Futuro
non troppo lontano. Los Angeles brucia. La gente è sulle strade nella più
grande sommossa popolare di sempre, dopo che una multinazionale ha deciso di
tagliare l'accesso all'acqua. Nell'Hotel Artemis, ospedale segreto il cui
accesso è consentito ai soli soci (in genere tipo alla John Wick), è un
mercoledì come tanti. L'infermiera (Jodie Foster) e il paramedico Everest (Dave Bautista) si prendono cura di chi si presenta all'ingresso dell'ascensore,
dimostra di possedere sottopelle l'accredito di riconoscimento e fa la cortesia
di superare l'accesso senza armi. Rispettando queste poche regole, i soci
avranno accesso a tutti i servizi del personale e alle tecnologie avanzate
dell'Artemis. Le cure vengono fornite tramite siringhe ripiene di nanomacchine
ricostruttive, braccia meccaniche chiururgiche, bisturi laser, stampanti
tridimensionali in grado di generare organi di ricambio. Il relax è assicurato
dalla cordiale atmosfera di un lounge bar con tutti i confort, dalla privacy
delle camere singole (ogni socio viene identificato dallo staff con il nome
della camera cui è stato assegnato) dal personale discreto, dai controlli
perimetrali e dalla corazzatura dell'edificio. L'Artemis, patrocinato dal
signore del crimine noto come il Re Lupo (Jeff Goldblum ), è in piedi da
20 o 22 anni ed è considerato dai suoi soci una roccia, oltre che la cosa
più vicina a "casa" che può capitarti mentre hai dieci pallottole in
corpo. Solo che è arrivato un mercoledì diverso da tutti gli altri, che vede
tra gli ospiti della struttura "Nice" (Sofia Boutella), una
misteriosa killer che ha tutta l'aria di essersi sparata da sola pur di entrare
nell'albergo e nientepopodimeno che il Re Lupo stesso, accompagnato da un
piccolo esercito e dal figlio (Zachary Quinto).
C'è
un'atmosfera decadente e completamente matta in questa pellicola scritta,
diretta come opera prima e prodotta da Drew Pearce. Una carriera da
sceneggiatore di blockbuster come Iron Man 3, Mission Impossible: Rogue Nation
e il prossimo Fast & Furious: Hobbs & Shaw. Come sceneggiatore e
produttore ha realizzato anche No Heroics, una miniserie che nel 2008 viene
premiata come migliore commedia televisiva esordiente. Il mondo
di Hotel Artemis è decisamente una bella idea, magari costruita pure per
ragionare di franchise, sviluppata in un ambiente che richiama gli scenari di
Fuga da Los Angeles, urla fortissimo per coolness e costruzione del mondo
criminale "John Wick" e strizza un occhio e due ai fumetti di Brian
Azzarello. Soprattutto, ed è il più grande merito della pellicola, Drew Pearce
scrive due personaggi fantastici di loro, l'infermiera ed Everest, che
diventano immensi nelle interpretazioni di Jodie Foster e Dave Bautista.
L'infermiera
è un medico senza licenza, spesso sotto l'effetto dell'alcol. È afflitta da
agorafobia e questo non le permette di vivere oltre i confini dell'Artemis.
Decisa quanto materiale nei confronti dei pazienti, l'infermiera quando non è al
lavoro ai rifugia in un mondo tutto suo, ascoltando nelle cuffie pezzi degli
Eagles quanto audio-corsi per gestire le sue paure.
Everest
è un paramedico e all'occorrenza buttafuori, elettricista, guida spirituale e
massacratore di intrusi. Un omone grosso dall'animo "tendenzialmente
buono" che ha con l'infermiera un rapporto simile a quello di un figlio
con la madre. Se fossimo in un cartone animato giapponese, non sarebbero troppo
diversi concettualmente (salvo per il rapporto diverso dovuto all'età ) dal
Maggiore e Batou di Ghost in The shell.
Il
rapporto tra i personaggi di Jodie Foster e Bautista, frutto del talento vero
di attori per niente banali o scontati, eleva di molto l'appeal della
pellicola. Ci si affeziona davvero a loro. Come ci si affeziona a tutta la
rugginosa e fatiscente struttura dell'Artemis. Un hotel per forza di cose
simile al Continental di John Wick, ma più intimo, quasi un familiare
bed'n'breakfast con i suoi crackers impacchettati e la caraffa per bollire
l'acqua del caffè sempre pronta nell'area ristoro. Le stanze, pur piene di
tecnologia alla Blade Runner, hanno carta da parati con immagini vintage di
paesaggi esotici. Tra le pareti si possono trovare passaggi segreti e vie di
fuga come in un locale malfamato dei tempi del proibizionismo. Tra le luci al
neon di un'insegna luminosa che ricorda un cinema di altri tempi si nasconde
sul tetto un piccolo eliporto. E c'è reale amore per i dettagli, dalle chiavi
in ferro delle stanze integrate con componenti hi-tech, fino ai piccoli
proiettori olografici con le immagini che girano su se stesse come nelle
pubblicità cinematografiche degli anni '30.
Peccato
che tutto il resto del film non sia all'altezza della ambientazione e dei
personaggi dell'infermiera e di Everest. I personaggi di Morgan (Jenny Slate)
e del Re Lupo sono per lo più funzionali ad approfondire il personaggio dell'infermiera,
ma non vanno troppo oltre a quello. I personaggi di Sterling K.Brown e Brian
Tyree Henry, Waikiki e Honolulu, partono bene ma non arrivano da nessuna parte,
mancano di un adeguato approfondimento forse perché schiacciati da troppi
eventi tutti insieme, molti dei quali rappresentati dalle rivolte e dagli
sgherri del Re Lupo che fanno il bello è cattivo tempo nella città (tra cui
spicca ma di pochissimo uno Zachary Quinto per lo più decorativo). Charlie Day
è una conferma: è e sarà sempre un attore scarso e dalle intenzioni recitative
confuse. Pure qui, dove il suo personaggio non brilla particolarmente nella
scrittura, non fa nulla per dimostrarci qualcosa di diverso. Ci sarebbe poi la
bella Sofia Boutella, che interpreta la sensuale e spietata Nice.
Sofia
riempie la scena, sempre. Anche se ha un personaggio scritto in un modo un po'
contorto, che si tratti di fare a botte o sedurre o dare spessore a un
dialogo, Sofia sorprende sempre e si avrebbe sinceramente voglia di vederla più
spesso, anche in ruoli più sviluppati di quello della femme fatale.
Se la
Foster e Bautista elevano il film a qualcosa di non troppo distante dai lavori
di John Carpenter e tutto il resto del cast lo fa precipitare nel
quasi anonimato di una pellicola media con protagonista Danny Trejo, con la
Boutella Hotel Artemis si colloca per lo più stabilmente nella comfort zone di
uno Smokin' Aces. Un film quindi gradevolissimo, con ottimi spunti visivi e
narrativi, pure la presenza di ottimi interpreti e la giusta confezione, ma che
non può andare oltre il discreto film di genere. Anche perché la sceneggiatura,
mannaggia a lei, fa acqua da tutte le parti. Credo che Drew Pearce molto
probabilmente voleva farci una serie TV e poi il progetto è cambiato in corso
d'opera. Difficilmente mi spiego altrimenti alcune situazioni e tempistiche che
vengono forzate e strozzate con troppa rapidità, generando anche buchi di
logica. Non si spiega come è possibile che l'Artemis sia durato 22 anni se il
personale è ridotto a due sole persone, ma questo potrebbe avere una logica,
potrebbe essere la "deriva" di una situazione che si è venuta a
creare, potrebbe esserci spiegato da un prequel o un sequel. Si spiega ancora
meno, ma perversamente con questo si giustifica con l'anima amichevole da
"bed and breakfast" dell'Artemis, come i soci possano fare un po'
quello che vogliano lì dentro. Dal girare a caso per i corridoi e le altre
camere a toccare strumenti e porte di sicurezza. La giustificazione del
"beh, in fondo sembrano dei bravi ragazzi" non tiene a giustificare
lo scorrazzamento ingiustificato e non si capisce se questa lacuna sulla
sicurezza dell'albergo sia un problema di difficoltà di scrittura (perché non
so far interagire tra loro delle persone che non possono stare nella stessa stanza)
o di problemi di pigrizia nel concept (si poteva trovare una soluzione per
limitare gli spostamenti degli ospiti, anche perché tutti sono legati a un
codice sottocutaneo e a questo poteva essere veicolato l'accesso a tempo
limitato ad alcune aree... ma anche così si perdeva forse l'idea di Bed and
Breakfast che il regista ricercava). Qualche volta sembra pure che alcuni
personaggi siano scritti da un autore che si è troppo innamorato di loro e
vuole "preservarli" senza davvero svilupparli, come il Tarantino di
Hateful Eight che creava tanti amabilissimi e dolcissimi tagliagole. Come
risultato, l'evoluzione finale di Waikiki e Nice non ha alcun senso e
contraddice la base dei loro personaggi. Non sapremo mai come sono andate
davvero le cose, ma la trama non gira per questa e altre ragioni, come la
scansione temporale che a volte non torna, come alcuni personaggi che a tratti
scompaiono nel nulla per poi dal nulla ricomparire. Ed è un vero peccato,
perché quando Hotel Artemis vola alto, vola davvero alto e potrebbe essere un
piccolo cult. Rimane uno Smokin'Aces divertente e con qualche bella idea, un
"fumettone" scacciapensieri godibile nella misura in cui non lo si
prende troppo sul serio.
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