lunedì 28 novembre 2022

Pay the Ghost: la nostra recensione di un piccolo e sfizioso horror con protagonista Nicolas Cage


The Walking Dead, una delle serie tv di maggiore successo degli ultimi anni, che ha saputo traghettare al genere horror moltissimi fan della tv più generalista. In The Walking Dead ci sono i morti viventi, ma non sono loro a fare paura per davvero. Certo, se non hai mai visto gli zombie ti fanno impressione: la carnagione marcia e contorta, il passo strano sbilenco e a scatti, il numero soverchiante in grado di mettere all’angolo anche il più coriaceo dei sopravvissuti. Poi però inizi a guardare le prime puntate e ti accorgi che la cosa più spaventosa è un’altra: solo le relazioni umane che si deteriorano il vero incubo. Persone che sembrano il tuo vicino di casa più gentile, con cui hai avuto delle discussioni sensate e amorevoli fino alla sera prima, in tre puntate sbroccano e iniziano a essere petulanti, poi odiose, poi leggermente incoerenti, infine pazze squinternate. Gli zombie sono poca cosa a confronto, poco più di una siepe da tagliare periodicamente. Quando uno dei protagonisti inizia invece a sparare agli altri sopravvissuti perché ha le palle girate, in genere la trama “crea degli anticorpi” e fa in modo che il personaggio entro altre due o tre puntate faccia una brutta fine, per mano degli zombie o dei sopravvissuti a seconda dei casi. Ma ci sono le eccezioni, come la moglie del protagonista Rick. La moglie di Rick sbrocca ma non viene eliminata in tre puntate, diventando ogni minuto che passa una creatura sempre più insostenibile nelle richieste e lamentele. Una donna del genere che vuole ogni sabato andare fisso da Ikea, per capirci. Una che ti ricorda ogni sei minuti che devi portare fuori la spazzatura. Una che deve chiedere ogni istante al povero marito/Rick che fine ha fatto il figlio “Carl”, un amabile pargolo che con una madre così, nonostante la giovane età, non può che diventare in brevissimo un pazzo psicopatico. Cosa che poi più o meno in effetti accade.  E quindi la moglie è tutta un: “Dov’è Carl?”, “Perché Carl non c’è?”, “Tesoro, hai visto Carl??!!”, “Ma la pistola la sta usando Carl?”. Ogni  volta è peggio, ogni volta Carl fa sempre cose più da pazzo e la moglie di Rick mette una paura maledetta al marito, come fosse tutta colpa sua, dalla spazzatura non messa fuori all'apocalisse zombie. Ma perché non se lo cerca lei, questo benedetto Carl? Ma cosa ha da fare per non cercarselo lei, quel piccolo mostro?  La moglie di Rick è interpretata da Sarah Wayne Callies, una attrice che ha saputo infondere in lei secoli e secoli di odio per i mariti inadeguati e tutta la paranoia più nefasta delle mamme protettive. Quel personaggio faceva davvero paura. Nel 2015 il nostro Nicolas Cage non poteva farsi scappare l’occasione di cimentasi di nuovo con l’horror, un genere che da sempre gli ha offerto dei ruoli molto stuzzicanti. Sceglie così di puntare in alto, al più terribile dei mostri moderni: la moglie di Rick. Certo, in questo film c’è una New York piena di fantasmi alla Ghostbusters, ci sono i “bambini morti” alla Sinister, c’è una strega celtica DOP che ci ricorda più volte da dove nasce il vero Halloween con tutti i suoi riti, balli e specialità enogastronomiche ufficiali, lamentandosi che halloween oggi è solo una festa commerciale borghese ecc. ecc. Ma il vero mostro è lei, Sarah Wayne Callies, che qui interpreta Kristen, la moglie passivo aggressiva e petulante di un povero insegnante di letteratura di nome Mike, con il volto, l’aria dimessa e lo sguardo perso del nostro Cage. Cage che tra le altre cose è in qualche modo “esperto” in personaggi miti a cui per esigenze di trama “portano via un figlio”: con già la faccia disperata giusta nel curriculum, dal capello spettinato alle occhiaie infinite. Cage è adeguatissimo all’ingrato ruolo, che peraltro ha già sperimentatosi pure nelle “varianti” in cui la polizia non vuole aiutarlo nella ricerca (Stolen) o in circostanze in cui  il rapimento ha a che fare con strani fenomeni paranormali (Segnali dal futuro). Ma Cage, non era proprio preparato alla Wayne Callies, a tutto l’amore distorto che la sua mamma paranoica riversa h24 sul figlio Charlie (Jack Fulton), come a tutta la rabbia repressa che lei h24 esprime per l’inadeguatezza maschile a tutte le funzioni di accudimento dei figli. E quindi assistiamo sgomenti a come la Callies da “madre perfetta” sia amorevolissima con Charlie, si occupi quasi interamente da sola della sua istruzione e accudimento, scelga per lui dei bellissimi vestiti da pirata per Halloween coordinati con i suoi e gli tenga sempre la mano, lo affoghi di coccole. Poi arriva “quel bastardo di Mike”: sfigato professorino dall’aria dimessa che legge Goethe, fa tardi al lavoro cercando di racimolare una promozione che non avrà mai e soprattutto “le perde il figlio”. La Callies glielo affida per la sfilata di Halloween per... quanto? Sei minuti? Cinque? E Mike, l’inadeguato Mike con quel suo vestito da cowboy da rodeo che neanche si abbina al costume del figlio, porta Charlie/Carl dal gelataio che sta a quindici, massimo venti metri da casa, gli molla la mano per pagare il cono gelato con la granella color arcobaleno e… non lo trova più!! Perso!!! Per sempre! Certo c’è di mezzo il paranormale, la strega, i bambini morti e i cieli alla Ghostbusters, i riti celtici originali DOP, uno strano circolo di homeless ciechi che sorvegliano dei confini paranormali con l’aldilà tra cui figura un fighissimo Stephen McHattie (un caratterista da sogno). Ma chi glielo dice alla Catties?? Credetemi, la strega celtica volante non avrebbe avuto le palle per rubare Charlie dalle mani della madre. Sarebbe finita malissimo. Ma il povero Mike? Mike è la vittima sacrificale di questa donna terribile e ora deve avere a che fare con un’altra strega e patisce. Diventa sempre più curvo su se stesso, sempre più solo e pazzo. Ci viene detto che dopo un anno dal rapimento non dorme più con la moglie da mesi. Si sono lasciati ma lei evidentemente lo comanda a distanza con i suoi poteri persuasivi e ha deciso che l’ex marito può vivere solo in funzione di trovare il figlio, di fatto trasferendosi nella stazione di polizia locale dove ogni giorno assilla i detective, che un po’ comprendono e un po’ non ne possono più, di tutte le più pazze teorie cospirative e fantasy su dove sia finito il figlio. A Mike passa davanti pure una assistente universitaria disponibilissima, giovane e super gnocca interpretata da Veronica Ferres, ma lui non può permettersi manco di guardarla perché c’ha sempre gli occhi della moglie che lo scrutano a distanza e gli urlano: “Dove è finito Charlie/Carl??”, “Non sai neanche andare a prendere un gelato a venti metri da casa che ti perdi il figlio che io ho partorito nel dolore??”, “Ma quanto era brutto e non in abbinato il tuo vestito da cowboy da rodeo? Dovevi perdere tuo figlio vestito tanto da pirla, quella notte??”. Mike deve andare avanti nella ricerca, con la lucidità appannata il giusto per seguire la pista paranormale che il film gli offre: stare dietro agli spostamenti di alcuni condor in brutta computer grafica che solcano misteriosamente i cieli di New York e indagare su una frase che spunta fuori in tutte le indagini di scomparse misteriose di bambini newyorkesi degli ultimi anni: “Paga il fantasma”. Troverà Cage il povero Charlie o la moglie lo ucciderà prima per la sua inadeguatezza paterna? Potrà “pagare il fantasma” perché almeno gli porti via la moglie? 


Il tedesco Uli Edel, regista a inizio '80 di Christiane F.: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, nei '90 di Body of Evidence con Madonna, nei 2000 di La banda Baader Meinhof e nell’ultimo decennio della mini serie tv su Houdini con Adrien Brody, nel 2015 adatta per lo schermo una novella di Tim Lebbon, amatissimo autore di libri legati ai brand di 30 giorni di notte, Hellboy, Alien, Star Wars, Firefly. È un racconto semplice, dritto, piuttosto derivativo e se vogliamo ispirato al “trend” delle entità fantasmatiche femminili che hanno radici nel J-horror più “ringhiano” (già “convertite” alla sensibilità occidentale da pellicole come Mama/La madre, di Muschietti e da molto cinema di Del Toro). Un racconto che trova una dimensione visiva favolistica nella fotografia dai colori attenuati di Sharone Meir, che già si era fatto notare per Whiplash e dopo Pay the Ghost andrà non a caso alla fotografia di The ring 3/ Rings nel 2017. La colonna sonora, elemento sempre importate in un horror, è a firma Joseph Lo Duca, autore delle musiche dei film di Bambola assassina (fin dal primo capitolo e adesso nella nuova serie tv) e da sempre legato alle produzioni Raimi/Tapert, dai tempi di Hercules e Xena, passando per Spartacus e arrivando ad Ash vs the evil dead. Le invenzioni visive sono spesso interessanti e nella pellicola a un certo punto, in un momento onirico, ritroviamo pure una sinistra anticipazione del nostro futuro “pandemico” quando dalle fiamme si fa largo un famigeratissimo monopattino. La Callies come madre addolorata mette davvero paura più di ogni mostro realizzato con gli effetti speciali. È di fatto con la interpretazione convincente, unita a una buona chimica che riesce a instaurare con il personaggio di Cage che eleva il  film oltre una eccessiva convenzionalità. Molto ben realizzate le sequenze ambientate durante Halloween, i momenti in cui i fantasmi si nascondono nella fauna urbana. Il ritmo generale è un po’ lento ma ci permette di perlustrare in lungo e in largo il luogo del rapimento, una New York perennemente tra il tramonto e l’alba. Lo sfizioso accompagnamento sonoro di Joseph Lo Duca aiuta molto nelle scene di stampo più investigativo e non carica troppo nei jumpscare. È un film più malinconico che horror, più favolistico che thriller. 

Pay the ghost dove “non arriva” con la sceneggiatura compensa ampiamente sul piano visivo e la pellicola alla fine scorre e diverte, seppure qualche volta prosegua a singhiozzo, tra scene alla Mama e altre alla The Ring che forse non trovano una sintesi autonoma. Quasi esilarante, per quanto surreale, la parte della pellicola dedicata alla festa della proloco filo-celtica, con tutta la storia della rivendicazione del vero Halloween, i costumi tradizionali, i dolci tipici. Cage cavalca con classe la follia del film, rimanendo fedele al suo insegnante sognatore che cita Goethe e Shakespeare, crede ai mostri e di notte si addormenta nella grande biblioteca del college, con la testa sui libri di folklore popolare. Si spera davvero che riesce a ritrovare il figlio rapito dalla strega. Anche perché se no chi lo salverà dall’altra strega che ha a casa? 

Talk0

1 commento:

  1. L'avevo trovato banalotto e abbastanza sciocco, soprattutto sul finale. Per fortuna, in seguito Cage ha capito quali horror fanno per lui!

    RispondiElimina