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Premessa (lettura opzionale e non vincolante): Sono un Trekker da quando a
quattro anni guardavo (e capivo per lo meno un po') in tv la serie originale
di Star Trek con Nimoy e Shatner. Sono stati loro i miei Teletubbies, per
questo forse ho tanto affetto nei confronti degli alieni a forma di scopa o
palla da baseball. Era un momento magico, essere piccoli negli anni '70 e
godere (oltre che del genio di Go Nagai, ma questo è un discorso a parte)
della fantascienza sociale di James Roddenberry, ma anche delle
"simili" opere di Leiji Matsumoto, di Ronald D.Moore, di Glen
A.Larson, Yoshiyuki Tomino. Era una educazione etica al futuro.
C'era avventura e la fantascienza di astronavi, teletrasporti e
alieni ovviamente, ma anche tanta sociologia, psicanalisi, diritto,
multiculturalità, positivismo, riflessione critica della storia passata. Star
Wars con le sue idee sulla religione, i troopers post-nazi, la "resistenza
all'oppressione", l'ho sempre valutato come qualcosa di divertente, epico
ma "vecchio" (salvo qualche accenno al ruolo moderno della donna,
già sviluppato per altro in precedenza proprio da Star Trek), applicabile a un
mondo al massimo di metà del 1900, fantasy, magari Western, ma non science fiction. Star Trek e tanta della "fantascienza
sociale" che ho citato sopra era più avanti fin dall'inizio, rifletteva su come l'uomo potesse convivere con culture diverse, preferiva le
soluzioni pacifiche ai conflitti millenari e si aggiornava credibilmente con opere come Next Generation (riflessioni
sull'intelligenza artificiale, la realtà virtuale e relativa alienazione, il
mutare del quadro geo-politico e il suo adattarsi sociale, giuridico e morale), Deep Space Nine (riflessioni sul "denaro", un concetto che per
Roddenberry era superato nel futuro, ma veniva reintrodotto per una serie che
parlava di "muri e frontiere"), Voyager (riflessioni sulla crisi
delle risorse energetiche e sulla cooperazione tra i popoli di lunga durata),
Enterprise (transumanesimo, sessualità, critica della cultura attraverso
"universi a specchio"). Tutto questo mentre Star Wars era impantanato
in apologia, ascesa e caduta dell'Impero Galattico (con però un impero che
nasceva da una repubblica dal sapore "europeista"e
"liberista", un punto di fantascienza seria, e per questo inquietante, che assegno con piacere a Star Wars). Poi è arrivato
J.J.Abrams, che dopo un calo di ascolti ha rivitalizzato Star Trek prima e Star
Wars dopo con lussuose operazioni revival-nostalgiche per permettere a entrambe le serie di evolvere ripartendo dalle idee di base. Questo ha portato
ad uno Star Trek Beyond che affondava così tanto nel classico autoreferenziale
per accontentare i fan storici da impantanarsi (con il resto degli
spettatori che lo hanno visto come un party privato a cui non erano
invitati) e ad uno Star Wars - gli ultimi Jedi che sparava troppo verso
le nuove generazioni dei fan da essere avvertito dai vecchi come un tradimento. Vedremo a Natale quale sarà il futuro di Star Wars, nel frattempo c'è stato per
Star Trek questa serie dal titolo Discovery.
Come
Trekker, che per me significa essere "persone dalla mente aperta" ho
sempre apprezzato le molte sfaccettature con cui questo fantastico universo si
è espanso e definito. Ho delle preferenze come tutti circa una serie rispetto
a un'altra, ma ammiro sinceramente il modo in cui Star Trek si è
sviluppato negli anni, credo si sia mantenuto un alto livello medio. Credo che
Star Trek sia un modo interessante per parlare del "nostro" mondo,
del presente, non sono uno di quei fan che si chiudono nel franchise facendosi
avvolgere come da una coperta di Linus. Non sono come quelli che sposano in
toto una (loro idea) del mondo (lo fanno parimenti i fan di Star Trek e di
Star Wars), pretendono di "abitarci dentro", studiano ogni storia e
documento esistente su questa specie di "città virtuale" e come i
vecchietti intransigenti sono lì a lamentarsi ogni volta che nasce una strada
nuova, si crea un ponte al posto del passaggio a livello che percorrevano da
piccoli, arrivano nuovi vicini di casa o i bambini giocano a palla. La
fantascienza è nata per affrontare il mondo, non per scapparci dentro. Se
Roddenberry fosse ancora vivo starebbe costruendo una astronave per andare anni
luce lontano da fan di questo tipo. O almeno è questo che sono convinto
penserebbe.
- La Stagione
1 di Discovery: Con un'estetica, cornice "storica" ed effettistica
che richiama direttamente i film di J.J.Abrams, la prima stagione di Discovery
fa qualcosa di radicalmente diverso rispetto alle stagioni classiche del
franchise, abbandona una impostazione narrativa "corale" e sceglie di
farci immedesimare in un singolo personaggio, la misteriosa Michael Burnham
interpretata da Sonequa Martin-Green. Michael è una "terrestre", ma
fin dalla sua tenera età è stata adottata da una famiglia di Vulcano (per i
non addetti ai lavori, i vulcaniani sono come gli elfi nei racconti fantasy,
acculturati e aggraziati, anche se molto sterili sul piano emotivo, in ragione
di una ferrea disciplina di vita nel segno della logica e della scienza),
nientemeno che da Sarek (James Frain), il padre di Spock (personaggio iconico
di tutto Star Trek, interpretato originariamente dal compianto Leonard Nimoy).
Michael fa parte della flotta spaziale come ufficiale scientifico esperto in
xeno-antropologia, ha delle abilità indiscusse come pilota e come leader, ma è
perennemente al centro di situazioni difficili, di cui sempre più ritiene di
essere l'unico artefice. Michael, che per l'educazione vulcanica ricevuta
riesce a celere i suoi veri sentimenti (ma che per la stessa educazione
risulta spesso antipatica), sostiene letteralmente "tutto il peso del
mondo" e per questo spesso si imbarca in imprese suicide o sottovaluta la
propria incolumità se questo può essere a beneficio degli altri. Porta sulle
spalle il peso di aver tradito Spock e la cultura vulcaniana, si incolpa per la
morte del suo superiore, l'ammiraglio Philippa Georgiou (Michelle Yeoh),
e per di più è ritenuta da tutti la responsabile dell'inizio della guerra della
Federazione contro la pericolosa razza guerriera dei Klingon. Ha una
pettinatura francamente orribile, inguardabile, che mantiene fedelmente dalla
prima alla fine della seconda serie. Sembra un gatto morto in testa. Orribile.
Oltre a ciò è un eroe molto poco convenzionale, la troviamo presto in catene verso
una colonia detentiva, così depressa che è incurante del fatto che un campo di
asteroidi stia letteralmente per far esplodere il vascello su cui si trova. Poi
arriva a salvarla la Discovery. La Discovery è un vascello scientifico popolato
da un equipaggio in gran parte femminile, si occupa di studiare una specie di
"funghi spaziali", è popolata da gente eccentrica. Saru (Doug Jones,
che da sempre interpreta su schermo mostri come ne Il labirinto del
Fauno di Del Toro) è un alieno Kelpiano, una creatura che... sembra uscita
da Il labirinto del Fauno di Del Toro (per l'appunto...). Sembra
anche un po' Abe del videogioco Abe's Oddysse. I Kelpiani vivono su
un pianeta insieme ai misteriosi Ba'ul, che una volta raggiunta una certa età
li prelevano dalle loro casette e prati in cui vivono come ne L'albero
degli Zoccoli di Ermanno Olmi per... mangiarli. Questa circostanza lo
rende piuttosto irritabile e passivo aggressivo, specie verso la nostra
protagonista, in quanto Saru era un membro del vecchio equipaggio di Michael e
la incolpi della morte della Georgiou. Incredibilmente Michael lo trova la
persona più empatica e sensibile della galassia. L'ufficiale tecnico esperto di
mico-tecnologia (scienza a cavallo tra le spore, i funghi e le "galassie")
Paul Stamets (Anthony Rapp) e il medico di bordo Hugh Culber (Wilson
Cruz) formano una coppia gay terrestre molto affiatata. Stamets è genio e
sregolatezza, ultra umorale in bene e male, presto il suo personaggio si evolve
in un modo sorprendente, accattivante. Culber è il "regolatore di
sentimenti" di Stamets, il suo punto fermo, quello che permette al genio
di essere apprezzato, supportato e coccolato, senza la forte
tentazione comunque di teletrasportarlo nel vuoto cosmico per vederlo morire
malissimo. Ovviamente Stamets vedrà subito male Michael in quanto pretendente
al titolo di unica e vera prima donna dello Show. Ugualmente vorremmo vedere
morire malissimo, ma sopportiamo per la genialità matematica, la piccola,
cicciottina e rossa di capelli Tilly (Mary Wiseman). Logorroica più che
simpatica, invadente più che buffa, Tilly sembra costantemente essere uscita da
una brutta puntata sotto acido del Doctor Who. Il suo tormentone è entrare in
scena dicendo qualche battuta atroce, a cui segue in genere una spiegazione
della stessa, con qualcuno che interviene per bloccarla e chiedere le (sempre
geniali) ragioni del suo arrivo. Tilly con Michael è la pessima amica quella
"pessima amica" che ti inguaia per sua eccessiva insicurezza per poi
scusarsi con te quando sei in carcere per colpa sua dopo 15 anni. Il resto
dell'equipaggio è un po' accennato un tanto al chilo, così sulla plancia si
annoverano "robottina", "occhiolona", "parruccotta
afro" e "cinesino". Loro fanno cose e dicono robe, utili quanto
l'applicazione per cellulare Siri, solo che con meno personalità.
Fortuna
che sulla sedia del comando c'è qualcuno di serio, qualcuno che da una risposta
alla domanda "ma che cavolo sto vedendo?!" In quei momenti di disagio
in cui Stamets impazza monopolizzando la trama (è davvero la versione isterica
dell'alieno Roger di American Dad), Saru regredisce a cavalluccio marino spaventato, Tilly inizia a imitare Groucho Marx, il "gruppo Siri" non
trova il 3G e Michael guarda fisso con intensità il muro. Se in tutte le
serie di Star Trek il capitano era un po' il fulcro emotivo dell'azione,
Discovery rende però amabilmente complicato questo ruolo. Il "primo
capitano" che incontriamo, Philippa Georgiou, è stata per Michael una vera
e propria seconda madre, una guida e un modello morale assoluto. A un certo
punto diverrà una variante di Rita Repulsa dei Power Rangers ma questa è
un'altra storia (lo dico solo per inquietarvi per ora). Il "secondo
comandante", Gabriel Lorca (Jason Isaacs) è IL "carismatico
bastardo" per antonomasia. Lorca è il più Bad-Ass di tutti i comandanti di
Star Trek da Kirk a oggi. Sensuale, manipolatore, cinico, crudele, determinato
a schiacciare o piegare al suo volere chiunque con la sua straordinaria
personalità. Lorca solo, con le sue enormi "palle", prende la triste
e noiosina Discovery con in allegato i suoi falliti emotivi scienziatini
da Big Bang Theory e la eleva alla più spaventosa e onnipotente corazzata
spaziale da guerra della federazione di sempre. La Discovery da quando riecheggia
per la prima volta il comando "codice nero" si trasforma nel mostro
spaziale che in un giorno può iniziare e finire da solo una guerra
intergalattica. Lorca ha un suo obiettivo, motivazioni credibilissime alla base
del suo comportamento, una sua precisa morale e fascino a pacchi da dispensare,
solo che nell'ottica pacifista e positiva di Star Trek è chiaro come finiscono
queste cose e alla fine il fatto che l'equipaggio sia tutto scontrosto,
depresso e frustrato ti si dice, chiaro e tondo, che è "per colpa sua".
In quel momento, davvero, partono (dai Meandri
dell'animo "meno trekker" dentro di me) i vaffanculo agli ideatori
della serie, anche perché Lorca è il personaggio sviluppato meglio da ogni
punto di vista e tutto il resto del cast risulta ancora troppo acerbo,
involuto. Tutto quello che si è perdonato alla serie torna a galla, dalle
puntate poco a fuoco, alle soluzioni citazioniste fino all'auto-parodia, alla
scelta "molto da barboni" di utilizzare nelle puntate pochissimi
scenari esterni oltre ai pochi (bellissimi) scorci della nave. Poi però si
capisce che non è uno sviluppo così campato per aria (è il Trekker dentro di
me che torna in possesso delle sue facoltà...), che si potrà aggiustare il
tiro in seguito. Poi viene fuori un finale niente male, Michael trova una sua
dimensione, anche l'evento bellico ha una sua evoluzione e struttura
interessante, ci sono dei colpi di scena riusciti (e meno riusciti, come la
Georgiou "Rita Repulsa"), i nodi tornano quasi tutti al pettine.
Merito anche della riuscitissima sotto-trama in salsa Klingon, di cui vi ho
parlato pochissimo anche per non rovinarvi la sorpresa. I Klingon sono
coinvolti in un conflitto interno articolato alla Games of Thrones, che
coinvolge casate, bastardi, regine vendicative e banchetti di sangue allegati.
Una bella lotta fratricida medioevale combattuta da attori barbaricamente in
parte, sia dal punto di vista emotivo che "muscolare". Un plauso
assoluto a chi ha realizzato i trucchi e costumi Klingon, perché ogni
fotogramma con loro è degno della copertina di un disco heavy metal.
Scopro
a fine serie che mi veniva una voglia matta di vedere la seconda stagione,
nonostante tutto mi sono divertito. Sarà stata quella scena finale in cui
appariva davanti alla Discovery l'Enterpise?
- La
stagione 2 di Discovery: Ho apprezzato la "piccola società trekkeriana di
una astronave" in crisi, così come dipinta dalla prima stagione di Discovery.
Ho sofferto insieme all'equipaggio l'inizio della guerra contro i Klingon,
l'incertezza e sospetto che aleggiava tra i personaggi, gli slanci eroici che
venivano sviliti dalla realtà dei fatti, il generale senso di colpa che assale
anche quando si è convinti che era inevitabile sbagliare, quando si era cercato
di fare del proprio meglio. Un dolore che, se "spinto nella giusta
direzione" è un punto di (ri)partenza, verso nuove mete dove, imparando
dagli errori, riuscire a fare meglio. Lorca ha preso dei talenti, dei giovani
scienziati, e li ha ridotti ad "armi viventi" in un futuro in cui la
guerra può essere una opzione residuale e non l'unica via. Ma nell'infinita
autostrada dello spazio, nell'ultima puntata della prima stagione, la
Discovery incontra la prima e unica Enterpise e quello che sarà il loro
"terzo" comandante, Pike (Anson Mount). Forse c'è un futuro diverso
per l'equipaggio, perché l'Enterprise si rivela subito "sgargiante".
Dalla divisa gialla da comandante di Pike, diversa dalle divise scientifiche
tutte blu e tutte uguali della Discovery, al "calore" che trasmette
la sua bellissima e misteriosa Numero Uno (Rebecca Romijin - Ex Mystica nella
saga X-Men) al fascino che emana il membro più misterioso del suo equipaggio,
Spock (Ethan Peck). L'Enterprise è fuori uso, Spock è scomparso mentre stava
indagando su uno strano fenomeno cosmico: sette segnali energetici comparsi
misteriosamente nella galassia, attribuiti a una fantomatica creatura che
viene chiamata "l'angelo rosso". Con Lorca fuori dai giochi e
l'Enterprise in "manutenzione", Pike sale momentaneamente sulla
Discovery al comando per guidare la ricerca del vulcaniano con la
collaborazione di Michael, che è di fatto sua sorella, mentre alla stessa
ricerca si aggiungono anche i misteriosi uomini della sezione 31, tra cui
militano un paio di volti a noi già noti. Il controspionaggio esasperato della sezione
31 genera il nemico contro cui presto gli uomini della Discovery presto si
scontreranno: una specie di supercomputer del futuro, chiamato
"Controllo" come una marca di preservativi, nato come sistema di
sicurezza dati ma subito spintosi a fare quello che vogliono fare tutti i
supercomputer, da Terminator in poi. Distruggere tutto, saltare indietro nel
tempo, e... solito canovaccio. Ma non si poteva pescare a casaccio tra mille
razze aliene a caso già note o nuove, anche solo più affascinati a livello di
intreccio di un clone bulgaro di Skynet? Sono senza parole.
Comunque, "Controllo" si può impossessare con le nanomacchine di
chiunque, ma in genere ha passione per i tizi che sembrano dei papponi dell'est
Europa. Lo "svolgimento" lungo le puntate della lotta contro
questo computer con gusti estetici dimmerda è però decisamente più interessante
del "succo", al punto che concentrandoci su un lato emozionale
molto ben sviluppato si può glissare anche sulla soluzione narrativa finale (dove
come tutte le storie sui paradossi temporali alla fine i conti e la logica
delle azioni contano fino a un certo punto). Allo stesso modo, per la buona
scrittura dei personaggi si può chiudere un occhio nella composizione
generale dei singoli episodi, saltellanti più sul versante
"moscio" che sul "fico", con l'assurdo di un penultimo
episodio che praticamente descrive eventi di mesi con il "countdown per il
confronto finale" che vorrebbe farci intendere essersi svolti in una
decina di ore. Solo per infierire, ricordiamo pure che l'intera premessa della
seconda serie è usare la Discovery mentre l'Enterprise è tipo a fare la
revisione autunnale per il motore a curvatura da neve... Ma passiamo ai
personaggi e alle loro "emozioni", che tanto è evidente che della trama
generale non sbatte nulla agli autori. Michael è ancora tormentata dal suo
passato e sempre sul punto del martirio autoinflitto, l'attrice se possibile
riesce a darne una caratterizzazione ancora più criptica che nella prima
serie. Ogni tanto trova una direzione dove portare il personaggio, ma poi
si perde, torna a compatirsi, sgrana di occhi, dice qualcosa di pomposo e
banale con quel gatto morto di pettinatura sempre presente. Se nella prima
serie era possibile almeno tentare di empatizzare con lei, nella seconda è del
tutto "respingente". Con un po' di tecnica si può però cancellare la
sua presenza dal telefilm e concentrarsi su altro anche perché, sorpresa, la
seconda stagione è molto più corale della prima! Il "gruppo Siri" (ossia i tizi anonimi della plancia) parla sempre pochissimo, ma ha un mare di
battute in più di prima, degli episodi dedicati anche struggenti e
qualche volta vengono trascinari attivamente nell'azione, risultando simpatici e funzionali. Saru evolve molto, anche lui ha episodi dedicati e sono tra le
cose più belle di questa stagione, Doug Jones lo rende ancora più profondo ed
espressivo. Tilly, Culbert e Stamets sono sempre loro: logorroici, sopra le
righe, fastidiosi, ma con un 15% di sopportabilità in più. La Georgiou superata
la fase Rita Repulsa è in pieno "deliro Deadpool": un personaggio
così esagerato tra arti marziali e battute cattive che fa il giro e si attende
come piatto forte. Bravissimi gli attori e interessanti come nella prima
stagione i personaggi (che non vi rivelo chi sono per non spoilerare) di Mary
Chieffo e Shazad Latif. Tra i nuovi arrivi, la stand-up comedian Tig Notaro dà corpo al sarcastico e burbero tecnico Jett Reno, confermandomi che le attrici
comiche americane non fanno ridere, mai, però mi ha misteriosamente ricordato
in positivo Peter Capaldi. Solo cuoricini per quella sventola che è ancora
Rebecca Romijin, il cui Numero Uno meriterebbe una serie spin-off a parte.
Rilevante come un granello di sabbia sulla spiaggia di Riccione l'ammiraglio
Cornwell di Jayne Brooke. Mooolto interessante, e ora con maggiore minutaggio
su schermo, il "terzetto familiare vulcaniano di Michael", composto
dallo Spock di Ethan Peck, la Amanda di Mia Kirshner e il Sarek di James Frain.
Non è facile fare i vulcaniani, fa tremare i polsi dover prendere i panni di un
gigante come Nimoy. Peck è stato davvero bravo, riesce a essere più vicino a
Nimoy di quanto lo sia Zachary Quinto, dà vita ad uno Spock più timido che
scontroso, più gentile che "maestrino". Anson Mount è un comandante
Pike semplicemente superbo, il "doppio perfetto" rispetto allo
speculare Lorca di Isaacs. Ancora una volta lo Show si è affidato alla bravura
del comandante di bordo, ma i personaggi di Saru e Spock, aggiunti alla pazzia
della Georgiou, hanno reso più equilibrata e varia la formula. Con Pike
"risplendono tutti i personaggi", specie i minori. È un perfetto
caposcout, di mente aperta, generoso, di alti valori spesso recitati come un
manthra, deciso quando serve, eroico e determinato, pure dotato di un sottile
umorismo. Non era per niente facile renderlo "poco stucchevole",
"non troppo santo", ma Anson Mount ci riesce e dona a Pike una grande
fibra morale e umana.
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Tirando per ora le somme: le prime due stagioni di Discovery firmate da Bryan
Fuller e Alex Kurtzman hanno saputo trovare un modo nuovo e moderno, seppur
tuttora difficoltoso e macchinoso, di interpretare Star Trek. Storie di
ampio respiro con al centro più i personaggi che le trame in sé, una forte e
decisa posizione a favore della parità di genere e della libertà sessuale, un
amore incondizionato per il lavoro e l'etica di Gene Roddenberry. Sono tanti
gli aggiustamenti che la formula ancora richiede, ma le intuizioni buone ci
sono e Discovery sta crescendo. Con all'orizzonte una terza stagione, già ai
nastri di partenza (e con il possibile ritorno di Jason Isaac), che permetterà
di esplorare uno scenario del tutto inedito e con due possibili spin-off alle
porte (uno programmato sulla Sezione 31 e uno, richiesto a furor di popolo,
sulla Enterprise di Pike e Spock), Discovery ha tutta l'intenzione di diventare
un'opera seminale. Una conferma, insieme alla nuova serie su Picard, al quarto
film cinematografico e al possibile film di Tarantino, che il brand di Star
Trek è vivo e vegeto, ancora in prima linea nel raccontarci il nostro
"futuro prossimo". C'è chi si è abbattuto selvaggiamente su
Discovery, esternando un odio e disgusto quasi viscerale per i suoi temi e i
suoi personaggi. Discovery non è per niente perfetta, presenta personaggi che a
qualcuno (e pure a ragione!) sembreranno antipatichelli, ma rimane
godibilissima, ci si affeziona a (quasi) tutte le storie, è ricca di sfumature
interessati, effetti speciali molto ben fatti e ogni tanto sa piazzare
qualche episodio davvero niente male. Ogni nuovo Star Trek mi fa tornare
bambino, riconosco di essere in questo il meno obiettivo dei critici, ma un
terzo giro con la Discovery me lo farei molto volentieri. Se le cose andranno
male, "l'allarme nero" arriverà sempre in nostro soccorso.
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