lunedì 19 agosto 2019

La casa de papel - La casa di carta, la nuova serie culto di Netflix a metà strada tra V per vendetta e Paso Adelante.




- Contesto della serie: Alan Moore immaginava un vendicatore oscuro che combatteva un governo  dispotico e totalitario, dal sapore neo-nazista, con in volto la maschera del rivoluzionario Guy Fawkes che fino al V novembre 1605 tenne sotto scacco il dispotico Regno Britannico. 
Gli sceneggiatori spagnoli di Antena 3 (subito supportata da Netflix in tutto il mondo) si immaginano dei rapinatori vestiti di rosso con indosso la maschera di uno degli indiscussi rivoluzionari dell'arte, Salvador Dalì, intenti a combattere l'austerity e la dittatura del capitalismo, cantando come i partigiani Bella Ciao e "rapinando lo Stato" stampando soldi, tanti soldi, nella Zecca di Madrid. Una rapina senza vittime, dove a perderci è solo lo Stato che comunque quei soldi li avrebbe stampati. Più tempo durerà l'assedio alle Zecca, più soldi saranno stampati dai rossi Dalì. È quindi necessario per il colpo che il tempo si pieghi alla volontà dei rivoluzionari, che diventi molle come gli orologi di Dalì. 
Otto rapinatori, specializzati per essere quanto più professionali ed efficaci, che si identificano tra loro per preservarne l'anonimato con nomi di città. Lo stratega Berlino, i risoluti rapinatori Tokyo e Denver, l'esperto di meccanica Mosca, il genio informatico Rio, la falsaria Nairobi, i due "soldati" Oslo e Helsinki. Il gruppo è guidato da un carismatico capo anche lui identificato misteriosamente, il "professore", l'uomo davanti ai monitor che da lontano osserva e gestisce uno scenario che in poco tempo si traduce in una sessantina di ostaggi da gestire, una infinità di possibili azioni di polizia da prevedere e contrastare, un livello di stress che aumenta di minuto in minuto. Per vincere quella che appare da subito una lunga partita a scacchi, il professore, che ha dedicato metà della sua vita al piano,  ha addestrato gli otto per cinque mesi, nell'isolamento di una villa in collina, rendendoli delle vere "rocce", esperti in tattica, negoziazione, primo soccorso, metallurgia, uso di armi pesanti. Ognuno ha poi in parte appreso dalle professionalità degli altri, si sono saldati i rapporti. Tutti uniti per i soldi, ma con il fine ultimo, limpido fin da subito, di "dare un messaggio", farsi riconoscere come eroi. Obiettivo valido solo se si potesse "entrare e uscire",  nessuna vittima, nessun imprevisto, nessun civile derubato. Sarebbero stati accolti come i nuovi Robin Hood. Ma tutto sarebbe crollato se il sangue, anche una sola goccia, fosse stato versato per errore, disattenzione, un piccolo colpo di testa. Bisognava coordinarsi alla perfezione. Un compito non facile quindi, perché le cose non sempre vanno come pianificato e le persone, in quanto "umane", non sono in grado di inserirsi e coordinarsi alla perfezione e diventare efficienti ingranaggi di un orologio. Per quanto molle possa essere. E allora la casa di carta del titolo, la fortezza della Zecca spagnola, può trasformarsi in un sempre più instabile castello di carte. 
- Successo meritato: Una magnifica fotografia dai colori esautorati tendenti al bianco e nero, ma dalla quale fuoriesce potente l'elemento cromatico rosso, colore della passione come del "rischio" di far sfociare il racconto nel sangue. Una sceneggiatura ad orologeria che trasforma ogni sequenza in un possibile colpo di scena. Una narrazione "alla Lost" che intreccia i mesi di training alla magione sulla collina allo svolgimento della rapina, in un infinito gioco di specchi e rimandi che rende sempre più affascinate e tridimensionale ogni personaggio. Tante scene d'azione non banali, un ottimo cast e una voglia matta di mettersi sul divano e guardarsi le puntate della serie una via l'altra, facendo la classica "abbuffata". Delle maschere di Dalì che sono già iconiche come la maschera di Guy Fawkes e tute rosse, Pops e altri oggetti di merchandising che fanno già sfaceli di vendita a dimostrazione che il pubblico ama davvero questa serie, l'unica serie di origine spagnola di Netflix a macinare ascolti così alti. 


- Peccato che "El corazon latino" ci metta troppo del suo. Non è difficile appassionarsi a tutti i personaggi della saga, che siano i rapinatori come gli ostaggi, la polizia o il carismatico professore. Non è raro che anche quello che all'inizio appare come un personaggio odioso o poco delineato riesca a trovare un senso nella narrazione. Certi momenti riescono davvero a incatenare lo spettatore alla poltrona ed è cosa rara per una serie TV creare un feeling così forte con un pubblico che per una volta è tanto maschile che femminile. 
Solo che La case del papel deve essere "presa per il verso giusto" e senza forse mitizzarla troppo, o altrimenti si gode lo spettacolo a metà. E la chiave di lettura consiste nell'inquadrarlo nel genere che "maggiormente fuoriesce" dal pur gustosissimo polpettone spagnolo: il drammone sentimentale con cornice curata. La soap "con stile". La casa di carta sta ipoteticamente a Breaking Bad quanto Velvet sta a Mad Man e un qualsiasi film decente sugli zombie sta a The Walking Dead. Se entrate nel mood giusto, la preponderante parte "sentimentalosa" che riguarda le meccaniche relazionali del cast sarà più addomesticabile, riuscirete a gestirla o ridimensionarla, mettendo al centro le bellissime qualità della serie. Se la prendete male, la visione della serie probabilmente sarà da voi interrotta alle prime puntate della seconda stagione, quando la curiosità e la sospensione dell'incredulità avranno già salutato, tutti i meccanismi narrativi vi saranno già noti e capirete come i personaggi sempre più stiano recitando in una specie di Beautiful senza "voglia di finire". Se intendete "resistere nonostante tutto", potreste volere arrivare al finale della seconda stagione, che di fatto chiude un ideale primo arco narrativo. Ma la terza stagione, delle quattro fino a ora previste, sarà difficilmente avvicinabile. Pregi e difetti della strategia di vendere una soap a un pubblico che si aspetta un Heist movie alla Inside Men o Quel pomeriggio da Cani, magari in salsa cool con trip rivoluzionari alla V per vendetta. Il pubblico deve "volerci cascare" nella soap. Mi fa specie che in parte Casa di Carta funzioni come non funzioni per questo preciso motivo. Io, che robe tipo Cento Vetrine, Grey's Anatomy o Beverly Hills le ho sempre guardate con prurito e fastidio, trovo interessante la "dimensione da soap" di Casa di carta. Mia sorella, che con i polpettoni romantici ci ha sempre avuto a che fare, trova Casa di Carta di una banalità e ripetitività imbarazzante, quasi insostenibile. A mia difesa, quando vedo sullo schermo la rapinatrice Tokyo, perennemente in reggiseno e Uzi, interpretata da una donna da infarto come Ursula Corbero, non capisco più nulla. E non è male neppure Nairobi, interpretata dalla cazzuta Alba Flores, pure lei spesso con la tuta aperta sul davanti che mostra generosamente in reggiseno. Il Professore (Alvaro Morte) e Berlino (Pedro Alonso) sono dei formidabili bad-ass maschi alfa in cui ogni maschietto vorrebbe identificarsi. I poliziotti e in genere i "buoni" trasudano incapacità, umoralità, meschinità e tutto un corredo di brutte inclinazioni che permettono facilmente di enfatizzare per i rapinatori, con tutto il pubblico che in breve sarà affetto della sindrome di Stoccolma. E tutto questo, condito da un po' di stile da fumetto sofisticato, tante armi e un paio di scene action ben fatte, lo ammetto candidamente, riesce benissimo a farci mandare giù ogni tipo di sbobbone sentimentale. Certo ce ne accorgiamo che qualcosa non va come nel classico action con Van Damme. Ci accorgiamo che alla fine è difficile, quanto stranissimo, che non si trovi sulla scena un solo personaggio che sia un vero "cattivo". Non ci crediamo più, alla nona volta che il professore fa qualcosa di così pazzesco e che lo pone al vertice dell'intelligenza umana sopra a L di Death Note e Sherlock Holmes. Ma ormai noi cazzuti nerd cresciuti negli anni '80 con Stallone siamo nel tunnel, come le vecchiette che guardano Don Matteo. 
-Quindi vale la pena seguire la serie? Beh, direi di sì. Almeno per la prima stagione è una piccola bomba e il soggetto c'è da dire che funziona, è originale nel senso positivo che è davvero un tipo di spettacolo diverso dal solito, fresco. Certo dietro alla confezione figa ti stanno vendendo una telenovela, non diversa da Paso Adelante, con tanta passione, tradimenti, "menate", lacrime e soprattutto una non trascurabile, fondamentale, sensualità tutta latina dei personaggi. La casa di carta ha moltissime scene ad alto tasso erotico e questo può sicuramente essere un plus ulteriore per qualcuno, anche se non si arriva mai ai livelli di nudità Made in HBO. Certo non è Breaking Bad e probabilmente alla fine della visione non si sentirà per molti una pulsione incontrollabile a riguardare da capo gli episodi. Anzi, più ci si avvicina anche "per sbaglio" a una seconda visione, più vi si accorge della centralità di una struttura soap che davvero si impone e regola da despota tutte le altre componenti narrative. Però se cercate un intrattenimento tendenzialmente action, avete un pomeriggio o due liberi, magari in un fine settimane in cui volete stare con la testa leggera, La casa di carta fa esattamente per voi. Vi offrirà probabilmente "altro" rispetto a quello che vi aspettate, ma se "sarete in buona" apprezzerete comunque e ringrazierete. Certo che un gruppo così nutrito di pericolosissimi e dolcissimi criminali non lo vedevo dai tempi dell'indulgentissimo The Hateful Eight. 
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