Jean (Fabrice Luchini) è il sindaco conservatore di un paesino con un grosso problema. L’età
media dei suoi elettori è salita troppo e alle prossime comunali questi
porterebbero morire prima di entrare alle urne per votarlo. È tempo quindi di
cambiamenti, si è aperta una fase di transizione. Bisogna essere “più
social” aprendo magari un profilo tik tok e postando momenti di vita quotidiana
per ammiccare alle nuove generazioni. Lo slogan deve inneggiare al futuro
veicolando messaggi come “avanti, sempre
più avanti!”. Certo un andare “Avanti, sempre più avanti!” con la classica
postilla gattopardesca del politico conservatore, che vede “il futuro buono
solo se bene ancorato con la tradizione”, ma comunque questo dà vita a una
campagna che per Jean deve essere fresca, dinamica, davvero moderna. Bisogna poi cercare di contrastare un
concorrente troppo giovane, troppo aitante, troppo omosessuale dichiarato e
per questo “troppo moderno”.
Riusciranno i Tik Tok di Jean in cui il sindaco cucina con la
moglie un piatto tipico o parla a elettori ottuagenari durante una escursione
mattutina nel mercato rionale a farlo diventare di colpo per spirito di
modernità un beniamino delle nuove generazioni?
Anche Edith (Catherine Frot), moglie fedele di Jean da
trent’anni e madre dei suoi tre figli ha un problema. L’età avanza e sente che
è necessario per lei fare qualcosa prima che sia troppo tardi. È tempo di
cambiamenti, è tempo di transizione. Vuole parlare con qualcuno di come
realmente si sente, vuole conoscere nuove persone. Vuole ancora bene a suo
marito, gliene vorrà sempre e non nega il suo passato, ma si trova dentro un
percorso personale ormai per lei chiaro da tempo, che deve andare avanti,
sempre più avanti. Edith si sente un uomo in un corpo di donna. Non è stato
facile né immediato comprenderlo e ora non sa se può comunicare questo stato
d’animo a Jean: perché per lui potrebbe essere qualcosa di “troppo moderno”.
I due si incontrano in un ristorante e con un po’ di e whisky
in corpo Edith si dà coraggio e racconta al marito quello che sta passando.
L’amico omosessuale Gerald (Gregoire Bonnet), con cui da qualche tempo gioca a
golf, ha convinto Edith nel fare questo passo e ora lei è intenzionata ad
arrivare alla transizione sessuale e diventare uomo. Jean rimane esterrefatto,
prende anche lui un whisky, dice alla moglie di pensarci con molta calma e va
via arrabbiato da solo. La sera rincasa per primo e si mette a guardare i
filmini di quando loro erano giovani e felici al mare con i figli, con Edith
che era bellissima e femminile come solo nei suoi sogni. Edith lo raggiunge, è
vestita con un completo da uomo firmato, i capelli tirati all’indietro chiusi
da un codino e dei baffoni appiccicati sopra le labbra. Sembra un
narcotrafficante. I due parlano e
trovano in qualche modo un compromesso. La moglie sa che per l’orientamento
politico del partito di Jean una situazione del genere può essere complicata e
decide di essere al suo fianco e sostenerlo in pubblico “come donna”, almeno
fino alla elezioni. Dopodiché Jean dovrà rispettare il suo orientamento
sessuale e lei dovrà ritenersi libera di fare la transizione. Per Jean lei
precisa che ci sarà sempre, non cambieranno molte cose. Accordatosi, la coppia
inizia ad affrontare le rispettive transizioni. Dopo essere stata a un gruppo di
sostegno di persone Lgbtq+ ha capito il suo orientamento sessuale con
precisione: si sente un uomo in un corpo di donna a cui piacciono gli uomini.
Quindi Edith si sente gay e ama Jean da gay, volendo continuare a stare con lui
anche quando avrà il nuovo corpo. Il sostegno di una nuova amica che ha fatto
la transizione come Carol (Camille Le Galle) le dà forza e la fa sentire
accettata. Il marito messo alle strette da una campagna che non va da nessuna
parte accetta la situazione, pur comunicando segretamente ai suoi amici che
penserà al divorzio subito dopo la tornata elettorale, a patto che Edith sia al
suo fianco pubblicamente, a partire da un video di Tik Tok in cui insieme
cucinano qualcosa. Edith vuole però
farsi chiamare Eddy, vuole avere il tempo per comunicare il suo cambiamento ai
figli e vuole subito partire con gli ormoni e un personal trainer. Tutto sembra
funzionare salvo qualche inaspettato contrattempo ormonale da nascondere
all’ultimo momento, fino a che una sera, mentre è in auto, Eddy buca una gomma
e chiama Jean in suo soccorso. Eddy con i suoi baffoni è molto spaventato
dell’accaduto e contento dell’aiuto di Jean lo bacia con passione Jean sotto le
telecamere dell’autovelox. Il giorno dopo l’immagine del sindaco conservatore
che bacia di notte un uomo fa il giro della città. Mentre Jean in piena crisi
di panico si trincea nel bagno dell’ufficio e chiede di non parlare con nessuno
per nessuna ragione, Eddy decide di rispondere sui social con un video in cui
spiega il suo amore per il sindaco, le difficoltà di sentirsi in un corpo
sbagliato per molti anni e la gioia di poter essere amati dai propri cari in un
momento delicato come la transizione. I consensi e le approvazioni per questo
coming out subito si fanno sentire. Forse ora anche la campagna di Jean è
diventata “troppo moderna” e forse anche per questo ora il sindaco ha una
possibilità di vittoria. Ma l’idea di conservare il matrimonio e dover presto
andare a letto “con un uomo” un po’ spaventa il vecchio sindaco. Come andranno a finire le elezioni comunali e
il rapporto tra Jean ed Eddy? Questi cambiamenti “politici e fisici” saranno in
grado di influire su una storia d’amore che dura da oltre trent’anni?
Il regista del divertente Chiamate un dottore! (trasposto
anche in una brillante pellicola italiana con Diego Abatantuono e Frank Matano,
Una notte da dottore, già recensita sul blog) dirige una straordinaria coppia
di attori comici in un film scritto da Guy Laurent (autore della fortunata
serie Non sposate le mie figlie!) e Isabelle Lazard (autrice del thriller
giudiziario Un’intima convinzione). Fabrice Luchini (tra le sue
interpretazioni Alice e il sindaco, La Corte, Uomini e donne istruzioni per
l’uso) e Catherine Frot (tra le tante
pellicole La cena dei cretini, Quello che so di lei, Un figlio all’improvviso)
trovano fin dalla prima scena una grande intesa e complicità, che dà luogo a
dialoghi esilaranti in cui i tempi comici sono sempre perfetti, ma anche a uno
sviluppo emotivo dei personaggi non banale, romanticamente malinconico e dotato
del giusto garbo per trattare dei temi attuali quando complessi come la
transizione di genere. Fa piacere in un momento storico in cui il cinema sta
ancora timidamente “prendendo le
misure” per affrontare le tematiche LGBTQ+, spesso con effetti così grossolani
da rendere quasi “antipatiche” delle
persone che si vorrebbero invece integrare a livello sociale, che arrivi una pellicola in grado di dare più
spazio ai sentimenti e meno alle etichette e ruoli di genere. Come in Non
sposate le mie figlie!, al di là di ogni differenza culturale, fisica e di
stile di vita, la pellicola di Seguela sembra dirci che è l’amore il vero
“collante sociale naturale”. Un amore o amicizia che nasce nel quotidiano
dall’incontro con persone che vivono la sessualità come solo una delle loro
molte e uniche caratteristiche. La “stessa persona in un corpo diverso”, per
citare la Tilda Swinton di Orlando, come una moglie che magari un giorno ti
chiede di condividere la schiuma da barba, fino a che diventa nei giorni successivi
un gesto meccanicamente spontaneo. Un ottimo messaggio rivolto alla
inclusività che Seguela veicola anche con il piccolo ma centrale personaggio
di Carole, interpretato da Camille Le Gall: un tecnico nucleare la cui
transizione a donna in fondo non ha minimamente cambiato le relazioni umane con
i colleghi, al di là di alcune “battutine da caserma” nei primi tempi. C’è poi
naturalmente il tema della transizione “al nuovo a tutti i costi” di una
politica in cerca di consensi, che satiricamente cerca di cavalcare l’onda
della modernità e delle tematiche di genere in un modo che è puramente di
facciata, dando vita a siparietti gustosamente sulfurei quanto amaramente
attuali in cui il personaggio di Luchini amabilmente sguazza, con la costante
paura che in video la moglie appaia più forte e mascolina di lui. Si può quasi
parlare sarcasticamente di una “virilità
politica frustrata”, che ha per il personaggio del sindaco quasi più peso di
una virilità domestica ormai negli anni caduta in disuso e il film sa giocare e
riflettere su questa semplificazione, sapendola problematizzare con gusto. Il
personaggio di Catherine Frot invece dopo una vita da casalinga, moglie e madre
riscopre di avere un corpo al di là di un “ruolo sociale”. Un corpo per lei del
tutto nuovo, da accudire e allenare fisicamente ma anche psicologicamente. Un
corpo che se nelle prime scene può apparire anche comicamente buffo, per via di
quei baffoni finti a manubrio appiccicati con la colla e per l’improvviso
“atteggiamento da macho” che Edith cerca di adottare. Ma è un corpo che in poco
tempo riesce ad adattarsi e prendere una forma più definita, attraverso un
percorso che viene illustrato con cura anche sul lato emotivo. Verso la fine
della vicenda Edith diventa a tutti gli effetti Eddy e anche Jean deve in
qualche modo cambiare, anche se nel modo più maldestro e confuso possibile. È
in questo punto che la pellicola forse non riesce a trovare una giusta
dimensione al di là del precedere “scontro tra transizioni”, andando ad
apparecchiare una fase finale un po’ irrisolta e forse troppo veloce ma
comunque interessante, che potrebbe magari essere un ponte per una pellicola
futura. Del resto Non sposate le mie figlie! è già al terzo film e continua a
esplorare con leggerezza e sarcasmo le tematiche sull’integrazione razziale e
culturale. Un uomo felice “2” potrebbe fare un percorso analogo esplorando
ulteriormente le tematiche gender e offendo nuovi aspetti su cui riflettere in
modo ironico. La commedia francese ad ogni modo si conferma una ottima fucina
per raccontare il sociale attraverso l’intrattenimento.
Il film di Tristan Seguela è una pellicola divertente e
veloce con un cast di attori brillanti, molto affiatati e coinvolti nella
parte. Le tematiche di genere vengono rappresentate inizialmente in un modo
buffo ma mai caricaturale, andando a sviluppare nel corso della pellicola una
narrazione ricca di interessanti punti riflessione per leggerle attraverso un
atteggiamento positivo e inclusivo. La satira di Seguela ha molte assonanze
anche con i recenti gattopardismi della politica italiana e questo offre
ulteriori occasioni di divertimento per il pubblico. La parte finale forse può
risultare un po’ troppo veloce, ma questo non toglie che si possa correggere il
tiro in un auspicabile secondo capitolo.
Un uomo felice è una scelta ideale per una serata in cui ci si volte divertire al cinema con una commedia che riesce bene a ragionare con leggerezza su temi di grande attualità.
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