Giorni
nostri, riserva indiana di Wind River. Che bello il Wyoming. Distese di neve a
perdita d'occhio percorribili per lo più male e solo con dei gatti delle nevi.
Freddo siderale che ti congeli in una manciata di secondi se stai in bermuda e
che ti costringe a infagottarti al punto da annullare ogni possibile pulsione
per il gentil sesso e lo stile: la parola d'ordine è sopravvivere, anche se con
indosso solo fagotti monocolore che fanno sembrare tutti degli spermatozoi
obesi. Non c'è molta vita notturna, a meno che non vuoi fare a botte con
qualche indiano gigante e ubriaco scappato da qualche nido del cuculo. Per comprarsi gli hamburger di castoro congelato al Lidl tocca per lo più
svolgere lavori degradati, sfigati e pesantissimi nel dizionario sotto
la voce di "miniere", che ti portano per lo più a vivere isolato
dalla società (per quei sei o sette individui sparsi in sessanta miglia
che possono comprendere la parola "società"), in baracche piene di
uomini sudati, arrapati, per lo più molesti, probabilmente drogati e ovviamente
ubriachi. E poi se stai nella parte abbastanza sfigata del Wyoming puoi
imbatterti nell'assurdo finale. Roba tipo che la vedi, ma comunque non ci credi.
Delle tigri preistoriche siberiane con denti a sciabola che vivono tra i boschi
e assalgono gli sventurati con una violenza che manco fossimo in un fumetto di
Conan il barbaro. Certo il lavoro di cacciatore di tigri preistoriche siberiane
con denti a sciabola è quanto di più figo un documentario di DMAX potrebbe mai
raccontare. Un po' trapper, un po' atleta professionista del gatto delle nevi,
campione di triatlon e filosofo naturalista. Ti tocca sempre vestirti da
spermatozoo grasso, ma per mimetizzarti tra la neve. Passi il giorno a
costruire proiettili con testata a frammentazione, conosci tutto di tutto sulle
impronte, i rifugi e hobby preferiti delle tigri preistoriche siberiane con
denti a sciabola e per conseguenza sai tutto di tutto dei segreti della vita.
Tipo che se vedi un elicottero puoi sentirti di guidarlo senza aver letto un
libretto di istruzioni. Certo se non fai il cacciatore c'è sempre la
"miniera". Non si sa per quali motivi misteriosi gli indiani
d'America sono venuti a vivere pure qui nel Wyoming. Non ci sono casinò a Wind
River. Ma di conseguenza i colonizzatori sono riusciti ad arrivare qui
pure loro a rompergli le palle da almeno due secoli.
Succede
quindi che una ragazzina pelle rossa viene trovata in mezzo al niente, a troppi
chilometri di distanza da qualsiasi cosa, morta per via del congelamento che ti
ammazza in una manciata di secondi, ma con evidenti segni di contatti sessuali
e svestita in modo sospetto. La trova per caso un cacciatore delle suddette
assurde tigri dai denti a sciabola post-preistoriche del Wyoming (Jeremy
Renber) e data l'anomalia generale della vicenda la polizia locale chiama l'Fbi, che invia sul posto una barbie bionda (quella manza atomica di
Elizabeth Olsen, che inguaiata in vestiti che la fanno sembrare uno spermatozoo
grasso è un'offerta contro madre natura) che non ha mai visto tanta neve in
vita sua e sa poco di indiani del Wyoming, tigri, "miniere" e gatti
delle nevi. Ovviamente la barbie ha bisogno di una mano e indovinate a chi
andrà a chiedere aiuto. Riusciranno il cacciatore (scusate, vi ho già rovinato
la suspence) e la barbie a scoprire chi ha ucciso quella ragazzina? Finirà a
schifo con la neve che si tinge di sangue per via di proiettili esplosi o di
denti a sciabola di tigri preistoriche siberiane del Wyoming?
Ci sono
dietro a questo I segreti di Wind River i realizzatori di Sicario (lo sceneggiatore Taylor Sheridan, che quest'anno lavora anche sul prequel di
Sicario, Soldado, e qui è anche regista) e Peter Berg (che come produttore ha
tirato fuori anche Lone Survivor, la serie TV cult The leftovers, quella bombetta
di Hell or High Water, scritta sempre da Sheridan), e si vede. Credo che basti
questo a darvi il quadro generale. È un action - thriller solidissimo, immerso
in un ambiente suggestivo stile La cosa di Carpenter ma molto più
western, è molto ben recitato e godibile da seguire, è carico di scene d'azione
folgoranti per come fanno impennare la velocità e per come sono ben gestite.
L'attenzione al dettaglio visivo quanto alla caratterizzazione dei personaggi è maniacale al punto che il contesto risulta subito credibile, autentico.
Appena usciti dalla sala andrete a cercare su Amazon lo zainetto tribale
porta-robe che Jeremy Renner porta sotto al suo giaccone bianco da spermatozoo
grasso di ordinanza. La trama attinge alle miserie di un luogo così austero e
sconfortante da far sembrare Fargo una succursale di Gardaland. Il regista sa
di poter toccare delle corde drammatiche ben scoperte e che da un attimo
all'altro potrebbero tramutare tutto in Il ritorno di Zanna Bianca,
ma non ne abusa, giocando la carta di un complesso equilibrio tra indagine,
critica sociale e azione pura condita da tarantiniani stand-off messicani a cui
non mancano certo i colpi di scena (c'è poi una sequenza che sembra presa di
peso da The Hateful Eight, ma che funziona davvero bene). Prendetelo come un
viaggio in un mondo inesplorato e angusto, portatevi un cappotto pesante perché
dallo schermo del cinema presto inizierete a sentire davvero freddo. Chiedete
al tizio del multisala se magari invece dei crostini piccanti con la salsa
rossa può preparavi una cioccolata calda. Soprattutto, divertitevi e
domandatevi come mai Jeremy Renner non sia già diventato il vostro attore
preferito. La pubblicità vende questo film come più terribile de Il silenzio
degli innocenti, ma credetemi, chi ha scritto quella affermazione non so di
preciso cosa abbia visto. L'indagine c'è, ma non gira molto da quelle parti lì
e il film sta alla fine più in zona The Grey. Il personaggio di Renner è
pazzesco, sono pronto a vedere dieci seguiti incentrati su di lui e magari due
serie TV. Se lo beccate al cinema dateci un occhio e fatemi poi sapere.
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