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Premessa: C'era una volta, in una Galassia lontana lontana, la Wall Street di
Gordon Gekko, di Randolph e Mortimer Duke. Un luogo di sogno dove i soldi si
moltiplicavano dal nulla, in genere a svantaggio di qualche poveraccio senza
nome, e dove i broker, i signori con i vestiti firmati che gestivano
questo sistema, erano dei ragazzotti su di giri, perennemente allupati come
squali, in cerca costante di cocaina, donne e altri soldi. Questa che ho
descritto è una generalizzazione e forse una parodia dello yuppismo più
sfrenato, sia chiaro, ma ormai storie che dipingono un mondo simile si
accumulano e anche questa pellicola, tratta da una storia vera come anche Wolf
of Wall Street di Scorsese, continuano a confermare più che smentire la gravità
del quadro.
Comunque,
cosa facevano questi nuovi ricchi dopo aver guadagnato l'ennesima montagna di
soldi? Tutti agli "strip-club deluxe", a riempire di banconote da
cento dollari i micro-tanga delle "lapdancer - hostess deluxe" (il
titolo originale del film è Hustlers, che significa truffatrici ma
allude foneticamente anche a "hostess", accompagnatrici) per poi
portarsele nei privé, affezionarsi, farle diventare amanti e magari comprarle
casa. La "lapdancer deluxe" nonostante l'avvenenza e gli strusciamenti
contrattualmente previsti, non era una prostituta. Al punto che, come racconta
il film, chi comprava loro casa a volte nemmeno le aveva mai sfilato le
mutande. Erano per questo simili alle Hostess di certi club privè giapponesi (quelli che si vedono anche nei videogame della serie Yakuza), dove i salaryman
che lavorano per 18 ore al giorno vanno per trascorrere due ore con una
ventenne carina, fare conversazione, leggere, sentirsi confortati, ubriacarsi,
addormentarsi su delle cosce morbide (coperte da tovagliolini igienizzanti) per
poi svegliarsi, passare a fare la colazione e via, già pronti a lavorare girato
l'angolo. L'alternativa è prendere un treno per due ore, tornare a casa alle 2 di mattina dalle mogli incazzate nere che vomitano loro contro i
problemi del mutuo, la suocera, il corso di judo del figlio da pagare che poi
lui non ci va, la nuova tassa sulla spazzatura. Due palle così per poi
addormentarsi cadendo con la testa nella tazza dei ramen, svegliarsi di botto e
prendere il treno per tornare in ufficio, sul quale si spera di tornare a
dormire. Il "potere conciliatorio dei soldi". Le hostess guadagnano
tanto ma fanno una vita frenetica e spesso quelle che non trovano il principe
azzurro finiscono in brutti giri. Le hostess sono una realtà giapponese così
peculiare che ne parlano non sono le opere di intrattenimento (film, libri,
videogame) giapponesi, ma addirittura dei documentari che ogni tanto si trovano
su Focus e su Cielo. Cielo la sera diventa un po' il paradiso dei documentari
zozzi e delle repliche di show tipo Sex Theraphy con protagonista quella sexy
sessuologa vestita come Dana Scully, la leggendaria Barbara Florezzano. Tra lei
e Cristina Parodi in vestitini da casalinga americana anni '50 con i tacchi a
spillo e il rossetto di Biancaneve... scusate sto andando fuori
tema... A Wall Street, dicevamo, facevano più o meno lo stesso
che fanno oggi i giapponesi ricchi a Tokyo. Ed essendo i broker
americani privi di fascino reale come i giapponesi ricchi, inondavano di
soldi le "stripper deluxe" solo per parlarci un paio di ore prima di
cadere vittime della sbornia. Montagne di soldi che le ragazze
ricambiavano con corpi da urlo perfettamente in forma, abilità seduttive
avanzate, capacità di conversazione non scontate e capacità empatiche degne di
un mentalista. Amanti perfette che con il cliente gusto fatturavano
regolarmente, pagandoci pure le tasse (era ed è attività lecita da quelle
parti), 5000 dollari a notte. Soldi che non faticavano per nulla a richiedere e probabilmente erano frutto di una speculazione che aveva mandato sul lastrico
della povera gente. Alcune erano delle vere e proprie Robin Hood in tanga, che
rimettevano in circolo quella enormità di soldi guadagnati anche a favore di
altre persone. Purtroppo nel 2008 arrivava la nota crisi dei mutui e i
soldi finivano. Era l'epilogo della Grande scommessa raccontata al
cinema da Adam McKay. I locali hot deluxe si svuotavano o regredivano a
postriboli di bassa lega, le "lapdancer deluxe" dovevano chiudere
baracca e trovarsi un marito che le mantenesse a vita o diventavano commesse di
McDonald's o finivano nei peggio posti. Serviva un atto di vendetta per ridare
"dignità" a queste ragazze e il film alla fine è di questo che
racconta.
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Sinossi fatta male: Destiny (Constance Wu) è la nuova ragazza di un night club
dalle parti di Wall Street, un uccellino spennacchiato asiatico che vive con la
nonna, sogna di tornare a studiare ma non è ancora molto brava con le mance.
Ramona (Jennifer Lopez) è una lapdancer esperta, dalla bellezza travolgente e
dal cuore d'oro. Le due si incontrano e si ritrovavano quasi sorelle, ognuna
impara qualcosa dall'altra. Ramona ha carisma, Destiny capacità imprenditoriale
e presto insieme danno vita a una specie di società di intrattenitrici di
lusso, rivolta ad un pubblico super-iper-vip. Come riusciranno le due a far
fronte alla crisi del 2008 e all'endemico svuotamento dei club? Di sicuro hanno
fatto qualcosa di estremo, perché Destiny sta rilasciando una intervista (a una bella giornalista interpretata da Julia Stiles) in merito a quello che è
stato un vero e proprio scandalo. Come avranno attirato all'amo dei clienti
scomparsi nel nulla?
- Senza
troppi sensi di colpa, guardiamo anche noi Jennifer Loperz praticamente nuda su
un palo: Ci sarebbe da approfondire tutto il discorso della trama, dello
sviluppo dei personaggi, del messaggio ambiguo ma condivisibilissimo di odiare
chi "uccide ogni giorno la vita di innocenti giocando in borsa" (e
altre declinazioni più o meno apocalittiche o più o meno bonarie dello stesso
concetto), ma il film prima di tutto ti vende una cosa, ed è qualcosa davvero
da infarto secco, fuori scala. Parlo del corpo che la leggendaria Jennifer
Lopez esibisce con un orgoglio latino, felino e felliniano, una grinta da
guerriera e la capacità tecnica di una ginnasta e ballerina professionista. La
sua Ramona "va in guerra", ogni sera, per soddisfare i clienti, non
troppo diversi dagli animali con cui voleva lavorare da piccola come
veterinaria, coperta da poco più di un filo interdentale come le amazzoni
disegnate da Frazetta. Trasforma la sua eccessiva pelliccia bianca in ali di
aquila, pronte ad assaltare in picchiata verso i money, come a
trasformarsi in coperta per accogliere nel suo grembo i cuccioli, le hostess
più sole che vanno sul tetto dello stripclub a piangere. Indossa scomodissimi
tacchi a spillo con tacco trasparente con la fierezza di una corona, uno status
symbol di potere e non di sottomissione ad oggetto erotico. Ramona è una
creatura dalla pelle abbronzata e lucente, forte e dolce. In grado di
strangolare come di confortare, stregare e uccidere solo a parole, ipnotizzare
con lo sguardo. La Lopez mette in Ramona tutta la sua "Jenny from the
block", vissuta con grinta, furbizia e tenacia nei quartieri di periferia,
materna e incrollabile per la sua famiglia, spietata con chi se lo merita. È
una Lopez che dopo le ultime pellicole dove abbandonava la commedia per
tematiche più sociali, come Lila & Eve e Ricomincio
da me, scoprendosi anche un'ottima caratterista, decide di
riconnettersi, da donna matura, con quella fisicità per cui da giovane era così
famosa e fiera da arrivare ad assicurare il suo fondoschiena. La scommessa è
per me vinta e stravinta, la Lopez trasuda fascino e carisma come e forse di
più di vent'anni fa e qui, nel 2019, dovrebbe essere l'ora giusta che il cinema
di serie a, quello degli Scorsese, Anderson e Tarantino, iniziasse ad
accorgersi di lei e a proporle qualcosa di più delle commediole come Amore a 5 stelle o le puttanate come Gigli - amore
estremo. Spero per lei che dopo questa performance il telefono inizi a
squillare per ruoli come Monster, Erin Brockovich, Viale del tramonto, Il
Laureato.
- Le
ragazzacce di Wall Street: dato a Cesare quel che è di Cesare, considerando che
la Lopez da sola vale tutti i soldi del biglietto, il film diverte e fa
riflettere, un po' come i documentari "zozzi e bellissimi" che passa
in seconda serata il canale TV Cielo. Davanti alla brava Constance Wu che
snocciola con naturalezza i modi più criminali per spennare i broker brutti e
cattivi, dapprima facciamo le facce strane come la giornalista di Julia Stiles
(molto carina e buffa qui), poi ci convinciamo che le hostess hanno fatto
bene, poi constatiamo che forse hanno esagerato ma che comunque hanno avuto
"i loro motivi". Il film punta tantissimo nel farci empatizzare con
le ragazze. Prima ce le mette a nudo con i problemi del "copricapezzoli
dorato perduto", ce le fa sfilare oliate come al mercato degli schiavi del
Gladiatore di Ridley Scott. Poi ci fa vedere come destreggiarsi su un palo non
sia per nulla qualcosa di facile (e infatti è una disciplina sportiva vera e
seria), come sedurre e mantenere al contempo le distanze sia un'arte di comando
e non di sottomissione. Poi il film scava, scava dentro di loro e ci connette
con quanto va oltre il loro lavoro, tocca i loro sentimenti in modo genuino (grazie a ottime attrici come Wai Ching Ho, vero cuore emotivo del film ) e ci
travolge per farci loro "complici" verso la seconda parte della pellicola.
Una seconda parte che è matta da legare, grida Breaking Bad per determinazione
quando per ironia. Allora le situazioni più assurde si sommano. Compare gente
così "sfatta" che viene trascinata senza che tocchi terra, un forno
da cucina si trasforma in laboratorio improvvisato, la povera Annabelle di Lili
Reinhart che ha attacchi di vomito quando è sotto tensione diventa una specie
di meme, c'è un chihuahua carinissimo e spaesatissimo trascinato nei luoghi più
improbabili e uomini nudi che si buttano dal tetto e mancando la piscina di
spiaccicano come Willy Coyote. Con le follie aumenta anche il dramma, in un
crescendo scorsesiano che non ci fa mollare per un attimo lo schermo fino al
finale.
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Finale: Le ragazze di Wall Street è un crime-movie divertente, pieno di ritmo e
con ottime interpreti. La sensualità delle attrici è uno dei suoi punti di
forza, la nudità è alla fine davvero minima ma i micro-bikini sfoggiati sono
davvero armi letali. I "maschietti" fanno una pessima figura in
questo contesto, ma sono (quasi tutti) dei "cattivi" verso i quali
siamo contenti di non provare alcuna pietà. La prima parte del film colpisce
per le sfaccettature con cui è descritto il mondo dello strip-club, la seconda
parte travolge per una escalation di cose matte, lo spettacolo finale non è
affatto male. A chiudere il quadro una bella colonna sonora e una fotografia
che sa essere molto vivace e patinata per il "parco giochi" di Wall
Street, quanto plumbea e realistica nel descrivere le periferie di New York.
Davvero una bella pellicola.
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