venerdì 6 dicembre 2019

Il diritto di contare (Hidden Figures) - la nostra recensione



Credo che sia davvero sublime la traduzione italiana del titolo di questo film, che in originale si chiama Hidden Figures perché, a ragione, parla delle "figure meno note", ma non meno importanti nella corsa allo Spazio. 
Il film parla di donne che per lavoro si occupano di fare calcoli e che al contempo vengono discriminate dalla società perché sono di colore in una America vintage un po' razzista. Quindi il titolista italico si è inventato una supercazzola, che fa l'occhiolino a Grisham, con questo incredibile Il diritto di contare
Applausi.
Ci sono capitato un po' per sbaglio a vedere questo film, facendo zapping e finendo su Rai 1. La pellicola vuole raccontarci appunto delle grandi donne che hanno fatto grande la NASA. Gente come il genio matematico Katherine G.Johnson ( nterpretata da Taraji P.Henson), la prima esperta-capo programmatore di un super computer Dorothy Vaughan (Octavia Spencer), l'astrofisica Mary Jackson (Janelle Monae). Tutte donne, che era già un problema grosso in un mondo molto maschilista, e "di colore", in tempi in cui in America questo significava segregazione, dai posti in autobus e bagni pubblici dedicati, dalle sezioni (in)accessibili della biblioteca o ai semplici posti di scuola. Queste donne,  perché "fottutamente brave", si sono rese indispensabili e hanno spinto la NASA a prendere per loro delle decisioni di stampo pratico quanto sociale, per questioni profondamente economico-liberiste (ma anche no), che hanno portato a una piccola rivoluzione interna all'agenzia. Perché se hai un genio "donna e di colore", alla fine è da pazzi non farlo brillare per quelle due condizione ancora negative per via di un retaggio medioevale. Quindi se hai nel team che manda astronauti nel cielo (il film affronta il periodo della missione Mercury cui prese parte Scott Glenn, qui interpretato da Glenn Powell) un genio informatico che per andare in bagno deve attraversare mezzo paese, alla ricerca dell'unico, sporco e rotto "bagno per persone di colore", non è detto che quella persona possa essere sempre presente per gestire il tuo razzo spaziale e, se non sei un totale cretino e non vuoi bruciare i miliardi del programma spaziale, prenderai dei provvedimenti. Così gran parte de film si concentra sul modo in cui la NASA, a differenza di un paesino di bifolchi medio dell'America anni '60, ha affrontato una interna questione razziale. In pratica assomiglia tantissimo a The Help, ma con gli astronauti. Con Kirsten Dunst nei panni della "Bianca stronza" stile Brice Howard e la fantastica Octavia Spencer che quasi fa lo stesso personaggio fantastico di Octavia Spencer dell'altro film. Molto brava e bellissima la P. Jackson, molto brava la Monoe. Con un Kevin Costner capo progetto NASA che sta all'inizio su un piano pragmatico utilitaristico e se ne frega di razza e sesso, per poi sviluppare anche una certa sensibilità. Con il suo vice, interpretato da Paul Stafford, che rimane su un punto più rigido, ligio al protocollo, in pratica replicando il suo personaggio di Sheldon in Big Bang Theory. Con lo Scott Glenn di Glenn Powell, l'uomo del futuro, l'astronauta, che proprio perché riconosce un talento nella protagonista dice: "Io non scopro lo spazio se non chiedete a quel genio matematico donna e di colore che va tutto bene". 


Il resto degli attori "Bianchi" incarna la banalità del razzismo socialmente accettato e proprio di quel periodo storico, esibendosi per lo più in un infinito campionario di volti allibiti, frasette cattive dette sottovoce, sopracciglia corrucciate e corpi che si bloccano increduli quando avviene il passaggio di una persona di colore nel raggio di tre metri. Non fanno molto altro. 
Il resto degli attori di colore sono fighi, generosi e sorridenti. Si godono la vita tra auto decappottabili e le grandi praterie americane quando sono lontani dai bianchi razzisti, ne sanno a pacchi di bella musica e affrontando con orgoglio e impegno i due tipi di attività lavorativa che i nazi-bianchi offrono, quella umile e quella  "molto più umile". 
E poi c'è la "magia della matematica", scene con la colonna sonora che parte piano, dimessa, per poi diviene pomposa con trombe, tamburi, stile Braveheart. Scene in cui tutti guardano questa donnina che butta sulla lavagna, con un gessetto che pare la bacchetta di Harry Potter dei muri di numeri e formule. Tutti, come se sapessero effettivamente quello che sta scrivendo, con la sicurezza totale che quei calcoli sono esatti, interrompono i loro lavori attratti da questo "miracolo", la scrutano con l'aria sorridente, una lacrima che scende dalla guancia, segni di assenso e pacche sulle spalle, applausi, bambini che appaiono dal nulla e ballano felici guardando a un cielo di speranze per l'armonia e il progresso umano e scientifico.  
Un po' stucchevole.


È un fatto vero, la Johnson è stata una delle menti più prodigiose e geniali del secolo, ha rivoluzionato il modo di pensare e ha permesso agli esseri umani di andare nello spazio senza disciogliersi nell'atmosfera o senza essere dispersi in mare chissà dove. Sapeva fare operazioni più complesse e precise di un computer, ha portato più cambiamenti sociali lei che 60 picchetti e manifestazioni per la parità di genere e contro il razzismo ed era pure esteticamente una ragazza più che discreta. C'è oggi una intera ala degli edifici della NASA che porta il suo nome. 
È un fatto vero che la "magia della matematica" al cinema è improponibile, sfotte la nostra intelligenza e ci fa esultare per "esibizioni di ingegno" che con una musica pomposa e qualche sorriso dovrebbero apparirci chiare, evidenti e spettacolari come Indiana Jones che illumina con il bastone di Rah il punto dove si trova l'Arca dell'Alleanza. Ma perché nessuno aspetta a vedere se quei dati portano da qualche parte effettivamente? Perché ce lo dice la colonna sonora che è la strada giusta! Poi se ve lo hanno già venduto in A beautiful Mind, Will Hunting-genio ribelle, in Imitation Game (e in genere in tutti i film e telefilm con Benedict Cumerbatch) alla fine non avete problemi con questa "super matematica con numeri carismatici che commuovono chi in genere non li capisce".
La pellicola ha un buon ritmo, ottime interpretazioni e un paio di sequenze da incorniciare e da portare ai corsi di sociologia, come quella dei "bagni" o della biblioteca. Espongono realtà sociali così incredibili, soprattutto per noi italiani nel 2020, che possono essere decodificate proprio grazie al cinema. Le vi piacciono le cose spaziali, il film è pieno di cose spaziali. Così se siete feticisti della tecnologia, vedrete in scena un vero esemplare di IBM gigante in uso alla NASA. So che alcuni miei amici si ecciteranno per questo ultimo dettaglio. Come quasi tutte le pellicole che celebrano delle persone realmente esistite, c'è un po' di glassa e timor reverentialis ad avvolgere la confezione generale, ma non intoppa. Bella pellicola. 
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