domenica 8 dicembre 2019

Star Trek - Discovery: recensione della prima e della seconda serie




- Premessa (lettura opzionale e non vincolante): Sono un Trekker da quando a quattro anni guardavo (e capivo per lo meno un po') in tv la serie originale di Star Trek con Nimoy e Shatner. Sono stati loro i miei Teletubbies, per questo forse ho tanto affetto nei confronti degli alieni a forma di scopa o palla da baseball. Era un momento magico, essere piccoli negli anni '70 e godere (oltre che del genio di Go Nagai, ma questo è un discorso a parte) della fantascienza sociale di James Roddenberry, ma anche delle "simili" opere di Leiji Matsumoto, di Ronald D.Moore, di Glen A.Larson, Yoshiyuki Tomino. Era una educazione etica al futuro. C'era avventura e la fantascienza di astronavi, teletrasporti e alieni ovviamente, ma anche tanta sociologia, psicanalisi, diritto, multiculturalità, positivismo, riflessione critica della storia passata. Star Wars con le sue idee sulla religione, i troopers post-nazi, la "resistenza all'oppressione", l'ho sempre valutato come qualcosa di divertente, epico ma "vecchio" (salvo qualche accenno al ruolo moderno della donna, già sviluppato per altro in precedenza proprio da Star Trek), applicabile a un mondo al massimo di metà del 1900, fantasy, magari Western, ma non science fiction. Star Trek e tanta della "fantascienza sociale" che ho citato sopra era più avanti fin dall'inizio, rifletteva su come l'uomo potesse convivere con culture diverse, preferiva le soluzioni pacifiche ai conflitti millenari e si aggiornava credibilmente con opere come Next Generation (riflessioni sull'intelligenza artificiale, la realtà virtuale e relativa alienazione, il mutare del quadro geo-politico e il suo adattarsi sociale, giuridico e morale), Deep Space Nine (riflessioni sul "denaro", un concetto che per Roddenberry era superato nel futuro, ma veniva reintrodotto per una serie che parlava di "muri e frontiere"), Voyager (riflessioni sulla crisi delle risorse energetiche e sulla cooperazione tra i popoli di lunga durata), Enterprise (transumanesimo, sessualità, critica della cultura attraverso "universi a specchio"). Tutto questo mentre Star Wars era impantanato in apologia, ascesa e caduta dell'Impero Galattico (con però un impero che nasceva da una repubblica dal sapore "europeista"e "liberista", un punto di fantascienza seria, e per questo inquietante, che assegno con piacere a Star Wars). Poi è arrivato J.J.Abrams, che dopo un calo di ascolti ha rivitalizzato Star Trek prima e Star Wars dopo con lussuose operazioni revival-nostalgiche per permettere a entrambe le serie di evolvere ripartendo dalle idee di base. Questo ha portato ad uno Star Trek Beyond che affondava così tanto nel classico autoreferenziale per accontentare i fan storici  da impantanarsi (con il resto degli spettatori che lo hanno visto come un party privato a cui non erano invitati) e ad uno Star Wars - gli ultimi Jedi che sparava troppo verso le nuove generazioni dei fan da essere avvertito dai vecchi come un tradimento. Vedremo a Natale quale sarà il futuro di Star Wars, nel frattempo c'è stato per Star Trek questa serie dal titolo Discovery
Come Trekker, che per me significa essere "persone dalla mente aperta" ho sempre apprezzato le molte sfaccettature con cui questo fantastico universo si è espanso e definito. Ho delle preferenze come tutti circa una serie rispetto a un'altra, ma ammiro sinceramente il modo in cui Star Trek si  è sviluppato negli anni, credo si sia mantenuto un alto livello medio. Credo che Star Trek sia un modo interessante per parlare del "nostro" mondo, del presente, non sono uno di quei fan che si chiudono nel franchise facendosi avvolgere come da una coperta di Linus. Non sono come quelli che sposano in toto una (loro idea) del mondo (lo fanno parimenti i fan di Star Trek e di Star Wars), pretendono di "abitarci dentro", studiano ogni storia e documento esistente su questa specie di "città virtuale" e come i vecchietti intransigenti sono lì a lamentarsi ogni volta che nasce una strada nuova, si crea un ponte al posto del passaggio a livello che percorrevano da piccoli, arrivano nuovi vicini di casa o i bambini giocano a palla. La fantascienza è nata per affrontare il mondo, non per scapparci dentro. Se Roddenberry fosse ancora vivo starebbe costruendo una astronave per andare anni luce lontano da fan di questo tipo. O almeno è questo che sono convinto penserebbe. 


- La Stagione 1 di Discovery: Con un'estetica, cornice "storica" ed effettistica che richiama direttamente i film di J.J.Abrams, la prima stagione di Discovery fa qualcosa di radicalmente diverso rispetto alle stagioni classiche del franchise, abbandona una impostazione narrativa "corale" e sceglie di farci immedesimare in un singolo personaggio, la misteriosa Michael Burnham interpretata da Sonequa Martin-Green. Michael è una "terrestre", ma fin dalla sua tenera età è stata adottata da una famiglia di Vulcano (per i non addetti ai lavori, i vulcaniani sono come gli elfi nei racconti fantasy, acculturati e aggraziati, anche se molto sterili sul piano emotivo, in ragione di una ferrea disciplina di vita nel segno della logica e della scienza), nientemeno che da Sarek (James Frain), il padre di Spock (personaggio iconico di tutto Star Trek, interpretato originariamente dal compianto Leonard Nimoy). Michael fa parte della flotta spaziale come ufficiale scientifico esperto in xeno-antropologia, ha delle abilità indiscusse come pilota e come leader, ma è perennemente al centro di situazioni difficili, di cui sempre più ritiene di essere l'unico artefice. Michael, che per l'educazione vulcanica ricevuta riesce a celere i suoi veri sentimenti (ma che per la stessa educazione risulta spesso antipatica), sostiene letteralmente "tutto il peso del mondo" e per questo spesso si imbarca in imprese suicide o sottovaluta la propria incolumità se questo può essere a beneficio degli altri. Porta sulle spalle il peso di aver tradito Spock e la cultura vulcaniana, si incolpa per la morte del suo superiore, l'ammiraglio Philippa Georgiou  (Michelle Yeoh), e per di più è ritenuta da tutti la responsabile dell'inizio della guerra della Federazione contro la pericolosa razza guerriera dei Klingon. Ha una pettinatura francamente orribile, inguardabile, che mantiene fedelmente dalla prima alla fine della seconda serie. Sembra un gatto morto in testa. Orribile. Oltre a ciò è un eroe molto poco convenzionale, la troviamo presto in catene verso una colonia detentiva, così depressa che è incurante del fatto che un campo di asteroidi stia letteralmente per far esplodere il vascello su cui si trova. Poi arriva a salvarla la Discovery. La Discovery è un vascello scientifico popolato da un equipaggio in gran parte femminile, si occupa di studiare una specie di "funghi spaziali", è popolata da gente eccentrica. Saru (Doug Jones, che da sempre interpreta su schermo mostri come ne Il labirinto del Fauno di Del Toro) è un alieno Kelpiano, una creatura che... sembra uscita da Il labirinto del Fauno di Del Toro (per l'appunto...). Sembra anche un po' Abe del videogioco Abe's Oddysse. I Kelpiani vivono su un pianeta insieme ai misteriosi Ba'ul, che una volta raggiunta una certa età li prelevano dalle loro casette e prati in cui vivono come ne L'albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi per... mangiarli. Questa circostanza lo rende piuttosto irritabile e passivo aggressivo, specie verso la nostra protagonista, in quanto Saru era un membro del vecchio equipaggio di Michael e la incolpi della morte della Georgiou. Incredibilmente Michael lo trova la persona più empatica e sensibile della galassia. L'ufficiale tecnico esperto di mico-tecnologia (scienza a cavallo tra le spore, i funghi e le "galassie") Paul Stamets (Anthony Rapp)  e il medico di bordo Hugh Culber (Wilson Cruz) formano una coppia gay terrestre molto affiatata. Stamets è genio e sregolatezza, ultra umorale in bene e male, presto il suo personaggio si evolve in un modo sorprendente, accattivante. Culber è il "regolatore di sentimenti" di Stamets, il suo punto fermo, quello che permette al genio di essere apprezzato, supportato e coccolato, senza la forte tentazione comunque di teletrasportarlo nel vuoto cosmico per vederlo morire malissimo. Ovviamente Stamets vedrà subito male Michael in quanto pretendente al titolo di unica e vera prima donna dello Show. Ugualmente vorremmo vedere morire malissimo, ma sopportiamo per la genialità matematica, la piccola, cicciottina e rossa di capelli Tilly (Mary Wiseman). Logorroica più che simpatica, invadente più che buffa, Tilly sembra costantemente essere uscita da una brutta puntata sotto acido del Doctor Who. Il suo tormentone è entrare in scena dicendo qualche battuta atroce, a cui segue in genere una spiegazione della stessa, con qualcuno che interviene per bloccarla e chiedere le (sempre geniali) ragioni del suo arrivo. Tilly con Michael è la pessima amica quella "pessima amica" che ti inguaia per sua eccessiva insicurezza per poi scusarsi con te quando sei in carcere per colpa sua dopo 15 anni. Il resto dell'equipaggio è un po' accennato un tanto al chilo, così sulla plancia si annoverano "robottina", "occhiolona", "parruccotta afro" e "cinesino". Loro fanno cose e dicono robe, utili quanto l'applicazione per cellulare Siri, solo che con meno personalità. 


Fortuna che sulla sedia del comando c'è qualcuno di serio, qualcuno che da una risposta alla domanda "ma che cavolo sto vedendo?!" In quei momenti di disagio in cui Stamets impazza monopolizzando la trama (è davvero la versione isterica dell'alieno Roger di American Dad), Saru regredisce a cavalluccio marino spaventato, Tilly inizia a imitare Groucho Marx, il "gruppo Siri" non trova il 3G e Michael guarda fisso con intensità il muro. Se in tutte le serie di Star Trek il capitano era un po' il fulcro emotivo dell'azione, Discovery rende però amabilmente complicato questo ruolo. Il "primo capitano" che incontriamo, Philippa Georgiou, è stata per Michael una vera e propria seconda madre, una guida e un modello morale assoluto. A un certo punto diverrà una variante di Rita Repulsa dei Power Rangers ma questa è un'altra storia (lo dico solo per inquietarvi per ora). Il "secondo comandante", Gabriel Lorca (Jason Isaacs) è IL "carismatico bastardo" per antonomasia. Lorca è il più Bad-Ass di tutti i comandanti di Star Trek da Kirk a oggi. Sensuale, manipolatore, cinico, crudele, determinato a schiacciare o piegare al suo volere chiunque con la sua straordinaria personalità. Lorca solo, con le sue enormi "palle", prende la triste e noiosina Discovery con in allegato i suoi falliti emotivi  scienziatini da Big Bang Theory e la eleva alla più spaventosa e onnipotente corazzata spaziale da guerra della federazione di sempre. La Discovery da quando riecheggia per la prima volta il comando "codice nero" si trasforma nel mostro spaziale che in un giorno può iniziare e finire da solo una guerra intergalattica. Lorca ha un suo obiettivo, motivazioni credibilissime alla base del suo comportamento, una sua precisa morale e fascino a pacchi da dispensare, solo che nell'ottica pacifista e positiva di Star Trek è chiaro come finiscono queste cose e alla fine il fatto che l'equipaggio sia tutto scontrosto, depresso e frustrato ti si dice, chiaro e tondo, che è "per colpa sua". In quel momento, davvero, partono (dai Meandri dell'animo "meno trekker" dentro di me) i vaffanculo agli ideatori della serie, anche perché Lorca è il personaggio sviluppato meglio da ogni punto di vista e tutto il resto del cast risulta ancora troppo acerbo, involuto. Tutto quello che si è perdonato alla serie torna a galla, dalle puntate poco a fuoco, alle soluzioni citazioniste fino all'auto-parodia, alla scelta "molto da barboni" di utilizzare nelle puntate pochissimi scenari esterni oltre ai pochi (bellissimi) scorci della nave. Poi però si capisce che non è uno sviluppo così campato per aria (è il Trekker dentro di me che torna in possesso delle sue facoltà...), che si potrà aggiustare il tiro in seguito. Poi viene fuori un finale niente male, Michael trova una sua dimensione, anche l'evento bellico ha una sua evoluzione e struttura interessante, ci sono dei colpi di scena riusciti (e meno riusciti, come la Georgiou "Rita Repulsa"), i nodi tornano quasi tutti al pettine. Merito anche della riuscitissima sotto-trama in salsa Klingon, di cui vi ho parlato pochissimo anche per non rovinarvi la sorpresa. I Klingon sono coinvolti in un conflitto interno articolato alla Games of Thrones, che coinvolge casate, bastardi, regine vendicative e banchetti di sangue allegati. Una bella lotta fratricida medioevale combattuta da attori barbaricamente in parte, sia dal punto di vista emotivo che "muscolare". Un plauso assoluto a chi ha realizzato i trucchi e costumi Klingon, perché ogni fotogramma con loro è degno della copertina di un disco heavy metal. 
Scopro  a fine serie che mi veniva una voglia matta di vedere la seconda stagione, nonostante tutto mi sono divertito. Sarà stata quella scena finale in cui appariva davanti alla Discovery l'Enterpise?


- La stagione 2 di Discovery: Ho apprezzato la "piccola società trekkeriana di una astronave" in crisi, così come dipinta dalla prima stagione di Discovery. Ho sofferto insieme all'equipaggio l'inizio della guerra contro i Klingon, l'incertezza e sospetto che aleggiava tra i personaggi, gli slanci eroici che venivano sviliti dalla realtà dei fatti, il generale senso di colpa che assale anche quando si è convinti che era inevitabile sbagliare, quando si era cercato di fare del proprio meglio. Un dolore che, se "spinto nella giusta direzione" è un punto di (ri)partenza, verso nuove mete dove, imparando dagli errori, riuscire a fare meglio. Lorca ha preso dei talenti, dei giovani scienziati, e li ha ridotti ad "armi viventi" in un futuro in cui la guerra può essere una opzione residuale e non l'unica via. Ma nell'infinita autostrada dello spazio, nell'ultima puntata della prima stagione, la Discovery incontra la prima e unica Enterpise e quello che sarà il loro "terzo" comandante, Pike (Anson Mount). Forse c'è un futuro diverso per l'equipaggio, perché l'Enterprise si rivela subito "sgargiante". Dalla divisa gialla da comandante di Pike, diversa dalle divise scientifiche tutte blu e tutte uguali della Discovery, al "calore" che trasmette la sua bellissima e misteriosa Numero Uno (Rebecca Romijin - Ex Mystica nella saga X-Men) al fascino che emana il membro più misterioso del suo equipaggio, Spock (Ethan Peck). L'Enterprise è fuori uso, Spock è scomparso mentre stava indagando su uno strano fenomeno cosmico: sette segnali energetici comparsi misteriosamente nella galassia, attribuiti a una fantomatica creatura che viene chiamata "l'angelo rosso". Con Lorca fuori dai giochi e l'Enterprise in "manutenzione", Pike sale momentaneamente sulla Discovery al comando per guidare la ricerca del vulcaniano con la collaborazione di Michael, che è di fatto sua sorella, mentre alla stessa ricerca si aggiungono anche i misteriosi uomini della sezione 31, tra cui militano un paio di volti a noi già noti. Il controspionaggio esasperato della sezione 31 genera il nemico contro cui presto gli uomini della Discovery presto si scontreranno: una specie di supercomputer del futuro, chiamato "Controllo" come una marca di preservativi, nato come sistema di sicurezza dati ma subito spintosi a fare quello che vogliono fare tutti i supercomputer, da Terminator in poi. Distruggere tutto, saltare indietro nel tempo, e... solito canovaccio. Ma non si poteva pescare a casaccio tra mille razze aliene a caso già note o nuove, anche solo più affascinati a livello di intreccio di un clone bulgaro di Skynet? Sono senza parole. Comunque, "Controllo" si può impossessare con le nanomacchine di chiunque, ma in genere ha passione per i tizi che sembrano dei papponi dell'est Europa.  Lo "svolgimento" lungo le puntate della lotta contro questo computer con gusti estetici dimmerda è però decisamente più interessante del "succo", al punto che concentrandoci su un lato emozionale molto ben sviluppato si può glissare anche sulla soluzione narrativa finale (dove come tutte le storie sui paradossi temporali alla fine i conti e la logica delle azioni contano fino a un certo punto). Allo stesso modo, per la buona scrittura dei personaggi si può chiudere un occhio nella composizione generale dei singoli episodi, saltellanti più sul versante "moscio" che sul "fico", con l'assurdo di un penultimo episodio che praticamente descrive eventi di mesi con il "countdown per il confronto finale" che vorrebbe farci intendere essersi svolti in una decina di ore. Solo per infierire, ricordiamo pure che l'intera premessa della seconda serie è usare la Discovery mentre l'Enterprise è tipo a fare la revisione autunnale per il motore a curvatura da neve... Ma passiamo ai personaggi e alle loro "emozioni", che tanto è evidente che della trama generale non sbatte nulla agli autori. Michael è ancora tormentata dal suo passato e sempre sul punto del martirio autoinflitto, l'attrice se possibile riesce a darne una caratterizzazione ancora più criptica che nella prima serie. Ogni tanto trova una direzione dove portare il personaggio, ma poi si perde, torna a compatirsi, sgrana di occhi, dice qualcosa di pomposo e banale con quel gatto morto di pettinatura sempre presente. Se nella prima serie era possibile almeno tentare di empatizzare con lei, nella seconda è del tutto "respingente". Con un po' di tecnica si può però cancellare la sua presenza dal telefilm e concentrarsi su altro anche perché, sorpresa, la seconda stagione è molto più corale della prima! Il "gruppo Siri" (ossia i tizi anonimi della plancia) parla sempre pochissimo, ma ha un mare di battute in più di prima, degli episodi dedicati anche struggenti e qualche volta vengono trascinari attivamente nell'azione, risultando simpatici e funzionali. Saru evolve molto, anche lui ha episodi dedicati e sono tra le cose più belle di questa stagione, Doug Jones lo rende ancora più profondo ed espressivo. Tilly, Culbert e Stamets sono sempre loro: logorroici, sopra le righe, fastidiosi, ma con un 15% di sopportabilità in più. La Georgiou superata la fase Rita Repulsa è in pieno "deliro Deadpool": un personaggio così esagerato tra arti marziali e battute cattive che fa il giro e si attende come piatto forte. Bravissimi gli attori e interessanti come nella prima stagione i personaggi (che non vi rivelo chi sono per non spoilerare) di Mary Chieffo e Shazad Latif. Tra i nuovi arrivi, la stand-up comedian Tig Notaro dà corpo al sarcastico e burbero tecnico Jett Reno, confermandomi che le attrici comiche americane non fanno ridere, mai, però mi ha misteriosamente ricordato in positivo Peter Capaldi. Solo cuoricini per quella sventola che è ancora Rebecca Romijin, il cui Numero Uno meriterebbe una serie spin-off a parte. Rilevante come un granello di sabbia sulla spiaggia di Riccione l'ammiraglio Cornwell di Jayne Brooke. Mooolto interessante, e ora con maggiore minutaggio su schermo, il "terzetto familiare vulcaniano di Michael", composto dallo Spock di Ethan Peck, la Amanda di Mia Kirshner e il Sarek di James Frain. Non è facile fare i vulcaniani, fa tremare i polsi dover prendere i panni di un gigante come Nimoy. Peck è stato davvero bravo, riesce a essere più vicino a Nimoy di quanto lo sia Zachary Quinto, dà vita ad uno Spock più timido che scontroso, più gentile che "maestrino". Anson Mount è un comandante Pike semplicemente superbo, il "doppio perfetto" rispetto allo speculare Lorca di Isaacs. Ancora una volta lo Show si è affidato alla bravura del comandante di bordo, ma i personaggi di Saru e Spock, aggiunti alla pazzia della Georgiou, hanno reso più equilibrata e varia la formula. Con Pike "risplendono tutti i personaggi", specie i minori. È un perfetto caposcout, di mente aperta, generoso, di alti valori spesso recitati come un manthra, deciso quando serve, eroico e determinato, pure dotato di un sottile umorismo. Non era per niente facile renderlo "poco stucchevole", "non troppo santo", ma Anson Mount ci riesce e dona a Pike una grande fibra morale e umana.


- Tirando per ora le somme: le prime due stagioni di Discovery firmate da Bryan Fuller e Alex Kurtzman hanno saputo trovare un modo nuovo e moderno, seppur tuttora difficoltoso e macchinoso,  di interpretare Star Trek. Storie di ampio respiro con al centro più i personaggi che le trame in sé, una forte e decisa posizione a favore della parità di genere e della libertà sessuale, un amore incondizionato per il lavoro e l'etica di Gene Roddenberry. Sono tanti gli aggiustamenti che la formula ancora richiede, ma le intuizioni buone ci sono e Discovery sta crescendo. Con all'orizzonte una terza stagione, già ai nastri di partenza (e con il possibile ritorno di Jason Isaac), che permetterà di esplorare uno scenario del tutto inedito e con due possibili spin-off alle porte (uno programmato sulla Sezione 31 e uno, richiesto a furor di popolo, sulla Enterprise di Pike e Spock), Discovery ha tutta l'intenzione di diventare un'opera seminale. Una conferma, insieme alla nuova serie su Picard, al quarto film cinematografico e al possibile film di Tarantino, che il brand di Star Trek è vivo e vegeto, ancora in prima linea nel raccontarci il nostro "futuro prossimo". C'è chi si è abbattuto selvaggiamente su Discovery, esternando un odio e disgusto quasi viscerale per i suoi temi e i suoi personaggi. Discovery non è per niente perfetta, presenta personaggi che a qualcuno (e pure a ragione!) sembreranno antipatichelli, ma rimane godibilissima, ci si affeziona a (quasi) tutte le storie, è ricca di sfumature interessati, effetti speciali molto ben fatti e ogni tanto sa piazzare qualche episodio davvero niente male. Ogni nuovo Star Trek mi fa tornare bambino, riconosco di essere in questo il meno obiettivo dei critici, ma un terzo giro con la Discovery me lo farei molto volentieri. Se le cose andranno male, "l'allarme nero" arriverà sempre in nostro soccorso. 
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