Al cinema, magari ad una sala di distanza l'uno
dall'altro, come negli anni '40, Pertini e Mussolini
Entrambi
hanno il cognome che termina in "ini", entrambi si associano alla
storia d'Italia, entrambi sono in sala quasi per "par condicio",
sotto il clima elettorale.
Sono
entrambi "oggetti cinematografici" strani.
Il film Sono Tornato di Miniero (regista di Benvenuti al Sud) e
Guaglianone (sceneggiatore di Lo chiamavano Jeeg Robot) con Popolizio (molto
bravo), Silvia Rocca (molto interessante) e Frank Matano (invero non così
convincente) è un remake, di Lui è tornato, scritto da Timur
Vermes e già portato sullo schermo da David Wnendt. Nell'originale, Adolf
Hitler si svegliava ai giorni nostri dopo essere stato all'inferno dalla fine
della seconda guerra mondiale. Mentre girava per Berlino, veniva scambiato per
un attore molto bravo nell'imitare il fuhrer, eccentrico al punto da non
uscire mai dalla parte, suscitando l'attenzione di una emittente
televisiva. Tra giochi di potere e il classico "non può essere vero",
Hitler trova spazio nella programmazione dell'emittente e molti più consensi di
quanto tutti si sarebbero aspettati, ma farà qualche "errore
mediatico". Il film Sono tornato cambia Hitler con Mussolini e
sposta da Berlino a Roma lo scenario. Molte scene sono girate come una
candid-camera ("alla Borat", per capirci), per cui Popolizio,
vestito da Duce, gira di fatto per le vie di Roma, incontrando le persone e
gli umori più diversi e dando alla pellicola un aspetto vuoi goliardico che
sinistro. Perché il film vuole essere divertente, ma di fatto ha tutte le
meccaniche di un horror vero e proprio, con un aspetto da "seduzione del
male" per nulla banale. Il film è veloce, un po' bizzarro, divertente e un
po' inquietante. Il cast funziona tutto tranne Matano, che nel primo vero ruolo
a 360 gradi della sua carriera, con una importante componente anche drammatica,
sbaglia approccio e non riesce davvero a essere credibile. Lo sforzo ce lo
mette e per questo si apprezza, ma manca qualcosa e il fatto che sia lui il
"perno emotivo" del film fa deragliare qui e là la fruizione dell'opera.
Comunque è pazzesco, come già si è visto in Benvenuti al Sud, sempre di
Miniero, come con pochissime modifiche di scrittura il remake italiano ricalchi
l'originale, ma calzi a pennello anche per il nostro contesto.
Pertini
il combattente è un documentario, di Graziano Diana e Giancarlo de
Cataldo, che vuole aiutare a far conoscere il "personaggio Pertini"
alle nuove generazioni. All'inizio dell'opera un giornalista chiede a
degli studenti seduti nella redazione Rai cosa sappiamo della figura di
Pertini. Vengono citate le mille canzoni dedicate a Pertini, si fa riferimento
al fumetto su Pertini disegnato da Pazienza su Frigidaire, si ricorda
l'esultanza di Pertini ai mondiali di calcio e si fa qualche accenno alla vita
da combattente della resistenza (citando pure Inglorious Basterds di
Tarantino) e poi da uomo politico. Il documentato alterna filmati d'epoca
ad animazioni e interviste, espandendo i concetti di fondo già esposti dagli
studenti. Si va dalle interviste ai cantanti come Gualazzi e Venditti che hanno
scritto qualcosa sul presidente, parlano i fumettisti (Pazienza non c'è più
purtroppo), si passa a Zoff che racconta di una celebre partita a carte con lui (l'aerreo su cui si svolse si trova a Volandia, museo aeronautico a due passi da Malpensa) e si arriva al museo della resistenza. Molto toccante il contributo di Emma
Bonino che ricorda un momento di grande umanità di Pertini, ma il film non
scava più a fondo della "icona pop Pertini", pur facendosi apprezzare
per una confezione e una colonna sonora di pregio. Manca qualcosa pure qui
quindi, esattamente come per Sono tornato. Sono entrambi film politici che di
fatto rifuggono ogni intento politico, si fondano strutturalmente sul fascino
che queste figure storiche oggi ancora suscitano (magari più dei politici
attuali), ma non vanno oltre alla Vox populi. Che sarà pure Vox Dei, ma si ricorda
troppo poco di quanto sarebbe bello invece ricordare di questi personaggi. Ho
quasi il timore che entrambe le pellicole, proprio perché in sala sotto periodo
elettorale, si siano un po' auto-imbavagliate e involute, con la pellicola su
Pertini che da un po' l'impressione di essere stata gettata nell'arena per
logiche di par-condicio. La pellicola su Mussolini funziona in ottica
satirico-horror, il documentato Rai ha la freschezza e un linguaggio superiore
a qualsiasi fiction/biografica che parte sempre con il personaggio
storico che sta per morire e inizia a raccontare tutta la sua vita impersonato
da Beppe Fiorello. Parlare di quel periodo storico, dopo quasi 80 anni, con
degli approcci originali, è di sicuro un merito che va riconosciuto ad entrambi
i lavori. Ma è un dibattito che da qui, da queste basi, bisognerebbe espandere
con opere di maggiore approfondimento, magari con un po' di cattiveria in più e
voglia di celebrazione in meno. Comunque, come dice il detto: "Chi ben
comincia...".
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