martedì 20 marzo 2018

I segreti di Wind River: la nostra recensione



Giorni nostri, riserva indiana di Wind River. Che bello il Wyoming. Distese di neve a perdita d'occhio percorribili per lo più male e solo con dei gatti delle nevi. Freddo siderale che ti congeli in una manciata di secondi se stai in bermuda e che ti costringe a infagottarti al punto da annullare ogni possibile pulsione per il gentil sesso e lo stile: la parola d'ordine è sopravvivere, anche se con indosso solo fagotti monocolore che fanno sembrare tutti degli spermatozoi obesi. Non c'è molta vita notturna, a meno che non vuoi fare a botte con qualche indiano gigante e ubriaco scappato da qualche nido del cuculo. Per comprarsi gli hamburger di castoro congelato al Lidl tocca per lo più svolgere lavori degradati, sfigati e pesantissimi nel dizionario sotto la voce di "miniere", che ti portano per lo più a vivere isolato dalla società (per quei sei o sette individui sparsi in sessanta miglia che possono comprendere la parola "società"), in baracche piene di uomini sudati, arrapati, per lo più molesti, probabilmente drogati e ovviamente ubriachi. E poi se stai nella parte abbastanza sfigata del Wyoming puoi imbatterti nell'assurdo finale. Roba tipo che la vedi, ma comunque non ci credi. Delle tigri preistoriche siberiane con denti a sciabola che vivono tra i boschi e assalgono gli sventurati con una violenza che manco fossimo in un fumetto di Conan il barbaro. Certo il lavoro di cacciatore di tigri preistoriche siberiane con denti a sciabola è quanto di più figo un documentario di DMAX potrebbe mai raccontare. Un po' trapper, un po' atleta professionista del gatto delle nevi, campione di triatlon e filosofo naturalista. Ti tocca sempre vestirti da spermatozoo grasso, ma per mimetizzarti tra la neve. Passi il giorno a costruire proiettili con testata a frammentazione, conosci tutto di tutto sulle impronte, i rifugi e hobby preferiti delle tigri preistoriche siberiane con denti a sciabola e per conseguenza sai tutto di tutto dei segreti della vita. Tipo che se vedi un elicottero puoi sentirti di guidarlo senza aver letto un libretto di istruzioni. Certo se non fai il cacciatore c'è sempre la "miniera". Non si sa per quali motivi misteriosi gli indiani d'America sono venuti a vivere pure qui nel Wyoming. Non ci sono casinò a Wind River. Ma di conseguenza i colonizzatori sono riusciti ad arrivare qui pure loro a rompergli le palle da almeno due secoli. 


Succede quindi che una ragazzina pelle rossa viene trovata in mezzo al niente, a troppi chilometri di distanza da qualsiasi cosa, morta per via del congelamento che ti ammazza in una manciata di secondi, ma con evidenti segni di contatti sessuali e svestita in modo sospetto. La trova per caso un cacciatore delle suddette assurde tigri dai denti a sciabola post-preistoriche del Wyoming (Jeremy Renber) e data l'anomalia generale della vicenda la polizia locale chiama l'Fbi, che invia sul posto una barbie bionda (quella manza atomica di Elizabeth Olsen, che inguaiata in vestiti che la fanno sembrare uno spermatozoo grasso è un'offerta contro madre natura) che non ha mai visto tanta neve in vita sua e sa poco di indiani del Wyoming, tigri, "miniere" e gatti delle nevi. Ovviamente la barbie ha bisogno di una mano e indovinate a chi andrà a chiedere aiuto. Riusciranno il cacciatore (scusate, vi ho già rovinato la suspence) e la barbie a scoprire chi ha ucciso quella ragazzina? Finirà a schifo con la neve che si tinge di sangue per via di proiettili esplosi o di denti a sciabola di tigri preistoriche siberiane del Wyoming?
Ci sono dietro a questo I segreti di Wind River i realizzatori di Sicario (lo sceneggiatore Taylor Sheridan, che quest'anno lavora anche sul prequel di Sicario, Soldado, e qui è anche regista) e Peter Berg (che come produttore ha tirato fuori anche Lone Survivor, la serie TV cult The leftovers, quella bombetta di Hell or High Water, scritta sempre da Sheridan), e si vede. Credo che basti questo a darvi il quadro generale. È un action - thriller solidissimo, immerso in un ambiente suggestivo stile La cosa di Carpenter ma molto più western, è molto ben recitato e godibile da seguire, è carico di scene d'azione folgoranti per come fanno impennare la velocità e per come sono ben gestite. L'attenzione al dettaglio visivo quanto alla caratterizzazione dei personaggi è maniacale al punto che il contesto risulta subito credibile, autentico. Appena usciti dalla sala andrete a cercare su Amazon lo zainetto tribale porta-robe che Jeremy Renner porta sotto al suo giaccone bianco da spermatozoo grasso di ordinanza. La trama attinge alle miserie di un luogo così austero e sconfortante da far sembrare Fargo una succursale di Gardaland. Il regista sa di poter toccare delle corde drammatiche ben scoperte e che da un attimo all'altro potrebbero tramutare tutto in Il ritorno di Zanna Bianca, ma non ne abusa, giocando la carta di un complesso equilibrio tra indagine, critica sociale e azione pura condita da tarantiniani stand-off messicani a cui non mancano certo i colpi di scena (c'è poi una sequenza che sembra presa di peso da The Hateful Eight, ma che funziona davvero bene). Prendetelo come un viaggio in un mondo inesplorato e angusto, portatevi un cappotto pesante perché dallo schermo del cinema presto inizierete a sentire davvero freddo. Chiedete al tizio del multisala se magari invece dei crostini piccanti con la salsa rossa può preparavi una cioccolata calda. Soprattutto, divertitevi e domandatevi come mai Jeremy Renner non sia già diventato il vostro attore preferito. La pubblicità vende questo film come più terribile de Il silenzio degli innocenti, ma credetemi, chi ha scritto quella affermazione non so di preciso cosa abbia visto. L'indagine c'è, ma non gira molto da quelle parti lì e il film sta alla fine più in zona The Grey. Il personaggio di Renner è pazzesco, sono pronto a vedere dieci seguiti incentrati su di lui e magari due serie TV. Se lo beccate al cinema dateci un occhio e fatemi poi sapere. 
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