Credo
che sia davvero sublime la traduzione italiana del titolo di questo film, che
in originale si chiama Hidden Figures perché, a ragione, parla delle
"figure meno note", ma non meno importanti nella corsa allo
Spazio.
Il film
parla di donne che per lavoro si occupano di fare calcoli e che al contempo
vengono discriminate dalla società perché sono di colore in una America vintage
un po' razzista. Quindi il titolista italico si è inventato una supercazzola,
che fa l'occhiolino a Grisham, con questo incredibile Il diritto di
contare.
Applausi.
Ci sono
capitato un po' per sbaglio a vedere questo film, facendo zapping e finendo su
Rai 1. La pellicola vuole raccontarci appunto delle grandi donne che hanno
fatto grande la NASA. Gente come il genio matematico Katherine G.Johnson ( nterpretata da Taraji P.Henson), la prima esperta-capo programmatore di un
super computer Dorothy Vaughan (Octavia Spencer), l'astrofisica Mary Jackson (Janelle Monae). Tutte donne, che era già un problema grosso in un mondo
molto maschilista, e "di colore", in tempi in cui in America
questo significava segregazione, dai posti in autobus e bagni pubblici
dedicati, dalle sezioni (in)accessibili della biblioteca o ai semplici posti di
scuola. Queste donne, perché "fottutamente brave", si
sono rese indispensabili e hanno spinto la NASA a prendere per loro delle
decisioni di stampo pratico quanto sociale, per questioni profondamente
economico-liberiste (ma anche no), che hanno portato a una piccola rivoluzione
interna all'agenzia. Perché se hai un genio "donna e di colore", alla
fine è da pazzi non farlo brillare per quelle due condizione ancora negative
per via di un retaggio medioevale. Quindi se hai nel team che manda astronauti
nel cielo (il film affronta il periodo della missione Mercury cui prese parte
Scott Glenn, qui interpretato da Glenn Powell) un genio informatico che
per andare in bagno deve attraversare mezzo paese, alla ricerca dell'unico,
sporco e rotto "bagno per persone di colore", non è detto che quella
persona possa essere sempre presente per gestire il tuo razzo spaziale e, se
non sei un totale cretino e non vuoi bruciare i miliardi del programma
spaziale, prenderai dei provvedimenti. Così gran parte de film si concentra sul
modo in cui la NASA, a differenza di un paesino di bifolchi medio dell'America
anni '60, ha affrontato una interna questione razziale. In pratica assomiglia
tantissimo a The Help, ma con gli astronauti. Con Kirsten Dunst nei
panni della "Bianca stronza" stile Brice Howard e la fantastica
Octavia Spencer che quasi fa lo stesso personaggio fantastico di Octavia
Spencer dell'altro film. Molto brava e bellissima la P. Jackson, molto brava la
Monoe. Con un Kevin Costner capo progetto NASA che sta all'inizio su un piano
pragmatico utilitaristico e se ne frega di razza e sesso, per poi sviluppare
anche una certa sensibilità. Con il suo vice, interpretato da Paul
Stafford, che rimane su un punto più rigido, ligio al protocollo, in pratica
replicando il suo personaggio di Sheldon in Big Bang Theory. Con lo Scott Glenn
di Glenn Powell, l'uomo del futuro, l'astronauta, che proprio perché riconosce
un talento nella protagonista dice: "Io non scopro lo spazio se non
chiedete a quel genio matematico donna e di colore che va tutto bene".
Il resto
degli attori "Bianchi" incarna la banalità del razzismo socialmente
accettato e proprio di quel periodo storico, esibendosi per lo più in un
infinito campionario di volti allibiti, frasette cattive dette sottovoce,
sopracciglia corrucciate e corpi che si bloccano increduli quando avviene il
passaggio di una persona di colore nel raggio di tre metri. Non fanno molto
altro.
Il resto
degli attori di colore sono fighi, generosi e sorridenti. Si godono la vita tra
auto decappottabili e le grandi praterie americane quando sono lontani dai
bianchi razzisti, ne sanno a pacchi di bella musica e affrontando con orgoglio
e impegno i due tipi di attività lavorativa che i nazi-bianchi offrono, quella
umile e quella "molto più umile".
E
poi c'è la "magia della matematica", scene con la colonna sonora che
parte piano, dimessa, per poi diviene pomposa con trombe, tamburi, stile Braveheart. Scene in cui tutti guardano questa donnina che butta
sulla lavagna, con un gessetto che pare la bacchetta di Harry Potter dei muri
di numeri e formule. Tutti, come se sapessero effettivamente quello che sta
scrivendo, con la sicurezza totale che quei calcoli sono esatti, interrompono i
loro lavori attratti da questo "miracolo", la scrutano con l'aria
sorridente, una lacrima che scende dalla guancia, segni di assenso e pacche
sulle spalle, applausi, bambini che appaiono dal nulla e ballano felici
guardando a un cielo di speranze per l'armonia e il progresso umano e
scientifico.
Un po'
stucchevole.
È un
fatto vero, la Johnson è stata una delle menti più prodigiose e geniali del
secolo, ha rivoluzionato il modo di pensare e ha permesso agli esseri umani di
andare nello spazio senza disciogliersi nell'atmosfera o senza essere dispersi
in mare chissà dove. Sapeva fare operazioni più complesse e precise di un
computer, ha portato più cambiamenti sociali lei che 60 picchetti e
manifestazioni per la parità di genere e contro il razzismo ed era pure
esteticamente una ragazza più che discreta. C'è oggi una intera ala degli edifici
della NASA che porta il suo nome.
È un
fatto vero che la "magia della matematica" al cinema è improponibile,
sfotte la nostra intelligenza e ci fa esultare per "esibizioni di
ingegno" che con una musica pomposa e qualche sorriso dovrebbero apparirci
chiare, evidenti e spettacolari come Indiana Jones che illumina con il bastone
di Rah il punto dove si trova l'Arca dell'Alleanza. Ma perché nessuno aspetta a
vedere se quei dati portano da qualche parte effettivamente? Perché ce lo dice
la colonna sonora che è la strada giusta! Poi se ve lo hanno già venduto in A
beautiful Mind, Will Hunting-genio ribelle, in Imitation Game (e in genere in
tutti i film e telefilm con Benedict Cumerbatch) alla fine non avete problemi
con questa "super matematica con numeri carismatici che commuovono chi in
genere non li capisce".
La
pellicola ha un buon ritmo, ottime interpretazioni e un paio di sequenze da
incorniciare e da portare ai corsi di sociologia, come quella dei
"bagni" o della biblioteca. Espongono realtà sociali così
incredibili, soprattutto per noi italiani nel 2020, che possono essere
decodificate proprio grazie al cinema. Le vi piacciono le cose spaziali, il
film è pieno di cose spaziali. Così se siete feticisti della tecnologia,
vedrete in scena un vero esemplare di IBM gigante in uso alla NASA. So che
alcuni miei amici si ecciteranno per questo ultimo dettaglio. Come quasi tutte
le pellicole che celebrano delle persone realmente esistite, c'è un po' di
glassa e timor reverentialis ad avvolgere la confezione generale, ma non
intoppa. Bella pellicola.
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