quanto armi e veicoli del MIB, arrivando anche alle scene "action", hanno sempre avuto una carica satirica più che fantascientifica. Roba buffa più che realistica. Will Smith in più scene si muoveva come una specie di cartone animato (come quando è a cavallo del verme metropolitano o cerca di dare un calcio "in volo" all'alieno che ha le palle sul mento) e questo atteggiamento generale non è mutato in MIB International, anche perché è una precisa firma della serie nonché un aspetto che la accomuna a Ghostbusters. Sono che nel 2019 tutto è meno sbriluccicoso di prima o noi negli anni ci siamo abituati a qualcosa di più "tecnico" forse. Sta di fatto che MIB non buca mai lo schermo un campo visivo, dimostrandosi un po' arretrato, quasi fosse un prodotto di una dozzina di anni fa. Poco stile e poco ispirato in genere, con i cattivi più banali di sempre, i veicoli e armi più mosci che si potevano trovare, gli scenari più piatti ed economici possibile. Si salvano un paio di alieni davvero buffi come una "barba animata", una "pedina di una scacchiera spaziale", una donna con più braccia interpretata dalla brava e bellissima Rebecca Ferguson. Il globo-trotting che il titolo faceva pregustare è deludente in quanto ogni scenario, compreso quello italiano e soprattutto quello medio-orientale, è rappresentato da un set generico e poco caratteristico. Si poteva fare parecchio di più e meglio.


- I nuovi Men in Black: F.Gary Gray è il regista di questa roba moscia moscia e a pensare alla carriera passata di questo cineasta la cosa ha dell'inconcepibile. Il negoziatore (bellissimo film con ostaggi con Jackson e Spacey), Il risolutore (una delle parti che hanno reso figo Vin Diesel), il remake The Italian Job (con Theron e Statham, in ottima forma entrambi), Be Cool (il seguito di Get Shorty non a caso di Barry Sonnerfield, autore di MIB, nonché il primo reale banco di prova per The Rock come attore anche divertente), Giustizia Privata (quello con Butler che è una specie di Batman che si trasforma in Saw l'enigmista, una piccola bomba nascosta per gli amati dell'action), l'ultimo Fast 8 (notevolissimo e se vogliamo con all'interno quasi tutti gli attori con cui Grey ha lavorato negli anni). Nel curriculum anche due film belli con Ice Cube, di cui ha diretto molti videoclip (Friday, Straight Outta Compton) e una piccola perla sentimentale all-black, Set it off. Pure un tipo sensibile e sofisticato, Gary Gray, che produce per Van Sant La foresta dei sogni (The sea of Trees, il titolo originale, è molto più bello, come sempre) sulla sinistra foresta dei suicidi di Aokigahara. Come diavolo ci è finito F.Gary Gray in questo filmetto estivo senza particolari guizzi? Ok, Sonnenfeld ce lo avrà tirato dentro come fece per Keep Cool, ma come si giustifica un risultato così "poco fico"? 
Gli sceneggiatori vengono dai "pool di sceneggiatori" dietro ad Iron Man, Punisher Warzone e Transformers: Last Knight. Saranno probabilmente dietro al prossimo Transformers e sono accreditati pure per il grande ri-lancio nel 2021, dopo il catastrofico e amatissimo film anni '80 con Dolph Lundgren, dei Masters of the Universe. Il fatto è che questo MIB è (e pure per il futuro sarà per ora) l'unico film con loro "soli alla sceneggiatura", senza nel pool degli autori gente come Hank Ostby e Mark Fergus (Children of Men), Nick Santora (Prison Break, Lie to me), Ken Nolan (Black Hawk Down), David S.Goyer (lo sceneggiatore della trilogia di Nolan sul Cavaliere Oscuro, trilogia e serie TV di Blade, Dark City, l'imminente nuovo Terminator). E loro due non sembrano aver imparato molto dai loro più illustri colleghi. 
Può essere che Sony abbia deciso di calcare il "girl power malato" dopo gli "ottimi" risultati del remake tutto al femminile di Ghostbusters
Chris Hemsworth e Tessa Thompson, che entrambi hanno già dimostrato un bel feeling in Thor 3 e singolarmente sono validissimi attori, in questo MIB international sono anime perse che vagano sui set senza mai davvero incontrarsi e risultando stucchevoli quelle volte che lo fanno. La parte della Ferguson e il "pedino" con in originale la voce del simpatico Kumail Nanjiani sono gustose e in linea con l'immaginario classico della serie, Liam Neeson ed Emma Thompson sono criminalmente sotto sfruttati. Rafe Spall ha sulle spalle il carico di un personaggio antipatico che però deve titanicamente "far succedere le cose", a confronto con un cast semi-immobile. 
Il ritmo della pellicola è impreciso. Parte quasi bene, diventa confuso, si perde nel sud Italia e poi nel deserto, trova una svolta poco interessante a cui tutto il pubblico già pensato, anche chi si trovava in una sala diversa. Si chiude nel modo più insulso possibile. Il girl power "malato" rende pesanti e indigesti moltissimi passaggi narrativi. 


- Finale: nonostante i fan della saga potranno trovare comunque qualcosa di carino e in fondo divertirsi nella visione, MIB International è uno spettacolo al di sotto delle aspettative, gestito in modo un po' approssimativo, poco gustoso anche solo suo lato visivo, con al centro una coppia che nonostante gli sforzi non sembra mai trovare la chimica giusta. Sembra più che un intrattenimento da grande schermo uno di quegli episodi intermedi di una serie TV, votati per ristrettezze di budget al risparmio a tutti i costi su maestranze, effetti, numero di riprese. Niente di irrimediabile, ma per fare un paragone con 007 è come quando si è passati da Una cascata di diamanti con Connery al tristissimo Vivi e lascia morire con Moore (vi invito a riguardarlo oggi, se ne avete il coraggio, per tutta l'oscena sequenza delle "barchette"). 
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