giovedì 23 marzo 2023

2028: la ragazza trovata nella spazzatura (The day I found a girl in the trash) - la nostra recensione di un interessante film di “fantascienza sociale” polacco per la regia di Michal Krzywicki


Polonia, 2028. Per la mezzanotte del 31 dicembre è prevista la più grande performance-Art di protesta dell’influencer e attivista per i diritti umani Szymon (Michal Krzywicki, protagonista, co-sceneggiatore e regista del film). Il giovane dopo aver rilasciato una dichiarazione pubblica si toglierà la vita in diretta streaming, davanti a milioni di spettatori, con tutti i suoi organi che saranno destinati a salvare le vite di persone a lungo in attesa di trapianto. Nel discorso denuncerà le leggi penali del suo paese, che hanno permesso allo Stato di trasformare i detenuti per reati gravi in “automi”, attraverso la somministrazione constante nel loro organismo, attraverso un collare, di un farmaco che li rende simili a zombie. Gli automi vengono usati come un nuovo tipo di docili schiavi per i lavori più umili, la loro testa è costantemente rasata e devono indossare vestiti arancioni per essere sempre riconoscibili per strada. Non possono parlare, se non emettendo sporadiche e sconnesse parole, il loro cervello sembra regredito alle prime fasi dell’infanzia ma possono apprendere lavori ripetitivi e in questo essere utili alla comunità. Sembra reagiscano alla musica in modo inconscio: ogni tanto si fermano senza un particolare motivo e iniziano come a danzare. Chi detiene il potere avrebbe tutti gli strumenti per creare nuovi automi, magari estendendo la legge o trovando il modo di incastrare avversari politici. Chiunque può diventare un morto che cammina e c’è chi ovviamente potrebbe approfittartene, per questo sono molto severe le norme su chi cerca di sfruttare o abusare di un automa. Szymon, davanti a uno Stato che “può spegnere le persone che vuole”, decide di immolarsi, regalando i suoi organi con un atto di altruismo a degli sconosciuti bisognosi. Tutto è pronto, le interviste internazionali esclusive da Playboy al New York Post si sprecano, i colleghi hanno già fatto per lui una “festa di commiato”, lo studio legale che ha organizzato l’evento è diventato famosissimo e tutti attendono il grande gesto. Poi accade qualcosa di completamente inaspettato. Nella metropoli notturna con le luci al neon alla Blade Runner in cui vive, perennemente indossando una tuta nera con cappuccio e degli occhiali da sole simili a quelli di Kevin Spacey in K-Pax, Szymon  tra dei bidoni della spazzatura trova un’automa. È una ragazza sui vent’anni (Dagmara Brodziak, co-protagonista e co-sceneggiatrice) dal corpo minuto e coperta di sporco, qualcuno l’ha vestita con un abito da sera luccicante e le ha messo una parrucca bionda in testa per qualche motivo sconosciuto. Sembra vittima di un gioco erotico finito male in cui hanno abusato del suo fragile stato mentale e cerca continuamente di nascondersi. Le hanno tolto il collare e secondo i telegiornali questo è pericoloso: l’interruzione del farmaco può far riaffiorare l’aggressività nel soggetto con esiti imprevedibili. È il primo automa che Szymon vede da vicino in vita sua, il suo primo “contatto umano” con una delle persone per cui ha deciso di immolarsi dopo aver rifiutato in ospedale anche solo di incontrare una bambina a cui avrebbe donato gli organi. L’influencer decide di portarla a casa, per lo meno di lavarla e darle qualcosa da mangiare. Anche se questo tipo di contatti umani sono severamente vietati e sanzionati, in fondo a lui restano solo poche ore di vita. Lei sembra un pulcino che guarda per la prima volta qualcuno che si prende cura di lei, è spaventata quanto fragile, trema e ha una gran fame. Szymon su due piedi decide di estrarle il localizzatore luminoso che ogni automa porta sulla schiena e accompagnarla fino al confine di Stato, in un posto in cui la legge sugli automi non esiste. Durante un viaggio quasi bucolico tra la campagna più lussureggiante e le solitarie località di confine, il ragazzo inizierà ad interrogarsi seriamente sul suo sensazionale “suicidio programmato e pubblicizzato”. Dalle ragioni per cui lo compie, alle persone a lui care per cui lui davvero ritiene giusto farlo. Insieme alla ragazza, che ha ribattezzato “Blue”, per la prima volta Szymon sente di avere uno scopo per cui è ancora importante vivere. 

Lungo la strada Blue ha trovato una gallina e ora cerca di accudirla al meglio, come il ragazzo sta facendo con lei. Quando saranno arrivati al mare, la ragazza sarà in salvo. 


Il film di fantascienza sociale di Michal Krzywicki, scritto e interpretato insieme a Dagmara Brodziak nella loro prima prova con un lungometraggio, porta in scena un futuro prossimo venturo malinconico e dolente, frutto del fallimento della società moderna nel preservare eticamente il suo capitale umano. È un luogo dove si sono create nuove caste sociali di sfruttati, dove il suicidio “per spettacolo” è incoraggiato e dove i rapporti umani anche all’interno della famiglia diventano sempre più virtuali, distanti al punto da essere solo “simbolici”, mere “etichette sociali”. Non esiste un percorso di reinserimento sociale che non sia il trasformare le persone in un “oggetto sociale”, alla stregua di animali da allevamento, con la pellicola che più volte sovrappone metaforicamente gli automi agli animali allevati in batterie. Il viaggio esistenziale di Szymon parte in astratto dalla voglia di ribaltare da solo il mondo con un proprio gesto estremo di “autodistruzione” sulle cui radici personali la pellicola ci permetterà di indagare. Poi però il film prende la forma di un intimo e personale “percorso generativo” sulla scoperta nel protagonista di un sentimento simile alla paternità e forse all’amore. Quando Szymon si specchia nello sguardo di Blue il fenomeno dell’ “imprinting del pulcino” si attiva verso entrambi i personaggi e anche il film muta forma e intenzione e inizia a ragionare su un possibile futuro per i due. Dal disperato mondo cittadino notturno alla Blade Runner carico di palazzi e neon del primo tempo si passa (se vogliamo come nel finale di Blade Runner, ma prima) a un ambiente naturale più accogliente, carico di vegetazione rigogliosa, animali e corsi d’acqua. È interessante notare come i due mondi possano coesistere ed essere anche “non troppo distanti”, come a dire che la scelta di un futuro diverso può essere sempre e comunque alla portata di mano di chi decide di coglierla. 

Molto bravi gli interpreti, con menzione d’onore per la bravissima Dagmara Brodziak, in grado di dare vita con il suo corpo ed espressività a un personaggio complesso quanto tenero, selvaggio e pericoloso quanto umanamente fragile e sensibile. Visivamente si avverte un forte cambio di stile tra il primo e il secondo tempo, ma le due visioni arrivano via via a uniformarsi in modo armonico. Molti e sfiziosi i rimandi all’originale Blade Runner, al punto che una visione comparata delle due pellicole potrebbe essere molto stimolante. 2028: la ragazza trovata nella spazzatura è un piccolo film da festival, carico di molte interessanti suggestioni visive e narrative e interpretato da una coppia di attori molto affiatata e convincente. La produzione non fa affidamento su un budget molto ricco, ma sa bene compensare con le idee. L’accompagnamento sonoro ci porta in territori malinconici ispirato con gusto a quelli raccontati da Vangelis, molto stimolante il lavoro svolto sulla fotografia. Gli “automi” sono delle creature insolite e ricche di un potenziale che sarebbe bello vedere sviluppato anche in successive pellicole. Diversi dagli zombie romeriani quanto dai “lavori in pelle” di Dick, possono riflettere idealmente un’umanità ormai assuefatta e anestetizzata (magari dai social), ma subito pronta a un inaspettato risveglio una volta che scollegata dal collare". Una piccola perla per chi ama la fantascienza declinata al sociale e saprà quindi cogliere i tanti spunti che un giovane autore come Michal Krzywicki è in grado di proporre, con successo, già dai suoi primi lavori. 

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