Se c'è
sempre il sole a Philadelphia, nella Torbellamonaca di Bocci non piove proprio
mai, l'afa ti assale, l'aria è come assente, la gente "bolle" e di
conseguenza si arrabbia, con la testa che annebbia. Sul punto di esplodere, Tor
Bella Monaca diviene un formicaio inquieto di umanità al limite, dove tutti si
conoscono e si odiano, si spingono e urlano contro nei pochi metri quadri che
il destino ha deciso debbano condividere. Non c'è lavoro o il lavoro fa schifo,
chi ha sbagliato in passato e ha pure pagato è comunque un delinquente, si
sogna di scappare o per lo meno di non iniziare ad avere lo stesso odore di
quei palazzoni fatiscenti in cui si rimane inghiottiti, forse sepolti a
vita, per sempre e ormai incapaci di sognare qualcosa di diverso. Così
una famiglia senza una goccia di pioggia in cielo a refrigerare il
cervello esce pazza, si prepara all'attacco contro il mondo. L'affittuario che
non paga da mesi, il vicino con il volume dello stereo a palla notte e giorno,
il padrone che odia i cinesi e forse anche te, il truffatore locale che
promette e inguaia il prossimo. Così dei soldi sporchi, letteralmente coperti e
impregnati di piscio, sembrano il biglietto di addio da quei luoghi. Ce ne sono
altri di quei soldi, piovono da una grata e prima ancora da dei sacchi blu che
si portano appresso per Tor Bella Monaca dei cinesi. Sempre i cinesi, che
stanno un po' dappertutto e tanto sono tutti uguali. Poco senso di colpa se gli
dai una botta in testa per fregargli un sacco blu, di quelli che sempre quel
giorno a quella ora rischiano di finire coperti di piscio. Hai svoltato e ti
togli la puzza dei palazzoni, aiuti la famiglia e giri pagina. Prima però
bisogna trovare la motivazione giusta per agire.
In sala
c'è ancora il capolavoro coreano Parasite di Bong Joon Ho, un film che descrive
la miseria umana al punto che entra sottopelle, ti fa sentire gli odori, ti
affoga nella melma e ti fa apprezzare il gusto dei crostini per il cane
caramellati. Il film di Marco Bocci, il suo esordio alla regia, è anche lui
un'esperienza sensoriale, soffocante e crudele. Sceglie una telecamera a mano
per inquadrare le persone "gnappe", a livello del suolo dove non si
può anelare al cielo. Anche quando un personaggio fuma sul tetto di un palazzo
l'inquadratura indugia, allarga, rivela che la cima è solo il lato poco più
alto di una gabbia architettonica dove le persone stanno stipate metro per
metro in appartamenti piccoli piccoli. La musica è l'assalto ingiusto dello
stereo del vicino, con i suoni che escono distorti dai muri e i bassi che fanno
immaginare un costante martello pneumatico che sta a un metro da noi. Sembra di
respirare, o per lo meno di percepire una qualche brezza, solo quando di
notte uno dei protagonisti scorrazza con il motorino, rigorosamente senza
casco.
Bocci
dirige un cast di ottimo attori come Libero De Rienzo, Andrea Sartoretti,
Antonia Liskova, Giorgio Colangeli. Libero De Rienzo interpreta Mauro, un
ragazzo dall'aria dolce e impacciata, pervaso da una insicurezza perenne, che
dopo il diploma in geometra e tanta sfortuna vive ancora con i suoi genitori,
barcamenandosi tra un lavoro e l'altro. Antonia Liskova è il suo vecchio amore,
quello che l'ha lasciata per mettersi con "il dottore", uno che
almeno ha realizzato qualcosa nella vita, ma torna sempre da Mauro, come se
fosse una brutta malattia. Spettinata, depressa ma ogni tanto euforica, con
Mauro prova qualcosa che il dottore non gli offre. Andrea Sartoretti dà il
volto a Remo, il fratello di Mauro. Un uomo brusco e pratico, con trascorsi
penali che lo seguono come una macchia ovunque vada. Remo è "quello che è
stato già dentro" e diviene quindi un alibi per tutto, anche per la
polizia. È il lupo cattivo da inguaiare se non si vuole o si può arrestare
qualcuno di più "grosso". Sartoretti lo interpreta come un gladiatore
pronto a ricevere l'ennesimo schiaffo dalla vita, deciso a non far finire il
fratello in brutti giri. "Tu non ti devi permettere di parlare male di mio
fratello" è la minaccia concreta che entrambi i fratelli ripetono, in
momenti diversi e verso interlocutori diversi, per sottolineare l'importanza e
la sacralità del loro legame, magari suggellando la frase con un pugno verso
chi ha osato dire qualcosa di male del fratello. È un film pieno di pugni e di
mazzate, con qualche occasionale sparatoria, spesso inferti per una dignità
calpestata e che richiede "giustizia divina" anche se occorresse aspettare anni per averla. Se c'è un messaggio positivo nella pellicola, oltre
all'ammirare il modo in cui una famiglia può auto-sostenersi davanti a tutto se
rimane unita, è che il tempo può aggiustare tutto. Magari dopo anni, ma lo farà.
Quest'opera
prima di Bocci ha forza, è girata molto bene e ha buoni interpreti. Avrei
voluto una terza parte, qualcosa che potesse sedare un po' gli animi filtrando
una "urgenza espressiva" che forse a un certo punto fa correre troppo
forte la narrazione, lasciando l'amaro in bocca al comparire dei titoli di
coda. Ma non è per me un errore, è più una scelta punk. Se questo è il
biglietto da visita di Bocci registra, attendiamo la prova numero 2.
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