- In due
righe: C'è un comico che assiste la madre morente nei suoi ultimi giorni di
vita, una pattuglia di cosmonauti dispersi in un mondo misterioso che li
inghiotte nel nulla, un consulente di guerra che insegna agli attori lo stato
d'animo che un soldato prova quando il suo compagno di plotone riceve a pochi
centimetri da lui un colpo in testa.
- Il
nuovo "incontro con Gipi": Dire altro è quasi criminale e non
permette di assaporare l'intreccio. Non tanto per i colpi di scena a effetto,
elemento a cui Gipi non ha mai dato troppo peso, quanto perché l'autore sa
creare dei magnifici fraseggi visivi e narrativi da assaporare "al
buio", fino a farsi travolgere. A questo si accompagna nelle opere un
girotondo infinito sui temi universali a lui più cari, però approfonditi ed
elaborati più volte nel corso della sua vita personale. Così in Momenti
straordinari con applausi finti Gipi è in cerca del suo posto nel mondo
come in Unastoria, parla con garbo di famiglia come in S, si mette a nudo in modo anche umoristico come in La mia
vita disegnata male, disegna un'infanzia-arcadia lontana come
in Racconti di fiume, si interroga sul futuro come ne La terra
dei figli, richiama le sue esperienza recenti come regista di corti per
Propaganda Live e in genere a tutto il suo mondo narrativo e personale. Anche
quando non parla direttamente di lui, Gipi ci fa accedere al suo mondo,
dipingendolo ora di bellissimi acquerelli ora di un bianco con neri
insistentemente tracciati a penna ora con bozzetti umoristici.
Ogni
opera è davvero come incontrare un caro amico che vive lontano, con cui si può
condividere una pasta al pesto e "le cose che contano (che proprio perché
contano alla fine sono sempre le stesse, le più importati)" per un
paio d'ore ogni due anni, per poi sentirsi magari quotidianamente sui social
ogni tre ore sul più e il meno. Fa strano sentire un livello di così alta
intimità con un autore, pur essendo cose "che capitano" proprio quando
si è molto bravi nel trasmettere al pubblico le emozioni attraverso le proprie
opere. E Gipi ha la rara capacità di trasmettere ad altri autori questa
capacità, per me uno del motivo per cui Cheese di Zuzu, da lui
supervisionato da Coconino, presenta la stessa altissima cifra emotiva dei suoi
lavori. Oltre al fatto che Zuzu ha un talento pazzesco che non può che portare
a risultati futuri ancora più belli.
- - Come
ho conosciuto Gipi (paragrafo dalla natura prettamente di blog intimista, non
necessario ai fini della recensione ma che se lo volete leggere è qui): Io ho
conosciuto Gipi nel modo più strano possibile, mentre era intento a lavorare a Bruti, un gioco di carte di stampo medioevale/fantasy. Ricordo che
alla Feltrinelli di Galleria Vittorio Emanuele a Milano erano esposte le
bellissime illustrazioni di questo gioco da tavolo, con vicino un Artbook
semplicemente favoloso che le raccoglieva in tavole giganti, venduto però a un
prezzo che soppesato alla qualità effettiva era giusto ma all'epoca ancora
troppo elevato per il mio budget. Cavalieri pestati e segaligni in armature
consunte di ruggine, scheletri, giganti e paesaggi sfuocati di nebbie e
castelli diroccati. Un mondo a metà tra L'armata Brancaleone, Il Mercenario di
Segrelles e Le torri di Bois-Maury. Non so quanti mesi ho provato ad
avvicinarmi a quel volume per studiarlo e ammirarlo, mentre subito mi ero
impossessato del volume Coconino legato a Bruti con il fumetto e il regolamento
di gioco. Impossessarmi delle carte da gioco e dell'espansione è stato un mezzo
martirio, ho cercato infruttuosamente da più rivenditori, le ho recuperate mesi
dopo, in due fiere diverse, manco in edizione completa. Potevo inoltre avere
l'autografo di Gipi sulle scatole, ma una coda chilometrica e di ore d'attesa
si frapponeva tra me e l'autore e questa è comunque una storia poco interessante
per voi, perché era quel regolamento di Bruti che già possedevo "il
punto", ciò che mi aveva colpito. In pratica c'era quel magnifico fumetto
a colori che fungeva però da semplice introduzione di poche pagine al gioco di
carte, anche se avrei pagato oro se fosse stato un'opera di diecimila pagine (e mi pare che a un incontro per l'uscita de La terra dei figli Gipi aveva confermato che c'erano dei lavori in tal senso, che vedevano
peraltro la partecipazione di un disegnatore molto bravo con lui che rimaneva ai testi). Poi ho capito che in qualche modo il fumetto "era il gioco di
carte". Bruti di fatto comportava scegliere un bruto e fargli affrontare
nell'arena altri bruti, con delle meccaniche di gioco a volte davvero
imprevedibili dovute alla fortuna e alla sfortuna. Gipi voleva all'epoca che
chi giocava scrivesse di quegli scontri, condividesse le proprie gesta. Era stato un Dungeon Master in gioventù e con Bruti stava facendo rivivere ai
giocatori / lettori quella sua esperienza di vita, tanto con il fumetto che con
quelle regole, che ho letto e riletto (pure un versione "aggiornata"
grazie a un gift cartaceo allegato ai mazzi in fiera) come favole della buona
notte allo stesso modo in cui leggevo i manuali di D&D. Mi ha fatto tornare
bambino. Il passo successivo è stato quello di recuperare il volume con la
storia dei pirati della sigla di testa delle Invasioni
Barbariche, rappresentati visivamente con uno stile ugualmente ganzo. Così io,
da stronzissimo esteta del "disegno fatto da paura o fotte sega",
finivo con tra le mani La mia vita disegnata male, in cui l'unica
cosa disegnata da paura erano, per il me stesso dell'epoca, solo quegli inserti
di storie dei pirati. E così scopro che le storie intimissime e umanissime
disegnate volutamente male da Gipi come fossero degli schizzi improvvisati
erano pazzesche. È stato come il big bang, è stato come scoprire Quentin
Tarantino e poi andare a ripescare tutte le opere da lui citate che non
conoscevo. Ho iniziato a comprare fumetti della Coconino, Eris Edizioni,
Canicola, Oblomov. Da Topolino ai Bonelli ai Manga ai grandi autori dei Comics
(passando per i Marvel e DC pure più commerciali), passando per l'argentino e
la linea chiara conosciuti sull'Eternauta, ero giunto all'underground, al
"di nicchia". Ai fumetti più intimisti e astratti, ai disegnatori più
malinconici, caricaturali, fuori di testa e lontani "dai miei canoni
estetici e narrativi". Dai quaderni giapponesi di Igort a La notte del
corvo di Marco Galli, dal Diario di un fantasma di De Creci agli Arcanoidi di
Maicol e Mirko al Dottor Pira, Jesse Jacobs, Ratigher, Spugna, Cammello, Akab e
tanti altri che prima di allora militavano sulle librerie di sinistra del piano
terra di Supergulp, quelle che per lo più ignoravo. E questo grazie a Gipi, di
cui ho recuperato in pratica ogni cosa in poco tempo. Il fatto che lui cambi
sempre stile per sfidare i suoi limiti narrativi e figurativi, il fatto che sia
attivo un po' su tutti i media, anche con film e musica, ha reso la ricerca
stimolante. Ogni opera è "sua", riconoscibile per cura e volontà di
sperimentazione. Anche quando l'opera è forse per alcuni minore, come i primi
lavori di stampo erotico, trovo una forte energia comunicativa e una precisa
filosofia narrativa. Ho trovato stimolante leggere i lavori anche in ordine
cronologico, tematico, random. Per sapere di più sull'artista, ho cercato ogni
intervista, video e materiali connessi a mostre. Ho l'impressione che molto del
materiale di questo ultimo libro abbia radice in quanto detto da lui in
un'intervista rilasciata ai tempi dell'uscita di Unastoria, naturalmente
implementata dal suo punto di vista aggiornato al 2019, ma potrei essere pazzo.
Una volta per buone tre settimane ho ascoltato questo brano, con la famiglia certa
del fatto che fossi impazzito... Auauaua... Forse
ho un po' esagerato, al punto che una volta ero stra-convinto che Gipi fosse
sul mio stesso treno locale di Milano - Cadorna, direzione Milano - Bovisa, a
fianco a me. Peraltro quella persona, che gentilmente mi ha informato di aver
preso un abbaglio prima che mi inchinassi davanti a lui dicendogli come i suoi
lavori mi avessero colpito e forse cambiato la vita, sapeva un sacco di cose
sulla scuola di fumetto di Milano, compresi i nomi dei professori, alimentando
le mie certezze che fosse davvero lui (é timido e riservato come lo
immaginavo)... ma potrebbe essere stato un abbaglio nell'abbaglio.
-
Commento finale: Il nuovo volume di Gipi mi ha colto come un fulmine a ciel
sereno, trasmettendomi vibrazioni del tutto positive e la sensazione di
incontrare un amico dopo tanto tempo. Il volume edito da Coconino è di grande
formato, rilegato con sovracoperta di un bianco luccicante, molto curato
e adattissimo per un regalo. Dal punto di vista visivo Gipi sfoggia la sua
straordinaria abilità nel realizzare disegni acquarellati visti al meglio in Unastoria e S, aggiornata al suo tratto in bianco e
nero ultradettagliato del recente La terra dei figli, con passaggi
narrativi di stampo più stilizzato e umoristico come in La mia vita
disegnata male, stile scelto anche per la sovra-copertina del volume. Lo
stile narrativo sceglie la via delle sue opere più intimiste e non sbaglia, la
suddivisione in brevi capitoli dona alla storia ritmi e toni sempre frizzanti
che fanno volare via la lettura senza momenti di stanca. Si ride, ci si
sorprende di alcune soluzioni visive, si piange. Ci si sente letteralmente
immersi nel racconto ed è una qualità propria solo dei più grandi autori. Non
so quanto della vita reale dell'autore venga tradotta nel fumetto, ma le
emozioni arrivano e sono fortissime.
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