giovedì 15 agosto 2019

Quake, il seguito di Wave: la linea comica del disaster-movie secondo i norvegesi



 - Premessa: Il genere il disaster-movie canonico è quel tipico film in cui vengono celebrati gli "eroi della strada", uomini comuni che davanti alle avversità o al pericolo cui possono andare incontro i loro cari si scoprono altruisti, risoluti, decisivi fino al martirio. È un po' quella metafora che una madre può diventare più forte di Hulk e sollevare un camion, se sotto c'è incastrato il figlio. Più la minaccia di una natura madre/matrigna è forte, più eroici devono essere i protagonisti di queste storie, perché la Storia ci insegna che è così, che può succedere, che nelle più terribili calamità qualcuno riesce sempre a essere un eroe. Un eroe che è tale spesso perché circondato anche da professionisti che fanno il proprio mestiere di soccorritore, pompiere, medico, ambulanziere. Si celebrano in questi film anche gli eroi civili quindi, ed è sempre un bene, le pellicole aiutano a far comprendere il lavoro che svolgono le professioni di aiuto. Il fatto che la minaccia sia un tornado, un fiume in piena, un terremoto o Godzilla è solo un artifizio grafico, scene che la seconda unità girerà con dei modellini in scala di palazzi e macchinine da far esplodere, inondare, risucchiare in aria, fondere ecc. Nel disaster-movie il Focus sono sempre le persone e la trama principale è cercare di rimettere insieme delle famiglie disperse dalle calamità in giro per il mondo per "rifondare" la vita o "ritornare a casa" (laddove la casa è un luogo di pace estraneo dalle calamità che avvolgono il mondo), sullo stile della Anabasi di Senofonte.
In estrema sintesi, quando penso al "genere disaster-movie" ho in mente una precisa scena del film Vulcano - Los Angeles 1997 di Mick Jackson. Siamo nella metropolitana di Los Angeles, su un vagone fermo, diviso in due da un fiume di lava che sta gradualmente mangiandosi tutta la struttura. Da un lato la via d'uscita, dall'altro, oltre una lievissima lastra di metallo che divide da un fiume di lava che si allarga sempre di più, un uomo ferito che probabilmente morirà, al centro della "decisone giusta da fare" un poliziotto (mi pare). Il poliziotto percorre il sottilissimo strato di metallo con sotto la lava e va a prendere il collega ferito, se lo carica sulle spalle. Benché veloce, la lava è più veloce di lui e alla fine un lago incandescente si pone tra la via d'uscita e il nostro eroe che, in un momento di follia, salta nella lava, percorre non si sa come alcuni passi e, giunto alla giusta distanza, con un urlo lancia il ferito verso gli altri soccorritori. Alla fine lui come Terminator rimane nella lava mentre qualcuno ha portato in salvo il ferito. Musica eroica di sottofondo, azione eroica compiuta. Pura epica, punteggio pieno. Certo, zero in fisica, chimica e tutte le scienze comandate che inneggiano a quel tabù di nome "realismo", ma chissenefrega. Epica.


Questo è un estremo. Pure un po' esagerato, pacchiano è quello che volete, ma funziona per racchiudere in due minuti un genere. Vale per tutto il mondo, a quanto pare non per la Norvegia. 
- Il disaster-movie norvegese: prendete questo film. C'è un tizio che prevede cose e nessuno se lo fila, fino a che la sfiga che il tizio prevedeva si avvera e tutti si prendono sui denti gli effetti della natura che travolge l'uomo.



Quake è il seguito di questo film, dove un personaggio che evidentemente è il più inenarrabile mena sfiga della Norvegia è di nuovo protagonista.


E nuovamente prevede cose e nessuno se lo fila, fino a che la sfiga che il tizio prevedeva si avvera e tutti si prendono sui denti gli effetti della natura che travolge l'uomo. Non c'è ulteriore indugio o messaggio generazionale come in Aftershock di Feng Xiaogang. Non c'è una voglia di rivincita scientifica a posteriori con nuovi strumenti di prevenzione delle calamità come in Twister di Jan de Bont/ Michael Crichton. Non ci sono tette, motoseghe e squali come in Sharknado. Solo la calamità che ti arriva sui denti, con tutti i piccoli omini della pellicola che possono solo aggrapparsi a qualcosa e sparare di cavarsela. Nessuna azione eroica, nessun piano di fuga, nessuna metafora sull'amore famigliare che è più forte delle calamità naturale. Morire male, magari guardando il mostro che ti arriva addosso con tutta la sua ira e follia: non c'è altro nel disaster-movie norvegese. C'è un po' di depistaggio magari, come cercare e motivare le cause di una calamità. Ma non serve a nulla e il nostro non-eroe norvegese vive di un costante complesso di Cassandra in ragione del quale non gli credono manco i figli, figurati le autorità. E allora tutta la fase di ricerca e studio del fenomeno non serve a una ceppa, è come scoprire la storia di Samara/Sadako in The Ring: non ti salverai comunque. E allora, accogliamo senza speranze di salvezza questa "fucilata visiva". Facciamocela sotto mentre i palazzi di mezza Norvegia cadono come il domino e noi ci troviamo come i protagonisti su un palazzo che inevitabilmente cadrà pure lui. Non facciamo la solita sbrodolata sul lavoro dei soccorritori ecc... perché tanto arrivano sempre in ritardo e la politica (Shin Godzilla di Anno docet) è fatta da incompetenti che pensano più alla nuova scrivania che al loro vero lavoro. Prendiamo per i fondelli i cliché più logori dei disaster-movie americani (come nella scena dell'ascensore), perché "noi siamo norvegesi, i nostri disaster-movie non solo favolette della buona notte". 



"Ma perché non farne una trilogia?", staranno pensando in Norvegia. "Perché non chiamiamo il terzo Fire o Lava?", sta ragionando il reparto marketing. E hanno ragione, questo è un nuovo genere a tutti gli effetti! È un disaster-horror-movie. Si parte tranquilli come da filmaccio di rete 4, si arriva al momento che si spiegano le cose tutti fomentati ma con nessuno che caga i nostri eroi, arriva La Sberla. E questa fa male proprio nella misura in cui tutto, dalle istituzioni all'amore materno, non conta più nulla. La Sberla, perfetta metafora del Quake del titolo, arriva e non fa sconti, puntando il dito e smascherando i benpensanti che non vogliono stare a sentire le paranoie dei complottisti. Si esce sballottati dalla sala, convinti a usare le scale per tornare nel parcheggio schivando quel dannato ascensore della morte. È un segno che il film funziona, inquieta e snocciola pure dati veri che attestano come lo scenario descritto non è poi così strano possa capitare davvero in Norvegia. 
Quake è un film che parte lento, diventa labirintico, sale e poi si abbatte sugli spettatori con rabbia. Siamo lontani dai simbolismi e dalle scene alla Michael Bay. Siamo vicini a palazzi che cadono brutalmente divorando tutto. La recitazione è adeguata anche se non particolarmente elaborata, un paio di cliché ce li dobbiamo sorbire (e ovviamente i bambini sono al centro di queste particolari "liturgie"), ma il resto dello spettacolo funziona. Da servirsi rigorosamente in una sala cinematografica con il sonoro più devastante possibile. 
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