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Sinossi fatta male: Se pensi che una cosa è impossibile, la rendi impossibile.
Lo spiantato ma positivo playboy Meroni (Giampaolo Morelli) guida insieme al
collega Zago (Fabio de Luigi), uomo depresso e incattivito dalla vita, la
camionetta portavalori delle poste, ripetendo ogni giorno il solito monotono
tragitto, con oltre quattro milioni di euro raccolti dentro delle sacche solo a
pochi centimetri da loro. La voglia di fregarli è tanta, un piano concreto è
peraltro possibile, grazie a una minima organizzazione. Una svolta la cerca
anche il "Lupo" (Edoardo Leo), ex pugile e ora gestore di un bar, ma
la cosa non è indifferente nemmeno a un sarto che arrotonda come strozzino (Gian Marco Tognazzi). Riusciranno a fare un colpo da maestri, diventare ricchi
e spassarsela in Giamaica?
- Fabio
de Luigi come Walter White o meglio "il Valter" White: c'è un amore
viscerale e sbandierato, omaggiato in più scene per il cinema di Tarantino in
questo film scritto e diretto Vincenzo Alfieri. Ci sono i poster
"nerd" di Bruce Lee e Grosso guaio a Chinatown, locali isolati tra i
campi che all'esterno pare il Titty Twister e all'interno Texas Chili
Parlor, con lap dance annessa, c'è la storia divisa in capitoli che si
incrociano, la tensione che si dilata, l'azione e l'umorismo. Come solo fa chi
sa fare bene, Alfieri prende questi elementi e li interpreta, ricombina e
innesta nella nostra realtà italiana vintage, nella Torino "di
frontiera" dei tempi di Juve-Toro 5-0 del 1995, fatta di palazzoni grigi e
casette ancora freezate nel mobilio e colori ai tempi del Cuore, fatta di
baretti fumosi dove si gioca il biliardo. Così il calcio è una vera e autentica
droga, distillata per fuggire dagli squallori del mondo, per riunire
famiglie come per dare una ragione di incazzarsi abbassando i freni inibitori.
Così la tensione tra "stereotipi" del nord e sud diviene un comodo
modo per formarsi dei preconcetti e allungare le distanze. Ricetta ideale per
lo spaghetti-pulp, graziato da un'idea di messa in scena geniale, che per
l'Italia è quasi sovversiva. Si prendono attori generalmente legati ai film
comici o alla commedia sentimentale come Di Leo e De Luigi e li si
"incupisce", li si fa recitare come pericolosi, borderline e
disperati bad guy scorsesiani. L'esito è davvero sorprendente, inatteso. Fabio
De Luigi dà voce e corpo a un personaggio duro come la roccia e dagli occhi di
ghiaccio, Di Leo si trasforma in un picchiatore ingenuo, manipolabile quanto
pericoloso. Morelli e Giuseppe Ragone interpretano personaggi tragici ma anche molto
simpatici, Tognazzi gioca amabilmente sopra le righe un po' da cattivo
dei fumetti, ma Di Leo e De Luigi si mangiano la scena, la squassano come due
leoni incattiviti. Al centro della storia c'è una rapina e i giorni che la
precedono e seguono. La rapina è tesissima e angosciante, girata davvero
molto bene, ma anche il "contorno" non è da meno, il film riesce a
calamitare dall'inizio alla fine. Ogni capitolo in cui è divisa la pellicola
presenta il diverso punto di vista di ogni personaggi, arricchisce la
narrazione e regala più di un colpo di scena.
La
pellicola pecca ogni tanto di schematicità e il ritmo narrativo serrato forse
non consente di esplorare al meglio i personaggi, ma alla fine il viaggio è
divertente e pur non ambendo a diventare un capolavoro dimostra che la passione
e l'impegno ci sono e Vincenzo Alfieri è un nome da segnarsi a penna sul
taccuino. Meno citazionismo, meno velocità narrativa e ci siamo. Il senso
dell'azione e la direzione degli attori è già formidabile.
Gli uomini d'oro è una scommessa vinta, un film godibile, divertente e sincopato
che permette ad attori di consolidata fama di improvvisarsi in ruoli inediti.
De Luigi davvero straordinario, sogno fin da ora di vederlo in un thriller con
Servillo, magari qualcosa stile Insomnia di Nolan, ambientato tra Trentino e
Veneto.
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