martedì 19 novembre 2019

Le ragazze di Wall Street (Hustlers ) - la nostra recensione del nuovo film della straordinaria Jennifer Lopez




- Premessa: C'era una volta, in una Galassia lontana lontana, la Wall Street di Gordon Gekko, di Randolph e Mortimer Duke. Un luogo di sogno dove i soldi si moltiplicavano dal nulla, in genere a svantaggio di qualche poveraccio senza nome, e dove i broker, i signori con i vestiti firmati che gestivano questo sistema, erano dei ragazzotti su di giri, perennemente allupati come squali, in cerca costante di cocaina, donne e altri soldi. Questa che ho descritto è una generalizzazione e forse una parodia dello yuppismo più sfrenato, sia chiaro, ma ormai storie che dipingono un mondo simile si accumulano e anche questa pellicola, tratta da una storia vera come anche Wolf of Wall Street di Scorsese, continuano a confermare più che smentire la gravità del quadro. 
Comunque, cosa facevano questi nuovi ricchi dopo aver guadagnato l'ennesima montagna di soldi? Tutti agli "strip-club deluxe", a riempire di banconote da cento dollari i micro-tanga delle "lapdancer - hostess deluxe" (il titolo originale del film è Hustlers, che significa truffatrici ma allude foneticamente anche a "hostess", accompagnatrici) per poi portarsele nei privé, affezionarsi, farle diventare amanti e magari comprarle casa. La "lapdancer deluxe" nonostante l'avvenenza e gli strusciamenti contrattualmente previsti, non era una prostituta. Al punto che, come racconta il film, chi comprava loro casa a volte nemmeno le aveva mai sfilato le mutande. Erano per questo simili alle Hostess di certi club privè giapponesi (quelli che si vedono anche nei videogame della serie Yakuza), dove i salaryman che lavorano per 18 ore al giorno vanno per trascorrere due ore con una ventenne carina, fare conversazione, leggere, sentirsi confortati, ubriacarsi, addormentarsi su delle cosce morbide (coperte da tovagliolini igienizzanti) per poi svegliarsi, passare a fare la colazione e via, già pronti a lavorare girato l'angolo. L'alternativa è prendere un treno per due ore, tornare a casa alle 2 di mattina dalle mogli incazzate nere che vomitano loro contro i problemi del mutuo, la suocera, il corso di judo del figlio da pagare che poi lui non ci va, la nuova tassa sulla spazzatura. Due palle così per poi addormentarsi cadendo con la testa nella tazza dei ramen, svegliarsi di botto e prendere il treno per tornare in ufficio, sul quale si spera di tornare a dormire. Il "potere conciliatorio dei soldi". Le hostess guadagnano tanto ma fanno una vita frenetica e spesso quelle che non trovano il principe azzurro finiscono in brutti giri. Le hostess sono una realtà giapponese così peculiare che ne parlano non sono le opere di intrattenimento (film, libri, videogame) giapponesi, ma addirittura dei documentari che ogni tanto si trovano su Focus e su Cielo. Cielo la sera diventa un po' il paradiso dei documentari zozzi e delle repliche di show tipo Sex Theraphy con protagonista quella sexy sessuologa vestita come Dana Scully, la leggendaria Barbara Florezzano. Tra lei e Cristina Parodi in vestitini da casalinga americana anni '50 con i tacchi a spillo e il rossetto di Biancaneve... scusate sto andando fuori tema... A Wall Street, dicevamo, facevano più o meno lo stesso che fanno oggi i giapponesi  ricchi a Tokyo. Ed essendo i broker americani privi di fascino reale come i giapponesi ricchi, inondavano di soldi le "stripper deluxe" solo per parlarci un paio di ore prima di cadere vittime della sbornia. Montagne di soldi che le ragazze ricambiavano con corpi da urlo perfettamente in forma, abilità seduttive avanzate, capacità di conversazione non scontate e capacità empatiche degne di un mentalista. Amanti perfette che con il cliente gusto fatturavano regolarmente, pagandoci pure le tasse (era ed è attività lecita da quelle parti), 5000 dollari a notte. Soldi che non faticavano per nulla a richiedere e probabilmente erano frutto di una speculazione che aveva mandato sul lastrico della povera gente. Alcune erano delle vere e proprie Robin Hood in tanga, che rimettevano in circolo quella enormità di soldi guadagnati anche a favore di altre persone. Purtroppo nel 2008 arrivava la nota crisi dei mutui e i soldi finivano. Era l'epilogo della Grande scommessa raccontata al cinema da Adam McKay. I locali hot deluxe si svuotavano o regredivano a postriboli di bassa lega, le "lapdancer deluxe" dovevano chiudere baracca e trovarsi un marito che le mantenesse a vita o diventavano commesse di McDonald's o finivano nei peggio posti. Serviva un atto di vendetta per ridare "dignità" a queste ragazze e il film alla fine è di questo che racconta.


- Sinossi fatta male: Destiny (Constance Wu) è la nuova ragazza di un night club dalle parti di Wall Street, un uccellino spennacchiato asiatico che vive con la nonna, sogna di tornare a studiare ma non è ancora molto brava con le mance. Ramona (Jennifer Lopez) è una lapdancer esperta, dalla bellezza travolgente e dal cuore d'oro. Le due si incontrano e si ritrovavano quasi sorelle, ognuna impara qualcosa dall'altra. Ramona ha carisma, Destiny capacità imprenditoriale e presto insieme danno vita a una specie di società di intrattenitrici di lusso, rivolta ad un pubblico super-iper-vip. Come riusciranno le due a far fronte alla crisi del 2008 e all'endemico svuotamento dei club? Di sicuro hanno fatto qualcosa di estremo, perché Destiny sta rilasciando una intervista (a una bella giornalista interpretata da Julia Stiles) in merito a quello che è stato un vero e proprio scandalo. Come avranno attirato all'amo dei clienti scomparsi nel nulla? 
- Senza troppi sensi di colpa, guardiamo anche noi Jennifer Loperz praticamente nuda su un palo: Ci sarebbe da approfondire tutto il discorso della trama, dello sviluppo dei personaggi, del messaggio ambiguo ma condivisibilissimo di odiare chi "uccide ogni giorno la vita di innocenti giocando in borsa" (e altre declinazioni più o meno apocalittiche o più o meno bonarie dello stesso concetto), ma il film prima di tutto ti vende una cosa, ed è qualcosa davvero da infarto secco, fuori scala. Parlo del corpo che la leggendaria Jennifer Lopez esibisce con un orgoglio latino, felino e felliniano, una grinta da guerriera e la capacità tecnica di una ginnasta e ballerina professionista. La sua Ramona "va in guerra", ogni sera, per soddisfare i clienti, non troppo diversi dagli animali con cui voleva lavorare da piccola come veterinaria, coperta da poco più di un filo interdentale come le amazzoni disegnate da Frazetta. Trasforma la sua eccessiva pelliccia bianca in ali di aquila, pronte ad assaltare in picchiata verso i money,  come a trasformarsi in coperta per accogliere nel suo grembo i cuccioli, le hostess più sole che vanno sul tetto dello stripclub a piangere. Indossa scomodissimi tacchi a spillo con tacco trasparente con la fierezza di una corona, uno status symbol di potere e non di sottomissione ad oggetto erotico. Ramona è una creatura dalla pelle abbronzata e lucente, forte e dolce. In grado di strangolare come di confortare, stregare e uccidere solo a parole, ipnotizzare con lo sguardo. La Lopez mette in Ramona tutta la sua "Jenny from the block", vissuta con grinta, furbizia e tenacia nei quartieri di periferia, materna e incrollabile per la sua famiglia, spietata con chi se lo merita. È una Lopez che dopo le ultime pellicole dove abbandonava la commedia per tematiche più sociali, come Lila & Eve e Ricomincio da me, scoprendosi anche un'ottima caratterista, decide di riconnettersi, da donna matura, con quella fisicità per cui da giovane era così famosa e fiera da arrivare ad assicurare il suo fondoschiena. La scommessa è per me vinta e stravinta, la Lopez trasuda fascino e carisma come e forse di più di vent'anni fa e qui, nel 2019, dovrebbe essere l'ora giusta che il cinema di serie a, quello degli Scorsese, Anderson e Tarantino, iniziasse ad accorgersi di lei e a proporle qualcosa di più delle commediole come Amore a 5 stelle o le puttanate come Gigli - amore estremo. Spero per lei che dopo questa performance il telefono inizi a squillare per ruoli come Monster, Erin Brockovich, Viale del tramonto, Il Laureato


- Le ragazzacce di Wall Street: dato a Cesare quel che è di Cesare, considerando che la Lopez da sola vale tutti i soldi del biglietto, il film diverte e fa riflettere, un po' come i documentari "zozzi e bellissimi" che passa in seconda serata il canale TV Cielo. Davanti alla brava Constance Wu che snocciola con naturalezza i modi più criminali per spennare i broker brutti e cattivi, dapprima facciamo le facce strane come la giornalista di Julia Stiles (molto carina e buffa qui), poi ci convinciamo che le hostess hanno fatto bene, poi constatiamo che forse hanno esagerato ma che comunque hanno avuto "i loro motivi". Il film punta tantissimo nel farci empatizzare con le ragazze. Prima ce le mette a nudo con i problemi del "copricapezzoli dorato perduto", ce le fa sfilare oliate come al mercato degli schiavi del Gladiatore di Ridley Scott. Poi ci fa vedere come destreggiarsi su un palo non sia per nulla qualcosa di facile (e infatti è una disciplina sportiva vera e seria), come sedurre e mantenere al contempo le distanze sia un'arte di comando e non di sottomissione. Poi il film scava, scava dentro di loro e ci connette con quanto va oltre il loro lavoro, tocca i loro sentimenti in modo genuino (grazie a ottime attrici come Wai Ching Ho, vero cuore emotivo del film ) e ci travolge per farci loro "complici" verso la seconda parte della pellicola. Una seconda parte che è matta da legare, grida Breaking Bad per determinazione quando per ironia. Allora le situazioni più assurde si sommano. Compare gente così "sfatta" che viene trascinata senza che tocchi terra, un forno da cucina si trasforma in laboratorio improvvisato, la povera Annabelle di Lili Reinhart che ha attacchi di vomito quando è sotto tensione diventa una specie di meme, c'è un chihuahua carinissimo e spaesatissimo trascinato nei luoghi più improbabili e uomini nudi che si buttano dal tetto e mancando la piscina di spiaccicano come Willy Coyote. Con le follie aumenta anche il dramma, in un crescendo scorsesiano che non ci fa mollare per un attimo lo schermo fino al finale.
- Finale: Le ragazze di Wall Street è un crime-movie divertente, pieno di ritmo e con ottime interpreti. La sensualità delle attrici è uno dei suoi punti di forza, la nudità è alla fine davvero minima ma i micro-bikini sfoggiati sono davvero armi letali. I "maschietti" fanno una pessima figura in questo contesto, ma sono (quasi tutti) dei "cattivi" verso i quali siamo contenti di non provare alcuna pietà. La prima parte del film colpisce per le sfaccettature con cui è descritto il mondo dello strip-club, la seconda parte travolge per una escalation di cose matte, lo spettacolo finale non è affatto male. A chiudere il quadro una bella colonna sonora e una fotografia che sa essere molto vivace e patinata per il "parco giochi" di Wall Street, quanto plumbea e realistica nel descrivere le periferie di New York. Davvero una bella pellicola. 
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