I nonni
hanno un passato, incredibile a dirsi ma vero. Non sono stati sempre vecchi,
non sono stati sempre malfermi, non sono sempre stati a vivere entro i
cento metri dal pianerottolo della loro casa. Anche Eduard (Jurgen Prochnow),
che oggi ha 92 anni suonati e vive a Berlino, ha avuto un passato militare non
meno eroico di quello di Abe Simpson nel Pesce Diavolo Battagliero. Ha
combattuto in Russia, è stato un cosacco, ha combattuto da tedesco insieme agli
ucraini contro il regime sovietico. È stato un capitano, un eroe e forse anche
un dongiovanni. Oggi purtroppo nessuno si ricorda di tutto questo. La figlia
Uli (Suzanne Von Borsody) fa la ristoratrice, è impegnata a far compiere al
suo locale il salto di qualità e cerca un modo veloce di piazzare il
padre in un istituto dopo la recente scomparsa della madre. La nipote
Adele, giovane e piena di piercing, lavora come barista, ha un animo ribelle
con il quale si è costruita una vita tutta sua, saltella da una relazione
all'altra e sa pochissimo del nonno. Cosa succederebbe se il nonno se ne
andasse quindi in Ucraina, in quel di Kiev, a ricordare i vecchi tempi e forse
a riallacciare qualche ponte? Succede che Uli, trovata l'ultima lettera del
padre e impossibilitata a inseguirlo alla stazione dei treni dove è diretto per
intraprendere il suo viaggio, chiama Adele, che lavora lì vicino, per fermarlo.
La ragazza trova il nonno, ma lo trova anche irremovibile sulla sua decisione e
sarà quindi costretta, anche su pressione della madre, ad accompagnarlo in
Ucraina. Durante il viaggio conosceranno Lew (Tambet Tuisk), un ragazzo russo
cresciuto in Ucraina e diretto anche lui a Kiev. Forse il fratello di Lew può
aiutare Eduard a incontrare una persona di cui con il tempo ha perso le tracce
e che, dalla morte della moglie, è tornata a farsi presente nei suoi sogni.
L'Ultimo
Viaggio ci racconta di storie lontane, che forse non sono state mai raccontate
sui nostri libri di scuola, e ci parla di storie forse più vicine, ma di cui
potremmo non sapere ugualmente niente. Già per questo merita una visione,
perché ci spalanca gli occhi su un mondo complesso e sfaccettato che si trova
solo a due passi da casa nostra. Jurgen Prochnow con la sua umanità e
determinazione salda, ci racconta di un personaggio che si carica sulle spalle
il peso della storia passata; Tambet Tuisk con la sua disillusione racconta
della difficoltà che anche le nuove generazioni patiscono su una strana terra
di confine dove avamposti di frontiera si pongono come trappole nascoste dai
boschi.
La situazione dell'Ucraina è complessa e il film di Nickname Baker
Monteys ce la descrive attraverso gli occhi disincantati, ma ancora pieni di
vita, dei suoi personaggi. Il dramma è sempre dietro l'angolo e forse l'unico
modo di sopportarlo è l'incoscienza di essere, almeno a livello interiore,
giovani e pronti a vivere la vita come un'avventura. Molto belli e strani,
quasi alieni, i paesaggi, che forse non a caso ricordano cromaticamente i
lavori fantascientifici (Alien Covenant su tutti) del direttore della fotografia
Dariuz Wolski. Pur seguendo mille ristrettezze è obblighi diplomatici la
produzione è riuscita a girare nella vera Kiev, ed è a tutti gli effetti un
paesaggio alieno e misterioso, in cui il tempo sembra essersi fermato da anni.
Bravi gli attori, con una menzione d'obbligo per Petra Schmidt-Schaller che con
il carattere riottoso e forte, dolce e in fondo protettivo della sua Adele
riesce ad essere il cuore emotivo della pellicola. L'ultimo viaggio è un road
movie di frontiera lento, silenzioso e contemplativo in cui le
immagini hanno un peso più forte delle parole nel raccontarci di una ferita
storica intergenerazionale ancora aperta.
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